Posts written by patma

  1. .
    Ally sono io che ringrazio te per avermi dato la possibilità di condividere un sogno ed esserti fidata di me per concludere questa storia (nonostante alcune diversità di pensiero LOL).
    Sono contenta che grazie a Michael sia nata questa amicizia.

    Grazie anche a tutte voi che continuate a seguirci.
  2. .
    Bellissima!
  3. .
    :wub: :wub: :wub: :wub:
    grazie mille a tutte...non so se Lou resterà al fianco di Michael...non sono comunque decisioni facili da prendere...chissà...(non è vero io ed Ally lo sappiamo LOL)
  4. .
    Eccomi ragazze, ultimo mio capitolo poi passo il testimone ad Ally. Grazie mille per il tempo che ci dedicate :love: :love: :love:



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    CAPITOLO TRENTANOVESIMO
    La dura vita di Emily




    Fu un altro breve periodo d’amore.

    Certo lo dovevo dividere con i suoi figli, con Frank e Gest e tutti gli altri Jackson che stavano preparando gli show, ma comunque un po’ di tempo per me lo trovava sempre.

    Avevamo affrontato il duro discorso del “nuovo bambino” senza troppi drammi.
    D'altronde aveva introdotto il discorso dopo una delle nostre “sedute appaganti di sesso-non-stop”, mentre io ero ancora beata in un’altra dimensione.

    -Ho saputo che Frank ti ha detto del…mio nuovo bambino…-

    Balbettò l’ultima parola.

    -Tanti auguri! Oh…io ho saputo che la donatrice mi assomiglia!-

    -Cazzo! Che stronzo Frank!-

    -Sai, non è l’unico!-


    Fine del discorso.
    Era un momento troppo bello per sprecarlo con inutili scaramucce.


    Chi ero io per vietargli una cosa del genere?
    Già, qual’era il ruolo di “Emily”?
    A volte me lo chiedevo.
    Poi, prontamente, mandavo il pensiero in soffitta.
    Della serie “godiamoci quello che passa il convento!”



    Quelle settimane però non furono solo “rose e fiori”.

    Michael dopo il ritorno del dottore a Miami ne aveva contattato subito un altro, al quale aveva chiesto le “vecchie pillole”.
    Con l’approssimarsi dello spettacolo si sentiva inquieto e così si era nuovamente rivolto all’effimera certezza che le medicine gli avevano sempre fornito.

    Ne parlavo con Frank preoccupata e lui prese la decisione di contattare i Jackson, Tito, Randy e Janet, i più vicini a lui.
    Ero presente come “amica” quando loro cercarono di affrontare seriamente il discorso con Michael, ma lui dichiarò che “non c’era nessun motivo per preoccuparsi”, chiudendoli di conseguenza fuori dalla sua vita.

    Janet mi prese poi in disparte

    -Sei giovane. Troppo forse per affrontare una cosa come questa…se hai bisogno di aiuto…-

    E mi lasciò il suo numero, lo conservo ancora ed a volte ci sentiamo.


    Rientrata nella suite trovai Michael che rimproverava Frank:

    -La mia famiglia mi ha fatto un discorso sui farmaci. Era completamente fuori luogo!-

    Punto.

    La sera lo trovai già a letto, mi volgeva le spalle e si fingeva addormentato.



    *


    -Britney…dai così…fammi eccitare!-

    Michael stava spudoratamente flirtando con la bionda cantante mentre io sotto al palco fremevo.

    -Emily, stai calma ! Sta scherzando!-

    Frank cercava di contenermi prima che salissi a cavare gli occhi ad entrambi.

    La canzone “The Way You Make Me Feel” continuava in sottofondo mentre sullo stage si alternavano strusciatine ad evidenti palpate quasi come un film porno di bassa lega.

    Quando scese per asciugarsi il sudore cercai di incenerirlo con lo sguardo, lui serafico mi sorrise:

    -Ti sono piaciuto?-

    -Da morire!-


    E risalì inseguendo la bella Beyonce e le sue compagne.

    Ne avevo abbastanza!
    Ora ero io ad aver bisogno di tanta aria!



    La sera non era ancora rientrato, Frank sfuggì colpevole il mio sguardo.
    Dove cazzo era finito!

    -Cerca di non prendertela. Lui non fa sul serio. E’ un modo per punirci di aver avvisato la sua famiglia-

    -Tranquillo! Non ho mai pensato di avere l’esclusiva!-



    Non lo avevo mai pensato, ma sperato sì!

    Sapevo che il nostro amore non era convenzionale ma non ero sicura di voler prestarmi a questa farsa.

    Raccolsi le mie cose e me ne andai dalla suite chiudendomi nella stanza di mio cugino.

    Fanculo Michael!



    *


    Drinnn.

    -C’è Frank, è urgente!-

    Il telefono aveva squillato nell’esatto momento in cui mio cugino rientrava, era il giorno del primo show.

    -Vieni con me, Michael non risponde né alla porta né al telefono-

    In un secondo dimenticai la mia stupida gelosia ora soppiantata ad una viva preoccupazione.

    Frank con una spallata aprì la porta, aveva le chiavi, ma Michael aveva chiuso anche con il chiavistello.

    Era sdraiato sul letto e dormiva, dopo un paio di scossoni lui si rigirò gemendo.

    -Cazzo! E’ fatto!-

    Mio cugino andò nel panico, erano già in ritardo di un’ora, lui teneva particolarmente a quegli show, si era molto impegnato per organizzare un indimenticabile spettacolo.

