She was a heartbreaker.

History World Tour, 1996 - 1997.

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  1. jacksonshug
     
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    Prima di inserire titolo e prologo di questa nuova storia ho voglia di esprimermi un po’ su questo sogno, se così lo posso definire.
    E’ una storia diversa rispetto a quelle che ho scritto fino ad adesso, Michael è sempre lo stesso, ma il nuovo personaggio è un po’ complicato rispetto a lui e quindi all’inizio si farà un po’ fatica per farli andare d’accordo.
    Non ho voglia di anticipare niente, dico soltanto che sarà una storia molto romantica e sentimentale, d’altronde io non potrei mai scrivere qualcosa che non sia di questo tipo, credo che in tutte le storie ci debba essere la dolcezza e il romanticismo perché non guastano mai, ci saranno molti ostacoli e molte difficoltà da superare e le immancabili caratteristiche del rating rosso.
    Spero che questa fan fiction vi faccia sognare e che vi porti dove non siete mai stati, spero con tutto il mio cuore che vi piaccia, davvero.
    Buon viaggio.



    She was a heartbreaker.

    History Era.
    Rating Rosso.
    Tipo: Sentimentale, romantico.




    Londra.
    Com’è bella questa città, la mia città, la città dei sogni che si realizzano e degli amori che sbocciano.
    La città della pioggia e del freddo, la città del talento, la città degli stadi e della musica.
    Adoro sedermi sul davanzale della finestra di casa mia ad ammirare il panorama notturno, la notte mi tranquillizza e mi permette di viaggiare con la mente nei posti in cui non sono mai stata, è meraviglioso poter vedere le luci del London Eye in lontananza e il vociare dei passanti, in qualche modo mi rilassa tutto questo.
    Posso ritenermi una ragazza fortunata, molto fortunata. Ho appena venticinque anni e ho già un bel lavoro che faccio con amore e passione, sono una make-up artist e lavoro su un set cinematografico ricco di famosi attori, bella roba, davvero.
    Sogno di poter girare il mondo con il mio lavoro e di imparare sempre nuove cose in tutti gli ambiti, credo che la conoscenza non sia mai troppa, in qualche parte del mondo ci sarà sempre qualcosa di cui non hai mai sentito parlare, sarebbe impossibile il contrario.
    Credo nei colpi di fulmine e anche in quelli di fortuna, sono una ragazza che sogna di poter trovare l’amore vero, quello che dura per sempre, quello che ti cambia la vita e te la rende perfetta e che, forse, cambia anche la tua persona in meglio.
    Non penso sia qualcosa di troppo azzardato, è un semplice sogno e si sa, i sogni sono fatti per chi se li può permettere.
    Ho un cuore di ghiaccio, ma anche il ghiaccio si scioglie e sono convinta che se un giorno dovessi trovare l’uomo della mia vita il mio cuore si trasformerebbe del tutto.
    La mia storia comincia qui, adesso e non so quando finirà, le storie sono fatte di sogni e spero di poterne avere abbastanza per poterli raccontare.




    E' soltanto il prologo, ma aspetto lo stesso i commenti per sapere cosa ne pensate! Il primo capitolo arriverà prestissimo! :)
    Un bacio.
     
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    Uhhmmm interessante, mi rende curiosa questa introduzione!!!
     
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    Bellissimo inizio Jacksonhug, attendiamo presto la continuazione
     
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  4. ( StreetWalker ‚
     
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    Michael avrà a che fare con un osso duro
     
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  5. jacksonshug
     
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    Capitolo 1.




    “Non me ne frega niente, signorina. Tu domani parti per Los Angeles e non voglio sentire scuse, sono stato chiaro?”

    Mark era lì davanti a me, seduto sulla sua solita poltrona girevole di pelle nera e appoggiava le sue grosse braccia sul legno della scrivania, imponendo il suo atteggiamento di sfida nei miei confronti.
    Era il mio datore di lavoro per così dire, ero una make-up artist, una truccatrice in parole povere ed ero stata presa per lavorare su un set cinematografico dove mi pagavano anche bene, in realtà era stato il mio lavoro fino a quando Mark non mi avvisò che non avrei più lavorato in quell’ambiente, ma bensì in quello della musica in cui non avevo mai avuto alcuna esperienza.
    Fantastico, non è vero? Per niente.
    Mi tenette un bel po’ sulle spine prima di rivelarmi il nome della persona per cui avrei lavorato e quando me lo disse rimasi letteralmente spiazzata, ovviamente non mi aspettavo nulla del genere, pensavo addirittura che stesse scherzando, ma quando mi avvisò che sarei dovuta partire dopo qualche giorno… beh, capii che era tutto vero, capii che il lavoro mi stava regalando una grande opportunità e che la fortuna per una volta era stata dalla mia parte, ma io come al solito non ero stata capace di apprezzare al primo colpo niente di tutto quello.
    Ero stata scelta come truccatrice personale di Michael Jackson durante il suo nuovo tour mondiale, avrei dovuto girare il mondo appresso a lui e la cosa non mi entusiasmava per niente, amavo il mio lavoro e avrei fatto qualsiasi cosa per esso, ma amavo anche la mia Londra e non l’avrei lasciata per inseguire un uomo sculettante, chiunque egli fosse.
    Si, era Michael Jackson, ma non me ne fregava niente perché per me era come tutte le altre star famose, pieno di soldi, esigente, rompiscatole, pieno di difetti e stargli dietro sarebbe stata una vera e propria tortura e mi avrebbe portata all’esaurimento nervoso.
    Avevo venticinque anni e ci tenevo molto alla mia salute, ma soprattutto volevo condurre uno stile di vita tranquillo per non arrivare alla soglia dei quarant’anni con il volto pieno di rughe.
    Non ero una sua fan, da premettere, lo conoscevo grazie ai vari giornalini che parlavano continuamente di lui, ma non sapevo che tipo di persona fosse, non conoscevo neanche tutte le sue canzoni e a stento sapevo che faccia avesse, penserete che io sia strana, ma è così.
    Le donne impazzivano per lui ed io non ne conoscevo il motivo, mi sembrava come tutti gli altri uomini, non mi sembrava avesse chissà quale arma nascosta per far cadere tutte ai suoi piedi, inoltre gli uomini erano tutti uguali a mio parere e scrivere canzoncine smielate e sembrare un dolce angioletto non lo rendeva diverso.
    Stava di fatto che con qualunque donna io parlassi lei mi confidava sempre il suo amore segreto per Michael Jackson, sembrava che fosse l’unico uomo sulla faccia della Terra.
    Era una decisione molto complicata da prendere, avrei dovuto cambiare la mia vita per il mio lavoro, ma era anche una gran bella occasione, quella che aspettavo da molti anni e che in quel momento mi era stata servita su un piatto d’argento, non esistevano mezze misure con me e sapevo che in quell’occasione non sarebbero neanche servite, c’erano il bianco e il nero, c’era la mia Londra contro il mondo intero e i verbi da usare erano soltanto due: prendere o lasciare.

    “Mark, io non me la sento, Los Angeles è dall’altra parte del mondo e…”

    “Alex, pensa ai tuoi soldi, Jackson ti paga così tanto che potrai smettere di lavorare dopo un anno e vivere di rendita. E’ la tua occasione, poi è anche un bell’uomo, non capisco cosa ci sia che non vada.”

    “Non lo conosco, mi sembra anche un po’ falso da come si presenta in pubblico, poi è una star! Mi farà girare come una trottola per stare al suo servizio!”

    “Io ho avuto modo di conoscerlo, è una brava persona. Alexandra, è la tua occasione! Potrai girare il mondo lavorando con lui, ti divertirai, è il sogno di una vita, il tuo sogno!” – Urlò mettendo in risalto l’ultima frase.

    “Non mi è molto simpatico, ma capisco la situazione e quei soldi mi servono proprio, quindi accetto. Che Dio mi benedica! Ciao, Mark.” – Dissi uscendo dal suo studio e dirigendomi in fretta verso casa, avevo una marea di cose da fare, di carte da firmare, di vestiti da preparare ed ero molto nervosa, come sempre.



    L’aereo partì dall’aeroporto di Londra all’alba e durante tutto il viaggio non feci altro che tormentarmi con le mie paranoie inutili, mi riempii di assurdi pensieri e di ansie, mi ripetevo continuamente la solita domanda: “Perché proprio me? Il mondo è pieno di truccatrici migliori di me, perché proprio io?” e sempre la solita risposta mi risuonava nella testa, la solita risposta di Mark: “E’ stato lui a fare il tuo nome, sentiti onorata.”
    Onorata un paio di scatole, come faceva a sapere il mio nome? Non credevo di essere così famosa, fino ad allora avevo solo spolverato un po’ di fondotinta sulle rughe degli attori, non mi sembrava tutto questo talento, però a me piaceva lo stesso e diventare una make-up artist professionale era sempre stato il mio sogno, quindi un po’ di ringraziamento glielo dovevo, nervi a parte… credevo che in fondo sarebbe stata una bella avventura.
    Michael Jackson, come ho già detto, non lo conoscevo molto musicalmente, ahimè, ma quelle poche canzoni che avevo sentito alla radio per puro caso mi erano subito piaciute, erano pezzi molto orecchiabili e carini, era bravo, nient’altro da dire.
    Mi piacevano moltissimo ‘You are not alone’ e ‘They don’t care about us’ del nuovo disco, apprezzavo parecchio anche ‘Dangerous’ e l’immancabile ‘Billie Jean’ che tutti conoscevano, quella era impossibile non averla mai sentita dal momento in cui era la sua hit per eccellenza.
    Adoravo viaggiare e quando atterrai a Los Angeles venni invasa da un’immensa voglia di girare in lungo e in largo, ma purtroppo non potevo perché quello era un viaggio di lavoro e non di piacere e addio programmi, però avrei avuto un intero tour nel quale avrei potuto visitare moltissime città e fu questa la cosa che mi rincuorò.
    Avrei dovuto incontrare l’intero staff dell’History World Tour e anche il diretto interessato dopo solo due ore dal mio arrivo, quindi ebbi soltanto il tempo di posare le valigie al mio hotel, un hotel lussuosissimo e meraviglioso, ovviamente pagato da Jackson perché, come da accordo, io non avrei speso un centesimo durante tutto il tour e poi io non avrei mai potuto permettermi un posto del genere, feci una doccia e mi sistemai alla meno peggio per poi arrivare al luogo dell’incontro con un po’ di anticipo.
    Era stato fissato in un altro hotel dello stesso calibro del mio, forse anche leggermente migliore, era pieno di moquette color oro e roba dello stesso colore e c’era un continuo passaggio di camerieri e facchini ovunque.
    Legend Hotel, fu questa la prima cosa che notai in quell’albergo, ovvero l’insegna luminosa che regnava in alto in corrispondenza dell’immensa porta girevole dell’ingresso, aveva persino le rifiniture in oro, quel posto doveva essere costato una marea di dollari, quindi cercai di muovermi con cautela lì dentro per evitare di consumare il mio intero stipendio prima di cominciare a lavorare.
    Venni accolta da un uomo molto alto e grosso, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri in stile principe azzurro, a primo impatto mi sembrò anche molto simpatico e mi accompagnò nella sala dei ricevimenti prima di incontrare Mr. Jackson, mi aveva informato che era stato lui stesso a voler organizzare quell’incontro per conoscere meglio il suo staff e la cosa mi colpì molto, dico sul serio.
    Solitamente da un artista del genere ti aspetti soltanto che ti paghi e ti guardi dall’alto in basso senza rivolgerti una parola, che ti dia soltanto degli ordini perché lì è lui che comanda, che ti snobbi e ti sbatta le porte in faccia quando i suoi nervi glielo impongono e invece lui voleva conoscere le persone che lavoravano per lui, era un bel gesto da parte sua, molto bello.
    Non doveva essere poi così male quell’uomo, non lo conoscevo e quindi mi sarei aspettata di tutto, magari poteva essere anche simpatico o scontroso, poteva essere di tutto, ma la cosa che più mi interessava era il mio stipendio e se fosse stato un orco… beh, mi sarei adattata lo stesso.

    “Benvenuta a Los Angeles, Alex e grazie per aver accettato la nostra proposta. Io sono George, per qualsiasi cosa sono a tua disposizione.” – Disse tendendomi la mano, era un bel tipo, molto interessante, ma io ero lì per lavoro e non per cercare un uomo, di questo ne ero consapevole, ma almeno come amico sarebbe andato bene, non avrei potuto di certo trascorrere le giornate in solitudine.

    “Grazie a voi, spero di trovarmi bene.” – Dissi con il mio solito sorrisetto stampato sulle labbra, lo guardai con attenzione e anche lui fece lo stesso con me, mi piaceva il suo modo di fare, era molto galante e come prima conoscenza in quell’ambiente non era niente male.

    “All’inizio è un po’ difficile ambientarsi perché c’è molta gente che lavora ed è complicato fare amicizia, ma poi con qualche festa qua e là riesci a trovare qualche amico. Questa sera, ad esempio, dopo le prove ci sarà un party organizzato per Michael in un locale non molto lontano da qui, se ti va potresti venirci per conoscere un po’ di più i ragazzi.”

    Mi sembrava un’idea fantastica, adoravo le feste e dopo una giornata intensa trascorsa attorno al faccino di Michael Jackson e ai suoi sbalzi di umore era proprio quello che ci voleva.

    “Oh, certo, grazie per l’invito! Ci sarà anche lui?”

    “Non lo so, di solito non ama queste feste e preferisce rimanere a casa, però può darsi anche che venga, dipende da come si sente, è un tipo un po’ complicato.”

    “Immagino…”

    “Non fraintendermi, è un po’ complicato nel senso che pretende molto da tutti ed è anche normale, ma per il resto è molto tranquillo, quando sei con lui dimentichi chi hai davanti e ti senti più rilassato. Ti permette di far bene il tuo lavoro. Ovviamente i primi tempi è un po’ dura, lui non ti conosce e tu lo conosci solo perché è molto famoso e quindi tende un po’ a starsene sulle sue, ma io credo che una ragazza così bella come te non avrà problemi.” – Sorrise a quelle parole e lo feci anche io, mi rasserenò con quel suo discorso, pian piano l’ansia e il nervosismo cominciarono a svanire e la curiosità aumentava, volevo proprio vedere com’era questo Re del Pop.

    “Gli è stato comunicato che sei qui e vuole vederti, l’ultima sala a destra. In bocca al lupo, ci vediamo dopo!” – Disse sorridendo e indicandomi una porta a decine di metri da noi.

    Lo salutai e imboccai un corridoio pieno di specchi che riflettevano la mia immagine, quando mi trovai dinanzi alla sua porta rimasi qualche minuto a fissarla e a fare profondi respiri, ero emozionata ed era una cosa che non mi capitava spesso, avevo un carattere piuttosto forte e non ero particolarmente sensibile a quel genere di cose, ma dovevo ammettere che ero molto curiosa di scoprire il Michael Jackson fuori dal palcoscenico.
    Bussai un bel po’ di volte prima di sentire una leggera e sottile voce dirmi di entrare, pensavo ci fossero decine di camerieri e guardie in quella stanza a darmi il benvenuto, ma invece c’era soltanto un uomo seduto di spalle ad ammirare il paesaggio dall’enorme finestra.
    Aveva un cappello scuro sul capo e una camicia verde molto particolare, era un verde meraviglioso e diverso da quelli che di solito si vedevano in giro, la sua tonalità variava dal verde all’azzurro molto chiaro e indossava un pantalone nero aderente che gli metteva in risalto le gambe, quel tessuto era così elastico che persino in lontananza riuscivo a scorgere i muscoli dei suoi polpacci.
    Era un tipo molto magro e abbastanza alto, ovviamente quello doveva essere un dato di fatto per il lavoro che svolgeva, non poteva di certo avere il fisico di un elefante per ballare in quel modo così sensuale, avevo avuto l’occasione di vedere qualche suo video in televisione, non ero poi così ignorante in musica.
    Pensavo si vestisse in modo più sofisticato e invece era un abbigliamento molto semplice quanto elegante, era tutto abbinato perfettamente e al posto giusto, aveva buon gusto quell’uomo, era evidente.

