Please Dance With Me

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  1. Dangerous-IBelieve
     
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    Please Dance With Me

    26 November 1991, Los Angeles

    Annie Backer uscì di corsa dalla caffetteria “Caffe and Beat” in cui lavorava. Percorse un pezzo di Walk of Fame correndo. Svoltò l’angolo e si ritrovò di fronte al suo negozio di musica preferito. Entrò ed un suono lieve di campanellini rimbombò nel negozio facendo girare il commesso seduto alla scrivania. Era Jackob. Fece cenno ad Annie di avvicinarsi.
    “C’è?” chiese lei speranzosa. Il commesso sfoderò un sorrisetto.
    “Una mocciosa stava per prendere l’ultima copia… ma le ho rifilato un cd di Prince.” Annie lo seguiva. Jackob si fermò in prossimità del reparto “Latin Music”. Alzò una pila di cd e ne tirò fuori uno. Annie riconobbe la copertina. Ne riconobbe gli occhi, uno sguardo fiammeggiante, uno sguardo pericoloso. Proprio come il nome di quell’album.
    “Grazie Jack! Quanto ti devo?” chiese stringendo il cd fra le mani. Jackob con un gesto le fece capire che non ce n’era bisogno. Lei lo abbracciò.
    “Sei proprio un amico!” si guardarono negli occhi.
    “Ti va di uscire a cena stasera? Chiudo prima il negozio.” Propose ad Annie. Lei fece cenno di no, dispiaciuta.
    “Scusa Jackob… ma stasera proprio non posso. Avevo promesso al capo di fare il turno notturno. Possiamo fare un altro giorno!” Jackob annuì in silenzio stringendola a sé.
    “Adesso devo proprio scappare! Ciao Jack!” e Annie uscì dal negozio facendo accidentalmente sbattere la porta. Jackob rimase ancora deluso. Un altro rifiuto. Era il terzo in un mese.

    *

    Annie uscì dal negozio e iniziò a camminare tranquillamente. L’occhio le cadde sul grande orologio che sovrastava la via. Segnava le 20.15, aveva ancora qualche ora libera. Si sedette su una panchina. L’aveva ancora nascosto a lui. Si conoscevano dall’orfanotrofio. Avevano in sostanza vissuto insieme, ma non poteva confidargli una cosa così personale. Sì, perché la danza è una cosa dell’anima. Fece scorrere lentamente la cerniera della borsa. Estrasse il cd e iniziò a leggere le tracce su di esso riportate. Il suono del cellulare la riportó alla realtà.
    "Pronto?"
    "Annie! Dove ti sei cacciata?! Sei in ritardo di ben dieci minuti!" Sbraitó dall'altra parte lui.
    "Oh! Scusami Robert... arrivo subito!" Chiuse la chiamata. Inizió a correre a perdifiato fino al locale.

    *

    Appena entró dalla porta sul retro vide le ballerine di Lap Dance che stavano provando. Si avvicinó ad una di esse.
    "Auguri Dalila." Entrò nel camerino, dove si vestì. Indossò un vestito lungo e rosso come la passione con uno squarcio sul davanti. Dopo essersi preparata, aspettò il suo compagno di ballo. Lo vide uscire dalla porta affianco vestito di tutto punto.
    "Oh... ma come siamo eleganti Stan!" Lo prese in giro lei. Lui, Stanislas Verne, era un francese immigrato in America da piccolo. Lui e Annie si conoscevano da tre anni, poi è scattato l'amore. Ballavano assieme come fossero una cosa unica.
    "Stanislas Verne e Annie Backer in scena!" Urlò un uomo ben piazzato che teneva una cartelletta. Stan prese il volto di Annie fra le mani e le diede un bacio sulle labbra. Si guardarono negli occhi ed entrarono in scena. La musica partí e iniziarono a ballare il tango per poi finire con un casquè. Un boato si alzò dal pubblico e un'ondata di applausi li travolse. Gli buttarono delle rose sul palco. Stan ne raccolse una che porse dietro le quinte ad Annie.
    "Al mio amore." Annie la prese e la odorò. Era una bellissima scarlet carson.
    "Ti amo Stan!" Disse abbracciandolo. Si andarono a cambiare e tornarono a casa insieme. Quando si ritrovarono davanti all'entrata dell'appartamento di Annie si salutarono.
    "Bella serata Annie. Ci sentiamo domani?" Chiese lui prendendole le mani.
    "No. Ritornò al vecchio Orfanotrofio St. Mary Lee. Voglio incontrare i bambini."
    "Va bene piccola.'' Annie si fece pensierosa.
    "Ora devo tornare a casa Annie. Ciao e buonanotte. Ti amo." E dopo averle dato un bacio a stampo scappò via.

    *

    Annie sospirò mentre faceva girare la chiave nella serratura. Entrò in casa e andò a farsi una doccia. Si mise a letto e dopo essersi rigirata in esso per un minimo di dieci volte prese sonno.
    "Driiiin Driiiin!"
    Il rumore assordante della sveglia fece scattare Annie che con un colpo la fece tacere. Ancora assonnata si alzó e si preparó. Non fece colazione quella mattina. Non aveva semplicemente fame. Salí in macchina e inserí Dangerous. Con la musica ad alto volume si avvió per andare all'orfanotrofio. Quando il cd finí fece partire la radio.
    "Ed eccoci qui a Los Angeles Radio! Abbiamo appena ricevuto una notizia importante... il Re del Pop, Michael Jackson, sarebbe in visita all'orfanotrofio St. Mary Lee. Situato a pochi chilometri fuori da Los Angeles..." Annie ebbe un colpo al cuore. Non era una fan. Adorava solamente il modo in cui si muoveva. Sinuoso come una pantera. Pigió il piede sull'acceleratore.

