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V e l e n o.
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Eccola qua
Una delle prime FF "diverse" che ho letto Diversa perché riesce a trattare anche altri argomenti al di là dell'amore che lega i due protagonisti
E mi sono innamorata subitodi lei... E della sua scrittrice. -
marigold80.
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Tesoro mio....
Sei stata una delle prime a leggere e ad apprezzare questa mia prima storia. E non mi sembrava vero.
Ho sempre preso il tuo giudizio, il tuo parere, in grande considerazione Giù...
Quel tuo cervellino... Lo amo da impazzire..... -
marigold80.
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Si svegliò di soprassalto, Paulie stava bussando alla porta della sua stanza quasi volesse buttarla giù e lo chiamava a gran voce. Si alzò controvoglia, non aveva dormito molto, aveva ancora il suo profumo addosso e ogni volta che provava a chiudere gli occhi le immagini della serata precedente gli innondavano la mente. Si era chiesto in continuazione come affrontare l'argomento alla luce del nuovo giorno, se dovesse classificare la serata come sesso o come qualcosa di più, l'unica cosa di cui lui era certo era che se la Monica delle scorse settimane aveva conquistato la sua mente ed era entrata con passi felpati nel suo cuore, quella della sera precedente era entrata di forza in ogni cellula del suo corpo.
Quando aprì Paulie aveva una faccia tesa e preoccupata, ‘Mike è successo qualcosa qui di fronte c’è la polizia e un’ambulanza’. Michael attraversò tutta casa di corsa per arrivare alle finestre che davano sulla strada, due auto della polizia e un’ambulanza con le luci accese stavano lì sotto e il portone di casa di Monica era spalancato. Rimase pietrificato, avrebbe solo voluto buttarsi in strada e sapere se stava bene, Paulie gli si mise alle spalle, ‘Vado…’ acconsentì con un gesto del capo, non riuscì a fare di più. I minuti che passarono gli parvero infiniti, vide Jay entrare in casa di corsa e dopo qualche minuto il telefono suonò. ‘Non mi possono dire niente, la stanno portando all’ospedale, Jay è qui gli devo dire qualcosa?’ Michael si coprì il volto con le mani cercando di restare calmo, ‘Falla portare al St. Mary e vienimi a prendere..’ Sentì Paulie parlare con J poi ci fù un attimo di silenzio, ‘Ok, la stanno portando lì.. Mike… E’ stata aggredita in casa…’.
‘Ho detto vienimi a prendere’ Michael chiuse la telefonata accasciandosi a terra e iniziando a piangere… Se solo lui non se ne fosse andato via da quella festa, se solo l’avesse portata a casa con lui…
Arrivò all’ospedale 20 minuti dopo, quando entrò nell’ufficio del Dott.Carson J era già seduto, si sedette accanto a lui e aspettò che il medico gli desse qualche notizia. ‘Salve, ciao Michael… Allora, la signorina è nella stanza che mi avevi indicato, era molto agitata quindi per fare gli esami del caso abbiamo dovuto sedarla leggermente, la buona notizia è che non c’è stata violenza sessuale anche se c'è stata sicuramente attività nelle ore precedenti l'aggressione. Ha echimosi su buona parte della schiena e sul ventre, probabilmente causate da calci, e poi c’è l’occhio… E’ molto gonfio, non sappiamo esattamente come siano le condizioni dell’occhio all’interno, dobbiamo aspettare. Poi c’è quello che a mio dire è il problema più grosso per il momento… Diciamo che non è esattamente loquace, quindi vi pregherei di starle vicino nelle prossime ore, verrà la polizia nel pomeriggio per cercare di avere una deposizione ed è meglio che ci sia qualcuno con lei.’
Michael aveva ascoltato tutto in religioso silenzio, non sapeva bene che dire, si sentiva il cuore in gola e una rabbia che raramente nella sua vita aveva provato. ‘Se volete vederla potete salire, terzo piano camera 12’ si alzarono quasi contemporaneamente dalla sedia ma il dottore lo fermò sulla porta. ‘Michael ho preso i provvedimenti che di solito prendo con te, l’ospedale è chiuso a chiunque non sia registrato. Ma la polizia sarà qui oggi e sicuramente anche nei prossimi giorni, posso sapere che rapporto hai con questa ragazza?’ Michael si lasciò cadere di nuovo sulla poltroncina, 'Don, ho avuto io rapporti con lei ieri sera... lo so che può essere un problema...' il medico si passò una mano sul viso stanco, ‘Lo vorranno sapere.... E non è un'informazione che posso omettere. Faremo il possibile Michael, davvero’.
Si sedette su una delle poltroncine affianco al letto, J sedeva in silenzio dall’altro lato. Vederla in quel letto cosi fragile lo rendeva dannatamente nervoso, avrebbe voluto sdraiarsi accanto a lei, abbracciarla, dirle che sarebbe stato sempre li se lei ne avesse avuto bisogno. Ma non lo fece, rimase invece seduto li a fissare la finestra e lei, ad aspettare. Quando Monica si svegliò sembrava un’altra persona. Rispondeva a monosillabi e dello sguardo dolce e curioso di due sere prima non era rimasto nulla. Era rimasto spiazzato davanti a tutta quella freddezza nei suoi confronti, era come se all’improvviso fossero due perfetti sconosciuti. Le avrebbe dato tempo, ma voleva assolutamente parlare con lei di quello che era successo e del fatto che lui si sentisse terribilmente in colpa. Quello che accadde da lì a poche ore non fece altro che peggiorare il suo senso di colpa. La polizia aveva mandato un giovane commissario a seguire il caso, lo aveva tempestato di domande a cui lui aveva fatto una fatica immensa a rispondere, si sentiva per l'ennesima volta come sotto una lente di ingrandimento e per giunta stavolta si parlava della sua più intima privacy. Fortunatamente il commissario Ribbon sapeva che non era lì che doveva cercare e si chiuse nella stanza per poter parlare direttamente con lei. Quando ne uscì quasi un'ora dopo aveva un nome, Maurice De Gaul professione: fotografo.