    “Salve, signor. Jackson. Io sono Alex Brown, la sua nuova make-up and hair artist…”

    Non mi degnò di uno sguardo né di una parola, non si voltò nemmeno a guardarmi, era così preso da quello che stava osservando che dubitai per un momento che lui mi avesse davvero ascoltata.
    George aveva detto che i primi tempi sarebbero stati difficili, come primo impatto andava alla grandissima, mi ero presentata cercando di sembrare il più simpatica e comprensiva possibile e lui non mi aveva detto niente, forse non mi aveva neanche ascoltata, la cosa si prospettava più difficile del previsto.

    “La stavo aspettando, avevo voglia di conoscere la persona a cui avrei affidato il mio volto. Prego, si accomodi pure.” – Disse rimanendo nella sua posizione e facendomi segno di sedermi su una poltrona al suo fianco.

    Rimasi un po’ colpita dal suo modo di fare e soprattutto di parlare, lui era il mio capo, era la più famosa star al mondo ed io ero soltanto una ragazza che lavorava per lui, gli altri artisti mi avrebbero trattata con distacco come se io fossi stata la loro serva e invece lui era così umile ed educato da darmi del lei e da permettermi di accomodarmi accanto a lui.

    “So che viene da Londra e mi dispiace averla fatta venire fin qui, ma ho sentito parlare molto bene di lei e così adesso fa parte del mio staff.”

    “Non si preoccupi, è un piacere poter lavorare per lei.” – Dissi voltandomi verso di lui cercando di scovare bene il suo viso.

    “Per molti è un onore.”

    A quelle parole si tolse il cappello lasciando che dei meravigliosi ricci scuri gli coprissero il capo e mi guardò mordendosi il labbro, mi sentii strana in quell’istante, aveva uno sguardo penetrante e degli occhi scurissimi capaci di ipnotizzarti, mi era così vicino che riuscivo a percepire il suo profumo, una fragranza molto dolce alla vaniglia, era un odore bellissimo.
    Prima di rispondere riflettei molto sulla sua ultima affermazione, c’era una punta di orgoglio e di tristezza allo stesso tempo, non capivo perché ritenere che lavorare per lui fosse un onore lo mettesse a disagio, di solito dovrebbe soltanto riempirti di superbia e di grandezza, ma con lui non sembrava essere così.

    “Io la ritengo un uomo come tutti gli altri e una persona come tutte le altre. Non è un alieno, è soltanto un uomo il cui lavoro lo rende particolarmente famoso e ricco rispetto agli altri, ma è fatto di carne ed ossa, ha due occhi, un naso e una bocca come tutte le persone su questa Terra.” – Dissi rimanendo con i miei occhi incollati ai suoi.

    Un leggero sorriso gli comparì sul volto, aveva un bellissimo sorriso che lasciava intravedere la sua fila di denti bianchissimi, un sorriso capace di trasmetterti tranquillità.
    Pensavo se la prendesse dopo quelle mie frasi, ma invece sembrava essere contento di quello che gli avevo appena detto, era un tipo molto strano con una personalità molto interessante, una personalità che andava scoperta, a giudicare da quel primo incontro con lui.

    “Pensavo di cambiare look, non so… vorrei tagliare un po’ questi capelli, lei cosa dice?” – Chiese sfiorandosi dei ricciolini che gli cadevano sulla fronte.

    “Signor Jackson, io le consiglierei di sfoltirli in basso e ai lati, ma dipende anche da lei come intende portarli. Potremmo accorciarli e legarli normalmente con un elastico, se le va.”

    “Mi affido a lei, so che non mi deluderà.”

    “Si fida così facilmente delle persone? Non mi conosce neanche.”

    “Non di tutte, ma lei ha qualcosa che mi spinge a farlo.”

    Si alzò dalla poltrona e mi si posò di fronte, mi alzai a mia volta e mi guardò così intensamente che non ebbi la forza per controbattere, ci guardammo a lungo, forse aspettava che io dicessi qualcosa, forse aspettava che io me ne andassi sbattendo la porta senza un motivo ben preciso o forse aspettava che io mi inchinassi ai suoi piedi per baciargli le scarpe.

    “Io dovrei andare… ha bisogno di altro?” – Dissi secca, allontanandomi da lui.

    “Andare dove?”

    “Non sono affari che la riguardano, lei mi paga per farmi prendere cura del suo look, non per essere la sua badante.”

    “Credo di essere ancora abbastanza giovane e autonomo per potermi prendere cura di me stesso, qui badanti non ce ne sono. Era una semplice domanda, non voglio costringerla a stare qui più di tanto se non vuole. Può andare, non ci sono problemi.”

    “Tenga a freno i nervi, un consiglio.”

    Me ne andai sbattendo la porta, lo lasciai lì con quell’ultima frase detta per dimostrargli che non era superiore a nessuno, per dimostrargli che se intendeva tenermi ai suoi comandi aveva sbagliato persona, ero fatta così, me ne uscivo con quelle frasi senza rendermene nemmeno del tutto conto, quando una cosa mi dava fastidio io lo dicevo, non mi tenevo niente dentro.
    Avrei dovuto controllare meglio le mie parole, mi ero scaldata troppo facilmente per colpa di una sua semplice domanda, ma purtroppo ero appena arrivata lì e il fuso orario mi aveva forse un po’ rincoglionita.



    Continua...



    Questo è il primo capitolo di questa mia nuova fanfiction, ce l'ho messa tutta e ho impiegato anche un bel po' di tempo per scrivere questo capitolo, l'ho modificato una marea di volte e spero che questa volta vada bene.
    Aspetto di sapere cosa ne pensate!
    Un bacio. :occhiolino:
     
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  6. jacksonshug
     
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    Capitolo 2.


    Arrivai nel luogo in cui si sarebbero svolte le ultime prove dell’History World Tour prima della partenza per Praga del giorno dopo con soli cinque minuti circa di ritardo, c’era traffico in strada e dovetti persino litigare con il tassista in modo che lui premesse con più forza il piedino sull’acceleratore.
    Non sapeva che cosa mi sarebbe capitato se non fossi arrivata in tempo, Mr. Jackson aveva un bel caratterino e mi avrebbe cacciata senza darmi nemmeno la possibilità di replicare.
    Appena arrivata nel backstage mi venne incontro George con una faccia molto preoccupata, ero sudatissima dal momento in cui avevo fatto quasi metà strada correndo e pregando tutti i Santi che Jackson non si arrabbiasse con me, in fondo erano solo cinque minuti di ritardo, non lo conoscevo e forse si era posto nella maniera sbagliata, magari nascondeva anche un lato un po’ comprensivo, forse.
    Emanavo sudore da tutti i pori, avevo il trucco completamente sbavato, (si, proprio io), il correttore si era mischiato al fondotinta per via del calore e in faccia sembrava avessi una pastetta scura, tipo quella che si usava per fare le frittelle, per non parlare poi dei capelli che erano diventati voluminosi, molto voluminosi.

    “Alex! Grazie al cielo sei arrivata, Michael non ha fatto altro che lamentarsi in camerino, è molto nervoso.” - Disse prendendomi per un braccio e accompagnandomi in fretta da lui.

    “Oh ma non mi dire! Sono sorpresa! Ma sono solo cinque minuti, cinque! Ho appena cominciato e già non lo sopporto più!” - Risposi urlando senza rendermi conto che eravamo arrivati davanti alla porta del suo camerino e che forse avrebbe potuto sentire la nostra conversazione, ma poco mi importava, non poteva licenziarmi perché avevo detto che non lo sopportavo, era assurdo, ma lui poteva fare di tutto, pensai.

    “Passo a prenderti stasera in albergo per la festa, va bene?” - Chiese sorridendomi.

    Era molto carino da parte sua venirmi a prendere fino all’hotel, era stato anche molto gentile nel dirmi della festa, in fondo mi conosceva da pochissimo tempo e già stava cercando il modo per farmi rilassare, ero già stressata, la sola idea di correre a truccare Michael mi metteva ansia, mi faceva sudare al solo pensiero, era tutto molto… strano.
    Se la prendeva con tutti, non gli andava bene niente e aveva sempre da ridire su tutto, fu quella la prima impressione che mi fece quando arrivai lì, ma i suoi collaboratori erano così gentili e buoni che si assumevano le colpe e si scusavano continuamente anche quando non ce n’era bisogno, cosa che io non avrei mai fatto per via del mio carattere, piuttosto mi sarei fatta licenziare.

    “Se ci arrivo viva a stasera. Comunque grazie, George. Prega per me.” - Dissi aprendo la porta velocemente e scomparendo dietro di essa.

    Era seduto davanti allo specchio e mi dava come al solito le spalle, indossava un pantalone dorato ed una camicia nera trasparente annodata al bacino con una maglietta bianca al di sotto, aveva un gran bel fisico, non riuscivo a fare a meno di guardarlo, era impossibile non ammetterlo.
    Mi accarezzai le mani in segno di sicurezza nei suoi confronti ma… non servì a molto, erano completamente sudate e le gambe mi tremavano incredibilmente, in realtà si muovevano senza avere nessuno stimolo da parte del mio cervello.
    Cosa mi stava succedendo? Speravo soltanto che lì, da qualche parte, ci fosse un’ambulanza pronta a portarmi al primo ospedale più vicino o almeno un telefono per poterla chiamare, mi sentivo strana e non sapevo il perché.
    Forse era sta la birra fredda che avevo bevuto prima di iniziare la mia maratona, forse era stata quella a farmi stare in quel modo così… ehm, strano.

    “Signor Jackson, eccomi, mi scusi per il ritardo.” - Dissi prendendo il beauty e avvicinandomi a lui.

    “Finalmente è arrivata, come primo giorno ha cominciato alla grande.”

    Quella sua affermazione mi fece girare le scatole, ero già su di giri di mio, ma dovevo cercare di rimanere il più calma e rilassata possibile per non mandare a monte quell’occasione, non dovevo usare i miei soliti modi aggressivi e scontrosi altrimenti non sarei arrivata da nessuna parte, era lui che mi pagava e anche bene, ma sicuramente non mi sarei fatta parlare addosso in quel modo.
    L’importante era riuscire a mantenere la CALMA per cercare di non mettere le mani sul suo bel corpicino, magari prendendolo a schiaffi.
    No, forse ero un po’ troppo violenta.

    “Mi scusi se ho l’hotel dall’altra parte di Los Angeles e faccio un po’ fatica a raggiungerla.”

    “Fa anche un po’ fatica a starmi dietro, a quanto pare. So che non mi sopporta e che è qui solo per i soldi, quindi potrebbe anche cercare di sembrare un po’ più simpatica dal momento in cui la pago molto bene.” - Disse girando la sedia verso di me, poggiando la schiena all’indietro e sorridendo leggermente, aveva un’aria autoritaria, si… sembrava un boss.

    Alla faccia dell’uomo dolce e gentile, sembrava una tigre, anzi… una pantera, perché… no, facevo meglio a non pensare in quella situazione.
    Io sarei dovuta sembrare più simpatica perché lui mi pagava molto? Ma che razza di ragionamento era mai quello! Se con quelle parole intendeva dire che io avrei dovuto dire tutto il giorno ‘Si, Mr. Jackson’, ‘Certo, ha ragione.’ e ‘Scusi, mi perdoni, sono mortificata.’, aveva sbagliato completamente persona.

    “Davvero crede che il problema sia io e che lei vada bene così com’è? Si sbaglia di grosso, Mr. Jackson. Io non sono antipatica, è lei che mi costringe ad esserlo. Io rispondo soltanto a tutto quello che mi dice, potrebbe anche lei cercare di sembrare meno scontroso e più collaborativo.” - Dissi cominciando a stendergli la crema sul viso,

    Era la prima volta che toccavo la sua pelle e tocco dopo tocco cominciai a sentire dei brividi percorrermi tutto il corpo, mi irrigidii parecchio, ma cercai in tutti i modi di non darlo a vedere per evitare inutili commentini da parte sua.
    All’improvviso il suo sguardo cadde di nuovo su di me e mi bloccai, rimasi imbambolata a guardarlo, sembravo una statua e quello non era il momento per giocare alle statue di sale, ne ero più che consapevole ma… non riuscivo a ragionare.
    Aveva un corpo magnifico, un profumo che mi stordiva e degli occhi che mi ipnotizzavano, era la seconda volta che gli ero davanti e mi sentivo una strana sensazione addosso, mi sentivo strana come non mi ero mai sentita, non riuscivo a capirne il motivo.
    Era fastidioso, non lo digerivo, non digerivo quel suo essere sopraelevato che mi imponeva quando mi parlava, la mattina quando lo avevo incontrato per la prima volta non era stato poi così male, ma adesso si stava rivelando odioso e non vedevo l’ora di potermene andare, in realtà sarei voluta anche restare… stavo dando leggermente di matto.

    “Le dà fastidio se mi tolgo la maglia?” - Mi chiese ad un tratto.

    Cambiò discorso e ne iniziò un altro totalmente diverso dal precedente, le sue parole mi spiazzarono.
    Perché me lo chiedeva? Forse si era accorto che lo guardavo e voleva mettermi alla prova o in imbarazzo, era una tecnica, me lo sentivo, una mossa studiata perfettamente a tavolino durante i suoi lunghi silenzi e mi toccava reagire, gli avrei fatto capire che l’idea che si era fatto di me era sbagliata, sempre che se ne fosse fatta una.

    “Certo che no, faccia pure.” - Dissi secca e distaccata, intenta a passargli la matita intorno agli occhi.

    Si alzò di scatto e si sfilò velocemente la maglia facendomi sobbalzare, si accarezzò il petto davanti allo specchio e ritornò al suo posto dopo qualche istante.
    In quel momento cominciai ad avvampare di calore, pensavo fosse il caldo, ma mi ricordai che in quella stanza c’era l’aria condizionata, poi era Settembre e non faceva così caldo, sembravo una donna in menopausa, viva le vampate!

    “Ha caldo?” - Chiese ridendo sotto i baffi, ovviamente non voleva scoppiare a ridere da un momento all’altro e notai che si mordeva continuamente le labbra, come per trattenersi.

    Cosa avrei dovuto rispondergli? Sarebbe stato meglio cambiare discorso con nonchalance, ero abbastanza brava in quelle situazioni.

    “Potrebbe evitare questi scatti improvvisi, per cortesia?”

    “Le danno fastidio?”

    “Assolutamente no, può fare quello che vuole e a me non interessa, ma stavo giusto mettendole la matita e ci vuole precisione, sa com’è.” - Dissi mostrandogli un falsissimo sorriso.

    “E’ brava con i massaggi? Vedo che ci sa fare bene con le mani.” - Disse sfiorandomi la mano che era appoggiata al suo viso.

    I brividi.
    Mi veniva da piangere, non mi era mai successo nulla del genere prima di allora e non avevo mai provato quelle sensazioni, sembravo un’altra persona ed io volevo ritornare me stessa, al più presto.

    “No, purtroppo il corso da massaggiatrice non l’ho fatto perché la scuola era lontana da dove abitavo, mi sa che dovrà farne a meno.”