    *

    Appena arrivó nel parcheggio notó la ressa attorno all'edificio. Speró di non essere riconosciuta. Era abbastanza conosciuta in tutti i locali di salsa e tango e anche dai giornali. Certo, non era niente in confronto alla fama di quell'uomo. Scese dalla macchina di soppiatto. Si nascose dietro ai suoi occhiali a specchio. Delle suore la fecero passare per la cucina. Arrivó nella sala dove erano stati raccolti tutti i bambini. Uno in particolare si avvicinó a lei.
    "Ciao Annie!" Lei si abbassó alla sua altezza e gli sfoderó un sorriso.
    "Ciao Matt! Come stai oggi?" Chiese accarezzandogli la testa. Matt era un caso un po' speciale. Era stato lasciato in un bidone dell'immondizia appena nato. Fortunatamente fu ritrovato dalle suore che lo accolsero e lo crebbero.
    "Sto bene!" Disse per poi scomparire in quella massa di bambini che ridevano e giocavano fra di loro. Annie si voltó e inizió a parlare con Madre June.
    "Sei cresciuta tantissimo tesoro! Mi ricordo ancora quando giocavi sulle scale dell'orfanotrofio!" Confessó lei. Annie rise ricordando l'accaduto. Ad un tratto sentí qualcuno che le stava strattonando il trench nero. Si voltó e abbassó lo sguardo. Era Matt.
    "Ti va se ti presento il mio nuovo amico!?" Chiese sorridendo. Annie, ormai inginocchiata davanti a lui rispose:
    "Certamente!"
    "Lui è Michael!" Disse indicando sopra di lui. Annie alzó lo sguardo e scorse una figura slanciata e con due spalle larghe e teneva in mano un bouquet di rose rosse. Lui le sorrise imbarazzato. Annie, ancora piú imbarazzata, si rimise in piedi aggiustandosi il trench. Lui le strinse la mano per poi farle un bacia mano.
    "Piacere. Mi chiamo Annie, Annie Backer." Disse guardandolo negli occhi. Non riusciva a credere di trovarselo davanti in quel momento.
    "Piacere mio Annie. Io sono Michael." Disse sorridendole. Si fissarono negli occhi finché Matt non strattonò sia lui che lei.
    "Venite a giocare?” chiese lui.
    “Certo Matt!” rispose Michael sorridendo. Guardò ancora Annie. Notò le gambe. Non lo attirarono perché belle ma perché con una bella muscolatura. Mentre andarono a sedersi fra quei bambini lui si avvicinò a lei.
    “Balli per caso?” chiese mettendo da parte la sua timidezza.
    “Sì… perché?” rispose Annie nascondendosi dietro i suoi capelli biondi.
    “Beh… per un ballerino bravo come me è facile riconoscere quelli del mestiere. Ma dimmi, cosa balli?” Annie rimase stupefatta dalla sua sfrontatezza. Sembrava così timido e fragile ma non lo era affatto.
    “Quindi?” Annie scosse la testa per riprendersi da quei pensieri.
    “Ahm sì… tango.” Disse lei sedendosi a terra con Matt. Lui fece lo stesso. Giocarono con il bambino scambiandosi qualche occhiata di tanto in tanto. Ad un tratto Madre June si avvicinò a loro.
    “Annie devo parlarti, puoi venire un attimo?” chiese a lei toccandole la spalla. Annie senza proferire parola si alzò e seguì madre June fino alla cucina che era rimasta deserta. Iniziarono a parlare. Michael vide l’espressione del volto di Annie cambiare. Andò in cucina.
    “Posso?” chiese sorridendo e bussando. Madre June fece cenno di sì.
    “Oh no… e adesso come faccio?” si disperò Annie con la testa fra le mani.
    “Vedrai che lo troveranno Annie!” la rassicurò Madre June. Michael si fece curioso.
    “Posso chiedere cos’è successo?” si fece avanti lui. Madre June guardò Michael.
    “Hanno rubato la macchina alla signorina Annie. Ora non sa come tornare a casa. Le ho proposto di accompagnarla a casa col treno ma non ne ha voluto sapere di farmi spendere soldi.” Spiegò Madre June. Annie aveva intanto buttato la testa all’indietro. Lui sapeva esattamente cosa fare.
    “Non c’è problema. La accompagnerò io fino a casa sua.” Disse deciso lui. Annie rimase basita.
    “Fa niente, non devi disturbarti. Avrai certamente meglio da fare.” Pronunciò l’ultima frase con tono pungente e Michael decise di stare al gioco.
    “Insisto Annie.” Madre June era intanto uscita dalla stanza.
    “Ci penserò.” Il pomeriggio passò tranquillo. Michael e Annie non si parlarono. Quando arrivò l’ora di lasciare i bambini Annie si avvicinò a lui.
    “Accetto solo se mi porti in un locale in cui ho un appuntamento.” Gli bisbigliò. Michael sorrise.
    “Contaci.” Annie prese in braccio Matt e lo riempì di baci.
    “Fai il bravo!” dopo i saluti lei venne trascinata in una limousine nera con i vetri a specchio. Si sentì a disagio in mezzo a tutto quel lusso sfrenato. Michael prese un bicchiere che riempì di succo di frutta.
    “Ne vuoi un po’?” chiese gentilmente. Lei fece cenno di no con la testa.
    “Beh, dove ti devo lasciare?”
    “South Los Angeles, al Teatro centrale.” Disse sicura lei.
    “Hm, Wayne dirigiti là.” Wayne, l’autista, annuì e mise in moto. Un vetro oscurato si alzò fra l’autista e loro due.
    “Cosa mi dici di te?” chiese Michael per rompere il ghiaccio.
    “Ho ventisei anni. Ballo il tango. Ti basta?” rispose irritata. Michael inarcò un sopracciglio.
    “Stai giocando con il fuoco.” La avvertì lui.
    “Anche tu.” Rispose con naturalezza. “E, invece cosa mi dici di te, Michael?”
    “Ho trentadue anni. Ballo.”
    “Okay… se la mettiamo così.” Ci fu un silenzio che durò almeno una ventina di minuti. Annie aveva lo sguardo perso. Michael la fissava da un po’.
    “Signor Jackson, siamo arrivati.” Disse Wayne.
    “Va bene, facci scendere.” Ordinò lui con tono autoritario. Annie fece l’indifferente. Michael le porse la mano per scendere ma lei non la notò e scese da sola.
    “Sarà mia. Fosse l’ultima cosa che faccio.” Sussurrò a denti stretti. Entrarono nel teatro dove Michael fu fatto accomodare in un area riservata ai vip, proprio sotto il palco. Annie si mise i vestiti di scena. Vide Stan.
    “Stan!” urlò felice. Si corsero incontro e si baciarono.
    “Dove sei stata? Ti ho chiamato tantissime volte!”
    “Oh Stan… mi hanno rubato la macchina! E… adesso che mi ci fai pensare ho dimenticato le chiavi di casa nella borsa…” disse sovrappensiero.
    “Ora dobbiamo esibirci… ci penseremo dopo.” Entrarono in scena. Annie vide Michael che la fissava. La musica partì e lei lasciò il suo corpo in balia di essa.