Quando senti quel nome gli si gelò il sangue nelle vene, ricordava perfettamente il loro primo incontro e con esso anche la discussione che lei aveva avuto con quel fotografo proprio per difenderlo. <te la farò pagare> le aveva sibilato lui, <metti in conto> gli aveva risposto lei.
Ecco servito il conto.
L’occhio non aveva nulla di serio e i lividi si stavano piano piano riassorbendo quindi dopo 3 giorni di riposo il Dott. Carson decise per le dimissioni ma con Maurice ancora in circolazione il commissario le chiese gentilmente di evitare di tornare nel suo appartamento, era questione di pochi giorni ormai, lo avrebbero rintracciato, ma non voleva che lei corresse nessun rischio. La discussione si protraeva ormai da quasi un’ora, J si era offerto di ospitarla ma lui non sarebbe stato molto presente a causa delle sempre maggiori richieste dopo la sfilata e Michael aveva solo sussurrato l’idea di farla andare da lui. Ma lei sembrava non ascoltare una parola di quello che loro stavano dicendo.
‘Torno in Italia’ quelle parole risuonarono nel trambusto della stanza, immediatamente i loro sguardi si posarono su di lei , era serissima. Jay la guardò allibito ‘Stai scherzando vero?’. Ovviamente non lo stava facendo e Gok stava per perdere le staffe, ‘No, torno in Italia appena esco di qui’ Michael non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere, stava seduto ad ascoltare e i suoi pensieri andavano a mille. ‘Siamo alle solite quindi. Scappi, ti nascondi. Butti all’aria tutto piuttosto che accettare l’aiuto di chi ti vuole bene’ ormai Jay stava urlando ‘’Siamo qui e cerchiamo di fare il meglio per te, ti stiamo vicino ma come al solito tu te ne freghi, più uno si avvicina e più tu corri lontano!’ Mike non sapeva come interrompere quella discussione, J ormai era a lato del letto e le stava urlando in faccia. ‘Non ti ho chiesto niente voglio solo tornarmene a casa’ Quelle parole furono decisamente di troppo. Jay le si parò davanti ‘Sai una cosa? Mi hai proprio stufato! Fai quello che ti pare! Mandaci tutti fuori dalla tua vita cosi ti sarà più facile, cosi potrai piangerti addosso da sola, trattare tutti uno schifo e non sentirti in colpa. Fai quello che vuoi! Un conto è difendersi, un altro è allontanare. La verità è che non sei capace di voler bene a qualcuno, tu non vuoi voler bene a nessuno e non ti interessa se noi sono giorni che stiamo qui. Vattene, vai in Italia, vai al Polo Nord per quel che mi riguarda, puoi scappare all’infinito ma alla fine sarà con te stessa che dovrai fare i conti’ uscì dalla stanza sbattendo la porta e lasciandoli in silenzio. Era stato duro, forse troppo date le circostanze ma forse quello era stato l’unico modo per darle uno scossone. Gli occhi le si riempirono di lacrime ma era troppo arrabbiata con sé stessa e con Gok per lasciarne scendere anche solo una. Michael si alzò e lasciò la stanza, voleva lasciarla un po’ sola, voleva che metabolizzasse le parole di J e che si rendesse conto che andarsene ora equivaleva a gettare la spugna. Tornò in camera un’ora dopo, la trovò in piedi davanti alla finestra concentrata su un punto non ben definito del panorama. ‘Posso stare da te qualche giorno?’
Le doveva essere costato davvero tanto chiederglielo, ‘Certo…. Pensavo che non me lo avresti mai chiesto’. Ora avrebbero avuto tempo di parlare, sempre che lei lo volesse, avrebbe potuto starle vicino e mostrarle che nonostante tutto lui c’era e le voleva bene. Voleva solo che lei tornasse la stessa con cui aveva suonato il piano non più tardi di 4 giorni prima. E secondo Micheal, a volte, l’amore faceva miracoli.
Il viaggio verso casa fu completamente silenzioso, salirono al 5° piano dove due porte affacciavano su un piccolo ingresso. Non era mai stata lì sopra, sapeva che c’era la stanza privata di Mike ma nonostante avessero percorso insieme quella casa dozzine di volte non era mai stata lì. Mike indicò la porta sulla sinistra dove un piccolo tastierino numerico sostituiva la classica maniglia, ‘Quella è la mia stanza’ poi le indicò quella sulla destra, ‘Ti ho fatto preparare questa…’ Aprì la porta di una stanza immersa nel sole del pomeriggio, ogni cosa, dai mobili agli oggetti era bianca e crema, ogni cosa infondeva tranquillità e calore. ‘Il bagno è laggiù… Ti ho fatto prendere un po’ di cose… Se hai voglia ci vediamo giù per cena…’ e dicendo cosi uscì chiudendosi la porta alle spalle. Rimasta sola lo sconforto, la tristezza, la frustrazione di quei giorni la fecero sentire stanca come non era mai stata in vita sua, si infilò dentro la grande vasca da bagno e lasciò che tutte le lacrime cosi a lungo trattenute trovassero una via d’uscita. Non si rese conto né del tempo che passava, né del bussare insistente alla porta, riusciva solo a fissare la sua immagine nello specchio per la prima volta dopo giorni e più si guardava più una rabbia sorda le saliva nel petto. ‘Monica tutto ok? Per favore apri mi stò preoccupando… Apri!’ la voce di Michael la riportò sulla terra, non sapeva da quanto stava bussando ma dal tono della sua voce sembrava davvero preoccupato. Si trascinò alla porta facendo semplicemente scattare la maniglia per poi tornare mettersi davanti allo specchio, ‘Mi stavo preoccupando, sarà mezz’ora che busso, volevo solo sapere se avevi fame….’ Vide immediatamente gli occhi gonfi e rossi e il modo in cui si stava fissando insistentemente nel grande specchio dell’armadio, le si mise alle spalle, ‘Stai bene?’ Si girò verso di lui puntandogli un dito sul petto, ‘Lo vedi? E’ questo sguardo che mi spaventa di te! Perché tu mi guardi in questo modo e io non posso dirti che sto bene, non posso , non ci riesco con te’ Mike l’abbracciò e lei si aggrappò con forza e rabbia alla sua camicia, ‘Non sto bene, non so se tornerò a stare bene e ho paura…’ iniziò a piangere forte come se avesse finalmente abbattuto quel muro che aveva costruito, lui non potè far altro che tenerla stretta, accarezzargli la testa, parlarle piano finchè finalmente non riuscì a prendere sonno.