    Riuscii a zittirlo, non proferì parola fino a quando non finii di truccarlo, ero stata brava con le parole, persino più di lui che era un tipo che aveva sempre la risposta pronta, oh adesso mi riconoscevo.
    Gli aggiustai anche i capelli e dopo avermi sussurrato un leggero ‘Grazie’, uscì dal camerino e salì sul palco.
    Pensavo di averla sognata quella parola, mi aveva ringraziata, era da ammirare, forse aveva capito cosa c’era che non andava nel suo comportamento e ne era consapevole, stava di fatto che apprezzai molto quel gesto, pensavo se ne andasse sbattendo la porta e borbottando cose incomprensibili, lamentandosi del fatto che io avessi sbagliato qualcosa, ma si comportò in un modo che andò oltre le mie aspettative.
    Dopo aver riordinato le mie cose uscii dal camerino e andai a sedermi con George sotto al palco, avevo voglia di vedere Michael in azione, mi piaceva molto come ballava e dovevo ammettere che il suo modo di muovere il bacino mi mandava fuori di testa, come il suo profumo, i suoi occhi, le sue mani e… no, basta.
    Ballava magnificamente e aveva una voce a dir poco incredibile, quanti complimenti che gli stavo facendo nella mia mente e che lui forse non avrebbe mai saputo.
    Bravo o non bravo, stava di fatto che non lo sopportavo e quindi anche se mi attraeva un pochino fisicamente non lo avrei mai considerato, ma forse non mi attraeva nemmeno, ero soltanto caduta nel suo fascino e niente di più, poi ne sarei uscita, ne ero sicura.
    Mi piaceva il suo corpo, lo ammiravo molto e sarei rimasta a guardarlo per ore senza stancarmi mai, era molto armonioso e sensuale, aveva ogni cosa al suo posto, non riuscivo ad individuare delle imperfezioni.

    “Com’è andata con il capo?” - Mi chiese George indicandolo.

    “Come vuoi che sia andata… malissimo. Non lo sopporto proprio, a volte mi verrebbe voglia di strozzarlo, non sai quanto.”

    “Ed è solo il tuo primo giorno di lavoro, forse a metà tour avrai imparato ad apprezzarlo e perché no… anche ad amarlo.”

    “A metà tour avrò imparato ad odiarlo, fidati.”

    Mi lasciai sfuggire una leggera risatina.

    “Strano, tutte le donne che lavorano qui gli sbavano dietro e tu che lavori direttamente con lui non lo sopporti?”

    “E’ troppo arrogante, non lo digerisco. Pensa che mi ha anche chiesto se poteva togliersi la maglia in mia presenza! E’ completamente matto.”

    George improvvisamente si fece pensieroso, mi trovavo bene con lui, come primo amico mi sembrava una persona affidabile e sincera, si era subito messo a mia disposizione e doveva essere anche una persona con molta pazienza dato che era un assistente di Michael, un’ ottima persona sulla quale sfogare le mie frustrazioni dovute al duro lavoro.

    “Oh dio, non ha mai fatto niente del genere con nessuna. E’ sempre molto gentile con tutti, non so cosa gli sia preso allora. Mi sa che ti sta stuzzicando, ti sta mettendo alla prova, Alex!” - Disse cominciando a ridere.

    “Si, ma io non cedo. Non è proprio il mio tipo, davvero.”

    Cominciai ad osservare attentamente Michael e i suoi movimenti, era evidente quanto tenesse a quel tour e pretendeva il massimo da tutti, voleva che le persone tornassero a casa dal concerto entusiasti, voleva che vedessero cose mai viste prima e ci sarebbe riuscito, lo sapevo io e lo sapevamo tutti.

    “Non sarà il tuo tipo, ma forse tu sarai il suo. Ti guarda continuamente.” - Disse rivolgendo lo sguardo verso il basso e passandosi una mano sul viso.

    In effetti aveva ragione, cantava e mi guardava, ma forse era una semplice casualità, una forte casualità dato che eravamo gli unici in quel posto.

    “George, io non credo proprio. Nemmeno lui mi sopporta molto, cerchiamo di non cadere in conversazioni troppo profonde per quieto vivere.”

    Dopo tre ore trascorse a vederlo ballare, George mi accompagnò in albergo e mi feci una doccia in quel meraviglioso bagno per scaricare la tensione accumulata, dovevo ammettere che non smisi di pensare a Jackson nemmeno un attimo, mi affascinava incredibilmente e poi non riuscivo a capire il motivo del suo comportamento nei miei confronti.
    Quella mattina era stato abbastanza gentile e il pomeriggio arrogante al massimo, forse quel tipo doveva avere qualche rotella fuori posto per cambiare atteggiamento in così poco tempo, forse soffriva di una doppia personalità, chi poteva saperlo.
    L’idea della festa mi entusiasmava moltissimo, ma una parte di me sperava che Michael non ci fosse, non volevo rovinarmi la serata, mentre un’altra voleva che lui fosse lì per potergli dare del filo da torcere, volevo un po’ divertirmi fuori dall’ambiente lavorativo e lì potevo essere libera di dirgli quello che volevo senza correre rischi, mi sarebbe piaciuto stuzzicarlo con lo sguardo, sarebbe stato molto divertente.


    * * * *

    Quella sera indossai un leggero vestitino bianco lungo fino a metà coscia e dei tacchi, lasciai i miei capelli biondi sciolti e misi un filo di trucco.
    George fu puntualissimo e dopo essere salita nella sua macchina non fece altro che guardarmi continuamente, mi piaceva quando un uomo mi osservava in quel modo, mi sentivo come se avessi potuto condurre il gioco a mio piacimento.
    Ad un tratto il suo cellulare squillò e quando vide il mittente della chiamata, fece una strana smorfia e mi guardò preoccupato.

    “E’ Michael, non ho idea di cosa possa volere.” - Disse fissando il cellulare.

    “Rispondi, vorrà rompere le scatole come al solito, non sa fare altro fuori dal palcoscenico.”

    Accennò un sorriso e rispose.

    “Si, Michael. Stasera? Perfetto, ti divertirai, si, è con me. Ci vediamo lì, stammi bene.” - Farfugliava queste frasi al telefono mentre continuava a guardarmi, si dava da fare il ragazzo, tra gambe e tette era una battaglia aperta.

    “Cosa voleva?” - Chiesi incuriosita.

    “Ti sembrerà strano, ma mi ha chiesto di te. Voleva sapere se andavi alla festa… ah, ho una brutta notizia. Ci sarà anche lui.”

    Benissimo, divertimento assicurato allora. Speravo soltanto che quel locale avesse l’aria condizionata per evitare di sembrare un maiale in piena stagione estiva davanti ad oltre un centinaio di persone.
    Ero curiosa di vedere come si sarebbe comportato, aveva chiesto di me, evidentemente aveva qualcosa da dirmi e il fatto che venisse a quella festa era molto strano. Non amava quel genere di cose, forse veniva soltanto per uno scopo ben preciso.
    Quando arrivammo al locale lui era già lì e appena lo vidi abbassai lo sguardo, era a pochi metri da me e riuscivo a sentire i suoi occhi sul mio corpo, c’erano centinaia di persone lì dentro e lui osservava a distanza soltanto me e George, nonostante avesse gli occhiali scuri riuscivo comunque a capire dove fosse indirizzato il suo sguardo, ma la cosa non mi mise per niente in imbarazzo, anzi mi rese più sicura.
    Ci sedemmo su un divanetto a bere qualcosa, io ci andavo giù forte con gli alcolici e poi con il nervosismo che mi assaliva in quella situazione… potevo soltanto dire di essermi scolata quattro bicchieri di vodka lemon in soli dieci minuti. Michael era seduto su una poltrona a pochi metri da noi e continuava a scrutarci, aveva una donna accanto che gli accarezzava una gamba e lo dava a parlare, non sapevo chi fosse e così chiesi a George quale fosse il suo ruolo.

    “Senti, George, ma quella donna accanto a Michael chi è?” – Dissi parlandogli sottovoce all’altezza dell’orecchio.

    “Si chiama Karen ed è spesso con lui, ma non ho idea di che ruolo abbia nella sua vita. Penso sia una sua amica, ma niente di ufficiale. Com’è che vuoi saperlo? Hai cambiato idea su di lui?”

    “Certo che no, semplice curiosità.” – Sorrisi.

    Rivolsi il mio sguardo su di Michael, lo guardai a lungo, ci parlammo con gli occhi e dopo avergli lanciato un’ultima occhiata ritornai a parlare con George, volevo saperne di più della sua vita, non erano affari che mi riguardavano, ma ero curiosa.

    “Dimmi un po’… Jackson è sposato? Ha figli?”

    “Semplice curiosità da truccatrice o semplice curiosità da ragazza sbronza? Comunque no, è divorziato e non ha figli.” – Disse ridendo a crepapelle guardandomi in faccia, non capivo perché il fatto che io volessi saperne di più sulla vita del mio datore di lavoro lo facesse ridere così tanto.

    “Non sono sbronza! Lo reggo bene l’alcool, fidati. Direi semplice curiosità da truccatrice. Chi è la sua ex moglie?”

    “Lisa Marie Presley, hanno divorziato più di un anno fa…”

    La nostra conversazione andò avanti per un bel po’, ovviamente ero sempre io a fare le domande, mi interessava la vita di Michael e avevo soltanto voglia di saperne di più.
    Dopo un po’ io e George cominciammo a girare per la sala in cerca di qualcuno con cui parlare, mi appoggiai al suo braccio per evitare qualche scivolatina dovuta ai bicchieri di troppo ed era stato anche lui ad insistere così tanto per accompagnarmi in giro. Temeva potessi inciampare tra le gambe di Michael Jackson.
    Feci amicizia con un paio di ballerini e con una corista, Selene, la quale era completamente cotta di lui e lo ammetteva tranquillamente, anche sotto l’effetto dell’alcool, anzi soprattutto.
    Era una ragazza molto carina e simpatica, aveva la mia stessa età e faceva di tutto per cercare di farsi notare da Michael, tanto che mi chiese gentilmente di accompagnarla a fare un giro nella zona vip cercando di attirare la sua attenzione che poi arrivò, lui ci guardava, ci seguiva con lo sguardo anche se non riuscivo a capire chi delle due stesse guardando.
    Cominciai di nuovo a sudare, avrei dovuto smetterla con la vodka, meglio la coca-cola.

    “Sei arrivata oggi? Hai lasciato Londra per Michael Jackson!” – Disse sorseggiando una bevanda, eravamo a pochi centimetri da lui e Selene non faceva altro che fissarlo, era completamente innamorata.

    “Per i soldi, non per lui. Non lo sopporto molto, credo che sarà un tour complesso.”

    “Come fai a non sopportarlo? E’ così dolce, sensibile, gentile, bello, alto, sexy…”

    Tutti aggettivi che io condividevo, ovviamente, era così dolce e sensibile che se avessi fatto tardi al lavoro un’altra volta mi avrebbe prima trattata come una pezza e poi mi avrebbe spedita a calci sul primo aereo per Londra.
    All’improvviso, mentre io e Selene eravamo intente a chiacchierare del più e del meno per conoscerci meglio, Michael si alzò e venne a sedersi accanto a me, sorprendendo entrambe.

    “Buonasera, ragazze. Posso offrirvi da bere?” – Disse guardandomi intensamente negli occhi, fu quel gesto a farmi capire che tra le due l’interessata ai suoi sguardi ero proprio io.

    Non capivo tutta quell’attenzione quella sera, prima mi aveva trattata bene, poi da schifo e poi ora voleva offrirmi da bere? Bel comportamento da lunatico, se la credeva tantissimo, era fastidioso. Credeva di avere il controllo delle situazioni a suo piacimento solo perché era ‘importante’, pensava di poter fare quello che voleva, quando voleva e con chi voleva, ma si sbagliava di grosso.
    Selene non disse nulla, annuì soltanto con la testa mentre sorrideva come un’ebete, era impossibile non accorgersi che lei fosse innamorata di lui, si vedeva lontano un chilometro e mi chiedevo se lui se ne fosse reso conto, era così evidente.

    “No, grazie. Posso ancora permettermi qualcosa in un locale.” – Dissi alzandomi e dirigendomi barcollante verso la toilette, ovviamente non avevo idea di dove potessi andare, volevo soltanto scappare da lui, quella era la verità, la sua presenza mi agitava, mi sentivo come in una bolla.

    Aveva un effetto positivo e negativo su di me, non mi era mai successo prima, era la terza volta che me lo ritrovavo davanti e cominciavo ad avere il fiato corto e a sudare, mi sarei dovuta far ricoverare da qualche parte e d’urgenza anche.
    Mi misi davanti allo specchio del bagno ad aggiustarmi e ci rimasi per un bel po’, ero un disastro totale! Avrei dovuto dire basta alle lievi sbronze, in realtà avrei dovuto dire basta alle sbronze in generale, non potevo ridurmi in quello stato ogni volta che andavo ad una festa.
    Ero pur sempre una donna con un bel lavoro e con una reputazione da mantenere, ero abbastanza convinta e convincente.
    Uscii dalla toilette aggiustandomi il vestito e me lo ritrovai davanti, non mi aspettavo di trovarlo lì, fu un duro colpo perché si sfilò gli occhiali scuri (non li tolse per tutta la serata) e lasciò che i suoi occhi tornassero ad ipnotizzarmi, ero appoggiata al muro e lui mi aveva bloccata poggiando una gamba al mio fianco, impedendomi di muovermi.
    Sentii le gambe cedermi e il mio cervello spegnersi del tutto, il suo profumo mi ubriacava peggio di tutte le vodka lemon che avevo bevuto fino ad allora, mi era così vicino e non capii più niente, era così vicino che riuscivo a vedere in pieno tutti i suoi lineamenti così perfetti, sembrava uscito da un sogno.




    Continua...
     
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  7. ( StreetWalker ‚
     
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    L'astio è evidente i segnali che inizia a scogliersi ci sono. Continua perchè forse comincia ad affezzionarsi e andando avanti ammetterà di essersi innamorata
     
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  8. jacksonshug
     
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    Capitolo 3.