    :ehm: Sono nuova è questa è la prima fan fiction che posto qui... spero di non aver commesso errori o di aver fatto casini...
    Ally
     
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    Ho letto or ora con una bella tazza di tisana in mano,mi piace,continua! :)
     
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    "Le prime prove..."

    La musica cessò e Annie rimase in posa. Un coro di applausi li travolse. La gente si alzava in piedi. Ma Michael se n’era rimasto seduto con aria indifferente e batteva normalmente le mani. Annie non ci diede molto peso. Non voleva, anzi, non poteva passare per la ragazza che pende dalle sue labbra. Andò a cambiarsi e mano nella mano con Stan uscirono dai camerini. Michael era in piedi che aspettava.
    “Annie posso parlarti?” chiese serio.
    “Sì.” Rispose. Stan la strinse a se. Quel gesto fece leggermente ingelosire Michael.
    “In privato intendo.” Annie lasciò la mano di Stan e andò a sedersi ad un tavolo con Michael.
    “Cosa c’è?”
    “Ti ho visto ballare e sei un talento. E sai meglio di me che il talento non va sprecato.”
    “Arriva al sodo Jackson.” Lo esortò lei.
    “Insomma, vorrei che ballassi con me per una tappa del mio tour.” Disse diretto senza giri di parole. Annie sorrise con sarcasmo.
    “No scusami… tu vorresti che io ballassi il tango, con te?!” non credeva alle sue orecchie. Michael annuì con la testa. “Saresti un imbranato nel tango come nelle donne.” Avrebbe voluto dirgli lei, ma si trattenne quel pensiero per sé.
    “Non sai ballare il tango.”
    “Infatti, vorrei anche che mi insegnassi a ballarlo.” Continuò mettendosi gli occhiali. “Ma guardalo questo megalomane! Con gli occhiali a specchio ed è il re del mondo!” pensò Annie.
    “Ci sono altre insegnanti molto più brave di me e che hanno un diploma. Vai da loro.” Disse lei.
    “No forse non hai capito. Io ho visto te. E hai carattere, ragazza. Ti muovi bene. Voglio te.” Spiegò fissandola negli occhi.
    “Uhm… e dove dovremmo fare le ipotetiche prove?” chiese dubbiosa.
    “In un posto qui vicino.” Tagliò corto.
    “Va bene.” Accettò stringendogli la mano. Ormai i dadi erano tratti. Lui sorrise malizioso. Adesso era solo una questione di tempo e l’avrebbe conquistata. Sotto una buccia dura c’era un ripieno dolce. Lo sapeva.
    “Cosa facciamo?” chiese lui. Annie era stordita.
    “Cioè?” chiese con aria interrogativa.
    “Vieni con me in macchina o vai con il tuo amico?”
    “Vado con lui ma grazie.” Rispose con naturalezza. Non doveva dargliela vinta. Eh no! Con Annie Backer non è così semplice il gioco!
    “Allora a domani. Mi raccomando alle cinque di mattina sotto casa tua.” Disse mentre scribacchiava qualcosa su un foglietto sgualcito.
    “E questo è il mio numero. Dormi bene.” E si volatizzò. Annie rimase con il foglietto in mano. Nessuno le aveva mai chiesto di alzarsi ad un orario così indecente! Ma solo un megalomane di nome Jackson poteva farlo. Scuotendo la testa tornò da Stan. Ma lui non c’era. Se n’era andato. Sospirò. Menomale che il suo appartamento distava solo pochi isolati dal teatro. Andò a casa e si infilò direttamente nel letto. Gli occhi le si chiusero facilmente.
    Il suono del campanello la fece svegliare. Si infilò la vestaglia rossa e andò ad aprire alla porta. Vide Michael sul pianerottolo con una faccia divertita. Lei rimase con la bocca semiaperta. Guardò l’ora. Erano le sei e mezza.
    “Ti piace vedermi sul pianerottolo?” chiese ad un tratto lui.
    “Scusa… entra.” Disse spostandosi e facendolo passare. Iniziò ad osservare con curiosità il salotto.
    “Non sei mattiniera eh?” disse ridendo.
    “La gente normale non si sveglia alle cinque di mattina.” Ribatté lei alterata.
    “Preparati.” Annie andò al bagno. Quando vide il suo riflesso nello specchio sbiancò. Aveva tutti i capelli biondi spettinati. Dopo essersi pettinata, lavata e vestita uscì dal bagno. Era comodamente seduto sul divanetto.
    “Beh mica dobbiamo provare?” chiese lei.
    “Mi scusi signorina Annie! Andiamo dai.” E la prese per mano. Lei, un po’ impacciata, lo seguì. Michael chiamò l’ascensore mentre lei cercava febbrilmente di chiudere a chiave la porta.

    *

    Entrarono nel claustrofobico ascensore. Annie aveva la testa fra le nuvole mentre Michael la osservava con curiosità. Annie fissò il suo sguardo in quello di lui. Michael abbassò la testa mordendosi il labbro inferiore. Ma ad un tratto l’ascensore si fermò bruscamente. Annie si spaventò.
    “Stai calma! Adesso schiacciamo il bottone e arrivano gli addetti.” Le spiegò per rassicurarla. Ma lei non lo sembrava affatto.
    “Soffro d’asma!” disse iniziando a respirare velocemente. Michael si preoccupò. Non sapeva cosa fare.
    “Annie! Annie! Respira normalmente! Non ti succederà niente di male, sei al sicuro.” Disse prendendole la mano. Annie guardò la sua mano. Era molto grande. La strinse forte cercando di placare la sua agitazione. Iniziò a respirare normalmente. Michael schiacciò il bottone d’allarme.
    “Tutte a me… prima incontro il pazzo megalomane e poi ci rimango bloccata in ascensore…” pensò a voce alta lei. Michael la squadrò.
    “Pazzo megalomane?” chiese incrociando le braccia al petto.
    “Sì, è il tuo soprannome.” Spiegò lei. Lui annuì silenziosamente. Dopo esser stati liberati dagli addetti dell’ascensore, che d’altronde li hanno guardati malissimo, andarono nel posto scelto per le prove. Si diressero in macchina nel ghetto di Los Angeles. Solo a pomeriggio inoltrato arrivarono.
    “Vuole che l’accompagno signor Jackson?” chiese Wayne. Michael fece di no con la testa. Aiutò Annie a scendere dal suv nero. Annie si guardò attorno. Si vedeva che era un ghetto vero e proprio.