    -Lasciatemi stare…mi fa tanto male…-

    -Lo hai fatto per saltare lo spettacolo! E’ una fottuta scusa!-


    Sbottò con rabbia Frank.
    Da questa parte non si arrivava a nulla.

    -Esci, ci penso io qua-

    La mia esclamazione mi sorprese. Lui fece quanto gli avevo chiesto attaccandosi poi al telefono con un preoccupato Gest.



    -Michael bevi!-

    Ormai sapevo cosa fare, potevo considerarmi un’esperta.
    Purtroppo.

    -La schiena mi faceva male da morire…perché non mi capisce-

    Poco a poco sembrò tornare alla normalità.

    Chiamai Karen perché lo preparasse.

    Poco prima che entrasse Michael mi sussurrò:

    -Scusa se ti ho deluso…-

    In auto verso in Madison Frank avvisò Michael che la scaletta era leggermente cambiata: Britney non si sarebbe esibita, era terrorizzata di farlo accanto a lui.

    -Ti è andata bene Emily!-

    La solita frecciatina, ma l’accolsi con sollievo, fece sorridere Michael che mi prese la mano accarezzandola.



    Nel teatro mi appostai dietro le quinte con Frank godendomi lo spettacolo.
    Quando fu il momento di Michael, lui era tranquillo e non mostrava traccia degli effetti dei medicinali.

    -Il Signore ci benedica tutti su quel palco e ci dia la forza per fare lo spettacolo migliore!-

    Via allo show.
    Dopo il medley con i fratelli fu la volta di “Billie Jean”.
    Era in una forma splendida e sorprese pure me quando con le dita replicò i movimenti fatti tantissime volte sul mio corpo, voltando leggermente il capo verso di me subito dopo.

    Avrebbe potuto essersi scopato la Spear. Beyonce e tutte le Destiny Child insieme, ma io sarei stata sempre e comunque sua!

    Fanculo gelosia!

    Quella notte ero determinata ad imprigionarlo e farlo urlare tra le mie gambe.

    Fanculo dolori!

    La mia determinazione andò a buon frutto.


    *


    Anche il secondo concerto, tre giorni dopo, fu fantastico.

    Ci addormentammo stanchi ed abbracciati.
    Ci risvegliammo abbracciati e terrorizzati.

    Il capo della sicurezza, Henry, aveva avvisato Michael di accendere subito la TV, il panico traspariva dalla sua voce.
    Increduli guardammo un aereo schiantarsi su una delle torri gemelle, dall’altra già usciva del fumo.

    -Presto! Michael, raccogli le tue cose, dobbiamo andarcene!-

    Da persona pratica ero già in cerca di una soluzione.

    Per fortuna uno dei bodyguard era un capo della polizia in pensione e tramite le sue conoscenze ottenne un permesso per uscire dalla città.
    I tre SUV, con noi, i Jackson, Liz ed i miei cugini, erano sul “George Washington Bridge” quando la prima torre crollò in una nuvola di polvere.

    -Accidenti!-

    Commentò sconvolto Michael stringendomi la mano.
    Non continuò, i bambini lo stavano guardando, tentò di sorridere loro, ma la preoccupazione gli distorceva i lineamenti.
    Dalle frammentarie notizie che Frank riuscì a sentire dalla radio capimmo che il Paese era sotto assedio.

    Michael iniziò a pregare.

    Quando arrivammo a casa Cascio, dove fin da subito ci eravamo diretti, nella sua mente era già presente un piano per raccogliere fondi in favore dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime.


    In poco più di un mese organizzò uno spettacolo di beneficenza a Washington, mettendo a disposizione una sua canzone inedita “What More Can I Give”.
    Il progetto prevedeva il suo lancio come singolo, ma il dirigente della Sony, Mottola, era scontento, temeva che avrebbe fatto concorrenza all’album di prossima uscita.

    In quel momento Michael seppe che non sarebbe restato legato a quella casa discografica per sempre.



    *


    Eravamo insieme, ma Michael era inquieto.
    Troppi problemi affollavano le sue giornate: il disco era uscito, ma non aveva ottenuto il risultato che lui aveva sperato.

    Teso ruppe definitivamente i rapporti con il rabbino, che aveva voluto invitare, senza successo, ai suoi ultimi concerti, e di conseguenza con la “Heat The Kids”. Alcuni suoi fantomatici consulenti non volevano fosse coinvolto con iniziative riguardanti i bambini.
    Mc Clain, un nuovo manager, cercava di far piazza pulita attorno a lui, immancabilmente sbagliando il tiro, aveva puntato Buxter, che collaborava da anni con Michael e Karen, per poi fissarsi su mio cugino.
    In più c’era la causa Avram per mancati concerti, il gioielliere che minacciava un’azione legale per riavere una collana data da Michael alla Taylor, Debbie che rivoleva i figli per mancati pagamenti di alimenti…


    Soprattutto quest’ultimo problema pesò in modo particolare sulle sue spalle.

    -Vuole portarmi via i miei figli! Non li avrà mai, lo giuro!-

    Urlava su tutte le furie mentre Frank cercava di capire la situazione ed io di farlo calmare.


    Michael prendeva ancora i farmaci.
    E come dargli torto!
    In quel periodo che vissi a stretto contatto con lui mi chiesi più volte dove trovasse il coraggio di alzarsi la mattina.
    Era sicuramente forte, molto forte.
    Un’altra persona, al suo posto, avrebbe probabilmente rinunciato a tutto già da tempo.