    Mi appoggiai con le spalle al muro per reggermi, in realtà non riuscivo neanche a mantenermi in piedi, non ero in splendida forma, era da ammettere, ma almeno avevo ancora un po’ di lucidità per poter affrontare una discussione, ero ancora capace di ragionare e di formare una frase di senso compiuto, non stavo messa proprio malissimo.
    “Posso parlarti un attimo?” – Mi chiese mordendosi il labbro e passandosi una mano tra i suoi meravigliosi ricci scuri, catturando la mia attenzione con un semplice gesto.
    Il suo sguardo cadeva sempre sulla mia scollatura, aveva un modo di guardare diverso dagli altri uomini, aveva classe, era elegante anche in quello, ci voleva stile per guardare una donna senza che lei se ne accorgesse e lui sapeva perfettamente come fare, era il primo uomo che incontravo ad avere quella dote, una dote particolarmente sensuale e che io personalmente apprezzavo molto.
    Aveva cominciato a darmi del tu di punto in bianco, senza chiedermi il permesso e rimasi molto sorpresa, si era presentato educatamente e in quel momento sembrava essere cambiato tutto ad un tratto, però mi piaceva quel suo lato ribelle, lo rendeva in qualche modo più uomo.
    Non che non lo fosse già, ma c’era anche un lato positivo in tutta quell’ arroganza che sembrava voler mostrare, la comune arroganza che avevano gli uomini con le donne che lavoravano per loro.
    “Ha smesso di darmi del lei?” – Dissi ignorandolo del tutto e mantenendomi con forza vicino al muro, stavo cercando di sembrare quanto più lucida possibile, ma pensavo che forse si fosse accorto di quanti bicchieri avevo bevuto quella sera, non aveva fatto altro che guardare me durante tutto il tempo.
    Sorrise a quelle mie parole, un sorriso che intendeva comunicare qualcosa, qualcosa che io non riuscii a capire, ma che mi fece sudare le mani e questo era più che sufficiente.
    Non c’era nulla da comprendere, volevo soltanto andare via prima che svenissi, mi sentivo che sarebbe successo da un momento all’altro, le gambe mi tremavano forse per via della bronza o… del suo profumo così forte.
    “Dobbiamo fare un intero tour insieme, ti occuperai di me e dovremo andare d’accordo per far si che vada tutto bene. Puoi chiamarmi Michael.”
    Allungò la sua mano destra nella mia direzione, feci lo stesso anche io e strinsi il suo palmo con debolezza, una debolezza mista ad emozione, una forte emozione.
    “Non avevi detto che eri abbastanza grande da poterti occupare di te stesso?”
    “Si e ho sbagliato, sbaglio spesso. Ho sbagliato anche a trattarti in quel modo oggi, volevo chiederti scusa. Non sto passando un bel momento, sono molto teso e nervoso per via del tour e me la sto prendendo con tutti quelli che non c’entrano niente, come te.”
    “Non fa nulla, anche io non sono stata molto simpatica, lo ammetto.”
    Non ero stata molto simpatica? Oh, ma andiamo! Ero stata proprio un’emerita stronza, lo ammettevo.
    “Però mi hai fatto sentire una persona normale, ti ringrazio di questo. Io non sono come mi hai conosciuto, non tratto nessuno in quel modo, soprattutto le donne. Posso fare qualcosa per farmi perdonare?” – Chiese incrociando le braccia e poggiandosele sul petto con un’eleganza incredibile.
    “Potresti stare fermo quando ti trucco, è già un inizio.”
    Sorrise di nuovo.
    “Alex… hai un bellissimo nome.” – Disse passandosi una mano sulle labbra delicatamente.
    “Ti ringrazio.”
    Feci per andarmene, ma mi bloccò per un braccio, costringendomi a guardarlo.
    Volevo andare via, sfuggire a lui e ai suoi sguardi.
    “Dove credi di andare così ubriaca? Lascia almeno che ti accompagni.”
    “Oh… no, grazie, c’è George che mi aspetta… di là.”
    Gli sorrisi e me ne andai, lasciandolo lì seduto a terra con il viso tra le sue mani, era stato carino a chiedermi scusa, forse mi ero fatta un’idea negativa su di lui perché pensavo fosse diverso da come appariva in pubblico, mi lasciai molto influenzare dal primo impatto e sbagliai totalmente la diagnosi che gli avevo fatto.
    Pazienza, anche una gran donna come me sbagliava. Che megalomane che ero.
    Quella sera tornai in albergo molto tardi e con il sorriso sulle labbra, fu di nuovo George ad accompagnarmi, era stata una bella festa e la mini conversazione con Michael mi fece molto piacere, si era comportato bene e non avevo alcun motivo di continuare a portare rancore nei suoi confronti.
    Insomma, capitava a tutti di vivere un brutto periodo della propria vita e alle persone come lui succedeva spesso, forse aveva soltanto bisogno di un po’ di comprensione, quella comprensione che solo un amico era capace di dare, un amico che lui non aveva.
    Dopo quella chiacchierata con lui mi resi conto che per arrivare al punto di chiedere scusa ad una sua truccatrice doveva essere una brava persona, non lo conoscevo benissimo, ma sono i modi di fare che ti convincono ad apprezzare una persona e questi erano positivi.
    Ero anche molto più sollevata, sarebbe stato orribile lavorare con qualcuno che non sopportavo, nel mio lavoro c’era anche bisogno di tranquillità e non potevo trascorrere le giornate a litigare con Michael Jackson, sarebbe stato un incubo, ma non perché lui era una star ed io nessuno, per il semplice motivo che io odiavo litigare con le persone, chiunque esse fossero.
    In realtà non sembrava, avevo un bel caratterino, ma non mi piaceva litigare, davvero.
    Quando rientrai in camera rimasi sorpresa nel vedere quello che c’era appoggiato sul mio letto.
    In realtà pensavo fosse un’allucinazione dovuta alle bevute di troppo, quindi mi sfilai le scarpe e mi avvicinai a quello che avevo appena visto, mi sentivo stordita e mi si chiudevano gli occhi dalla stanchezza.
    C’era un meraviglioso fascio di rose rosse, erano all’incirca cinquanta e dovevano essere costate anche un bel po’, erano molto particolari e un nastrino dorato poggiato sopra di esse mostrava un bigliettino, probabilmente con la firma del mittente.
    Pensai rapidamente a chi poteva essere stato, insomma… ero lì da nemmeno un giorno e già avevo fatto colpo? Wow, ero proprio una bomba allora, un’ accalappia uomini con i fiocchi… si, ma quali uomini? Ne avevo incontrato all’incirca cinque o sei e non mi sembravano neanche tutta sta roba, eccetto uno, ma a lui avrei pensato più tardi altrimenti non avrei dormito tutta la notte.
    Sfilai il biglietto per leggerne il contenuto e un sorriso mi si posò sulle labbra, un altro, stavo sorridendo un po’ troppo quella notte.
    A primo impatto pensavo avessi letto una cosa per un’altra, così mi andai a sciacquare il viso con dell’acqua ghiacciata e quando tornai mi accorsi che avevo letto proprio bene, io dovevo avere qualche problema, domani avrei chiamato il mio psicologo prima che la situazione degenerasse.
    Io domani, però, sarei dovuta partire con Jackson per Praga, fantastico… allora mi avrebbe contorto i neuroni fino a farmeli in poltiglia, ovviamente dopo avermi stritolato la milza, il pancreas, le ossa facciali e il fegato.
    Forse anche il cuore, ma a quello non volevo pensarci.

    “Spero che con questo omaggio floreale io possa farmi perdonare del tutto. Penso che queste rose siano perfette da regalare ad una bellissima donna come te. Buonanotte, MJ.”

    Richiusi il bigliettino in più parti e lo poggiai nella mia borsa, volevo conservare quel bel gesto che mi era stato fatto, tutto lì.
    Adesso capivo, ecco perché le donne impazzivano per lui anche tralasciando il suo aspetto fisico, era anche romantico, molto romantico e i suoi testi ne erano la conferma, avrei dovuto acculturarmi di più sulla sua musica per conoscerlo meglio.
    Nella mia vita molti uomini mi avevano regalato delle rose, ma non riuscivo a capire perché solo quella volta il mio cuore cominciò a battere incredibilmente, temevo potesse uscirmi dal petto, sentivo che tra di noi sarebbe nata una bella amicizia, perché no. Perché? No, non era una cosa normale, io non ero normale, non era normale sudare davanti ad un uomo! Ero un caso grave, me lo sentivo.
    Io che mi ero sempre vantata di essere una donna a cui gli uomini non facevano né caldo né freddo, io che me li portavo soltanto a letto e poi la storia finiva lì, in un giorno ero cambiata radicalmente e cominciavo a balbettare e a sudare davanti ad uno di essi.
    Il problema era che lui non era come gli altri. Lui era Michael Jackson.
    Sperava di potersi fare perdonare e ci era riuscito benissimo, che modi galanti aveva Mr. Jackson, era da ammettere ed io stavo cadendo nella sua trappola lentamente, lentamente rispetto alle altre donne perché all’inizio non lo ammiravo particolarmente, ma ci stavo cadendo lo stesso e speravo soltanto di poterne uscire.


    * * * *


    Salimmo sull’aereo per Praga prima che il sole sorgesse del tutto, ero assonnatissima e stanchissima, avevo delle occhiaie che mi partivano dagli occhi e arrivavano dietro le orecchie, ma l’idea di visitare una nuova città fu sufficiente per rimettermi in forze, però il viaggio sarebbe stato molto lungo ed io ero un tipo che si annoiava facilmente, così mi sedetti accanto a George e Selene per scambiare due chiacchiere per ammazzare il tempo.
    Michael era a poche file davanti a noi e riuscivo a scorgere il suo cappello nero tra le teste dello staff, non parlava con nessuno e se ne stava con il capo abbassato, era solo e non faceva altro che voltarsi verso di noi qualche volta mostrandoci i suoi meravigliosi sorrisi e poi si rivoltava con aria indifferente.
    Mi dispiaceva un po’ per lui, tutti chiacchieravano con qualcuno al loro fianco, c’era chi rideva e scherzava, chi cantava, chi ascoltava la musica e poi c’era lui che se ne stava seduto in disparte e ci guardava sorridendo, aveva del tutto perso quell’area altezzosa del giorno precedente, sembrava volesse cercare qualcuno con cui parlare e non lo trovava, non lo trovava perché credeva che lì in mezzo nessuno gli avrebbe rivolto la parola perché lui era il capo.
    Selene lo guardava continuamente, come da programmi e mi sussurrava all’orecchio quanto fosse carino e sexy e non aveva tutti i torti, non era proprio niente male, un po’ solitario, ma niente male.
    “Sono innamorata di Michael, non posso farci niente. Ogni volta che me lo trovo davanti mi sento svenire, è bellissimo. Peccato che lui non mi guardi neanche, dovrò farmene una ragione.” – Disse alzando gli occhi al cielo, era completamente pazza di lui.
    “Non dire così, Sel. Hai un intero tour da fare con lui, magari può succedere qualcosa, che ne sai.”
    “Lo so, lo so. Vorrei essere te, credimi.”
    “Me? Perché?”
    “Davvero non te ne sei ancora accorta? Lavori per lui da un solo giorno e già ti avrà guardata cento volte! Tipo adesso…” – Lo indicò.
    Mi voltai incuriosita verso il suo posto e vidi che era rivolto proprio verso di me, mi sorrise ed io non potei fare a meno di ricambiare, era incredibile, stava sciogliendo il mio cuore di ghiaccio, che talento ed io mi stavo sciogliendo appresso a lui.
    “Perché non vai a fargli compagnia?” – Mi chiese ad un tratto.
    “Io? Oh… ehm… si, vado a salutarlo, hai ragione.”
    Mi alzai velocemente senza dare nell’occhio e appena gli arrivai accanto mi guardò felice, sembrava che mi stesse aspettando da chissà quanto tempo, si tolse persino gli occhiali ed io rimasi a guardarlo come una cretina, no Alex, non era così che si faceva.
    Era stato molto carino la sera precedente e volevo ringraziarlo, diciamo che però la sua compagnia me la andavo a cercare, ma questo era soltanto un dettaglio non importante.
    “Posso?” – Chiesi indicando un posto alla sua destra.
    “Certo, vieni.”
    “Michael, grazie per le rose, erano bellissime.” – Gli sorrisi.
    Ogni volta che dicevo qualcosa lui abbassava il capo imbarazzato o si mordeva le labbra, non riuscivo a capire il perché, forse lo mettevo in soggezione o in imbarazzo e la cosa mi faceva sentire fuori posto, dovevo essere io a sentirmi strana, non lui.
    “Perché sei qui tutto solo? Non ti piace stare in compagnia, Jackson?”
    “Oh, certo che mi piace, ma forse a nessuno piace la mia. Come vedi, tutti pensano che io sia troppo importante per poter stare con loro e che ogni volta che mi vedono devono salutarmi in tutti i modi possibili perché lavorano per me. Io sono come tutti gli altri, lo hai detto anche tu. Non sono più importante di nessuno.”
    Riuscivo a percepire la malinconia nelle sue parole, era venuto allo scoperto con me, quindi fare lo scontroso era solo una corazza che al suo interno celava un animo così buono e puro, questo era il vero Michael che conoscevo da poco e che mi piaceva già molto.
    Mi avvicinai a lui e lo abbracciai istintivamente, pensai fosse l’unica cosa da fare in quel momento, le parole non sarebbero bastate per consolarlo e così pensai che forse quel gesto sarebbe stato più che sufficiente.
    Si stava bene tra le sue braccia, c’era il suo profumo che ti inebriava i sensi e se appoggiavi la testa sulla sua spalla riuscivi a sentire il profumo di bucato della sua camicia, era una bella sensazione, sembrava il profumo del paradiso.
    “Scusa…” – Dissi staccandomi da lui.
    “Per cosa?” – Chiese, guardandomi perplesso.
    “Per l’abbraccio. Le tue parole mi hanno colpita ed è stato un gesto istintivo, forse non dovevo.”
    “Alex, amo gli abbracci e non devi scusarti di niente, dovrei essere io a farlo dato che ti sto annoiando con queste mie tristezze.”
    Mi accarezzò dolcemente il dorso della mano che avevo poggiato involontariamente sul bracciolo della sua poltrona e sentii i brividi.
    Ritirai la mano velocemente, fu un altro istinto, non avrei voluto farlo, ma sentivo come delle scosse e successe tutto indipendentemente dalla mia volontà.
    Michael mi guardò confuso e mortificato, sentivo che stava per scusarsi di quel gesto, pensava che mi avesse dato fastidio e non era andata così, fu un’emozione mai provata prima, fu così bello che non riuscii a trattenermi e gli chiesi di rifarlo.
    “Ti prego, fallo di nuovo, Michael.”
    Gli afferrai la mano con forza e la poggiai di nuovo dov’era prima, lui cominciò a sfiorarmi la pelle con l’indice partendo dal polso fino ad arrivare all’altezza della mia spalla, dove si soffermò.
    “Ti piace se ti accarezzo?” – Mi chiese con gli occhi lucidi, sembravano due stelle nelle quali io continuavo a perdermi, non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, avevo lasciato la vecchia Alex a Londra per farne nascere un’altra migliore.
    “Si…”
    Glielo confessai, non riuscivo a mentirgli, a volte le mie parole uscivano dalla mia bocca senza che io provassi a controllarle.
    Ormai parlavo senza rendermene conto, più lui mi sfiorava e più il mio cervello si spegneva, non capivo più niente e avrebbe potuto farmi di tutto senza che io provassi a reagire.
    “Ti piace anche se lo faccio qui?”
    Mi passò dolcemente una mano sul collo e me lo accarezzò, continuando i suoi movimenti anche lungo il mio viso e sugli zigomi, la sua mano si muoveva lentamente sulla mia pelle, facendomi rabbrividire.

    Rimasi seduta accanto a lui durante tutto il viaggio, parlammo così tanto che dopo due ore lui già conosceva tutta la mia vita ed io conoscevo la sua, mi raccontò molte cose, mi spiegò come scriveva le sue canzoni e rimasi molto coinvolta dai suoi discorsi, di tanto in tanto lo interrompevo per fare battute stupide e per farlo ridere, la sua risata mi contagiava, era una bella risata, semplice e cristallina, sembrava un soffio leggero quasi impercettibile e dovevo ammettere che mi piaceva parlare con lui, era molto bello.
    Aveva il potere di catturare la tua attenzione anche con delle semplici parole, era una specie di mago, lui parlava e tu ti perdevi nei suoi discorsi e non potevi fare a meno di guardare ogni sua parte di lui.
    “Sarà meglio che io vada, adesso. Ciao, Michael.”
    L’aereo stava per atterrare ed io sarei dovuta tornare al mio posto, non volevo che le persone lì presenti si facessero strane idee, così mi alzai tranquillamente, ma Michael mi fermò tenendomi per un braccio.
    “Ci vediamo dopo?” – Mi chiese.
    “Si, se ti va.”