    *

    Michael iniziò a incamminarsi e Annie lo seguì.
    “Non mi piace questo posto…” confessò lei avvicinandosi a Michael.
    “Non c’è da avere paura. Non ti faranno niente.” Dopo qualche minuto si ritrovarono davanti ad una casa dall’aspetto molto vecchio. Michael tirò fuori un mazzo di chiavi, e dopo aver cercato quella giusta, aprì ed entrarono. I pavimenti erano ricoperti di polvere.
    “Non dirmi che dobbiamo provare in questo marciume!” disse Annie disgustata. Michael rise. Si sentì l’eco.
    “La sala da ballo è di sopra!” in silenzio salirono le scale. Ad un tratto Annie mise il piede su un gradino e scricchiolò.
    “Secondo me nel giro di qualche minuto ci cade addosso tutto.” Fece notare Annie mentre saliva l’ultimo scalino.
    “Prima le signore.” Fece Michael. Annie entrò in un appartamento. Era molto curato. I mobili erano d’antiquariato.
    “Ma è un appartamento o una sala da ballo?” chiese lei.
    “Tutt’e due. Vieni ti faccio vedere la sala prove.” Disse prendendola ancora per mano. Ad Annie quel contatto diede fastidio ma lo lasciò fare. Entrarono in una stanza buia.
    “Su dai accendi la luce.” Esclamò lei. Michael accese le luci e la stanza si illuminò. Era abbastanza grande. Il parquet era di legno beige e c’erano un paio di specchi a muro.
    “Bello. Iniziamo?” chiese Annie togliendosi la giacca e appoggiandola sul divanetto vicino alla porta.
    “Ai tuoi ordini.” Rispose togliendosi anche lui la giacca. Si avvicinò allo stereo e fece partire la musica. Annie rimase in ascolto.
    “Tu vorresti ballare il tango su Dangerous?!” chiese esterrefatta. Lui sorrise.
    “Sì.”
    “È impossibile. Ci vuole la musica giusta.”
    “E chi l’ha detto? Io sono Michael Jackson. Posso fare tutto.” Rispose sorridente. Annie alzò gli occhi al cielo.
    “Va bene signor Jackson ma prima devi iniziare dai passi di base.” E andò a mettere una canzone adatta.
    “Okay…” si arrese. Michael si avvicinò a lei ma lo respinse.
    “Prima di tutto devi porgermi la mano.” Fece notare seria. Lui si allontanò e le porse la mano. Lei l’afferrò e i loro corpi si avvicinarono.
    “Bene… adesso guardati i piedi.” Ordinò lei.
    “E uno, due, tre, quattro… ahia! Michael! Fa attenzione, mi hai pestato un piede!” si lamentò Annie.
    “Scusa!” disse scocciato. Le mani di lui erano su i suoi fianchi mentre Annie aveva le mani sulle sue spalle.
    “Sei troppo teso… rilassati.” Affermò massaggiandogli le spalle. Le ore passarono veloci.

    *

    “Sei già stanca?” chiese inarcando un sopracciglio. Annie era a terra che faceva stretching. Aveva tutto il collo sudato come Michael.
    “Sai anche tu non hai l’aria molto fresca.” Ribadì seria.
    “Che schiappa che sei.” E rise. Quella frase fece infuriare Annie.
    “IO? Io sarei la scansafatiche? Non è facile insegnare ad un pezzo di legno!” disse avvicinandosi a lui e poggiandogli un dito sul petto. Così detto uscì dalla sala da ballo lasciandolo solo. Rimase solo per un’altra ora e ballò. Studiò la coreografia di Jam, voleva fosse tutto perfetto. Con l’asciugamano sulla spalla andò in salotto. Lei era sdraiata in malo modo sul divano e stava guardando la televisione. Si avvicinò lentamente.
    “Cosa vuoi?” chiese lei.
    “Ma come…”
    “Ti ho visto dallo specchio.” Spiegò. Michael si sedette di fianco a lei.
    “Scusami… non volevo offenderti.” Si scusò. Se ne andò in cucina. Quando tornò, con in mano una scodella con fragole e panna, lei si era addormentata. Appoggiò la scodella sul tavolino. Prese una coperta dall’armadio e gliela mise addosso.
    Si sedette anche lui e guardò un po’ di televisione, e solo dopo qualche ora si addormentò.

    *

    Uno sparo. Un rumore assordante. Annie si svegliò di colpo urlando. Michael si svegliò per il suo grido.
    “Hanno sparato! Michael hanno sparato!” iniziò a balbettare Annie. Michael le prese le braccia.
    “Sta calma! È un ghetto! Sono cose normali.” Le disse con voce impastata dal sonno.
    “E se veniamo colpiti? E se moriamo?” chiese con occhi languidi.
    “Oh Annie… non preoccuparti. Adesso dormi che è tardi…” e si ributtò a peso morto sul divano. Annie fece lo stesso, rannicchiandosi vicino a lui. Aveva paura. In pochi minuti si riaddormentò.