    Lasciavo mio cugino occuparsi delle questioni che riguardavano “l’uomo pubblico Michael”, mentre io mi concentravo “sull’uomo privato”.

    Al suo rientro c’era sempre un bagno pronto ad attenderlo, un massaggio, un bicchiere di vino…
    Poi arrivavano i bambini per un pieno di coccole, insieme leggevamo loro delle storie ed infine ci ritiravamo nella sua stanza.
    A volte facevamo l’amore, sempre ci tenevamo abbracciati attendendo il sonno artificiale che gli portava un po’ di ristoro.


    Era un piccolo mondo che ci eravamo creati per proteggerci da quello esterno.

    Quest’ultimo irruppe nel nostro quotidiano quando seppi che Michael, i suoi legali precisamente, avevano licenziato Court, Kara, Derek, e conseguentemente me, senza pagarci.

    Mi incazzai. Avevano lavorato duramente e bene, non era questione di soldi, ma di equità! Era un’ingiustizia!
    La “vecchia e vera” Lou si arrabbiò, strillò contro Michael che mi liquidò con un:

    -Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo, non ti immischiare nelle mie questioni finanziarie. Restiamo creativi!-

    Ma si era fumato il cervello!?
    Secondo lui l’anno precedente mi aveva assunta per essere creativa!?
    Cioè, una laureata in management aziendale doveva essere creativa?
    Cosa voleva? Che gli facessi i bilanci cantando!

    Gli dissi tutto questo e di più, molto di più.

    La bolla dorata che avevamo creato in quel mesetto si era infranta come la mia pazienza.

    Edited by patma - 2/3/2013, 19:34
  5. .
    Guardate che foto meravigliose

    Paris

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    Prince

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    Debbie e Paris

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  6. .
    Grazie ragazze (Ally), speravo avreste capito Lou




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    CAPITOLO TRENTOETTESIMO
    Non un attimo di pausa





    Avrei voluto non incontrarlo mai più, mai!


    Lui mi aveva fatto tutti i suoi bei discorsi “Lou, non mi abbandonare”, mi sembrava di sentire ancora la sua voce supplicarmi…e poi!?
    Mi piantava come una fessa a New York, per farsi bellamente i cazzi suoi!
    Io qua al telefono preoccupata.
    Lui intento a sfogliare un album pieno di belle donatrici di ovuli!

    Ero arrabbiata per il nuovo figlio?
    No…insomma non si era scopato quella donna…
    Sì…non aveva ascoltato nulla di quello che gli avevo detto!


    Feci le valige, avevo bisogno di una pausa!



    *


    -Lou, Michael pensa di ritrovarti al suo rientro a New York-

    -Frank immagino che Michael sia in grado di digitare qualche numero su una tastiera telefonica!-

    -Beh, in realtà è molto occupato. Sai Invincible è quasi terminato, ancora una settimana e pensa di consegnarlo alla Sony…-

    -Fagli i miei migliori auguri!-



    Click.



    *


    -Sì, penso sia andata abbastanza bene. Hanno trovato un compromesso sui singoli e c’è ancora da mettere a punto la promozione, ma lui sembra soddisfatto. Certo lo conosci è un perfezionista, ma è molto fiducioso. Sa che è un album difficile, il pubblico non lo capirà subito, è una musica che precorre i tempi, a lui è convinto sia un album che vivrà per sempre-

    Ero contenta che fosse così ottimista, anche Frank lo era e non solo riguardo all’album.

    Il dottore di Miami lo aveva seguito a New York e grazie alle cure prestate la salute di Michael era migliorata, quindi anche l’assunzione di farmaci era diminuita.

    Ora stava programmando, con l’aiuto di mio cugino, un paio di concerti al Madison Square Garden per commemorare i suoi trent’anni di carriera.
    Era tempo che ci pensava ed ora, terminato l’album, il progetto sarebbe andato in porto.



    Anche io, dopo una pausa in famiglia, ero nella grande mela, ospite di Kara e Court che lavoravano ancora per far quadrare i conti di Michael.

    Stavo seriamente pensando di cercare un altro impiego qualsiasi, non potevo passare la vita in attesa di una sua telefonata, non era nel mio stile, alla quale pensavo seriamente di non rispondere, questo sì era nel mio stile!


    Drinnn.
    Frank.
    Risponde la segreteria telefonica di…

    -Lou, so che ci sei! Ho bisogno di te, prevedo guai, vieni subito!-

    Richiamarlo o raggiungerlo direttamente?

    Sapevo che avrebbero dovuto iniziare le riprese del primo cortometraggio di Invincible, Frank non mi avrebbe chiamato con quel tono per nulla… non avevo progetti per la mattinata… in pochissimo tempo con la metro sarei arrivata al Four Season…



    *


    -Frank sono qua sotto-

    -Per fortuna! Mando subito un bodyguard a prenderti-



    Trovai mio cugino nella suite con la truccatrice, entrambi cercavano di attirare l’attenzione di Michael.
    A quanto pare si era barricato nel bagno, dal quale provenivano rumori di oggetti scagliati e le sue urla scomposte.

    Frank, prendendomi da parte, mi aggiornò rapidamente: il regista del video pretendeva che Michael facesse aggiustamenti al naso e al colore del viso per le riprese e lui aveva iniziato a dare i numeri chiuso nel bagno.



    -Michael…sono io…-

    Ero rimasta sola, Frank era convinto che fossi la persona adatta per tranquillizzarlo in quel momento.

    -Ti prego, aprimi-



    Sentii lo scatto della serratura.

