London 2000

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  1. marigold80
     
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    A volte cerchi qualcosa per tutta la vita, poi un giorno ti rendi conto che quella cosa non ti è stata mai data solo perché la volevi per un motivo sbagliato e allora te la ritrovi davanti, a portata di mano.


    Con una tazza di caffè in mano guardava i fotografi appostati sotto il palazzo di fronte, erano giorni che portavano scatoloni e mobili ed ora probabilmente era arrivato anche il nuovo proprietario. Chiuse le tende e si buttò sul divano, aveva già intravisto volti conosciuti tra quei fotografi, infondo con molti di loro ci aveva lavorato per anni. Ma aveva chiuso con quel lavoro, era stanca e distrutta da quell’ambiente e non voleva certo che sapessero che abitava lì, le avrebbero invaso casa solo per scattare quanche foto allo sfortunato di turno. Non ci pensò molto ma qualche giorno dopo, mentre portava fuori la spazzatura si scatenò il panico sul marciapiede di fronte. Il portone del palazzo si aprì, un’auto nera si fermò davanti all’ingresso, tutti si accalcarono davanti alle scale e dalla porta apparve lui. Con i sacchetti a mezz’aria restò immobile a vedere Michael scendere le scale piano cercando di coprirsi il viso ed entrare in macchina, un attimo e la macchina partì, lui si voltò e la salutò con un’espressione di scuse nel viso. Nei giorni successivi si ritrovò molte volte a guardare quella casa, Michael era sempre stato L’innavicinabile, quel tipo di personaggio che per avere una sua foto dovevi sudare 100 camice ed avere una fortuna sfacciata e ora le sarebbe bastato affacciarsi alla finestra nel momento opportuno. Guardò la macchina fotografica appoggiata sul davanzale, aveva giurato di non farlo mai più, aveva promesso a se stessa di non cadere di nuovo in quel viscido gioco.

    La casa, il parco intorno, la tranquillità, era tutto esattamente come lo voleva. A parte i fotografi. Poco male, gli bastava uscire ad orari assurdi, vestirsi un po’ più del solito e tutto sarebbe andato bene. O almeno sperava. Già dalla prima sera lì era riuscito ad andare a camminare nel grande parco che c’era affianco a casa sua, aveva aspettato che tutti se ne fossero andati a letto o nelle loro camere e con cappuccio in testa e occhiali era uscito dalla porta di servizio. Gli piaceva andarsene in giro senza un seguito di 10 persone, tutti lo notavano e lo riconoscevano, invece cosi era tutto molto più semplice, aveva camminato, si era seduto su una panchina vicino al laghetto ed era rimasto li in silenzio, come uno qualunque in un qualunque parco di Londra.
    Presto quella passeggiata era diventata quasi un rito, il clamore sul suo trasferimento era scemato e i fotografi che lo aspettavano erano sempre meno e lui aveva un album su cui riflettere. Quando quella sera si dirise verso casa però, qualcosa era andato storto, sulle scale sedevano almeno 6 fotografi e altri piantonavano l’angolo vicino alla porta di servizio. Si tirò ancora più avanti il cappuccio e continuò a camminare, se lo avessero notato sarebbe stata la fine.
    Si guardò velocemente intorno alla ricerca di una via d’uscita, la luce accesa, la ragazza della casa di fronte….
    Salì sicuro le scale, sapeva di avere i loro occhi addosso e con le mani che gli tremavano suonò il campanello. Dopo qualche interminabile secondo la luce del portico si accese e lui alzò la testa spostando leggermente il cappuccio. ‘Per favore, fammi entrare…’