    *

    Annie aprì lentamente gli occhi. Guardò Michael. Lei aveva dormito addosso a lui. Si scostò di colpo facendolo svegliare.
    “Buongiorno Annie…” disse sbadigliando.
    “Giorno.” Rispose. Vide una ciotola appoggiata sul tavolino. La prese.
    “Fragole e panna. E tu hai cercato di farti perdonare con fragole e panna?” chiese lei con un espressione di disappunto sul viso.
    “Veramente erano per me… ma se ti va mangiale.” Mentì. Ma Annie aveva già iniziato a mangiarle. Michael rimase a guardarla incantato. Non provava odio per lei. Anzi, si stava affezionando. Il suo carattere gli piaceva. Non aveva mai provato attrazione per lei, ma in quel momento si sentì attratto dalle sue labbra. Scosse la testa mandando via quello strano pensiero. Si alzò e si stiracchiò.
    “Andiamo a provare? O vuoi riposarti ancora un po’?” chiese lui con aria di sfida. Annie inarcò un sopracciglio. Si alzò e gli andò incontro.
    “Proviamo, e poi vedremo chi dei due vorrà riposarsi.” Rispose passandogli davanti e entrando in sala prove. Iniziarono a ballare.
    “E… uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto… e ancora…” bisbigliò Annie mentre ballava con lui.
    “E adesso… CASQUE!” disse d’un tratto. Michael la fece volteggiare per poi farle fare il casquè. Annie cadde a terra con un tonfo. Si massaggiò la schiena.
    “Cavolo Michael! Dovevi tenermi!” sbraitò incavolata. Michael, ridendo, la aiutò ad alzarsi. Continuava a ridere. Annie lo guardò malissimo ma fu presto contagiata dalla sua risata.
    “Scusa! Ti sei fatta male?” chiese lui cercando di placare l’attacco di ridarella.
    “Sì. Se quel pazzo megalomane che ho davanti mi avrebbe tenuto, forse adesso starei meglio!” lo riprese. Michael si fece subito serio. Le prese una mano. La condusse in salotto.
    “Adesso siediti… ti porto del ghiaccio.” Disse facendola sedere. Annie, confusa, accese la tv. Michael arrivò in salotto con in mano un pacchetto di piselli congelati.
    “Del semplice ghiaccio andava bene Jackson…” disse perplessa. Prese il pacchetto di piselli dalle sue mani e se lo mise sulla schiena.
    “Ti sei mai rotta qualche osso?” chiese lui dopo qualche minuto. Annie dischiuse leggermente la bocca.
    “Ma che pensiero profondo che assilla la tua mente! Comunque no.” Rispose lei.
    “Oh, beh, che facciamo?”
    “Andiamo a provare.” Disse appoggiando il pacchetto di piselli sul divano e camminando lesta fino alla sala prove. Michael la seguì. Ricominciarono a provare, stavolta però Michael fu molto più attento e impegnato.


    ,effulgent grazie per aver commentato! :--:
     
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  4. Sharon Jackson
     
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    Bella Annie fa tanto la dura ma prima o poi si lascerà conquistare da Michael
     
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  5. Elenajackson777
     
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    Bella questa tua prima fan fiction,mi piace molto l'inizio è intrigante,brava Ally,attenderò il continuo :hug:
     
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  7. Dangerous-IBelieve
     
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    "I brutti ricordi non si cancellano mai..."

    Finalmente riuscì a farle fare un casquè. Era venuto benissimo, degno di un professore di tango. Mancava la ciliegina sulla torta, il bacio. Michael avvicinò il suo viso a quello di lei. Si guardarono negli occhi. Fu a pochi millimetri dalle sue labbra, mancava veramente poco per farle sue, per farle perdere la testa, ma si trattenne.
    “Forse è meglio che per oggi finiamo qui…” disse Annie con il fiato mozzato dall’emozione.
    “Hai ragione..” Il fiato caldo di lui le accarezzava le labbra. Si limitò a darle un bacio sulla guancia. I loro corpi si allontanarono bruscamente l’uno dall’altro. Annie andò in bagno a sciacquarsi la faccia, era diventata rossa come un peperone. Si guardò allo specchio e uscì. Michael era intento ad osservare fuori dalla finestra. Era una giornata piovosa. Le gocce d’acqua rigavano il vetro appannato dal suo fiato.
    “Tutto bene?” chiese piano Annie. La sua espressione la preoccupava. Era un misto tra malinconia e rabbia. Michael si voltò di scatto.
    “Annie, sai cos’è la solitudine?” chiese camminando verso l’altra finestra. Annie, seduta sul divano, sapeva benissimo cos’era la solitudine.
    “Beh, Michael, che tipo di solitudine?” Michael la guardò negli occhi, come a voler scavare a fondo per poter portare alla vita vecchi ricordi sepolti, per indagare nel suo passato.
    “La solitudine che sento io. ” Rispose dopo lunghi attimi di riflessione.