    Era seduto sul pavimento in mezzo a cosmetici e oggetti vari.
    Singhiozzava con la testa tra le mani.

    -Mi hanno detto che sono brutto…vogliono rimodellarmi il naso. Che cazzo ho che non va! Io non gli dico come devono essere loro! Vadano a farsi fottere!-

    Tra le lacrime continuava a ripetere di essere un mostro.

    Aveva raggiunto il limite della sopportazione.

    Mi inginocchia accanto a lui e lo abbracciai iniziando a cullarlo come un bimbo piccolo.

    -Shhh, amore…ne usciremo. Shhh, ora sono qua io-

    Pian piano le mie carezze si fecero più sensuali e lui iniziò a cercare le mie labbra con le proprie.
    Le lingue si intrecciarono lente esplorando la bocca altrui.

    -Sono così brutto…?-

    -Sei un uomo affascinante…se solo ti facessi tagliare l’altra metà di capelli…-

    -Cretina! Ti amo!-


    Si mise a ridere.

    -Scusa, avrei dovuto chiamarti in queste settimane-

    Mi sfiorò il seno.

    -Sei anche un uomo molto intelligente quando dici certe cose-

    La mia mano si posò sul suo inguine.

    -Ero molto occupato…-

    Mi slacciò i bottoni della camicetta.

    -Zitto non pensiamoci ora, ti ricordi “I’ll Be There”-



    Ci alzammo, mi fece voltare di fronte allo specchio a parete mettendosi dietro di me.
    Le sue mani percorrevano il mio corpo in una languida carezza.
    Si fermava su un capezzolo, giocandoci, poi con i polpastrelli si spostava creando brividi sulla mia pelle.

    -Sei bellissima…ti desidero-

    Sussurrava nel mio orecchio mentre la sua virilità, coperta dai pantaloni, sfregava contro le mie natiche.

    -Voglio perdermi in te. Spogliami e fammi eccitare-


    Non mi aveva mai chiesto nulla di simile e tutto quello che avevo fatto fino ad allora con i ragazzi mi sembrava talmente insignificante…

    Iniziai a tremare di timore, desiderio, aspettativa…
    Vide la mia reazione riflessa nello specchio, mi fece voltare lentamente, poi prese una mia mano e se la portò alla bocca succhiando lentamente ogni dito.
    Gli occhi fissi nei miei.
    Accompagnò delicatamente l’altra mano al nodo della vestaglia.
    Lo slacciai trepidante, i pantaloni del pigiama nulla facevano per celare il loro contenuto.
    Un ansito sfuggì alle mie labbra.
    Lui se ne accorse e sorrise incoraggiante.
    Poi liberò le mie dita, che ancora premevano sulla sua bocca, invitandole a percorrere il suo torace.
    Lo feci lasciando una scia umida, raggiunsi i piccoli capezzoli stuzzicandoli.

    -Sììì…così…-

    La mia bocca sostituì presto la mano che ora viaggiava verso Sud.
    Sentii il suo gemito roco quando la punta delle dita sfiorò la sua erezione.
    Più sicura di e stessa mi staccai da lui e guardandolo in volto lentamente mi abbassai.

    -Oh sì…sì ne ho bisogno!-

    In un attimo i pantaloni si bloccarono alle caviglie mentre lui spingeva il bacino verso di me in attesa.
    Era la prima volta che assaggiavo il gusto di un uomo.
    Salato.
    La sua grande mano si posò delicata sulla mia testa invitandomi a scoprire di più.
    Lentamente cercai di inglobare la sua virilità all’interno della mia bocca desiderosa di imparare.

    -Ahh…così mi fai venire-

    Bene è questo il mio intento.

    Ora anche le mie mani partecipavano al gioco: un lento assaggio alla base, una suzione continua, un’esplorazione più ardita…
    Lui si spingeva lento con il bacino, assecondando i miei movimenti, mentre i gemiti di apprezzamento si intensificavano.

    -Sììì…così…sono vicino…alzati!-

    Obbedii.
    Mi sollevò facendomi appoggiare al tavolino, le mie gambe allacciate dietro la sua schiena, lui dentro di me.
    Avanti ed indietro.
    Avanti ed indietro ruotando nelle mie profondità fino a che con un roco grido venne in me.
    Ed io con lui.

    -Ti amo!-

    Mi sussurrò cercando di riprendere fiato.
  7. .
    Eccomi ragazze, grazie mille a tutte :love:



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    CAPITOLO TRENTASETTESIMO
    I’ll Be There…?!!




    -Sono una frana completa…vero?-

    Sussurrò con una risatina amara.

    -Un pochino…-

    Mi guardò interrompendomi:

    -Credo di aver bisogno di un bagno caldo e di dormire, prima di una nuova ramanzina-

    -Michael..-

    -Ti prego…ho capito! Ora non ho voglia di fare promesse che non sono certo di riuscire a mantenere. So che tu e Frank mi amate, so che i miei figli hanno bisogno di me…ed io ho bisogno di tutti voi…di te Lou…-


    Mi abbracciò.

    -Sai, a volte vorrei addormentarmi e risvegliarmi nel passato, quando ero molto giovane ed inconsapevole, quando la mia pelle era ancora del colore giusto, quando la gente cercava la mia amicizia perché ero loro simpatico, perché mi voleva bene, non per sfruttarmi…-

    Sospirò.