    Praga era meravigliosa, l’hotel in cui alloggiavamo era altrettanto e la mia voglia di uscire a divertirmi era altissima, sapevo che era piena di locali e discoteche e io, George e Selene ci eravamo promessi di trascorrere una serata tranquilla solo noi tre, naturalmente dopo il lavoro.
    Il tour sarebbe cominciato quella sera stessa e ovviamente prima della fine del concerto non saremmo potuti andare da nessuna parte, Selene era una corista e quindi partecipava attivamente ai concerti, George era pur sempre un assistente di Michael e per qualsiasi cosa doveva essere a disposizione e poi c’ero io, non potevo di certo andarmene a girovagare dove mi pareva, dovevo anche io tenermi pronta per qualsiasi richiesta di Michael dato che mi pagava per stare lì, e quindi quella sera non avremmo preso una boccata d’aria prima delle tre del mattino.
    Io ero molto preoccupata per Selene, lei era così innamorata di Michael che sarebbe potuta svenire da un momento all’altro e avevo paura che potesse succederle qualcosa mentre cantava, non lo volevo neanche immaginare.
    Dovevo anche ammettere che non vedevo l’ora di rivedere Michael, il nostro rapporto si era trasformato da nemici ad amic… no, conoscenti, ma almeno io stavo bene con lui, era molto simpatico e delicato, molto carino, non conosceva cattiveria e mi sembrava un buon amico, poi mi faceva ridere quando imitava i diversi toni di voce, mi faceva ritornare bambina.
    Eravamo nel suo camerino, io ero l’unica persona che poteva starci quanto voleva e quella sera ne approfittai per scambiare due chiacchiere, avevo finito di aggiustargli i capelli e il trucco, si sedette sul divano e mi chiese dolcemente di sedermi accanto a lui.
    “Rimani a vedere il concerto?” – Mi chiese accarezzandomi la mano, ormai sapeva quanto mi piaceva e si divertiva a farlo.
    “Certo, se no chi ti aggiusterà quando tornerai con il trucco sbavato?”
    Si lasciò sfuggire una leggera risatina cristallina che illuminò tutto il silenzio che si era formato nel camerino, e in qualche modo illuminò anche il mio cuore buio e freddo.
    “Qual è la canzone in scaletta che più ti piace?” – Disse accarezzandosi il labbro inferiore con l’indice.
    Dio, che imbarazzo, io non conoscevo le sue canzoni, avrei fatto la figura della cretina, tutti conoscevano le sue canzoni… tutti, eccetto me.
    Cominciai a pensare intensamente, non sapevo quali canzoni avesse inserito per quel tour e pensai che le uniche che io conoscessi non ci fossero, così presi il foglio della scaletta e guardai attentamente tutti i titoli.
    “Scream… In the closet… HIStory…”
    Oddio, non ne conoscevo una, stavo per collezionare una meravigliosa figura di merda davanti a Michael Jackson, una delle poche in due giorni, era già un grande record.
    Guardai Michael per un istante e mi accorsi che stava ridendo silenziosamente, mi sentii così in imbarazzo che cominciai a sudare come un maiale, mentre mi passavo una mano tra i capelli cercando di sembrare rilassata e sicura di me.
    Il mio viso si illuminò quando vidi la mia canzone ‘preferita’, in realtà era tra le uniche che conoscevo e così mi precipitai a dirglielo.
    “Oh… adoro ‘You are not alone’, è bellissima.”
    Mi guardò mordendosi le labbra, mi scrutò attentamente e poi finalmente si decise a mettere fine a quel travaglio. Avevo fatto una delle mie solite figure, lo ammettevo.
    “Hai sparato a caso?” – Disse coprendosi la bocca con una mano e giocherellando con le sue labbra.
    “Certo che no, davvero mi piace.”
    “Ti piace ‘Stranger in Moscow’?”
    “Stranger che?” – Dissi facendo una strana smorfia.
    “Alex, non ci siamo, devi studiare di più.” – Disse ridendo e scuotendo il capo violentemente.
    Gli diedi una leggera spinta e cadde a terra ridendo come un bambino, temevo si rovinasse i capelli in quel modo, forse non ero il massimo come sua fan, ma almeno il mio lavoro sapevo farlo.
    Mi fece sedere sulle sue gambe e cominciai ad aggiustargli i ricciolini che gli cadevano sulla fronte, glieli portavo indietro e ritornavano al loro posto, era impossibile farli stare fermi, ma nonostante tutto erano dei bellissimi capelli e lui era splendido, dovevo dirlo.
    Allungò la sua mano verso la mia e la baciò dolcemente, le sue labbra erano così calde e morbide che speravo non si staccasse mai dalla mia pelle.
    “Grazie di tutto. Grazie di essermi amica, grazie perché da un paio di giorni ho cominciato a sentirmi meno solo.”
    “Quindi siamo… siamo amici? Anche se ci conosciamo da così poco tempo?” – Gli chiesi guardandolo con gli occhi che mi brillavano, mi stavo lasciando andare man mano, peggio di così non poteva andare, tanto valeva seguire il cuore, quello funzionava ancora abbastanza bene per fortuna.
    “Certo, chi dice che per essere amici bisogna conoscersi per forza da una vita?”
    “Io… io sto bene con te.”
    “Anche io. Adesso però devo proprio andare, mi stanno chiamando.”
    "No, non andartene, rimani qui. Voglio stare ancora bene."
    Pensai questo e ovviamente questo pensiero lo tenni per me, lo tenni nascosto nella mia mente e nel mio cuore, nella mia anima, un’anima che da qualche giorno non sapevo neanche più dove fosse e a chi appartenesse.
    Non avrebbe avuto senso lasciarsi scappare una frase del genere in quel momento, non ne era il caso, pensai.
    Si alzò dal divano, mi stampò un leggero bacio sulla guancia e se ne andò, se ne andò come il più bello dei sogni.

    Continua...
     
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    Presto saranno una bellissima coppia felice, mi ha molto emozionato il momento in cui si sono conosciuti nella grande sala, così come gli atteggiamenti scherzosi durante il trucco, la festa e le rose, regalo straordinario. Grazie per i bellissimi capitoli Jacksonhug, attendiamo presto la continuazione
     
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    Capitolo 4.


    Che meravigliosa città, una città artistica dal panorama affascinante e incantevole, ricca di monumenti e di storia, tanta storia, probabilmente creata da tutte le persone che sono state qui e che, in un modo o nell’altro, sono rimaste completamente ammaliate da tutta quella bellezza.
    Il cielo era la cosa che mi aveva più colpita.
    Era sublime, chiaro e dalle sfumature leggere, quasi invisibili e poi quell’azzurro delicato che copriva lo sfondo naturale del paesaggio della città lasciava senza fiato, non c’era mai una nuvola opaca che impedisse di vedere cosa ci fosse al di là del cielo, era tutto incredibilmente limpido.
    Quella mattina ritornai nella mia camera verso le 7.00, avevo trascorso la nottata con Selene e George a girare per i vari localini spassosi di Praga e a bere come non avevo mai fatto, mi ero lasciata andare anche quella volta, non avevo saputo resistere al fascino e alla tentazione della mia tanto amata vodka.
    Mi ero divertita moltissimo dopo il concerto, era stata una gran bella serata che mi permise di fare conoscenza anche con qualche altro ragazzo che lavorava per Michael, erano tutti molto simpatici e divertenti, con loro era semplice poter fare amicizia, bastava qualche presentazione e qualche battutina vicino ad un bicchiere e ti sembrava di conoscerli da una vita, quel tour si stava dimostrando una gran bella avventura e non vedevo l’ora di viverne il continuo.
    Era bello poter viaggiare da una città all’altra per merito del mio lavoro, tra l’altro mi divertiva quella professione e non era nemmeno stancante dal momento in cui la persona da truccare era soltanto Michael ed era un uomo, quindi sarebbe stato molto più semplice rispetto al trucco che avrei dovuto fare ad una donna, era più essenziale e serviva a mettere meglio in risalto i tratti.
    Io, però, credevo che lui non avesse bisogno del makeup, era bellissimo anche senza.
    Il corridoio del mio piano era completamente deserto, non si riusciva a percepire alcun cigolio, aprii la porta della mia stanza senza fare rumore e la adagiai lentamente alle mie spalle, ero così felice di potermi stendere sul letto e dormire dato che non avrei lavorato quel giorno, così mi sfilai immediatamente il vestito che avevo addosso, ero molto attenta nel togliermi gli abiti, era una specie di attenzione che nutrivo particolarmente per quel genere di cose.
    Mi avvicinai all’enorme finestra poco distante dal mio letto e la aprii, faceva un po’ caldo lì dentro e avevo l’abitudine di dormire sempre con un il fruscio del vento che mi soffiava dolcemente sul corpo, accompagnando il mio sonno.
    Mi lasciavo cullare da quelle impercettibili sensazioni di pace e fresco, erano rilassanti, sembrava che io avessi degli angeli adagiati sulle mie spalle, degli angeli che mi avrebbero protetta almeno per quella notte.
    C’era un meraviglioso panorama di sotto, mi incantava.
    Improvvisamente sentii dei passi leggeri che non emettevano alcun rumore perché attutiti dalla moquette, pensavo provenissero dal corridoio e invece mi sbagliavo, in quella stanza non ero da sola come credevo.
    “Alex, finalmente sei tornata.” – Si avvicinò per lasciarmi un lieve bacio sulla guancia.
    “Michael, stavi per farmi venire un infarto! Che ci fai qui? Ho sbagliato qualcosa oggi?”
    Mi sembrava di essere in uno di quei film americani in cui la protagonista si trovava con un uomo nella stanza senza sapere come e poi alla fine finiva per portarselo a letto.
    Ho detto mi sembrava, infatti la trama era completamente diversa, c’era soltanto un uomo un po’ timido a guardarmi con aria affettuosa, come un bambino, un bambino in cerca di compagnia.
    “No, tranquilla, non hai sbagliato nulla, sei stata fantastica.”
    Mi prese una ciocca di capelli e me la posò dietro l’orecchio, ero incapace di reagire, non sapevo cosa voleva, non sapevo cosa ci faceva nella mia stanza a quell’ora, ma la sua presenza mi riempì l’anima e mise a tacere tutti i miei dubbi, ero contenta che lui fosse lì e non mi interessava saperne il motivo.
    Perché mi sentivo le gambe pesanti? Era come se qualcuno mi avesse incollata alla moquette, era una sensazione orribile.
    “Scusami, ma io sono appena tornata e sono distrutta. Ho solo voglia di dormire, perdonami.” – Dissi sbadigliando e stropicciandomi gli occhi con vigore, non mi reggevo in piedi. (E quando mai?)
    “Posso dormire con te?”
    Una frase sussurrata, era un sospiro parlato, sembrava volesse tenere quella richiesta per sé, ma forse le parole erano uscite dalla sua bocca senza che lui se ne accorgesse. Sperava che io capissi e non capissi allo stesso tempo.
    La sua voce era un suono lieve e raffinato, quasi inavvertibile, una musica elegante che quando la ascoltavi arrivava direttamente al cuore, ti sconvolgeva i battiti e ti portava in un’altra dimensione, Michael ti faceva sognare con un semplice respiro uscito dalla sua armoniosa bocca e trattenuto dalle sue labbra sinuose e fini.
    Non riuscivo a capire se stesse scherzando o dicesse sul serio, solitamente quella non era una richiesta da fare così velocemente, ma forse lui aveva l’animo così puro da non conoscere malizia, sembrava una domanda fatta con il tono più ingenuo possibile.
    Lui era fatto in quel modo, era autentico, candido e genuino nei modi di fare e di parlare, poche persone potevano centrare in pieno la sua essenza, perché la sua anima era un’essenza, era il nocciolo della sua meravigliosa persona.
    “Nessuno dorme mai con me. Sono solo.”
    Aveva le lacrime che gli giravano negli occhi, quelle sue parole mi strinsero il cuore, sembrava un bambino che chiedeva alla mamma di poter dormire con lei perché aveva paura del buio, era strano da dire, ma gli volevo bene, i miei sentimenti erano totalmente cambiati nell’arco di tre giorni, era bisognoso di affetto, ecco di cosa aveva bisogno.
    “Si…” – Bastò quello e un meraviglioso sorriso si impadronì del suo volto.
    Si tolse le scarpe nere e lucide e le poggiò ai piedi del letto, si sbottonò delicatamente la camicia, si tolse i pantaloni e si infilò sotto le lenzuola, feci lo stesso anche io e rimasi soltanto in biancheria intima, ma non mi importava perché ero totalmente sicura che lui non mi avrebbe guardata e nemmeno sfiorata con un dito, avevo colto la sua persona e il suo animo, era dopotutto un gentiluomo.
    In breve tempo le candide lenzuola si impregnarono del suo forte e raffinato profumo che mi spinse a stringermi a lui, era una situazione strana a cui gran parte delle persone non erano abituate, ma per noi era pura e semplice amicizia.
    “Grazie, Alex. Ti conosco da poco e già ti voglio bene, sei l’unica persona che mi tratta come un amico e mi capisce subito senza farmi domande.” – Disse guardandomi intensamente negli occhi.
    Sorrisi dolcemente e poggiai la mia testa sul suo petto caldo, riuscivo a sentire i suoi muscoli tesi sotto la mia pelle, una sensazione piacevole che mi spinse ad accarezzargli la pancia compiendo dei movimenti circolari, leggeri e delicati.
    “Stringimi, Michael.”
    Fu questa l’unica cosa che dissi prima di sprofondare in un sonno che durò fino a metà mattinata, per i due giorni seguenti saremmo rimasti lì e almeno il problema del viaggio era lontano, ero così stanca che avrei dormito fino alla pausa del tour, ma purtroppo non potevo perché mi pagavano per lavorare e non per dormire, ma sarebbe stato molto bello.
    La prossima tappa sarebbe stata Budapest ed ero molto contenta di poter visitare un’altra città che amavo, inoltre significava stare svegli di nuovo fino all’alba e la cosa mi entusiasmava, sapevo che fare quel tour sarebbe stato faticoso soprattutto per gli orari assurdi, ma almeno mi divertivo e alla mia età era quella la cosa più importante.
    Quando mi svegliai Michael non c’era e il lenzuolo dall’altra parte del letto era stato sistemato con molto garbo, era unico.
    Mi aveva lasciato un bigliettino sul suo cuscino, sapevo che non se ne sarebbe andato senza dirmi niente, stavo imparando pian piano a conoscerlo sempre meglio e lui stava imparando a conoscere me, ero una persona molto riservata, ma solo con lui riuscivo a mettermi a nudo completamente, sentivo di potermi fidare.

    “Mi sarebbe piaciuto poter trascorrere una mattinata con te, ma il lavoro mi chiama. C’è la colazione sul comodino, spero ti piaccia. –Michael.”

    Ripiegai il bigliettino in più parti e lo poggiai sul comodino, dove un grande vassoio occupava quasi tutto il mobile, era pieno di cose da mangiare e da sola non sarei riuscita mai a finirlo, così decisi di chiamare Selene per consumare tutto quel ben di Dio.
    Era stato dolcissimo a portarmi la colazione, nessun uomo lo aveva mai fatto con me, lo consideravo un gesto molto sofisticato da ricevere da quegli essere con il cervello in mezzo alle gambe, ma lui era un uomo di cui era stato buttato lo stampino, a dispiacere di tutte le donne del mondo.
    “Quanta roba è? E’ tutto buonissimo! Chi te l’ha portato?” – Mi chiese Selene addentando un cornetto al cioccolato.
    “Oh… ehm, non pensarci!”
    “Ieri Michael mi ha salutata! Si è persino ricordato il mio nome, stavo per sentirmi male.” – Riprese passandosi una mano sul petto.
    Se solo avesse saputo che lui aveva dormito con me poche ore fa ci sarebbe rimasta malissimo, poi ovviamente non mi avrebbe parlata per tutta la durata del tour, quindi avrei fatto bene a starmi zitta e a non lasciarmi sfuggire niente dalla mia boccaccia.
    Avrebbe pensato chissà cosa, in realtà se mi avessero detto a me una cosa del genere io sarei arrivata al ragionamento che le due persone coinvolte avessero fatto sesso, ma non era andata così con noi.
    “Potresti chiedergli di farti un autografo per me? Tu sei sempre con lui e avete un rapporto diverso, potresti farmi questo favore?” – Disse sfilando dalla sua borsa un cofanetto di plastica.
    Lo presi tra le mani per guardarne la copertina. Dangerous.
    “Certo, glielo dirò.” – Sorrisi.
    Forse era arrivato anche per me il momento di comprare un suo disco, non per fargli pubblicità, ovviamente, poi non ne avrebbe avuto neanche bisogno, ma avevo avuto modo di ascoltare le sue canzoni in concerto e mi erano piaciute moltissimo, i testi erano molto profondi e trasmettevano parecchie emozioni.
    “Sel, perché ti piace così tanto Michael?” – Chiesi.
    “Non c’è un perché, mi piace e basta. Adoro le sue canzoni, è un poeta. Poi ovviamente lo amo anche come uomo, questo è il secondo tour che faccio con lui, saranno circa tre anni che sono innamorata.”
    “Perché non provi a parlargli? Forse è arrivato il momento, non credi?”
    “Non ho il coraggio e poi non trovo mai del tempo in cui potergli parlare. Un amore finito prima di cominciare.” – Disse buttandosi a peso morto sul letto e portandosi le mani sul viso, stava per cominciare a piangere.
    “Non starci male, il tuo momento arriverà.”
    Si diceva sempre quella frase e mi sapeva tanto di falsità, ma non sapevo cos’altro dirle, non ero un grande talento nel dare consigli amorosi, non ero capace nemmeno di darli a me stessa, figuriamoci.