    *

    “Chi vola alto è sempre solo.” Si limitò a spiegare lei. Ed ecco che un’estrema malinconia assalì Annie, sentì gli occhi riempirsi di lacrime. I suoi genitori. Sua sorella.
    “Sento un vuoto dentro… e attorno a me solamente silenzio. Come se fossi in una bolla… esternato dal mondo.” Disse Michael guardando le piccole goccioline che scivolavano veloci, come se stessero gareggiando fra di loro, sul vetro freddo della finestra. Annie trattenne le lacrime, non poteva lasciarsi andare davanti a lui. L’avrebbe consolata e così facendo l’avrebbe scambiata per una debole. Ma non lo era. Non poteva esserlo, diventarlo.
    “Sai Mike, c'è un silenzio nel cielo prima del temporale, nelle foreste prima che si levi il vento, nel mare calmo della sera, di quelli che si amano, nella nostra anima,
    poi c'è un silenzio che chiede soltanto di essere ascoltato.” A queste parole cedette. Si lasciò andare ad un pianto silenzioso, coprendosi il volto con le mani. Michael si voltò a guardarla, non capì all’istante che stava piangendo. Solo quando sentì un singhiozzo soffocato se ne accorse. Andò vicino a lei e le mise un braccio sulle spalle per rassicurarla.
    “Scusa… non volevo farti piangere…” si scusò dondolandola fra le sue braccia. Annie alzò il capo, guardandolo dritto negli occhi. E fu in quel momento che lui riuscì a vedere la vera Annie. Non era nient’altro che una ragazza ferita nel profondo. Con una solitudine come la sua. Michael la vide, la solitudine, nei suoi occhi. Albergava da molto tempo dentro di lei.
    “Annie…” ma non c’era verso per farla smettere di piangere.
    “Michael… io sono sola… sono solamente un orfana!” ed ecco che inizió a rivelarsi, sotto lo sguardo compassionevole di Michael.
    "Michael... sono sola anche io... la danza è la mia unica compagna!" Continuó prendendosi la testa fra le mani.
    "Annie... la mia era solamente una piccola confessione... non intendevo fartela pesare..." cercó ancora di calmarla. Le appoggió una mano sulla spalla ma lei si scostó di colpo rivolgendo un occhiataccia a Michael.
    "Scusami... ma adesso credo sia meglio che io ti racconti la mia vita..." inizió Annie. Michael annuí e in silenzio la prese per mano e la accompagnó nella camera da letto. Chiuse la porta. Si sederono sul letto. Annie prese fiato.
    "Sono nata a Los Olivos, nel 1965. Vivevamo in una modesta casetta. La vita girava bene. Avevo una sorella di nome Miriam. Andó tutto bene fino al 1968, quando mia madre e mio padre morirono in un incendio. Io e mia sorella venimmo affidate all'orfanotrofio St. Mary Lee..." Michael le tenne la mano.
    "Mi dispiace... hai avut..." ma Annie ricominció a parlare come se non avesse sentito la voce di Michael.
    "Poi, nel 1977, mia sorella si ammaló. Le era stata diagnosticata la leucemia. Madre June mi consolava quando mi sentivo sola. Un giorno, tornata da scuola, trovai il letto di mia sorella con le lenzuola cambiate. I suoi vestiti non c'erano piú. Le sue scarpe erano sparite." lacrime silenziose solcarono il suo viso.
    "Continua..." mormoró con il fiato sospeso lui.
    "Solo dopo tre giorni Madre June mi disse che ormai Miriam se n'era andata. Poi iniziai a ballare per dimenticare lo stato di solitudine in cui ero caduta." Si asciugó le lacrime.
    "E dopo?" Chiese Michael guardandola negli occhi.
    "E dopo... ho incontrato la persona di cui mi sono innamorata." Disse sorridendo e arrossendo.
    "Ti riferisci a Stanislas giusto?" Chiese lui cercando di alleggerire il discorso.
    "Sí." Rispose timida. Michael sorrise.
    "Allora questa pietra di nome Annie ha un lato tenero ma soprattutto docile!" Disse guardandola.
    "Ti avverto che se continuerai a farmelo notare ritorno una pietra!" E cosí dicendo continuarono a parlare del piú e del meno.

    *

    Annie sbadiglió.
    "Hai sonno?" Chiese lui.
    "Mh... un po'. Peró voglio parlare ancora un po'!" E cosí fu.
    "Okay okay! Facciamo un gioco!" Propose Michael.
    "Va bene!"
    "Ok. Colore preferito?"
    "Blu. Il tuo?" Chiese Annie.
    "Rosso." Rispose mettendosi sotto le coperte con lei.
    "Animale preferito?"
    "Mh... cane. E il tuo Michael?"
    "Cavallo." Continuarono a conoscersi. Dopo un po' di ore Michael si alzó e andó a prendere una bottiglia di vino rosso.
    "Gradisce signorina Annie?" Chiese ridendo. Annuí.
    "Beh... devi sapere, mio caro maggiordomo, che il vino rosso è il mio preferito!" Esclamó Annie. Si rimisero a letto e iniziarono a bere a canna dalla bottiglia.
    "Ma... dimmi... Annie... sei vergine?" Chiese Michael, ubriaco. Annie rise. Anche lei era ubriaca.
    "Io? Non lo so." Rispose lei. Michael la guardó male.
    "Come non lo so?! Annie!" La rimproveró lui. Annie rise.
    "Mamma mia come sono ubriaca..."
    "Dai rispondi!"
    "Prima tu!"
    "Okay okay!! NON sono vergine! Ma adesso rispondimi!" Disse scocciato mentre mandava giú un altro sorso di vino. Ed ecco che Annie fu colpita da un attacco di ridarella.
    "Cosa c'è piccola birbante?! Adesso ti faccio ridere io..." disse avventandosi su di lei.
    "Hahaha Michael!! Nooo!" Urló Annie cercando di sottrarsi dalla stretta di Michael che le faceva il solletico.

    *

    Intanto Stan, con l'aiuto di Wayne, era riuscito a capire dove si trovava Annie. Era scomparsa da due giorni. Ormai aveva capito che lei era con Michael. Stan salí le scale dello squallido palazzo. Si ritrovó davanti ad una lussuosa porta di legno che quasi stonava in mezzo a tutto quel marciume. Aprí lentamente la porta.
    "Michael... ti prego..." continuava a supplicarlo lei con voce spezzata dalle risate. Annie aveva il fiato caldo, che odorava di vino, di Michael sul collo e i suoi riccioli le solleticavano il viso.
    "Annie... sei troppo buffa quando ridi..." disse Michael tra una risata e l'altra.
    Stan entró nell'appartamento, percorse il lungo corridoio fino a fermarsi davanti all'unica porta chiusa. Appoggió l'orecchio ad essa e ascoltó.
    "Michaeeeel..."
    "Annieeee... piú fai cosí piú mi spingi a continuare..." spiegó lui assumendo lo stesso tono di voce. Eh sí, erano proprio ubriachi fradici. Le risate erano soffocate. Stan sentí solo i loro fiati corti. Si allontanó dalla porta disgustato. Uscí dall'appartamento sbattendo la porta. Annie, la SUA Annie l'aveva tradito con un vip. Cosa aveva lui che Stan non aveva? I soldi. Ma i soldi non fanno la felicità. La sua Annie, che non s'era concessa mai a Stan, in due giorni si era concessa a un montato e megalomane. Con l'amaro in bocca tornó a casa e non dimenticò mai il rumore che sentí.

    *

    ''Tregua tregua!!" Chiese Annie. Ridendo Michael le lasciò prendere aria.
    “Finalmente posso respirare… non ho mai riso così tanto in vita mia!” disse lei mettendosi una mano sulla pancia che faceva male dalle risate. Michael era disteso su un fianco e la guardava, perso nei suoi pensieri. Sembrava così carina con i capelli spettinati e le guance arrossate dalle risate.
    “Allora… adesso rispondi alla mia domanda!”
    “Sai… mi è venuto sonno…” mentì mettendosi sotto le coperte e girandosi dalla parte opposta di Michael. Lui la guardò accigliato. Si mise sotto le coperte anche lui.
    “Dai Annie! Io te l’ho detto!” continuava a lagnarsi.
    “Sì…” bisbigliò Annie che già si stava addormentando.
    “Quindi?”
    “Ti ho risposto… se non hai sentito peggio per te!” e si addormentò. Michael borbottò qualcosa fra sé e rimase a guardarla dormire. Non ce la faceva proprio, nonostante l’ubriacatura, ad addormentarsi. Annie invece respirava già profondamente e mugolava qualcosa nel sonno ogni tanto.