    -Faccio sempre più fatica a fidarmi delle persone…non mi abbandonare, ti prego…ho bisogno di te!-

    -Michael, io ti amo, soffro a vederti così, mi sento impotente e questa sensazione non mi piace. A volte vorrei prenderti a sberle, vorrei vederti reagire, combattere…io non potrò mai capire cosa si provi ad essere nella tua situazione, ma ci sono, quando avrai bisogno di me io ci sarò, sempre!-

    -I’ll be there…-


    Intonò un suo vecchio successo scherzandomi.

    -Me lo prepari il bagno!?-



    *


    -Sei bellissima quando dormi-

    Si era svegliato prima di me ed ora mi osservava intento.

    -Vuoi fare l’amore con me?-

    Le sue labbra mi sussurrarono ad un soffio dalle mie, prima di posarvisi leggere.


    Far l’amore con lui è sempre stato splendido, si dedicava a me, al mio piacere, lentamente, accarezzando con cura ogni mia zona erogena, fino a che io, impazzita dalla frenesia, lo pregavo di entrare in me.


    Anche quella mattina mi portò alle più alte vette della passione per poi spingersi ritmicamente in me ed invocare più volte il mio nome.
    Al culmine, mentre riversava il suo seme nel mio profondo, roco esclamò:

    -Lou…facciamo un bambino!-



    Nell’ora che seguì una cappa opprimente di silenzio scese su di noi.


    Ci alzammo, andammo in bagno, riordinai alla belle meglio il letto, il tutto senza una parola, un commento.

    Ero spaventata ed arrabbiata.
    Non sapevo come affrontare la sua richiesta.

    Che fosse stata dettata dal momento in cui ci trovavamo?
    Lui era consapevole di quello che mi aveva chiesto?
    Sinceramente speravo di no.
    Desideravo che fosse una frase detta a caso, quando nell’attimo del piacere il sangue confluisce in altre zone corporee a discapito del cervello.
    Doveva essere questo…
    Speravo fosse questo…
    Non poteva essere serio…


    I miei dubbi furono presto fugati.

    Aveva passato l’ultima mezz’ora alla finestra, guardando il sole ergersi lentamente tra i grattacieli.

    -Ti vedo sconvolta-

    Piano si girò, i suoi occhi incatenarono i miei.
    Era serio, tremendamente serio.
    Ed attendeva una qualche spiegazione da me.

    Avevo paura.

    -Michael, posso essere schietta? Non credo che questo sia un momento buono per un figlio…devi pensare a te stesso tutte le tue forze devono essere concentrato…-
    Bla bla…

    Cercavo di fargli capire il mio punto di vista.


    Lui mi guardava assorto, nessun commento usciva dalla sua bocca alle mie parole.
    Quando ebbi terminato tutto il discorso sull’importanza di raggiungere un equilibrio interiore prima di cercare un nuovo bambino, lui mi sorrise triste.

    -Mi avevi promesso di non abbandonarmi…stai usando le stesse, identiche parole…le stesse scuse di Lisa…io voglio un altro figlio! Sono sicuro che un bambino mi aiuterà!-


    Uscì dalla stanza con passo stanco.

    Mi aveva liquidata.



    *


    -Frank! Si può sapere che cazzo succede!-


    -Ma niente…sai che Michael deve terminare il lavoro su Invincible e lui pensa che cambiare aria lo aiuti-


    Se ne era andato a Miami senza avvisarmi.

    Mi ero nuovamente fatta chiudere fuori dalla sua vita.



    -Perché così improvvisamente!? Frank, tu mi stai nascondendo qualcosa!-

    -Emily…non essere gelosa!Non vede nessun’altra donna…-

    -Piantala con queste stronzate!-


    Mio cugino non era il tipo da tacere con me i particolari della vita di Michael, soprattutto ora che sapeva del nostro pseudo-amore, come lo chiamava ironicamente lui.

    Questa volta mi sembrava però stranamente reticente.

    Mi ci vollero parecchie telefonate ed un’enorme dose di pazienza, ma alla fine scoprii tutto.


    -Dai Lou! Ti ho detto che quel dottore lo aiuterà!-

    Quando chiedevo spiegazioni in discorso di Frank dirottava sempre sul dottor Farshchian che si era impegnato ad interrompere gradualmente l’abuso di farmaci con un lento programma di disintossicazione.
    Michael stesso lo aveva contattato, questa volta sembrava seriamente impegnato, mio cugino ne era convinto…almeno lui.

    Sapevo però che non era questo che mi nascondeva.



    Finalmente, prima del loro ritorno a New York, seppi il motivo di quei silenzi.

    Michael sarebbe di nuovo diventato padre.

    E la sottoscritta non c’entrava nulla.
    Una donna aveva donato i propri ovuli a Michael ed un’altra avrebbe proseguito la gravidanza.

    -Sei tu che mi hai obbligato a dirlo!-

    -Perchè se io non ti avessi “obbligato” cosa pensavate di fare voi due scienze!-


    Ora gridavo.

    -Lou…consolati…la donatrice ti assomiglia!-

    Consolante!

    -Vanffanculo Frank! E già che ci sei porta questo messaggio a lui. Fanculo Michael!-
  8. .
    Grazie mille ragazze (Ally :wub: ), Santa non sempre la critica è costruttiva :)
  9. .

    Augurissimi!!!!!

  10. .
    ...Ma come...e tutte noi?
  11. .
    Eccomi, scusate il ritardo e grazie a tutte :love: :love: :love:




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    CAPITOLO TRENTASEIESIMO
    La Superstar




    Il mattino ci trovò abbracciati scompostamente.

    -Amore…mi spiace tanto…-

    -Per cosa?-


    Per avermi fatto provare il miglior orgasmo della mia vita?