Quando si svegliò il mattino successivo la casa era immersa in uno splendido sole, non poteva di certo dire di stare bene ma grazie alla dormita e al senso di tranquillità che le aveva lasciato addormentersi tra le braccia di Mike la giornata sembrava essere iniziata decentemente. Scese i 5 piani a piedi per darsi il tempo di svegliarsi e quando entrò in cucina Michael stava al bancone della cucina con commissario che seguiva le indagini. ‘Buon giorno…’ esordì Mike con un sorriso incredibile sul volto, ‘Ciao, salve Mr. Ribbon, scusi non pensavo di trovarla qui’ disse indicando il pigiama che indossava. ‘Chiamami pure Adam e non preoccuparti, sono io che mi sono presentato ad un orario improponibile, ma avevo una splendida notizia e non volevo attendere oltre, l’abbiamo preso. Lo stanno riportando a Londra, oggi alle 3 dovresti venire in ufficio con il tuo avvocato per formalizzare le accuse’. Le spiegò che avrebbe dovuto vederlo per riconoscerlo ufficialmente dopo di chè avrebbero portato avanti la sua denuncia. Quando se ne andò Mike stava ancora seduto sul bancone della cucina con un sorriso furbo dipinto sul viso, ‘Che hai da sghignazzare tu?’ lui si mise a ridere divertito, ‘uhm niente… solo che… Per me gli piaci…’ questa volta fù lei a mettersi a ridere mentre si versava una tazza di caffè, ‘A chi scusa? Ma mi hai visto? Sono un disastro… Se non fosse che parlo mi avrebbe preso per una scacchiera con tutti i lividi che ho addosso…’. Quando si girò Michael era molto più vicino di quanto si aspettasse e teneva gli occhi incollati nei suoi, ‘Non sei un disastro’ disse mentre con una mano le accarezzava piano una guancia, ‘A volte è come se tu fossi cieca davanti alla tua bellezza, ma gli altri non lo sono. Nemmeno io…’ Il cuore le iniziò a battere come un tamburo, come se volesse uscirle dal petto per raggiungere quegli occhi, la mano di lui scese lenta fino al suo collo dove si fermò come in attesa. Mike sorrise dolcemente prendendogli una mano e portandosela sul petto, il suo cuore volava alla stessa velocità, come impazzito. ‘Signor Jackson, c’è il Signor Branca per lei’ la voce di Angela li risvegliò, Mike abbassò lo sguardo all’improvviso in imbarazzo, ‘Arrivo subito…’ le baciò piano la mano che ancora stringeva nella sua e con un mezzo sorriso lasciò la cucina.
Adam la accompagnò attraverso un dedalo di corridoi fino ad arrivare ad una piccola stanza, al di là di un vetro c’era Maurice seduto con una donna, probabilmente il suo avvocato. ‘E’ lui?’ Non poteva avere nessun dubbio, non se la sarebbe mai dimenticata quella faccia, ‘Si è lui’ il suo avvocato riprese la porta verso gli uffici, ‘Perfetto, procediamo’
Rimase chiusa in un ufficio mentre il suo avvocato e quello di Maurice parlavano, si sentiva molto meglio ora che sapeva che lui era stato preso e una punta di vendetta la fece sorridere. Ma il sorriso gli si spense subito appena il suo avvocato varcò di nuovo la soglia della stanza, ‘Ci sono problemi. Respingono tutte le accuse, anzi vogliono denunciarti per simulazione di reato, estorsione e minacce. Inoltre intendono far causa al Signor Jackson per estorsione’ Il sangue gli si gelò nelle vene. ‘Lui ha dichiarato che quella sera è venuto a casa tua per comunicarti di aver ricevuto foto tue e del Signor Jackson in atteggiamenti intimi. Da qui sarebbe partita una violenta discussione dove tu avresti cercato di comprare quelle foto dicendo che il Sign. Jackson avrebbe pagato. Visto il suo rifiuto lo avresti minacciato di utilizzare qualsiasi modo per non far uscire quelle foto. Il mattino successivo ha saputo la notizia della tua aggressione e ha lasciato la città perché sapeva di essere stato incastrato.’
Monica lo guardava con gli occhi sbarrati, ‘Non è vero! Mi sarei fatta questo da sola?! E’ una follia!’
‘No, non da sola, con l’aiuto del Sig. Jackson e del suo staff. So che non stà né in cielo né in terra ma loro sosterranno questo davanti alla corte.’
La testa le girava violentemente, era assurdo e folle. Fece uscire tutti e chiese un telefono, doveva parlare immediatamente con Michael. La sua voce cristallina gli rispose dopo tre squilli, ‘Mike stà succedendo un disastro, manda un avvocato subito’ Raccontò tutto ad una cornetta muta, riusciva a malapena a sentire il suo respiro ‘Mike… Mi dispiace, non dovevi finirci in mezzo…’
La voce di Branca tuonò dall’altro lato, ‘Lo sapevo! Tu te li cerchi i guai Mike! Ehi tu, non dire una parola e non fare niente mando subito qualcuno’
Il tonfo della cornetta che veniva sbattuta giù la fece sobbalzare sulla sedia, Mike probabilmente era furioso con lei, di sicuro Branca l’avrebbe uccisa con le sue stesse mani se avesse potuto. L’avvocato di Michael arrivò meno di mezz’ora dopo, gli venne fatto il punto della situazione e lui richiamò immediatamente Michael. Dall’altro lato del tavolo Monica poteva sentire la voce concitata di Michael nella cornetta, era fuori di sé e lo si capiva dagli urli che stava facendo senza bisogno di capire chiaramente le parole. Non poteva permettere che quel bastardo rovinasse anche la vita di Mike dopo la sua, voleva proteggerlo, difenderlo da tutto questo, glielo doveva.