    *

    Annie nel sonno si girò verso Michael che ancora non dormiva. Lui la guardò curioso. Non era sveglia.
    “Mh… Miriam… no..” si lamentava nel sonno. Si avvicinò a Michael e si rannicchiò vicino al suo petto. Lui, preso alla sprovvista, non seppe che fare se non abbracciarla. E smise di lamentarsi. Michael appoggiò il mento sulla sua testa, il buon odore dei suoi capelli lo inebriò. Le accarezzò i capelli e si addormentò con il viso fra di essi.


    :love:
    Grazie a tutte quelle che seguono la mia storia. Se c'è qualche errore ditemelo pure, accetto critiche :ehm: :ehm: :look:
     
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  8. Sharon Jackson
     
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    Che teneri e Anni non riesce ad ammettere di essere innamorato di Michael e Stan non deve permettersi di dirgli che è un megalomane e montato. Posta il prossimo perché se ne vedranno delle belle
     
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  9. Elenajackson777
     
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    Concordo con Serena,Annie e Michael insieme sono tenerissimi e credo che Annie si stia innamorando di Michael,Stan si deve togliere dai piedi,brava Ally,bel capitolo,attendo il continuo ;)
     
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    Mbè,ma Stan non lo sa che anche Santa Maria Goretti con Michael Jackson avrebbe ceduto dopo non due giorni,ma due minuti! :lol:
    E comunque questi uomini che giungono a conclusioni affrettate così per aver sentito dei rumori dubbi :shifty: :shifty: attendo il continuo! :congra:
     
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  11. Elenajackson777
     
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    Ally quando posterai il continuo? non vedo l'ora di leggerlo,sono troppo curiosa di sapere cosa succederà ;)
     
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  12. Sharon Jackson
     
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    Quando posterai?
     
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    Hey Ally! :D Siamo tutte qui :)
     
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  14. Dangerous-IBelieve
     
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    "Falling in love or not?"

    *
    Annie si svegliò di colpo sentendo il rumore di un vetro infranto. Si alzò dal letto e barcollando raggiunse il corridoio. Girò la testa a destra e a sinistra con in volto dipinta un espressione poco rassicurante. Ormai quel risveglio le aveva rovinato la giornata, si era alzata con il piede sbagliato. Dopo un po’ si accorse che non era un vetro rotto ma era della musica. Con passo veloce si recò verso la sala da ballo. Aprì di scatto la porta.
    “Jackson!!” esclamò su tutte le furie. Michael, che stava ballando su Jam, si interruppe all’istante fissandola dallo specchio.
    “Buongiorno Annie.” Disse gentilmente. Annie lo guardò male.
    “Buongiorno un corno! Ma ti rendi conto di che ore sono?!” rispose alzando la voce. Michael rise. Annie lo guardò senza capire.
    “Insomma?”
    “Annie… hai dormito fino alle undici.” Disse coprendosi la bocca con una mano. Lei si zittì.
    “Uhm… comunque abbassa la musica, mi sono spaventata.” Chiuse la porta e andò in camera da letto. Notò con sorpresa che il letto era sfatto da entrambe le parti del letto. Era da quando si era alzata che provava un forte dolore alla testa e si sentiva euforica. Non riusciva a ricordare molto della serata passata. Era da tre giorni che stava rinchiusa lì dentro e le sembrava fosse arrivata l’ora di tornare a casa. Iniziò a preparare le poche cose che aveva con se. Uscì dalla stanza e si diresse verso la sala da ballo dove la musica era ancora alta. Sbuffando aprì la porta. Lui, senza curarsi troppo della presenza della ragazza, continuò a ballare.
    “Beh, io vado.” Disse guardandolo. Michael guardò Annie attraverso al riflesso dello specchio. Andò a spegnere la vecchia radio.
    “Sicura? Perché se vuoi puoi restare quanto vuoi.” Spiegò asciugandosi il sudore con il dorso della mano.
    “Fa niente. Continueremo le prove domani ok?” chiese lei esitante. Lui annuì pensieroso. Stava per dirle qualcosa ma si fermò.
    Annie era a pochi centimetri dalla maniglia della porta d’entrata quando la voce di Michael la raggiunse.
    “Le chiavi sono nel vaso fuori dalla porta.” Lei sorrise a quella frase.
    “Ottima mossa Jackson.” Pensò.

    *

    Si ricordò di essere in un ghetto solamente quando riuscì ad uscire da quel palazzo, se ancora si poteva chiamare così. Camminò svelta evitando gli sguardi degli uomini che la guardavano. Dopo venti minuti buoni arrivò davanti casa. Ed ecco che si ricordò di un ulteriore cosa: aveva perso le chiavi. Ma per fortuna c’era la sua vicina di casa e migliore amica Dalila. Citofonò con insistenza finchè non ottenne una risposta. Aprì il portone. Annie salì le scale fino a trovarsi davanti alla sua porta di casa. Quando entrò in casa si guardò in giro con aria insospettita. Non vide Stan in giro. Alzò le spalle e si diresse in camera sua dove lasciò cadere a terra il borsone pieno di vestiti. Si buttò sul letto e fissò il soffitto per una buona manciata di minuti prima di accorgersi di un rumore proveniente dalla cucina. Si alzò, ancora immersa in chissà quali pensieri e andò a vedere. Stan era appoggiato con la schiena al mobile del ripiano cucina e aveva in mano una tazza di caffe. Lei sorrise e gli andò incontro, baciandolo. Un bacio che lui accettò con fatica. Lei sentì quella freddezza.
    -Stan, tutto okay?- chiese tranquilla mentre prendeva una tazza dalla credenza. Stan la seguì con lo sguardo.
    -Sì, perché?- rispose deglutendo. Annie si avvicinò alla caraffa del caffè, rigorosamente sempre piena in quella casa.
    -Non lo so… sei strano oggi.- e alzò le spalle. Stan sorrise, sforzandosi. Lei si sedette al tavolo iniziando a sorseggiare il caffè.
    -Beh cos’è successo?- chiese ad un tratto lui, risvegliandola dai suoi pensieri.
    -In che senso?- disse di rimando, non capendo a cosa si riferisse.
    -Insomma, sei stata via per tipo due giorni e non hai niente da raccontarmi?- esclamò sedendosi al tavolo con lei. Annie rise.
    -Ho accettato la proposta di Jackson.- aggiunse poi. Stan inarcò un sopracciglio.
    -Proposta?-
    -Sì, mi ha chiesto di insegnarli a ballare il tango, poi dovrò ballare con lui in qualche tappa del Dangerous Tour.- rispose con indifferenza.
    -Wow… e quindi… dovrai andare in tour con lui?-
    -Penso di sì, non abbiamo ancora avuto tempo di parlare.- osservò guardando fuori dalla finestra. Stan collegò quella frase alla sua supposizione di quello che era successo fra loro. Brontolò fra se qualche frase per poi voltarsi dall’altra parte e fissare anche lui la finestra.