    Volevo vedere Michael.
    Lo stavo dicendo sul serio, volevo rivedere i suoi occhi e le sue labbra, volevo risentire il suo profumo invadermi le narici, volevo abbracciarlo, ne avevo una voglia immensa.
    Purtroppo non sapevo dove stesse provando e con qualche domandina a George riuscii a scoprire il luogo, fu stesso lui a volermi accompagnare, ovviamente inventai una scusa per mascherare quella mia voglia improvvisa di vederlo e anche per non sembrare incoerente, era difficile da spiegare quello che provavo quando ero con lui e George non era il tipo adatto da poterlo capire.
    Quando arrivai nel suo camerino mi sedetti sul divanetto blu accanto alla porta, poi mi alzai per via del nervosismo e cominciai a camminare ansiosamente avanti e indietro senza darmi pace, riuscivo a sentire la sua voce da lì ed era una cosa magnifica.
    Aspettai per circa due ore, fu un suicidio, mi annoiai così tanto che misi le mani tra le sue cose senza chiedergli il permesso, feci di tutto, mi truccai anche.
    Aspettai tanto, ma ne valse la pena perché quando tornò era così contento di vedermi lì che mi abbracciò fortissimo, fu una sensazione meravigliosa e vidi di nuovo il sorriso sulle sue labbra, sembrava un angelo.
    Aveva il solito pantalone aderente dorato e una semplice maglia bianca da sopra, coperta da una camicia di un colore blu non molto scuro, i capelli erano legati con un elastico e dei ricciolini gli incorniciavano il viso.
    “Michael… scusa se sono venuta qui, ma io… io… cioè, dovevo… volevo vederti.” – Dissi balbettando, perché mi comportavo in quel modo? Non avevo mai balbettato davanti ad un uomo in vita mia e avrei dovuto cominciare proprio con lui? Mi sentii una stupida in quel momento, volevo soltanto sprofondare.
    “Stai tranquilla, non c’è bisogno che tu ti scusi. Anche io volevo vederti, sei qui da tanto?”
    “Qualche ora…”
    “Cosa? Potevi venire a chiamarmi! Ti sarai annoiata, immagino.”
    “Un pochino, ho anche messo le mani tra i tuoi abiti, perdonami.”
    “Spero ti siano piaciuti!” – Disse mostrandomi un enorme sorriso che mi lasciò senza fiato, sentii un’enorme fitta allo stomaco e non era fame, era il nervosismo, era dovuta alla sensazione che mi colpiva ogni volta che ero con lui.
    Sudavo incredibilmente con Michael davanti ai miei occhi, rabbrividivo anche con un semplice sguardo che mi regalava, ma non c’era tanto da preoccuparsi perché lui li donava a tutti, non solo a me.
    Il suo sorriso dolce toglieva l’amaro che avevo dentro, era come lo zucchero in una torta ed io ero quest’ultima.
    Improvvisamente cominciò a spogliarsi ed io mi sentii in imbarazzo, avevo le guance che avvampavano di calore, erano rossissime e speravo che lui non se ne accorgesse, ma invece andò nel modo diverso, per mia grandissima fooortuna.
    “Scusa, non volevo metterti in imbarazzo, pensavo non ti desse fastidio, scusami tanto.” – Disse abbottonandosi una camicia con eleganza, la metteva in tutte le cose che faceva, probabilmente anche in bagno.
    “Non mi imbarazza vedere gli uomini spogliarsi… forse sei tu che mi fai questo effetto.”
    Che stavo dicendo? Oddio mio, qualcuno mi avrebbe dovuto fermare prima, io non ci sarei più dovuta entrare lì dentro, dovevo controllarmi.
    Michael abbassò il capo e si pizzicò le labbra con le dita, probabilmente era imbarazzato ed io anche più di lui, ma appena mi guardò con un leggero sorriso capii che forse non avevo detto niente di così brutto.
    Mi avvicinai a lui lentamente, l’unico odore che percepiva il mio olfatto in quel momento era il suo profumo, i suoi occhi erano la cosa più bella che io avessi mai visto e lui era l’uomo più bello che io avessi mai avuto davanti.
    Non riuscivo a capire se fosse amore o semplice attrazione, la realtà era che ogni volta che lo avevo davanti mi sentivo il cuore battere così forte che temevo lui potesse sentirlo, mi sentivo strana, non riuscivo a fare a meno di guardarlo, non riuscivo a trovare una parte di lui che non mi piacesse, una cosa che non andasse, un’imperfezione.
    Gli ero così vicina che riuscivo a sentire il suo respiro sfiorarmi le labbra e accarezzarmele, mentre con la lingua lui inumidiva le sue, faceva tutto con estrema eleganza, mi sentivo bloccata da lui, sentivo sempre i soliti brividi percorrermi tutto il corpo, non riuscivo a spiegarmelo.
    “Forse è il tuo profumo che mi manda fuori di testa… forse sono i tuoi occhi… forse è il tuo sorriso che mi riempie l’anima ogni volta che compare sul tuo viso… forse sei semplicemente tu.” – Dissi accarezzandogli le labbra con un dito, a quel contatto lui chiuse gli occhi e mi prese la mano, la intrecciò con la sua e si avvicinò di più a me, eravamo così vicini che i nostri nasi si sfioravano e le nostre labbra stavano per toccarsi.
    In quel momento la porta si spalancò di colpo, era George che quando ci vide abbassò lo sguardo mortificato, come per scusarsi di aver interrotto quel momento, ma in realtà ci aveva soltanto fatto un favore.
    “Scusatemi… non volevo disturbare, ti cercavo Alex, tutto qui.”
    “George, non hai disturbato, tranquillo. Stavo soltanto... stavo aggiustando il trucco a Michael, arrivo subito.” – Dissi mentendo.
    Quando George se ne andò, Michael abbassò lo sguardo per non incrociare i miei occhi e con le mani si stirò il pantalone addosso, stavamo per farla grossa, lo sapevamo entrambi, non potevamo permetterci una cosa del genere, almeno non in quel momento.
    “George è il tuo uomo?” – Mi chiese.
    “Certo che no, lui è solo un amico. Io non sono la donna di nessuno, sono di me stessa.”
    “Esci con lui stasera?”
    “Michael, perché vuoi saperlo? Che ti importa!” – Dissi alzando la voce.
    “No è che… volevo stare con te stasera, ma evidentemente hai di meglio da fare.”
    Aprì la porta e se ne andò, lasciandomi lì senza darmi nemmeno la possibilità di replicare, probabilmente se mi avesse fatta parlare poi non mi avrebbe neanche ascoltata, si scaldava facilmente Michael Jackson, proprio come me, sembrava un campo minato, bisognava stare attenti a come si parlava e a cosa si diceva in determinate situazioni.
    Si era seduto su una sedia nel backstage, pensavo fosse andato chissà dove e invece era a pochi metri da me, circondato da tre ragazzi, probabilmente dei ballerini che gli stavano chiedendo dei consigli sullo show.
    Lo raggiunsi, mi sedetti accanto a lui e aspettai che rimanessimo soli prima di rivolgergli la parola.
    “Ti aspetto in camera.” – Gli sussurrai all’orecchio, lui mi fece un cenno con la testa e me ne andai.






    Capitolo 5.


    Era già calata la notte lì fuori, il cielo era completamente scuro e illuminato soltanto da quei piccoli puntini luminosi da cui era formato, quelle stelle sembravano tanti sogni che aspettavano di essere espressi per non rimanere in quell’abisso dalle mille sfumature, dai mille colori e dalle mille speranze.
    In un certo senso quel cielo ero io, un cielo privo di colori per il quale esisteva soltanto il buio, poi c’erano le stelle che mi davano la speranza di poter cambiare qualcosa, di cambiare i miei colori trasformandoli in tonalità più chiare.
    Ero stesa sul letto quando Michael entrò nella mia stanza, si guardò intorno molte volte prima di entrare, voleva accertarsi che nessuno lo vedesse lì per evitare di alzare polveroni inutili, ovviamente sarebbe stato strano vederlo entrare nella stanza della sua truccatrice.
    Era vestito elegante, aveva un pantalone nero con una camicia rossa abbottonata fino al collo e i soliti mocassini lucidi ai piedi, sembrava dovessimo andare chissà dove, invece noi potevamo soltanto rimanere in quella stanza per non essere visti, eravamo come in trappola, avevo rinunciato ad una serata all’aria aperta con George per stare in una camera d’albergo con Michael, il mio amico.
    Non facevamo nulla di male, avremmo scambiato soltanto un po’ di chiacchiere guardando il soffitto, avrei preferito guardare le stelle, ma quando Michael si stese al mio fianco e mi guardò… capii che le vere stelle le avevo davanti agli occhi e che uscire non sarebbe servito a nulla.
    Nel suo ambiente bisognava stare molto attenti a come ci si comportava, bastava un niente e finivi in prima pagina con una notizia magari inventata, poi ovviamente non potevamo andarcene in giro come se nulla fosse, saremmo stati sicuramente accerchiati da un’immensa folla di gente e non era il caso, volevamo stare un po’ tranquilli.
    Era lì da me da una manciata di minuti e ancora non avevamo detto una parola, non ci eravamo neanche salutati, ci guardavamo a lungo per poi rivolgere i nostri sguardi verso un angolo indefinito della stanza buia.
    Era strano, c’era qualcosa che non andava in lui, era strano il suo comportamento, sembrava che qualcosa non andasse, era taciturno, non riuscivo a capire perché e volevo saperne di più, così non mi feci tanti scrupoli nel chiederglielo.
    “Michael, come stai?”
    Si voltò verso di me per cercare un mio sguardo, alzò lievemente un angolo della bocca e si passò una mano tra i capelli, sembrava molto teso.
    “Sto… bene.” – Disse sollevando leggermente le spalle, con aria indifferente.
    “Non mentire, almeno non a me. Ti conosco più di quanto tu possa immaginare, credimi.”
    “Davvero ti interessa sapere come sto?”
    Si, mi interessava e anche parecchio, non ero una di quelle persone che parlavano tanto per, se facevo una domanda era perché volevo una risposta, soprattutto vera.
    “Ti fa così strano? Certo che mi interessa! Sei mio amico, io ti ascolto, dimmi pure. Sfogati.”
    Si sollevò dal letto reggendosi con il gomito che poggiò sul suo cuscino, mi guardò per qualche istante e un lieve sorriso gli comparì sul volto, era illuminato soltanto dalla luce proveniente dalla finestra, era proprio bello visto così.
    “Sono stanco di stare qui. Vorrei poter uscire a fare una passeggiata, ma non posso.”
    Riuscivo a percepire la malinconia nel suo tono di voce, non era libero di poter fare niente, aveva ragione ed io mi sentivo una stupida, non potevo aiutarlo, non potevo fare niente per farlo stare meglio, potevo soltanto contribuire a farlo sentire ancora più solo di quanto non lo fosse già.
    Parlava sottovoce, biascicava quasi, ma io riuscivo a sentire ugualmente il suo cuore che gridava, il suo cuore cercava aiuto ed io ero stata capace di capirlo in tempo.
    Una via d’uscita doveva esserci comunque, volevo salvarlo, era una persona che meritava di essere salvata, senza dubbio non lo avrei lasciato in balia della sua solitudine.
    Ci mancavano soltanto i miei discorsetti da eroina che salvava il mondo in quella situazione, ma io sentivo fino all’ultimo neurone del mio cervello che qualcosa potevo farla, bastava soltanto prestare un po’ di attenzione.
    “Se è solo questo il problema… possiamo risolverlo. Possiamo fare un giro per la città, se ti va. Portiamo con noi George per stare più tranquilli, ma non credo che ci saranno problemi.”
    A quelle parole il suo volto si illuminò, l’idea di poter sfuggire a quelle mura anche solo per poco tempo lo emozionava tantissimo, per me fare una passeggiata era una cosa normalissima, invece per lui era come andare sulla Luna per me.
    “Davvero ci verresti con me?” – Mi chiese avvicinandosi al mio viso per accarezzarmi i capelli.
    “Si, certo. Metti qualcosa che ti faccia sembrare meno riconoscibile! Qualcosa che ti faccia sembrare meno Michael Jackson…”
    Velocemente sfilò dalla tasca della sua giacca una mascherina chirurgica rossa, avevo visto qualche foto di lui su dei giornali in cui la indossava, era carina e teneva scoperti solo gli occhi, ma ovviamente un uomo con quella mascherina sarebbe stato subito riconosciuto.
    “No, togli questa cosa! Ti riconosceranno subito, ti presto una mia sciarpa, aspetta.” – Dissi prendendo la mia grossa valigia da sotto al letto e cominciando a cercare qualcosa che potesse andar bene per lui, una sciarpa sarebbe stata la cosa più semplice da indossare e avrebbe anche dato meno nell’occhio, era settembre inoltrato e lì faceva anche un po’ freddo, di persone incappucciate se ne vedevano moltissime e questo era già un punto a nostro favore.
    Gli coprii mezzo viso con un foulard blu che avevo comprato durante una mia vacanza in Italia, glielo sistemai per benino facendo attenzione a legarlo bene per evitare spiacevoli conseguenze, gli occhi rimasero scoperti, ma poi lui avrebbe indossato i soliti occhiali scuri e il problema era risolto.
    “Michael… ci vedi?” – Dissi sistemandogli il cappello, volevo assicurarmi che non inciampasse in mezzo alla strada, sarebbe stata la fine per me e per lui.
    Cominciò a camminare nervosamente per la stanza, si stava esercitando a muoversi con il viso totalmente coperto, era uno spettacolo troppo divertente e mi coprii la bocca con la mano per evitare di scoppiare in una rumorosa risata.
    “Si, sto bene. Alex, non chiamare George, ti prego. Voglio stare solo con te, non succederà niente, te lo prometto.” – Disse sedendosi sul tavolo lucido e bianco di fronte al mio letto, lasciando penzolare le gambe a mezz’aria.
    “Va bene, ma tu non devi fare casini, devi stare soprattutto zitto!”
    “Ehi, ma qui sono io che comando, ragazzina.” – Disse con fare autoritario, in alcune situazioni sembrava proprio un bambino, non un uomo di quasi quarant’anni, lo avrei preso a schiaffi.
    “Già, dimenticavo che tu sei sempre il mio datore di lavoro, dimenticavo che pure con decine di vestiti addosso sei sempre Michael Jackson, sei sempre il solito.”
    Venne ad abbracciarmi, probabilmente non ero stata capace di percepire il tono scherzoso della sua affermazione e mi ero arrabbiata inutilmente, forse facevo ancora fatica a vederlo come un amico, la mia vita stava cambiando troppo velocemente ed ero confusa, così sparavo cose a raffica.
    “Io non sono quello che hai conosciuto, sono questo che stai conoscendo. Sono lo stesso Michael che stamattina ha dormito con te, non sono il tuo capo, non sono il tuo datore di lavoro, io sono Michael, il tuo amico.”
    “Scusami, è che la mia vita è cambiata troppo velocemente ed io devo ancora rendermene conto. Qualche giorno fa non ti sopportavo nemmeno, adesso ti voglio bene e stiamo per uscire insieme. Si, io ti voglio bene, tanto bene.” – Dissi riabbracciandolo e poggiando la testa sulla sua spalla, respirando il suo profumo.
    “Dovrò dire a Michael Jackson di abbassarti la paga, ragazzina. Non sei efficiente! Non capisci lo scherzo! Non ci siamo, no no.”
    Stava per cominciare a farmi il solletico, ma riuscii a fermarlo in tempo prima che mi facessi sotto e finalmente uscimmo da quella stanza, le persone presenti nell’hotel ci guardavano curiose e Michael non riusciva a smettere di ridere, a volte rideva così rumorosamente che temevo potessero scoprirlo e così cominciavo a dargli dei pizzichi sulle gambe, poi si calmava.
    Quando uscimmo dall’hotel, Michael alzò gli occhi al cielo e sussurrò poche parole che mi fecero pensare moltissimo, stava bene, era riuscito a scappare dal suo mondo almeno per un po’ ed era felice proprio per quello, io invece ero molto contenta perché avevo aiutato un amico, mi piaceva aiutare le persone e lui era una di quelle che necessitavano di aiuto continuamente.
    “La libertà è la cosa più bella che una persona possa avere.”
    Alzò gli occhi al cielo e si aggiustò il cappello, mi sfiorò la mano per poi accoglierla delicatamente nella sua e mi sorrise, mi sentii incredibilmente bene, spensierata, mi lasciai trasportare dal suo entusiasmo.