‘Ritirerò le accuse se loro non faranno quelle denuncie…’
Tutti nel piccolo ufficio la fissarono in silenzio. Adam le si parò davanti, ‘Non puoi farlo! Ti poteva ammazzare!! Non puoi farlo andar via cosi!’ Monica aveva già deciso, si voltò sicura verso il suo avvocato, ‘Si può fare?’
Dopo due ore di colloquio si erano messi d’accordo, era stato firmato un modulo da entrambe la parti, nessuna denuncia né da un lato né dall’altro. L’avvocato di Michael andò via con il telefono incollato all’orecchio ed il suo se ne andò poco dopo lasciandola sola nell’ufficio. Adam rientrò poco dopo con una tazza di thè in mano, ‘Tieni, vuoi che ti porto a casa?’ Quale casa? Casa sua per vedersi arrivare Branca come una furia o casa di Michael per venir sbattuta fuori da una delle body guard? ‘Mi porteresti a Soho?’.
Quando arrivò davanti a casa di Jay gli occhi le bruciavano terribilmente, aveva trattenuto le lacrime fino a quel momento ma appena Gok aprì la porta scoppiò a piangere disperata. Avevano litigato ma J era come un fratello per lei e lui la accolse da tale abbracciandola e ascoltando tutti i fatti della giornata. Aveva provato a chiamare Mike decine di volte senza mai riuscire a parlarci e ora voleva solo farsi un bel bagno e mettersi a letto. Jay si attaccò al telefono appena lei si chiuse in bagno, gli ci vollero diversi tentativi prima di riuscire a farsi passare Michael, ‘Senti è a casa mia, la chiave è sotto lo zerbino, muoviti, io mi vado a fare un giro’ non sapeva se sarebbe andato o no ma voleva tentare.
Monica uscì dalla doccia avvolta in un accappatoio come in un bozzolo, stava meglio, aveva pensato e alla fine era arrivata ad un’unica soluzione, lasciar perdere tutto. Michael non sarebbe rimasto a Londra in eterno e lei sarebbe potuta restare da J nel frattempo e rimettere insieme i pezzi della sua vita e del suo guscio che lui aveva sapientemente fatto cadere uno ad uno.
‘Adesso vorrei solo addormentarmi e svegliarmi tra un paio d’anni…’ sbuffò mentre entrava in salotto, una figura si alzò dal divano mettendosi di fronte a lei, il respiro le si fermò in gola nel vedere Mike avvicinarsi, aveva il viso duro e serio come mai lo aveva visto, ‘Che diavolo ti salta in mente?! Hai buttato la spugna cosi? Se non era per J cosa facevi sparivi nel nulla?' Non sapeva cosa rispondere a quelle affermazioni, lei non voleva dargli problemi e invece lui voleva che lei lottasse? ‘Cosa avrei dovuto fare?! Ci saresti andato di mezzo tu! Per cosa? Per vederlo uscire su cauzione 3 ore dopo?!’ Lui scossò la testa con violenza, ‘Non è la cosa giusta! Ti ha fatto del male e stasera sarà fuori a ridere di te e magari a pensare di rifarlo come e quando vuole! E’ incredibile che tu non abbia lottato per quello che ti ha fatto!’ Gli stava urlando addosso e Monica non riusciva a reggere quelle parole, iniziò a camminare nervosamente per la stanza, una rabbia sorda gli stava crescendo dentro, verso Maurice, verso Mike, verso sé stessa. Gli si parò di fronte aprendo l’accapatoio e restando davanti a lui in intimo, stava scoppiando. ‘Guarda!’ Gli voltò la testa con una mano, ‘Guarda! Pensi che io non li veda? Pensi che quando se ne saranno andati io non me li ricorderò più? Pensi che non voglia vedere quel pazzo rinchiuso? Sei uno stupido testone! L’ho fatto per proteggerti! A me questi lividi non me li toglie più nessuno ma se posso evitare che distrugga te lo faccio, e lo rifarei mille volte capito?!?’ Non voleva che la vedesse piangere in quel modo, ‘Vattene’ e dicendo cosi si chiuse la porta della stanza alle spalle. Era in piedi di fronte alla finestra quando sentì la porta aprirsi e i passi avvicinarsi fino a lei, le sue braccia la avvolsero come una coperta, come due ali, tremava tra quelle braccia, per i singhiozzi, per il nervosismo, per la paura di non potervi più prendere posto. ‘Basta adesso’ la sua voce, sottile ma decisa gli arrivò come un respiro all’orecchio, la girò verso di sé prendendole il viso tra le mani e asciugando le lacrime con un movimento dolce dei pollici, ‘Basta…’ le sue labbra si appoggiarono delicate sulle sue, la assaggiarono piano, lentamente, la sua lingua come un petalo vellutato cercò la sua, si accarezzarono, si sfiorarono timidamente per prendere poi possesso l’una dell’altra. Michael si staccò di pochi millimetri da lei, le sue parole finivano direttamente tra le sue labbra ‘Andiamo a casa…’ Non riusciva a staccare gli occhi dai suoi, non riusciva a muovere un muscolo dopo quel breve ma intenso contatto, non voleva più farne a meno, voleva solo poter sentire di nuovo quel dolce sapore di mela e thè, quel profumo che le era entrato nel cervello come una droga. Questo volta fù lei a baciarlo quasi disperatamente. Quando riaprì gli occhi sul viso di lui era dipinto uno splendido sorriso, ‘Sei una testona, irragionevole e testarda ma ti adoro…’
La trascinò fuori casa ancora in accappatoio, le loro mani restarono intrecciate per tutto il viaggio senza lasciarsi mai un attimo, finchè non furono chiusi dietro la pesante porta della stanza di Mike rannicchiati come due bambini sotto il pesante piumone. Mike le baciò piano la fronte, ‘Qualsiasi cosa accada non scappare mai da me…’ lei sorrise al buio, ‘Qualsiasi cosa accada…’
Dal mattino successivo si rese immediatamente conto che la sua vita sarebbe cambiata radicalmente, vedere lo sguardo assonnato di Mike su di sé appena sveglia aveva un potere quasi sedativo in lei. Ogni suo sorriso le faceva tirare un sospiro di sollievo, cosa vrebbe fatto se non avesse avuto lui? Come avrebbe reagito a tutto quello? Mattina dopo mattina, giorno dopo giorno Mike le entrava dentro come un raggio di sole da una finestra lasciata inavvertitamente socchiusa, lasciandole una piacevole sensazione di tepore e tranquillità. Parlavano tanto, di mille cose e di cose già dette mille volte, di emozioni e sensazioni a cui le parole non rendevano giustizia. La dolcezza di ogni bacio o carezza che lui le porgeva le facevano capire quanto la sua vita fosse stata buia e fredda fino ad allora.