    -Non so cosa mi sia preso…di solito non mi comporto così-

    -Michael…-


    Gli presi il viso tra le mani e guardandolo negli occhi continuai:

    -Mai e poi mai dovrai preoccuparti di indossare una maschera con me, io ti amo e mi fido di te-

    Lo baciai ed aggiunsi maliziosa:

    -E poi mi hai fatto venire in modo strepitoso!-

    Si mise a ridacchiare imbarazzato, la tensione ormai spezzata.

    -Potremmo fare il bis…-

    Mi sussurrò all’orecchio, iniziando poi a stuzzicarne il lobo.



    *


    Dopo giorni di coccole ed amore partimmo per il New Jersey, Michael doveva presenziare ad un’iniziativa volta all’alfabetizzazione ed alla salute nella cittadina di Newark, avrebbe distribuito libri per l’infanzia ad alcuni genitori per sottolineare l’importanza della lettura serale di una favola ai propri bambini.

    Era una cosa che lui cercava di fare quotidianamente con i suoi, credeva fermamente in questo momento di intimità.

    L’evento si sarebbe svolto in collaborazione con il rabbino Shmuley, lo avevo conosciuto ad Oxford e mi aveva fatto una buona impressione, anche Frank mi aveva detto che entrambi, lui e Michael, si sentivano influenzati positivamente dalle sue parole.
    La loro conoscenza, ed in seguito amicizia, durava da circa un anno e mio cugino seguiva attentamente i suoi consigli sul comportamento da adottare con l’amico.

    Permettetemi di dire che io ero un po’ più scettica.

    Michael aveva una personalità molto complessa, in essa convivevano un dolce uomo, un amorevole padre, un burlone, un filantropo, un enorme talento, ma anche un uomo a volte testardo capriccioso, abituato ormai alla condiscendenza di tanti “Yes-man” di cui si era circondato.

    Un uomo fragile e coraggioso contemporaneamente.



    Quel giorno a Newark l’atteggiamento di Michael era strano.

    Seppi solo in seguito il motivo di ciò da Frank: Michael stava cercando un appiglio per scaricare il rabbino, era stanco della sua invadente amicizia e voleva andare avanti con la propria vita, senza nessuno che gli dicesse cosa fare e cosa no.


    Bellissimo nel suo completo bordeaux Michael distribuiva gentilmente i libri alle famiglie in coda, ma chi lo conosceva bene capiva che il suo atteggiamento era artificioso.
    Un leggero tremito gli scuoteva le mani, a malapena rivolse la parola a Shmuley, mentre io e Frank fummo bellamente ignorati.

    Era furioso ed in momenti simili si limitava a ritirarsi in se stesso. Puniva gli altri togliendo loro una cosa che per lui aveva un grande valore: l’attenzione.


    Tornati nella suite dell’albergo in cui eravamo ospiti assistetti per la prima volta all’atteggiamento della superstar MJ.

    Michael sedeva su una poltrona, le mani incrociate di fronte al viso, lo sguardo fisso davanti a sé.
    Nessun suono proveniva dalle sue labbra, si limitava ad ascoltare in silenzio mentre un manager, che io non avevo mai visto, liquidava il rabbino spiegandogli il motivo per cui Michael era seccato.

    Discorsi assurdi sul fatto che lui era abituato ad incontrare presidenti di fama mondiale, bla bla, si sentiva umiliato, insultato nel suo essere celebrità, bla bla…

    Ascoltare tutte queste stronzate fece aumentare esponenzialmente la mia incazzatura. Ma chi si credeva di essere quello stempiato ometto per parlare in quel modo a nome di Michael?

    Perché Michael non interveniva a far star zitto il tipo?

    Un paio di volte avevo tentato di interromperlo, subito bloccata da Frank, a quanto pare abituato a scene come questa.

    La goccia che fece traboccare il vaso fu la frase “Lei vuole che Michael diventi normale, quel che non ha capito è che lui è famoso perché non è normale!”

    Ma che cazzo stava farneticando!
    Michael svegliati!

    Mi alzai di scatto dal divano e con un’occhiata furente alla “superstar” che pareva una statua di cera, me ne andai sbattendo poco civilmente, ma con molta soddisfazione la porta.

    Perché Michael non era intervenuto!
    Perche non aveva detto niente!?



    Nulla valse il mio furioso bussare in cerca di spiegazioni alla porta della stanza in cui Michael successivamente, si era rinchiuso. Essa non si aprì.

    Stava chiudendo fuori dalla sua vita anche me?
    Mi sarei trovata nell’imbarazzante situazione di essere liquidata dall’untuoso omino mentre lui assisteva immobile?

    Eh no, caro mio! Non io!

    -Michael apri subito questa cazzo di porta!-

    Silenzio.

    Fanculo Michael!
    Se fossi qua davanti a me in questo momento ti farei ingoiare la maledetta superstar a forza di sberle!

    Dopo una serie di improperi rivolti al legno che ci divideva feci la valigia e me ne andai.



    Non mi cercò.

    Da Frank seppi che aveva deciso di andare in Virginia, dove Riley aveva uno studio di registrazione, si sarebbe concentrato per terminare l’album.

    Non mi chiamò.

    Partì con Grace ed i figli, mio cugino, restato a New York, mi disse che Michael era entusiasta del viaggio, un cambiamento d’aria gli avrebbe fatto bene, ne era convinto.

    C’entravo anche io nel cambiamento d’aria?

    Dopo una settimana Frank lo raggiunse per un paio di giorni, mi disse che lui pareva più rilassato.