    “Questa è la prima città che visito realmente durante un tour e solo grazie a te.” – Disse guardandosi intorno, gli piaceva guardare le persone che camminavano avanti e indietro, era una cosa un po’ sciocca, ma a lui piaceva proprio perché era semplice, amava le cose semplici proprio come me, avevamo molte cose in comune, a me non piacevano le star, ma lui non aveva niente di esse e per questo motivo lo ammiravo molto.
    Mi stampò un dolce bacetto sulla guancia, era il suo modo per ringraziarmi, a volte non bastavano nemmeno le parole per ringraziare una persona, ma lui era sempre capace di trovarle e se non andavano bene usava i gesti, sapeva farsi comprendere molto bene, era una dote che poche persone avevano.
    Era una bella sensazione sentire le sue labbra poggiarsi delicatamente sulla mia pelle, rabbrividivo ad ogni suo contatto, era arrivato il momento di ammettere a me stessa che Michael mi piaceva moltissimo fisicamente e mi attraeva altrettanto.
    Eravamo seduti sul muretto che dava sul fiume Moldava che scorreva limpido e lento alle nostre spalle, Michael non aveva smesso di tenermi la mano nemmeno per un istante, la sua era così calda e sembravamo due sposini in viaggio di nozze, quella situazione era molto romantica, mi sentii rinata, era come se fossi ritornata adolescente ed era incredibile.
    “Davvero? Cosa fai quando sei in tour?”
    “Oh, ci sono sempre molte cose da fare. Solitamente visito ospedali e orfanatrofi, porto i giocattoli ai bambini malati e trascorro del tempo con loro per farli sorridere un po’, è una cosa che mi riempie l’anima.”
    Non sapevo che visitasse gli ospedali e andasse a regalare i giocattoli ai bambini che stavano male, di quello non se ne parlava mai, forse perché era una cosa talmente bella che non interessava alle varie riviste, loro cercavano solo le notizie che permettessero di fare soldi e questa non era una di quelle, di lui non si dicevano mai cose positive.
    Non conoscevo quel suo lato umanitario e generoso prima di allora, mi colpì tantissimo, non mi aspettavo una cosa del genere da una persona come lui, era forse l’unica star che dedicava il suo tempo ai bambini che stavano male, anzi senza forse, era proprio l’unica.
    “Sei… sei un uomo meraviglioso.” – Gli sussurrai all’orecchio.
    “E tu una donna meravigliosa. Sei… sei bellissima.” – Disse mordendosi le labbra e abbassando il capo per l’imbarazzo.
    Michael Jackson il sex symbol che si imbarazzava quando faceva un complimento ad una donna?
    Quella situazione mi fece sorridere tantissimo, pensavo fosse più schietto con le donne e che le facesse cadere tutte ai suoi piedi con un ‘sei bellissima’ e con delle carezze, ma evidentemente mi sbagliavo di grosso, non era il tipo che le usava per il proprio piacere per poi lasciarle qualche giorno dopo, forse era tra i pochi uomini capaci di amare.
    Un complimento, un gran complimento che fatto da lui assumeva un’importanza maggiore, era raffinato in tutto, per lui anche un ‘ciao’ diventava magia, me ne stavo rendendo conto piano piano, lui era magia.
    Schioccai un leggero bacio sulla sua guancia per ringraziarlo, aveva le pelle così morbida e profumata che sarei stata ore ad accarezzargliela.
    Michael quella sera si divertì molto e filò tutto liscio come programmato, andammo in un bar a bere un buonissimo succo d’arancia, chiacchierammo a lungo e ci scambiammo teneri sorrisetti durante tutto il tempo, stavo così bene che volevo rimanere in quella situazione per l’eternità, i suoi tocchi mi riempivano il cuore e bastava un suo sguardo per mandarmi fuori di testa.
    Spesso le nostre conversazioni si interrompevano a causa della nostra vicinanza, a volte io ero troppo vicina a lui o viceversa e ci guardavamo senza emettere alcuna parola, poi abbassavamo lo sguardo entrambi e ricominciavamo a parlare.
    Eravamo davanti alla porta della mia stanza, Michael aveva insistito parecchio per accompagnarmi, la verità era che io volevo dormire con lui quella notte, non volevo rimanere da sola, ero stata così bene con lui quella mattina che volevo riprovare di nuovo la sensazione di avere il suo corpo caldo accanto al mio.
    Volevo avere di nuovo qualcuno da abbracciare e da stringere, non volevo che se ne andasse.
    Non ero quel tipo di donna che quando desiderava un uomo faceva di tutto per averlo, lui era un mio amico, ma mi attraeva moltissimo come mai aveva fatto nessun altro prima di allora, non lo desideravo, non sognavo di andare a letto con lui, niente di tutto quello, volevo soltanto averlo accanto a me, solo quello.
    “Michael… voglio dormire con te stanotte. Ti prego, rimani.” – Dissi con tono quasi supplichevole, accarezzandogli dolcemente il dorso della mano, lo guardavo come se lui fosse stata la mia salvezza, la mia unica speranza.
    “Certo, aspettavo che tu me lo chiedessi, piccola.”
    Avvicinò la sua mano alla mia guancia per accarezzarmela, quell’uomo era un concentrato di dolcezza, gentilezza e bellezza, era un uomo meraviglioso.
    Come mi aveva chiamata? Non ero pronta a quello, quella parola mi fece sentire al sicuro per qualche istante, mi sentii unica al mondo, era come se tutto il resto intorno a noi fosse scomparso.
    Entrò nella mia camera e si spogliò, stessa situazione di quella mattina, mi spogliai anche io rimanendo soltanto in biancheria intima e ci mettemmo a letto, abbracciandoci.
    “Domani si va a Budapest... ti piace?” – Mi chiese avvicinando di più il suo corpo al mio.
    “Si, amo tutte le città, adoro viaggiare.”
    “Mi prometti che staremo insieme durante l’intero tour? Senza di te mi sentirei perso, solo.”
    Gli presi il viso tra le mani e gli baciai la fronte, cercai con quel bacio di rassicurarlo, io ci sarei sempre stata per lui, ero caduta nella trappola del suo fascino e della sua dolcezza, sarei rimasta lì qualsiasi cosa fosse successa.
    “Certo, se no chi ti trucca?” – Dissi accarezzandogli i capelli.
    “Intendevo…”
    “Si, Michael, ho capito benissimo.”
    Mi teneva un braccio intorno al collo e me lo accarezzava dolcemente, sentivo di nuovo le scosse come la prima volta che mi accarezzò, era una cosa bellissima, così bella che rimasi immobile ad ogni suo tocco per poter godere al meglio la sensazione della sua pelle sulla mia.
    “Vuoi poggiare la testa sul mio petto?” – Mi chiese accennando un lieve sorriso.
    “Tu… come fai a saperlo?”
    “Lo so e basta. Sono un mago.”
    Il mago del mio cuore. Dannazione, non mi stai facendo capire niente, mi confondi, mi spiazzi con i tuoi gesti a cui io non posso reagire, rimango immobile ad ogni tuo sguardo e ad ogni tuo tocco. Cosa mi fai, Michael? Io non capisco più niente, forse è la forza dell’amore, un amore nato presto, molto presto. Io mi sto innamorando di te, Michael ed ho paura, una paura immensa.
    Sollevai velocemente le coperte dal mio corpo e mi vestii raccogliendo i panni che avevo appoggiato alla rinfusa sul letto, lanciai uno sguardo in direzione di Michael che mi guardava confuso come se non capisse cosa stesse succedendo, non volevo dormire, avevo voglia di vedere l’infinito che avevo sopra la mia testa, volevo esprimere il mio desiderio.
    “Ma dove stai andando?” – Mi chiese sedendosi sul letto e infilandosi i pantaloni.
    “Tu vestiti, ti porto in un posto bellissimo.”
    Acconsentì senza farmi domande, si vestì subito anche lui ed io mi avvicinai per aggiustargli la mascherina che, quella volta, indossò.
    Mi sei così vicino, Michael e sei così bello. – Pensai.
    Non c’era nessuno per strada, erano le tre del mattino e tutti dormivano già profondamente da un pezzo, almeno nel nostro hotel era quella situazione e saremmo passati inosservati al cento per cento.
    Lo avrei portato al Charles Bridge, di notte era mille volte meglio e illuminato dalle leggere luci dei lampioni era una vera e propria meraviglia, era il posto più romantico di Praga a mio avviso e lì mancava la presenza di Michael, io volevo vedere le stelle con lui, volevo esprimere il mio desiderio con lui.
    “Alex, dove mi porti?” – Mi chiese prima di uscire dalla stanza.
    “A vedere le stelle.”


    To be continued…
     
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    Michael è sempre il migliore e saranno una bellissima coppia, molto felici. Grazie per gli straordinari capitoli Jacksonhug, attendiamo presto la continuazione
     
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    Capitolo 6.


    Eravamo sul Charles Bridge ed erano appena le quattro del mattino, in realtà era più tardi di quanto noi potessimo immaginare, a quell’ora saremmo dovuti stare già in coma profondo strafatti dal sonno, avevamo l’aereo per Budapest alle otto di quella mattina e avevamo bisogno di risposare, soprattutto Michael che avrebbe dovuto tenere un concerto quella sera stessa.
    Le strade erano abbastanza deserte, ovviamente a quell’ora le persone erano rinchiuse nei letti delle proprie case e non se ne andavano di certo in giro come noi, eravamo tra i pochi passanti di Praga.
    Michael era seduto con le spalle al muretto di pietra e aveva le ginocchia piegate verso di lui, io invece ero distesa al suolo e appoggiavo la testa sulle sue gambe, mentre la sua mano mi sfiorava il viso come se stesse disegnando qualcosa al di sopra, compieva dei movimenti estremamente delicati, mi toccava come se io fossi stata la cosa più preziosa davanti ai suoi occhi e che lui temeva di rompere.
    Avevamo entrambi gli occhi rivolti verso il cielo, eravamo estasiati da quel meraviglioso spettacolo di luci sopra le nostre teste, osservavamo le stelle accuratamente, a volte sembrava si muovessero e non mancava occasione in cui Michael non me lo facesse notare travolgendomi con il suo entusiasmo.
    “Michael, tu… tu ce l’hai una donna?” – Chiesi sottovoce, quasi sussurrando e rivolgendo il mio sguardo su di lui.
    “No, adesso no, ma l’ho avuta.”
    “E l’hai amata molto?”
    “Si, tanto, ma forse lei non ha amato me.”
    “Mi… mi dispiace, davvero.”
    Gli accarezzai la mano che era ferma sul mio collo e la intrecciai con la mia, gli sbottonai i primi due bottoni della camicia lasciando intravedere il suo petto chiaro e liscio, lui mi guardò per un momento e sorrise teneramente, per poi alzarsi qualche istante dopo seguito da me.
    Metà del suo viso era coperto dalla stoffa rossa della mascherina, ma riuscivo comunque a vedere le sue labbra che si schiudevano tra una parola ed un’altra, poi quando sorrideva era ben chiaro.
    “Tu, invece? Ce l’hai un ragazzo?” – Disse con lo sguardo rivolto verso l’alto e passandosi un dito sulle sue chiare labbra.
    “No… io non… non credo nell’amore. Ho avuto dei ragazzi, ma sono state delle storie durate soltanto una notte, in realtà non ho amato nessuno.”
    Non credevo nell’amore, era vero, credevo che fosse soltanto un qualcosa di inventato, qualcosa che in realtà non esisteva e che faceva soltanto soffrire, la persona di cui ti innamoravi ti rubava il cuore e poi ci giocava fino a quando non si stancava e nella mia vita avevo già sofferto abbastanza, così poi avevo deciso di chiudere definitivamente.
    Avevo deciso, la mia mente aveva deciso, ma in quel momento il mio cuore si stava ribellando e stava gridando un nome, un nome che io fingevo di non sentire o meglio, fingevo di non conoscere.
    “Chi era quella donna alla festa?” – Chiesi timidamente, abbassando lo sguardo per l’imbarazzo, si ero terribilmente imbarazzata in quel momento.
    “Karen, ma è soltanto un’amica.”
    “Come me?” – Dissi poggiando la mia testa sulla sua spalla e sospirando forte.
    “No, tu non sei come lei.”
    Si voltò verso di me, in modo che ci trovassimo uno di fronte all’altro e con i nostri occhi che si scrutavano immobili, i miei di un verde smeraldo molto chiaro e i suoi scuri e brillanti come un cielo di notte. Calò immediatamente il silenzio tra di noi, eravamo troppo vicini, sentivo il suo petto sfiorare i miei seni e i nostri nasi toccarsi quasi.
    Non riuscivo a capire cosa intendesse dire con quella sua ultima frase ed io non riuscivo a trovare qualcosa che mi distraesse da lui e dal suo sguardo.
    Allungò la sua mano sulla mia spalla e scese fino all’altezza dei miei fianchi ai quali poggiò entrambe le braccia, attirandomi a sé con delicatezza e dolcezza, i suoi occhi si poggiarono sulle mie labbra per poi risalire di nuovo sui miei, mi sentivo un’enorme stretta allo stomaco che mi impediva di muovermi e non era la sua presa troppo forte a farmi quell’effetto, era forse il mio cuore che mi costringeva a rimanere tra le sue braccia.
    Mi accarezzò i fianchi e dopo aver compiuto quel gesto fui io a fare il primo passo avvicinando le mie mani intorno al suo viso, gli sfilai la mascherina che cadde a terra, lasciando che le sue labbra rimanessero scoperte in tutta la loro bellezza.
    Erano sottili e leggermente inumidite, si schiudevano ogni volta che Michael emetteva un sospiro lasciando che esso mi accarezzasse le labbra con il suo dolce profumo di menta, poggiai il mio indice sul suo mento e glielo sfiorai, poi raggiunsi le altre parti del suo volto come gli zigomi ben delineati, il suo naso e le sue basette scure per poi fermarmi sulle sue labbra.
    La sua bocca era leggermente aperta e ripassai il contorno con il mio dito fino a dare inizio ad un massaggio vero e proprio che fece socchiudere gli occhi a Michael, mentre si lasciava sfuggire dei brevi e leggeri soffi che ricadevano morbidi sopra la mia pelle.
    I suoi meravigliosi occhi erano illuminati, li vedevo lucidi come mai prima di allora, sembravano due stelle che viaggiavano sole e spensierate nella galassia, il loro esterno era decorato da una sottile linea di eyeliner nero messo benissimo e da quella mia vicinanza riuscii anche a vedere le macchie del fondotinta un po’ sbavato sulle guance.
    Era anche comprensibile, chi alle quattro del mattino era perfettamente aggiustato e con il trucco appena fatto? Nessuno, in realtà a quell’ora le persone normali avevano dei fossi intorno agli occhi, ma lui era Michael Jackson e quindi il fatto che avesse la linea ancora al suo posto non mi sorprese.
    Mi fermai un istante per riflettere con quella poca e minima lucidità che mi era rimasta, stavo commettendo un errore, non dovevo lasciarmi andare in quel modo, almeno non con lui, lui era l’ultima persona con la quale avrei dovuto intraprendere un altro tipo di rapporto, lui era sbagliato per me, ma era giusto per altre donne.
    “Scusami… io non…” – Dissi scuotendo il capo e passandomi una mano sugli occhi, la stessa che pochi istanti prima aveva accarezzato i perfetti lineamenti dell’uomo che mi era davanti.
    Cercai immediatamente di giustificarmi e di connettere le sinapsi al cervello in modo che mandassero un impulso, qualsiasi esso fosse sarebbe andato bene, bastava che mi permetteva in qualche modo di allontanarmi da lui.
    Il suo corpo era come una calamita per me, mi attraeva, più gli ero vicino e più ragionavo con il cuore, il suo profumo mi inebriava i sensi ed io non riuscivo a vedere nessun altro uomo se non lui, non riuscivo a vedere altri occhi se non i suoi e non riuscivo a desiderare nient’altro.
    Si affrettò a replicare, probabilmente era così preso da quel momento che non si era nemmeno reso del tutto conto che fosse così riconoscibile agli occhi delle persone e lui stava molto attento a quel genere di cose, se fosse passato qualcuno sarebbe stata la nostra fine.
    “Shh, rilassati, va tutto bene.” – Sussurrò scostandomi una ciocca di capelli che involontariamente mi era caduta sul viso.
    Si avvicinò di più a me guardandomi intensamente negli occhi come se non avesse nient’altro davanti, si inumidì le labbra con la lingua e chiuse gli occhi, in quel momento sentii un leggero brivido percorrermi tutta la schiena, le sue labbra si poggiarono delicatamente sulle mie e si schiusero, rimanemmo entrambi immobili per qualche istante come per poterci godere quel momento in tutto e per tutto, la sua calda mano si intrecciò con la mia a riempire i cinque spazi presenti tra le dita e ci staccammo un attimo per guardarci.
    Era un sogno, doveva essere soltanto un sogno frutto della mia immaginazione da ragazza idiota, ma invece sembrava tutto così reale.
    Michael mi sorrise e si riavvicinò alle mie labbra, sentii la sua lingua entrare nella mia bocca e intrecciarsi dolcemente con la mia, la accarezzava e la sfiorava, fu un bacio lungo e intenso che mi riempì non solo il cuore, ma tutto il mio corpo, mi sentivo completa e appagata, ero… felice, felice come non ero mai stata.
    Quando ci staccammo per riprendere fiato si sentì un leggero schiocco tra le nostre labbra, guardai Michael e una lacrima si era posata sulla sua guancia, mi ero emozionata moltissimo anche io e quando si accorse che stavo per far compagnia alle sue lacrime allargò le braccia e sorrise.
    “Vieni qui…”
    Sprofondai tra le sue braccia e strinsi il tessuto della sua camicia tra le mie mani, sentivo la sua mano accarezzarmi la schiena da sotto al tessuto della mia maglietta fino a salire sul collo, avevo ancora il suo sapore di menta in bocca e avevo ancora il suo profumo sulla mia pelle, speravo tanto che non se ne andasse più.
    “Si è fatto tardi, sarà meglio che torniamo in hotel prima che qualcuno si accorga della nostra assenza.” – Disse prendendomi la mano e incamminandosi verso l’albergo.
    Diedi un ultimo sguardo al panorama prima di seguirlo, poi alzai gli occhi al cielo e sorrisi, il mio sogno si era realizzato.