Michael la vedeva tranquillizzarsi giorno dopo giorno, riprendere le redini della sua vita e delle sue emozioni un passo alla volta, le stava accanto con la consapevolezza che prima o poi l’avrebbe rivista sbocciare sotto i suoi occhi.
L’aveva cercata in lungo e in largo per tutta la casa senza trovarla, mentre scendeva le scale che portavano alla palestra nel seminterrato senti le vibrazioni della musica all’interno, aprì la porta e immediatamente i bassi iniziarono a fargli vibrare il petto, il volume era altissimo e lei stava sdraiata al centro della stanza come se fosse il posto più tranquillo del mondo. Gli si sdraiò accanto facendogli un paio di gesti veloci con le mani, lei lo guardò stupita e tirò fuori un telecomando con cui abbassò radicalmente il volume, ‘Scusa…’, Mike restò a fissare il soffitto, ‘Oh niente, dovrò imparare qualche altro segno per non udenti se ascolti sempre musica a questo volume…’ si prese una piccola gomitata con un sorriso. ‘Scemo… ho avuto un sacco di idee per il catalogo, mancano solo 2 giorni e la mia testa era tabula rasa…’.
‘Già… mancano 2 giorni…’ Monica si alzò su un gomito sorridendo, ‘Non sarà mica una faccia triste quella eh?’ lo vide scuotere la testa, ‘No’ alzò le sopraciglia sapendo che non era quella la sua risposta definitiva, ‘Un po’’ le alzò di nuovo e lui scoppiò a ridere coprendosi gli occhi con il dorso della mano ‘Si…. So già che mi mancherai’ sussurrò sempre al riparo dal suo sguardo. Quella sua dolcezza senza vergogna, quel suo sapersi mostrare vulnerabile e indifeso a volte le stringeva il cuore, ‘Anche tu mi mancherai’ gli sussurrò baciandogli piano un angolo della bocca.
Quei quattro giorni furono un banco di prova per entrambi, erano stati catapultati in quella situazione nel più strano ed inaspettato dei modi e Michael aveva passato le giornate pensandoci su. Aspettava una chiamata o fissava il telefono in attesa di farla, ad ogni modo il pensiero di lei gli riempiva non solo la testa e il cuore ma anche gran parte del tempo. Non era facile per lui lasciarsi andare in quel modo, non aveva mai avuto nel il tempo ne lo spirito giusto per farlo ma ora gli sembrava da pazzi rinunciare. Era cosciente e consapevole dei problemi e delle diversità che li legavano ma stavolta, invece di evitare voleva affrontare qualsiasi cosa. Se sul palco aveva grinta da vendere questo non valeva sicuramente con le donne, era stato cosi tante volte avvicinato e allontanato sempre per lo stesso motivo: lui era una star, anzi lui era LA star. Molto spesso si era illuso che chi aveva di fronte potesse dimenticare per un attimo MJJ e vedere solo Mike ma tutte le volte qualcosa lo riportava nella sua immagine di star innarrivabile. L’eccessiva accondiscendenza nei suoi confronti, quell’amore incondizionato che gli donavano molto spesso le donne non era quello che voleva. Voleva meritarselo quell’amore, quella fiducia e quel rispetto e non averlo di diritto solo per il suo nome. Voleva qualcuno che lo spronasse e strigliasse se necessario, qualcuno che sapesse imporsi con lui quando passava il segno. Qualcuno che vedesse il piccolo Mike seduto in un angolo e lo invitasse a giocare e non ad esibirsi per lei. Voleva amare e soffrire, donare e desiderare, voleva piangere, ridere, imbarazzarsi, arrossire. Voleva solo essere un uomo che si dedica completamente alla sua donna e quando lei gli faceva notare qualcosa o lo rimproverava scherzosamente oltre la facciata permalosa gioiva. Non era facile per lui abbandonarsi a quei sentimenti, a volte cercava di fare un passo indietro ma subito lei lo riprendeva per mano e lo spronava a proseguire.