    *

    Qualche mese dopo…
    -Bravo! Sei migliorato Jackson!- confessò Annie lasciando andare la mano di lui. Michael sorrise timidamente.
    -Lo speravo dopo tutti questi mesi!- aggiunse poi. A lei scappò una risata. Michael si fece serio e iniziò a guardarla severamente.
    -Ti prendi gioco di me?- chiese ancora serio. Annie si zittì all’istante, sentendosi rimproverata.
    -No… cioè scusami… non volevo…- stava per continuare la sua lunga lista di scuse quando fu interrotta dalle risate di Michael che stavano riecheggiando nella sala. Adesso era lei ad essere diventata seria.
    -Cosa c’è da ridere? Sono per caso buffa?- lo rimproverò. Michael continuava però a ridere.
    -Dai!- esclamò irritata.
    -Dovevi vedere la tua faccia!- rispose finalmente smettendola di ridere. Annie sbuffò. Prese un asciugamano dal divanetto vicino allo stereo e glielo lanciò addosso.
    -Asciugati! Sta piovendo dentro praticamente!- fece notare. Infatti, Michael era completamente madido di sudore. Prese l’asciugamano e si asciugò il collo e la fronte. Annie andò a spegnere la musica e si lasciò sprofondare nel divano. Buttò la testa all’indietro, sospirando.
    -Allora, cosa dovremmo fare poi?- chiese lei riferendosi al concerto.
    -Prima di tutto dobbiamo provare la coreografia con Dangerous, e poi dobbiamo decidere le tappe in cui la balleremo, saranno solamente due, per vedere che effetto fa alla gente vedermi con una ragazza.- specificò lui. Annie si fece curiosa.
    -In che senso “per vedere che effetto fa alla gente vedermi con una ragazza”?- chiese curiosa. Michael andò a sedersi vicino a lei.
    -Beh, magari le mie fan potrebbero ingelosirsi.- precisò. Lei rise.
    -Ingelosirsi? Ma mi hai vista? Ti sembro il tipo da far invidia?- sottolineò Annie. Michael si fece serio.
    -Ah… voi donne! Vi sentite brutte quando invece avete una fila di uomini che vi cadono letteralmente ai piedi! Io proprio non vi capisco. Sei una bella ragazza!- esclamò con leggera irritazione nel tono. Eh sì, Annie gli piaceva e anche molto.
    -Tu credi?- chiese incredula lei. Annuì con il capo.
    -Mi piacciono da morire i tuoi capelli biondi… e poi… i tuoi occhi! Sono stupendi! Ho sempre adorato quel colore, verde acceso!- sospirò pensieroso. Annie arrossì. Nessuno le aveva detto quelle cose, mai. Neanche Stan. Già, Stan. Negli ultimi mesi avevano avuto già due bruschi litigi. Stan non era felice dei suoi incontri con Jackson, qualcosa gli puzzava. Invece ad Annie piaceva la sua compagnia. Era una persona amichevole e alla mano, dalla risata facile. Ma se si trattava di lavoro diventava la persona più seria, più scrupolosa e più perfezionista che abbia mai conosciuto. Era migliorato veramente in quei mesi. A volte era lui a guidare Annie nei movimenti e lei si lasciava trasportare rimanendo stupefatta dalla sua capacità di ricordare i passi.
    -Hey… Annie?- la riportò alla realtà lui. Annie scosse la testa.
    -Oh, scusa. Stavo pensando.- disse di getto.
    -A cosa? Perché sai, non avevi una bella faccia!- fece notare sorridendo. Ma Annie non era proprio in vena di sorrisi.
    -A Stan…- mormorò lei con una smorfia. Michael annuì silenzioso. Lunghi attimi di silenzio seguirono dopo.
    -Avete litigato?- chiese esitante Michael, come ad essere troppo indiscreto.
    -Sì.- rispose normalmente. Michael stava per chiederle il perché di quel litigio ma vennero interrotti dallo squillare incessante del telefono di lei. Annie si affrettò a rispondere. Michael la fissò. La sua espressione era cambiata. Era un misto di preoccupazione e di spavento. Chiuse la chiamata e rinfilò con mano tremante il telefono in tasca. Si rivolse poi a Michael, solamente con lo sguardo.
    -Annie?- chiese lui.
    -Ma.. Matt… è.. è in ospedale…- rispose con voce tremolante. Michael si dispiacque moltissimo.
    -Sta tranquilla. Non sarà nulla di grave.- la confortò poggiandole una mano sulla spalla. Si guardarono fissi negli occhi, quelli di lei erano supplichevoli, come a voler una conferma di quello che aveva appena detto.
    -Se vuoi, andiamo a trovarlo.- optò Michael. Annie si limitò ad annuire e andarono all’ospedale.



    Scusate l'assenza... ma ero troppo occupata con la scuola... spero di non avervi fatto annoiare durante tutta questa attesa!
     
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  15. Elenajackson777
     
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    Bel capitolo,brava Ally,grazie per averlo postato.
    Attenderò con pazienza il continuo,per sapere cosa è successo di preciso a Mat e se Annie si stia innamorando sul serio di Michael :love:
     
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18 replies since 1/4/2013, 17:10   387 views
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