    Possibile che io non gli mancassi neppure un pochino?

    Qualche giorno dopo il ritorno del cugino a New York rientrò anche Michael.



    Quando il cellulare squillò e sul display apparve il nome “Frank” un brivido mi percorse la schiena.

    -Lou!Muovi il culo e corri subito qua!-

    Arrivai nello stesso istante in cui Frank ed un bodyguard lo aiutavano a scendere dall’auto coprendolo con una giacca, poi di peso lo caricarono su una sedia a rotelle.
    Salii con loro in ascensore incrociando lo sguardo perso di mio cugino.

    Nella suite prese le redini della situazione: Grace ed i bambini furono spediti nella stanza della donna, mentre lui urlava contro le guardie colpevoli, secondo mio cugino, di non avergli impedito di ridursi in quello stato.

    Restati solo noi tre, Frank mi diede una bottiglietta di Gatorade da far bere a Michael.

    -Ma che cazzo hai fatto!?- Cosa hai preso?-

    Lui lo guardò sincero.

    -Stavo bevendo della Vodka…e poi ho preso una pillola di Xanax…-

    -Sei un fottuto idiota a farlo davanti ai tuoi figli!-

    Frank era nero di rabbia.

    -Non mi hanno visto…-

    Ribattè laconico Michael e poi iniziò a vaneggiare su manager e ad inveire in modo incoerente contro di loro al telefono, gridando:

    -Fottiti! Vaffanculo! Sei licenziato! Esci dalla mia vita! Se non credi in me ci saranno altre persone che lo faranno!-

    Poi iniziò a piangere.

    Io ero un’attonita spettatrice.

    In quel momento ammirai Frank che con calma assecondava Michael, finchè lui divenne più lucido e riuscì a spiegarci l’accaduto: aveva dubbi sul comportamento dei propri manager e della Sony.
    Poi con voce tremante mise a nudo tutte le sue preoccupazioni: lo stess, l’album, il catalogo dei Beatles, le finanze, la Heal The World e tante altre cose che lo tenevano sveglio la notte.

    -Passerà! Andiamo avanti, andrà tutto bene. Se vuoi essere il migliore hai bisogno di essere concentrato, devi ritrovare te stesso…non puoi lasciare che i tuoi figli ti vedano in questo stato!-

    A quelle parole Michael sussultò, poi fece un respiro profondo.

    -Lo so, hai ragione!-

    I due uomini si abbracciarono, poi Frank mi guardò:

    -Te lo affido, Lou-

    E se ne andò.

    Ora toccava a me…
  12. .
    Grazie ragazze, bellissime parole le vostre. E' bello sognare insieme.
  13. .
    Grazie Serena :wub:

    ed ora regalino da mio cugino Frank ( :lol: )





  14. .

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    CAPITOLO TRENTACINQUESIMO
    Emily





    -Daddyyy!!-

    I due bellissimi bambini corsero felici tra le braccia del padre che traballando e sostenendosi alla stampella cercò di abbracciarli entrambi.

    Penso che Michael si sentisse sempre un po’ in colpa quando “abbandonava” i figli per i numerosi impegni.
    Recuperò comunque ampiamente la notte seguente e anche quelle successive!

    Sì, i teneri frugoletti si avvinghiavano, tipo edere, in ogni momento a lui che, nonostante mi guardasse con aria un filino colpevole, si fece immancabilmente convincere a condividere con loro il lettone!...
    …ed io, comodissima, arrapatissima ed incazzatissima mi sistemai nella stanzetta lungo il corridoio!



    Da quel momento in poi Frank coniò un nuovo soprannome per me.
    Quando si riferiva alla mia pseudo-relazione con Michael mi chiamava “Emily”.

    Solo dopo molte insistenze, e minacce, mi svelò l’arcano del mio “nuovo nome in codice”.

    -Ma sì, Lou! La famosa poetessa Emily Dickinson!-

    -Che cazzo hai fumato, Frank!-

    -Cugina! Sei un pozzo di ignoranza!-


    Scoprii solo più tardi che non si riferiva ai famosi sonetti amorosi della poetessa, di cui confesso di aver cercato notizie in internet, ma era un modo come un altro per sfottere e rimarcare il mio rapporto “non-fisico” con Michael!
    Ebbene sì! Valerie, che aveva ampliato gli orizzonti culturali del cugino, gli aveva fatto anche leggere “O frenetiche notti!”

    O frenetiche notti!
    Se fossi accanto a te,
    Queste notti frenetiche sarebbero
    La nostra estasi!...


    E lui, ridendo come un pazzo, per fortuna Val non si era posta domande, aveva associato la frustrazione della Dickinson alla mia!

    Fanculo Frank!



    *


    In quei giorni ebbi anche l’occasione di rivedere Kara, ora che il lavoro a Neverland era terminato lei, Court e Derek si erano trasferiti a New York.

    -Kara…non avresti il numero di un buon ginecologo?-

    Lei soppesò un attimo la mia innocente domanda, poi esplose:

    -Ti sei scopata Michaelllllll!!!!!-

    Quando si parla di sesto senso femminile!


    Non volle sentire nessun tentativo di negazione, il suo cervello aveva già collegato tutto alla velocità della luce: la luminosità nuova dei miei occhi, le occhiate che, lei era sicura, Michael mi rivolgeva, i giorni che io avevo passato con lui, ma soprattutto il bisogno di consultare uno specialista.