Quando arrivò davanti ai due enormi hangar era mattino presto, aveva lasciato Londra ancora addormentata con l’emozione di un bambino che intraprende il suo primo vero viaggio e infondo era un po’ cosi, aveva organizzato tutto con l’aiuto di Jay senza che lei sapesse niente, era una sorpresa che sperava le facesse piacere ed era un piccolo regalo che si era voluto concedere, qualche giorno di pace e normalità. J lo aspettava davanti ad un piccolo portoncino laterale, lo salutò con un abbraccio e lo condusse all’interno di quell’enorme edificio. Sul fondo un non troppo vecchio aereo di linea svettava con la maestosità di un millenario dinosauro, sotto le ali una montagna di luci illuminavano un angolo fino a renderlo quasi accecante. ‘Vieni, ha quasi finito… Mai vista lavorare cosi in fretta…’ Un gruppo di una dozzina di modelli e modelle sedevano scomposti vicino ad una coppia ferma per uno scatto, Monica li fissava da dietro l’obiettivo facendogli piccoli segni con le mani, gli sembrò risplendere tra tutte quelle luci. Il suo arrivo creò un po’ di parapiglia tra i modelli e lei stava iniziando a spazientirsi, gli si mise alle spalle in attesa di attirare la sua attenzione e non ci volle molto dato che facendo qualche passo indietro lei gli piombò direttamente addosso. ‘Starei facendo delle foto se non vi dispiace! Un hangar immenso e dovete star qui??!’ Si girò verso di lui e se lo ritrovò di fronte con un sorriso timido e gli occhiali da sole che rispecchiavano la sua stessa immagine stupita, gli si buttò letteralmente al collo affondando il viso tra i suoi capelli, era talmente bello da non sembrare reale. ‘Mmm mmm’ si staccò da quell’abbraccio al richiamo di J, Mike la guardava con un sorriso ebete quanto il suo spostandosi da un piede all’altro imbarazzato. ‘Scusate’ lo prese per una mano e lo trascinò in disparte, ‘Sei pazzo a venire qui??’ lui rise accarezzandogli una guancia, ‘Un po’… ma il bello deve ancora arrivare piccola…’ gli occhi di lei brillarono, adorava vederla fremere in quel modo, il suo volto prendeva un’espressione dolcissima, ‘Quando hai finito vieni via con me’ il suo sussurro cosi vicino all’orecchio le fece scendere un brivido veloce giù per la schiena, era incredibile come le bastasse un suo respiro o un suo sorriso accennato a farla uscire di testa. Finì il lavoro cercando di stare tranquilla e di non dare peso allo sguardo di Mike che si sentiva addosso, se ne stava tranquillo in un angolo con Gok ma lei sapeva che non si stava perdendo un solo movimento. ‘Abbiamo finito, grazie a tutti!’ un applauso si alzò tra la troupe, ci furono abbracci e sorrisi e finalmente lei potè raggiungere Michael. ‘Pronta?’ lei rispose con un gesto del capo, salutò Jay ed uscirono per mano nell’aria tiepida del pomeriggio, un suv li aspettava, salirono in silenzio finchè l’auto non partì. ‘Dove andiamo?’ doveva essere almeno la ventesima volta che glielo chiedeva in venti minuti, scossò la testa, ‘Non te lo dico! La smetti di fare la curiosa?’ la strinse in un abbracciò e baciò piano il piccolo broncio che aveva messo. Quando arrivarono all’aeroporto Monica era a bocca aperta, lui la trascinò di peso sull’aereo fermo a pochi passi da loro e la fece sedere accanto a sé. ‘Non dirò niente finchè non siamo arrivati quindi risparmia fiato… Sarà un viaggio piuttosto lungo…’. Lei lo tempestò di domande a cui lui cercò in ogni modo di sviare, ad ogni dettaglio che riusciva a carpire festeggiava felice finchè non crollò addormentata raggomitolata vicino a lui. Quando atterrarono era notte, in qualsiasi angolo del modo fossero era buio, caldo e umido. Salirono su un altro suv e partirono nel buio, non passò molto che Mike tirò fuori una cravatta dalla tasca e gliela passò sugli occhi, ‘Tu sei completamente matto! Sembra che stiamo andando in una base segreta degli Stati Uniti’ Mike le prese una mano e l’auto si fermò, ‘Adesso segui me, non ti lascio…’ la sua mano calda la guidò fuori dalla macchina e su per dei gradini, sentì una porta aprirsi e l’aria fresca dell’interno le diede un leggero sollievo, attraversarono una grande stanza silenziosa, ‘Ferma qui, arrivo subito…’ e dove voleva che andasse, non vedeva niente e senza l’appiglio sicuro della sua mano si sentiva come persa. Non finì nemmeno di formulare il pensiero che sentì le sue mani appoggiarsi lievi sui suoi fianchi, la fece avanzare e si rese conto subito che erano di nuovo all’esterno. ‘Pronta?’ non riuscì a fare uscire nessun suono dalla sua bocca, acconsentì con un cenno del capo e in un attimo luce fù. Uno splendido giardino tropicale illuminato da mille lucine si apriva tutto intorno a lei e in fondo il mare risplendeva la luce di un cielo stellato. Rimase a bocca aperta davanti a quel pezzo di paradiso, le braccia di Mike si fecero più strette intorno a lei e il suo viso sbucò vicino al suo, ‘Benvenuta a Casa De Campo’.