    Grazie, Praga. Ti devo l’amore.
    Spero soltanto che Budapest sia altrettanto generosa con me.



    * * * * *


    Quando arrivammo all’aeroporto di Budapest c’era una marea di gente che aspettava Michael, beh era più che ovvio che stessero aspettando lui, c’erano decine e decine di ragazzine urlanti con le sue magliette addosso, striscioni e cartelloni appesi persino sulle sedie e cori da stadio con le sue canzoni.
    Molte delle persone lì presenti stringevano le mani e salutavano con affetto noi dello staff, molti di essi sapevano addirittura che io ero la truccatrice personale di Michael e ovviamente la gioia era maggiore, fu una bella emozione mai provata prima e salutai tutti con degli enormi sorrisi, mi sentii come a casa nonostante stessi a migliaia di chilometri di distanza.
    Purtroppo, però, per motivi di sicurezza Michael non si fermò con loro come di solito faceva e non prese nemmeno il nostro stesso volo, inoltre partì con grande ritardo rispetto allo staff dato che era stato intrattenuto per via di alcune interviste.
    Come inizio non era niente male, non era passato nemmeno un giorno da quando io e Michael ci eravamo salutati e già mi mancava moltissimo, inoltre ero frastornata parecchio e anche molto confusa.
    Si, per via del bacio, certo.
    Quando tornammo in hotel lui se ne andò nella sua stanza ed io nella mia, disse che non poteva rimanere con me dato che, appunto, quella mattina sarebbe dovuto andare via presto e non gli andava di svegliarmi.
    Non diedi molta fiducia alle sue parole, credevo fossero tutte balle che mi aveva raccontato perché magari si sentiva confuso, di solito dopo un bacio gli altri uomini ti avrebbero portata subito a letto e quindi non mi sorpresi del suo comportamento, lui non voleva quello che volevano gli altri uomini da me, quindi essere confuso era più che normale.
    Lo ero anche io, non riuscivo a capire più chi fossi io, chi fosse lui e chi fossimo noi.
    Ci eravamo scambiati anche i numeri di telefono prima di salutarci e con il suo solito tono dolce e pacato mi aveva detto che avrei potuto chiamarlo quando mi andava e, chiaramente, non mi sarei lasciata scappare quell’occasione, volevo sapere come stava e soprattutto dove stava, volevo sapere se anche lui era confuso quanto me.
    Decisi di chiamarlo quando sarei arrivata in hotel per non destare sospetti e appena mi trovai nella mia magnifica stanza sfilai il cellulare dalla tasca dei miei pantaloni neri e composi il suo numero.
    Il cellulare squillò tre… quattro… cinque volte e poi una sottile e flebile voce dall’altro capo del telefono parlò.
    “Alex…”
    Dio, che voce stupenda e sensuale, mi era mancata tantissimo nonostante fosse passato soltanto poco tempo.
    “Michael… sei arrivato qui?”
    “Si, sono appena arrivato, ma non possiamo vederci, non adesso.” – Disse sottovoce, sembrava ci fosse qualcuno al suo fianco e che facesse fatica a parlare con me in quel momento.
    “Perché?”
    “Ho tantissime cose da fare, mi aspettano per un’intervista tra pochissimo e dopo ho un incontro con dei fan, sai che oggi non ho potuto incontrarli e quindi…”
    “Si, ho capito. La mia camera è la 307 al terzo piano, vieni quando vuoi.”
    Chiusi la chiamata, avevo bisogno di parlargli, volevo vederlo perché… mi mancava, mi mancava terribilmente.
    Il viaggio mi aveva distrutta così tanto che non avevo nemmeno la forza per andare con George a mangiare un boccone al ristorante, era già la seconda volta che gli davo buca e così decisi di rimediare posticipando l’appuntamento per la sera, avevo soltanto voglia di dormire almeno fino al concerto, quello mi era ancora permesso e così ancora vestita e con il trucco sbavato mi addormentai.


    Il mio cellulare cominciò a squillare incessantemente mentre io ero ancora in coma profondo, oh era in momenti come quelli che maledicevo l’inventore di quegli aggeggi, non si poteva neanche più dormire in pace, che schifo.
    “Si?” – Dissi stropicciandomi gli occhi e alzandomi dal letto.
    “ALEX! DOVE SEI?”
    Il caro George era sempre stato molto garbato nelle conversazioni telefoniche con me, in pratica urlava sempre, ogni volta che ero in… ritardo, appunto.
    Diedi uno sguardo al mio orologio e notai che ero in un enorme ritardo e che il concerto sarebbe cominciato tra mezz’ora, ero la solita, non osavo immaginare la rabbia di Michael in quel momento, sapevo quanto ci teneva ad essere sempre puntuale e preciso, ma io non ero come lui, sbagliavo spesso, anzi sempre.
    “George, ti prego, non dire nulla.”
    “Alex, io non dico nulla, ma vedi di essere qui tra cinque minuti…”
    Chiusi di colpo la chiamata e corsi davanti allo specchio, avevo l’eyeliner tutto sbavato e i capelli spettinati a più non posso, sembravo uscita dal videoclip di Thriller. (Mi stavo acculturando, eheh.)
    Indossai velocemente un tubino nero non troppo particolare, aveva dei piccoli ricami sul bordo della scollatura che coprii con una collana di perle, misi un filo di trucco giusto per coprire le occhiaie e volai da Michael prima che mi cacciasse a calci nel mio culetto.
    Era molto dolce, senza dubbio, ma a volte era un pochino… come dire… esuberante, era un perfezionista e pretendeva il massimo da tutti.
    Arrivai al Népstadion di Budapest venti minuti prima che cominciasse il concerto, entrai nel camerino di Michael e non so se purtroppo o per fortuna lui non c’era.
    In quella stanza si respirava il suo profumo, inoltre era piena di disegnini e di abiti di scena sparsi, c’erano delle creme sul marmo ambrato accanto allo specchio illuminato dalle luci che lo incorniciavano, con un tubetto di eyeliner nero aperto poggiato su di esso, probabilmente si era dato da fare prima che io arrivassi e un post-it attaccato sul vetro dello specchio confermò tutti i miei sospetti.

    “Alex, probabilmente quando sarai arrivata io sarò già su quel palco e quindi ho deciso di fare da solo. Spero che tu riesca ad arrivare in tempo almeno per la fine del concerto. Ti aspetto. –Michael.”

    Ero di spalle a leggere attentamente quelle sue parole, quando sentii delle braccia cingermi i fianchi e un viso poggiarsi sull’incavo tra la mia spalla e il mio collo, baciandolo dolcemente.
    “Ce l’hai fatta a venire…” – Disse parlandomi nell’orecchio, provocandomi dei brividi che mi fecero emettere un gemito di piacere.
    “Scusami, non succederà più, mi sono addormentata.”
    “Ho qualcosa per te, tieni.”
    Sfilò dall’elastico dei suoi pantaloni dorati una busta bianca, una di quelle che si usavano per metterci dentro le lettere e me la mise tra le mani.
    La aprii lentamente e ne uscì fuori un assegno firmato da lui personalmente, era il mio primo stipendio (chiamiamolo così) da quando lavoravo per lui, erano parecchi soldi, una cifra che mai e poi mai avrei immaginato di poter ricevere in vita mia.
    “Grazie, Michael.”
    “Senti… io volevo parlarti di quello che è successo stanotte…” – Ripresi.
    Improvvisamente il suo viso cambiò espressione, mi guardò per qualche istante confuso e preoccupato allo stesso tempo, poi abbassò il capo e parlò.
    “Ci hai ripensato… vero?”
    “No, certo che no. E’ stato il bacio più bello che io avessi mai ricevuto, ma adesso sono confusa.” – Dissi chiudendo gli occhi e spingendo la testa all’indietro, trattenendo una smorfia di dolore causata dall’eccesso di stanchezza.
    “Che intendi dire?”
    “Io non so più chi sono io, chi sei tu, chi siamo noi.”
    “Tu sei Alex ed io sono Michael, non è cambiato niente.”
    “Michael… cosa hai provato durante quel bacio? Ti prego, sii sincero, ho bisogno di saperlo.”
    Si avvicinò di più a me e mi accarezzò una guancia con il pollice, come per mettere fine alle mie domande, ai mie dubbi e alle mie incertezze, sembrava volesse rassicurarmi di qualcosa.
    “Sono stato bene, mi sono sentito leggero e mi batteva forte il cuore. Credimi, non è stato uno sbaglio, almeno non per me.”
    “Cosa sono per te? Non mi piace essere la seconda scelta, lo sai.”
    “Ci siamo baciati, io credo che questo possa essere più che convincente. Io non bacio tutte le donne che mi capitano davanti, io bacio soltanto quella che mi ruba il cuore. Se ti ho baciata significa che… io voglio che tu sia la mia donna.”
    In quel momento avvicinò le sue labbra alle mie e mi baciò, un bacio passionale e desiderato tanto da entrambi, mi sentivo come se stessi per spiccare il volo, non avevo mai provato quella miscela di emozioni con uomo prima di allora, era la seconda volta che provavo la dolcezza delle sue labbra sulle mie e sembrava che io non avessi mai baciato nessun altro in tutta la mia vita.
    “Non illudermi, Michael.” – Sussurrai sulle sue labbra con lo sguardo rivolto verso il basso.
    “Sono sincero, devi credermi.”
    Mi alzò il viso con due dita poggiate sul mento e mi costrinse a guardarlo negli occhi, era sincero, me lo sentivo, i suoi occhi me lo dicevano.
    “Non farmi del male, ti prego.”
    “Non potrei mai.”
    Mi guardava con gli occhi lucidi, sembravano stessero parlando per lui, io volevo fidarmi di lui e delle sue parole, volevo farlo, non avevo altra scelta.
    Mi avvicinai di nuovo al suo viso e gli stampai un leggero bacio a fior di labbra che terminò con un piccolo schiocco, ero di nuovo tra le sue braccia e di nuovo lo stesso sapore di menta si impossessava della mia bocca, i suoi baci mi ubriacavano, erano qualcosa di passionale ed elegante allo stesso tempo, erano indescrivibili.
    “Come mai tutta questa eleganza oggi?” – Disse poggiandomi una mano sul fianco e accarezzandolo dolcemente, mentre le sue labbra erano di nuovo strette tra i suoi denti.
    “Oh… dovrei uscire con George e Selene dopo il concerto ma…”
    “Preferisco rimanere con te.” – Ripresi poggiando le mie braccia intorno al suo collo ricoperto da una stoffa dorata e luminosa, vestito in quel modo era così attraente che se non mi fossi subito allontanata da lui non avrei resistito.
    “Vieni tu da me, 503 quinto piano, non farmi aspettare molto.”
    Fu questa l’ultima cosa che mi disse prima di uscire da quella porta per cominciare il suo fantastico show, lo stadio era completamente affollato di gente e le persone non vedevano l’ora di vederlo all’opera… e anche io.


    To be continued…
     
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    Michael è sempre il migliore e Alex sarà felicissima con lui, bellissimi i momenti del bacio e dell'incontro nel camerino. Grazie per gli straordinari capitoli Jacksonhug, attendiamo presto la continuazione
     
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    Continua perché non sa che l'amore della sua vita c'è l'ha accanto e dovrà ammettere di essere innamorata di Michael
     
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