    Non le dissi nulla, ma a malincuore, sentivo il bisogno di condividere con un’amica la mia felicità, le mie preoccupazioni, i dubbi, le frustrazioni….

    Kara non si arrabbiò, mi accompagnò dal ginecologo, maschio e figo, senza commentare e con un radioso sorriso sul volto.


    Io e Michael durante quell’unica notte non avevamo parlato di precauzioni, ma in qualche modo sentivo che dovevo proteggermi e proteggerlo.
    Non pensavo fosse il momento adatto per una gravidanza, lui aveva troppi problemi a cui pensare, non che considerassi un figlio un problema, ma il suo equilibrio personale, ed il nostro di coppia, viaggiava su un filo talmente sottile che temevo un qualunque scossone potesse spezzarlo.


    *


    Il primo sobbalzo lo avemmo il giorno successivo.



    Court e Derek diedero a Michael la notizia che l’acquisizione della “Marvel Comics”, ritenuta da lui cosa già fatta, era sfumata.


    Mentre erano in riunione, loro tre e Frank, nel salotto della suite, io avevo portato Prince e Paris in camera, per guardare il DVD di Peter Pan. Nonostante alzassi al massimo il volume le urla di Michael ci arrivarono chiare.

    I bambini, terrorizzati, si erano rifugiati nelle mie braccia ed io, spaventata come loro, cercavo di calmarli e contemporaneamente rintracciare Grace che aveva il pomeriggio libero.


    I singhiozzi e le invocazioni di spiegazioni sostituirono bene presto le urla, poi il silenzio.



    Grace era arrivata, aveva preso i piccoli, che alla sua vista si erano un po’ calmati, e li aveva portati nella propria stanza, quella notte avrebbero dormito con lei.

    Frank se ne era andato, sbattendo la porta, gli occhi lucidi di chi è prossimo al pianto.

    Di Court e Derek neppure l’ombra.



    Ero sola, al centro di un salotto in cui pareva essere passata una tempesta.

    Iniziai lentamente a raccogliere fogli, cuscini, libri oggetti frantumati dal pavimento, in attesa che qualcuno di “adulto” mi dicesse cosa fare.

    -Ci sei solo tu, Lou…-

    Sussurrai a me stessa, unica spettatrice della furia e tormento dell’uomo che amavo.



    *


    Entrai piano, il fiato sospeso.

    La stanza era in penombra.

    Michael era sdraiato supino sul letto, la gamba, ora solo fasciata, penzolava scompostamente dal bordo del materasso.
    Il viso era sepolto nel cuscino che, trattenuto dalle mani, premeva sulle sue orecchie. non un suono proveniva da lui, solo lo scuotersi ritmico delle spalle denotava la sua angoscia.

    Lentamente mi avvicinai.
    Timorosa gli accarezzai i capelli.

    -Vattene!-

    La sua voce tentò di impormi.

    Incurante mi sedetti sul bordo del letto in attesa.

    Non mi avrebbe allontanato dalla sua vita.
    Non per così poco.
    Non in questo momento.



    Aspettai pazientemente mentre i secondi diventavano minuti, forse ore…
    Ad un certo punto della serata o della notte, il tempo in quella stanza sembrava essere sospeso, lui alzò il viso guardandomi.
    I capelli scarmigliati pendevano disordinatamente, sulle guance strie rossastre si alternavano alle nere tracce salate che le lacrime avevano creato sciogliendo l’eye-liner, gli occhi rossi, gonfi si fermarono nei miei…

    -Lou…perché la gente mi usa…mi mente i questo modo…perché…-

    Un sussurro disperato prima di sprofondare il volto nel conforto del mio seno.

    Mi sdraiai accanto a lui cercando di dargli quel sollievo di cui aveva tanto bisogno in quel momento.

    Le mie mani timide iniziarono ad accarezzare il suo viso mentre lo sguardo si perdeva in quelle iridi scure.

    Si lasciò toccare, accarezzare, baciare fino a che le sue labbra si fecero più esigenti, fameliche.
    Alzò l’orlo della mia gonna alla ricerca di un contatto più intimo, un bisogno primordiale di vicinanza, una necessità di sfogare il turbamento provato.
    Le lingue si cercavano impazzite mentre lo aiutavo ad abbassare i pantaloni.

    Non ero pronta a riceverlo, ma non aveva importanza. La sua smania, la sua frenesia, la necessità di annullare le proprie le emozioni in un qualcosa di così fisico come il sesso, si trasmisero a me.

    Avevo bisogno di sentire il suo dolore come mio.
    Volevo sentirlo dentro di me.
    Subito.
    Voleva entrare in me.
    Subito.

    Scostò l’orlo dei miei slip e con un’unica spinta mi penetrò.
    Trattenni il fiato, mi fece male, ma non era rilevante.
    Iniziò a muoversi forte, rudemente, trattenendo il mio bacino con le grandi mani.
    L’orgasmo che provai fu travolgente. nel sentire i miei muscoli contrarsi anche lui si lasciò andare con un grido liberatorio.

    Poi giacque accanto a me.

    -Lou…scusa…ti ho fatto male…-

    Lo baciai dolcemente, l’unico dolore che mi aveva causato era nel cuore.

    Lo tenni abbracciato stretto finchè si abbandonò sfinito al sonno.


    Per chi non avesse letto il libro di Cascio, viene menzionata una misteriosa "Emily" che avrebbe avuto una relazione "romantica" con Michael per circa un anno, intorno al 2000-2002.
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    Grazie mille :wub: , un abbraccione :kiss2:
1715 replies since 5/11/2010
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