La prese per mano e la trascinò dentro facendole vedere ogni stanza finchè non si fermò in quella che sarebbe stata la loro, la parete di fronte al letto era completamente vetrata e si poteva vedere solo ed esclusivamente il mare da lì. ‘Mike è…. Oddio… è incredibile!’ Mike rise sedendosi sul letto, ‘E vedrai domattina appena sorgerà il sole, è il momento che preferisco. Se ti và ci sistemiamo e ceniamo’. Monica si infilò nell’enorme bagno per una doccia e quando uscì sul letto trovò uno splendido vestito bianco ad attenderla. Quando si guardò allo specchio dopo averlo indossato le vennero quasi le lacrime agli occhi, non poteva essere lei quella! Michael entrò che lei si stava scrutando nel grande specchio, sorrise mentre le si avvicinava e la abbracciava, ‘Non lo avresti mai detto eh? Hai delle potenzialità’ lei lo spinse ridendo ma lui non mollò la presa, anzi la tirò ancora più verso di sé, ‘Sei incantevole’, vide subito le sue guance arrossarsi e il suo sguardo abbassarsi nervoso, ‘Anche tu…’ disse poi guardandolo dritto negli occhi. E lo era sul serio fasciato da un semplice pantalone nero e da una sottilissima camicia. Scesero la grande scalinata per arrivare nel salone e nel giardino, la casa sembrava dormisse, non un rumore, non una voce a parte le loro, ‘Dove sono tutti?’ Mike le si mise davanti e le prese le mani, ‘Non c’è nessun altro tranne me e te’ gli occhi le si sgranarono dalla sorpresa, ‘Vuoi dire niente Paulie, niente cuoca, niente security?’ Michael fece cenno di no con la testa, ‘Nessuno solo io e te per 4 giorni. Fuori c’è la vigilanza ma qui non c’è nessun altro. Quindi preparati perché dovremo anche cucinare!! Ma non per stasera…’ e dicendo cosi si incamminò verso l’esterno ma lei rimase immobile dove si trovava a fissarlo. Lo tirò verso di sé e affondò le mani tra i suoi capelli mettendo le labbra ad un millimetro dalle sue, ‘Ti amo’, fù un attimo, un soffio, un sospiro, ma Michael prese quelle parole direttamente tra le sue labbra trasformandole in un bacio languido e profondo. Le loro lingue si cercavano, si accarezzavano con sempre più passione e affanno, le loro mani vagavano sui loro corpi come alla ricerca di un appiglio dove aggrapparsi per non cadere in quel vortice di emozioni. Le sue mani piccole e fredde iniziarono a liberare uno ad uno i bottoni della sua camicia e a creare scie di brividi sul suo petto che si alzava ed abbassava furiosamente, con un gesto lento le fece scendere la lampo del vestito che si accasciò ai suoi piedi e in un attimo lei si trovò quasi nuda di fronte a lui. La strinse ancora a sé spingendola stavolta dentro la stanza fin quando non sentì il soffice tessuto del divano accoglierla, le mani grandi di lui salirono lungo le sue gambe che si aprirono per fargli spazio. Le strofinò il naso e le labbra sul collo, non era un bacio, sembrava che lui la stesse letteralmente respirando. Con un gesto veloce lo liberò dalla camicia che ormai era diventata solo un inutile ingombro e cercò di nuovo, stavolta quasi disperatamente le sue labbra. Le sue mani vagavano su quella schiena enorme e poteva sentire i suoi muscoli guizzare al suo passaggio, lui infilò una mano sotto la sua schiena e lei ne approfittò per inarcarsi contro il suo corpo solido fino a sentire la dura mascolinità che riempiva i pantaloni. In un battito di ciglia il reggiseno scomparve, lo sentì chinarsi su di lei e appoggiare le labbra nella fossetta della gola per poi farle scendere verso il basso lasciando al suo passaggio una scia infuocata. Si soffermarono su un seno, poi sull’altro e lei lasciò andare quel respiro che aveva trattenuto fino a quel momento che si trasformò in un lamento strozzato. Senza staccare la bocca scese con una mano sullo stomaco fino all’elastico degli slip facendoli scorrere in basso lungo le sue cosce. Approfittò della sua momentanea lontananza per far scorrere le mani sul suo petto fino ad incontrare il bordo dei pantaloni, che andarono in un attimo a fare compagnia al resto sul pavimento. Si rese conto solo in quel momento che il suo corpo, che lei, aveva desiderato quel momento forse dalla prima volta che lo aveva visto nel suo piccolo ingresso, quel torace solido ma asciutto, quelle mani grandi, quel corpo solido ma che si fletteva come un giunco. Scese con le mani sul suo petto fin dove voleva arrivare, lo sentì trattenere il fiato e letteralmente tremare tra le sue mani, non avrebbe mai immaginato di poter avere un potere del genere su di lui. Non la lasciò fare a lungo però, si scostò leggermente da lei per poi distendersi completamente su di lei. Entrò con una sola lunga spinta che la lasciò senza fiato, non si mosse all’inizio, come per voler dare il tempo ai loro corpi di adattarsi l’uno all’altro e dopo essersi tirato appena indietro riaffondò dentro di lei continuando poi ad un ritmo lento e devastante per lei. Affondò le mani tra i suoi capelli per tirarlo ancora verso di sé, la casa risuonava dei loro respiri pesanti e affrettati, dei loro gemiti. Si aggrappò ai suoi fianchi nel disperato tentativo di attrarlo ancora più dentro di sé e improvvisamente le spinte cambiarono ritmo, si fecero più veloci, più decise e sentì il piacere partire e diffondersi per tutto il suo corpo. Soffocò un gemito sulla sua spalla prima, poi contro la sua bocca quando lui la cercò scosso dallo stesso piacere. Accompagnò quelle ultime e lente spinte ad un bacio sensuale e tenero allo stesso tempo mentre le sue mani la accarezzavano lente. Non sapeva da che pianeta venisse quell’uomo che le baciava la tempia e la cullava tra le sue braccia ma sapeva che non si era mai sentita cosi in tutta la sua vita. Lui si spostò e la fece rannicchiare accanto a sé, nessuno dei due parlò, forse per paura che tutto si potesse rovinare o forse perché le parole non avrebbero reso giustizia a quello che era appena accaduto.
Si svegliò solleticata da un leggero tocco sulle labbra, quando aprì gli occhi Mike era sdraiato accanto a lei, le passò delicatamente un dito sulla guancia e sul collo per poi scendere con le labbra a riscaldare il piccolo brivido che le aveva procurato, ‘Buongiorno..’ le sussurrò piano all’orecchio. Non sapeva se erano i pensieri della sera precedente che le correvano veloci per la mente o se fosse possibile che lui con un semplice buongiorno la facesse sentire in quel modo, con i capelli arruffati, gli occhi ancora assonnati e un lieve sorriso sulle labbra gli sembrò bellissimo come non mai. Si alzarono per la colazione e mentre Mike le versava del caffè notò come ogni suo gesto le sembrasse lento e rilassato, lontano dall’iperattività che aveva visto in lui a Londra. ’Sembra che tu stia fluttuando…’ non avrebbe voluto dirlo ad alta voce ma quella sensazione era troppo forte, Mike la guardò come un bambino che viene beccato con le mani nella marmellata, arrossì lievemente mentre la guardava, ’Stò… bene’ Quelle parole valevano per lei più di mille discorsi, non voleva sapere altro, lui era sempre cosi perfezionista in tutto che riusciva a trovare difetti anche nelle sue sensazioni e quelle due parole secche portavano in loro una certezza che non ammetteva dubbi.
Il tramonto colorava ogni cosa di un tenue arancio, seduta tra le sue gambe e le sue braccia Monica si lasciava coccolare da quella luce magica e dalle labbra di Mike sul suo collo. Stavano seduti su uno scoglio proprio di fronte alla casa, avvolti in una coperta leggera che copriva i loro corpi ancora accaldati dalla brezza leggera. ‘Oggi mi ha chiamato Branca, dovrò andare a Los Angeles qualche giorno’ la sentì subito irrigidirsi a quelle parole, l’ultima cosa che voleva in quel momento era separarsi da lei anche solo per poco e data la sua reazione anche lei doveva essere della sua stessa idea, ‘Potresti venire con me, insomma potremmo andarci domani invece che tornare a Londra…’ Monica si girò con lo sguardo eccitato, ‘Dici sul serio?’ Mike rise, quella sua espressione incredula lo faceva sempre scioglere di tenerezza, ‘Si dico sul serio, se per Jay non è un problema…’ Monica non se lo fece ripetere due volte, appena rientrati in casa si attaccò al telefono con il suo socio e dopo una mezz’ora di discussione raggiunse Mike al tavolo della cucina, ‘Allora se posso avere un portatile, una mail posso restare quanto mi pare!’ Michael la abbracciò felice, ‘Devo solo fare i compiti a casa per J, scegliere le foto, sistemarle e rimandargliele, niente che non posso fare da qui’. Avrebbero passato qualche altro giorno lontani da tutto e avrebbe potuto mostrarle il suo mondo:Neverland.
Salirono sul jet che li avrebbe portati a Los Angeles che l’alba non era ancora arrivata, Paulie li aspettava sorridente sulle scalette, d’ora in poi sarebbe stato la loro ombra ma poco importava a Monica che ormai non stava più nella pelle. Aveva fatto milioni di domande a Mike su Neverland, lui le aveva descritto ogni angolo ma lei era certa che qualsiasi parola non sarebbe bastata a descrivere quello che da lì a poco avrebbe visto con i suoi occhi. Una volta arrivati però la realtà tornò prepotente nella vita di Michael e questa volta anche in quella di Monica. Il portellone dell’aereo si aprì ma invece di far scendere loro un uomo sulla sessantina e con i capelli a spazzola grigi salì e si sedette di fronte a loro. Era Henry, uno dei manager di Mike e nonstante non si fossero mai visti lei notò immediatamente lo sguardo privo di simpatia che le scoccò. ‘Michael ci sono dei problemi’ buttò sul tavolinetto di fronte a loro un mazzo di riviste con una loro foto in copertina, 'Ci sono fans e giornalisti là fuori, credo che non dovreste proprio uscire insieme' Mike si prese la testa tra le mani, 'Puoi lasciarci soli un attimo?', non riusciva a capire la sua reazione, teneva in mano uno di quei giornali e guardava la copertina con aria grave, critica e nervosa, 'L'hanno fatta da una barca...' sussurrò lei, Mike alzò gli occhi per veder nascere sulle sue labbra un sorriso, 'E' splendida....' sbarrò gli occhi per la sorpresa, 'Cosa?? Non sei arrabbiata?' Avrebbe potuto arrabbiarsi, inveire contro quelli che fino a qualche anno prima erano suoi colleghi ma non aveva voglia di farlo, forse lo avrebbe fatto davanti alle successive mille foto ma non davanti a quella. Seduti su quello scoglio, avvolti in una coperta alla luce del tramonto, una foto che racchiudeva la perfezione dei momenti che aveva passato con lui, la pace che solo stargli vicino le regalava, l'amore. 'No, non sono arrabbiata, è splendida siamo... noi' Michael le porse una mano con un sorriso dolce, 'Allora vuoi scendere al mio fianco?' Non avrebbe mai pensato di farlo cosi, di prendere quella decisione nel giro di pochi minuti, ma gli era venuta dal cuore e lei aveva preso la sua mano. Ed ora con un suo cappello in testa e gli occhiali da sole abbassati sul viso Monica gli stava stringendo la mano tanto da fargli male, Paulie gli stava dando le ultime indicazioni ed in un attimo furono in pasto alle belve feroci. Una pioggia di flash e di urla li investì appena entrarono nell'aereoporto, tutti urlavano il suo nome, chi per ricevere uno sguardo, chi per una foto, lei stava stretta tra lui e Paulie sorridendo lievemente quando qualcuno la indicava come 'la ragazza delle foto'. A testa alta, elegante, fiera e felice. Quando le luci di Neverland fecero capolino tra le colline deserte Mike la strinse a sè, 'Sei stata bravissima, una vera Signora Jackson...' e con il suono di quelle parole varcarono il cancello.. -
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Oh Monica l'ho amata tantissimo questa FF...e la amo ancora ovvio
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paolez.
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ooooooooooooooh
che bella questa ff!! mi è piaciuta tantissimo!!!
brava!brava!brava!. -
Ray of light*.
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Ho letto la tua FF Monica!
Bellissima
Mi piace da morire il tuo modo di scrivere, ancora complimenti. -
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Oh, Monica ho letto anche questa (la seconda volta).
Forse più acerba di Michael's, mi sa tu l'abbia scritta prima; ma si vede che mi era piaciuta già la prima volta perchè nello sfogliare le pagine mi ricordavo tutto.
Grazie io sono sempre qua, ora in attesa di qualcos'altro di tuo. -
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niente... solo questo ** . -
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L'ho letta solo ora, Monica: mi ero persa questa bellissima storia, come è stato possibile!
Hai raccontato tutto in modo così dolce e romantico, e un finale da sogno, come piace a me! Bravissima. -
Silvia10.
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che bel finale romantico .