    Si stava quasi addormentando quando trasalì per il campanello, l’orologio dello stereo segnava l’una e venti. Bene, pensò, alla fine quegli impiccioni l’avevano trovata… Accese la luce del patio e sbirciò dal vetro, per un attimo pensò di star sognando, non poteva esserci Michael Jackson che suonava alla sua porta, ma lo sguardo impaurito e il suo labbiale la riportarono velocemente alla realtà, era nei pasticci. Aprì la porta quel tanto che bastava per farlo entrare e la richiuse subito, solo in quel momento si rese conto di averlo cosi vicino. ‘Grazie.. Io.. Mi dispiace..’ disse mentre si sfilava il capuccio, lei rimase immobile a fissarlo, come si fissa un’opera d’arte, come per cercare di vedere oltre quello che ti sta davanti. Il campanello suonò di nuovo facendola saltare, ‘Ok, è meglio che vai di là’ gli disse indicandogli il salotto e appena lo vide sparire dietro il muro spalancò la porta. C’erano almeno 10 fotografi là fuori ma solo uno poteva avere la faccia tosta di suonare a quell’ora ad una sconosciuta, Mauricee. Se lo ritrovò di fronte con il suo solito sguardo strafottente e appena mise a fuoco chi aveva di fronte scoppiò in una grossa risata. ‘Il mondo è proprio piccolo se abiti qui! E’ appena entrato un tizio qui e io e gli altri pensiamo che possa essere lui’ disse indicando la casa di fronte. Lei guardò con calma la casa e poi lui. ‘Non sei cambiato per niente, sei sempre idiota come al solito.. Quello che è entrato era il mio ragazzo, quello che abita nella casa di fronte non ho idea di chi sia, ma dato che siete tutti qui all’una di notte immagino che sia uno che vale un mucchio di soldi…’ Riuscì a vedere la rabbia che gli saliva e ne fù anche felice, quel bastardo si meritava quello ed altro, ‘Guarda che se mi stai prendendo in giro te la faccio pagare’ gli disse lui con gli occhi ridotti a due fessure, ‘Mettilo in conto…’
    Sbattè la porta e aspettò qualche secondo, non era sicura che se la fosse bevuta ma quando riguardò dal vetro lui stava attraversando la strada verso gli altri.
    Quando si girò Michael era in piedi sulla porta del salotto con un’espressione incerta sul viso. ‘Non sono una di loro stai tranquillo, lo sono stata per questo conoscevo quel tizio ma ora sono fuori da tutto stò schifo’ gli passò accanto e si diresse in cucina, si aspettava di sentire la porta richiudersi e vederlo attraversare la strada invece sentì i suoi passi raggiungerla. ‘Ho visto le macchine fotografiche, adesso cosa farai mi chiederai l’esclusiva per l’aiuto?’

    Non riusciva a crederci, si era infilato nella tana del lupo come un coniglio impaurito, aveva sentito la conversazione e la situazione non gli piaceva per niente anche se che quella ragazza potesse essere una di loro non gli era mai passato per la testa. Era stato duro e diretto, forse anche troppo ma lei non sembrava essersene accorta, ‘Ti va un tea?’ gli chiese mentre accendeva un bollitore elettrico e si sedeva al tavolo facendogli segno di sedersi. Non riusciva a capire la situazione, non sapeva cosa dire e non sapeva come togliersi di lì senza peggiorare le cose, ma fù lei a iniziare a parlare. ‘Senti le macchine fotografiche ci sono perché sono una fotografa… di moda. Conosco quei tizi perché ho fatto anche quello ma sono anni che non faccio una foto del genere. Sei libero di non credermi e andartene ma se vuoi ancora quel tea io sono Monica’ gli porse una mano sopra il tavolo. Lui la fissò per qualche secondo, sembrava sincera e infondo era andato a cercare aiuto da lei solo in base al suo stomaco. Aveva avuto una bella sensazione quando l’aveva vista la prima volta fuori casa sua, sembrava una ragazza normale con la quale magari avrebbe potuto anche parlare senza essere fissato come un alieno, l’aveva osservata in quei giorni, non che avesse di meglio da fare dato che era relegato in quella casa, l’aveva vista entrare e uscire, sempre sola e con un sacco di borse con sé, niente che potesse fargli pensare che fosse una serial killer o una fanatica, infondo lei viveva lì ben prima di lui e l’unica sua colpa era quella di sapere perfettamente chi aveva di fronte come il resto del mondo del resto. Gli strinse la mano mettendosi di fronte a lei, ‘Michael ma questo già lo sai…’

    La sua mano era grande, enorme intorno alla sua, lui sembrava studiarla mentre gliela stringeva e non lo biasimava, infondo lei era solo una tizia con un sacco di macchine fotografiche per casa e come primo approccio con lui non era un granchè. Si alzò e preparò le tazze, se avesse potuto si sarebbe sotterrata sotto una montagna, sentiva il suo sguardo curioso e timoroso addosso e non sapeva bene che dire o come comportarsi. Non sapeva che atteggiamento avere con lui, lui era il Re, lui era conosciuto in ogni angolo del pianeta e lei una cretina che gli stava preparando del thè! ‘Vieni, andiamo in salotto…’ Lui la seguì come se fosse la cosa più ovvia del mondo, si sedette dall’altro lato del divano e prese la tazza che lei gli porgeva. Sorrise prendendo un sorso, ‘E quindi io sarei il tuo ragazzo…’ sentì immediatamente le guance in fiamme, ok aveva detto una bella cavolata, ‘E di quale donna non lo sei stato almeno per un giorno nei loro sogni?’ Scoppiò a ridere, una risata fresca, contagiosa, leggera come il vento.
    Da lì in avanti fù tutto molto più semplice. Si ritrovò a parlare con lui come se lo conoscesse da anni, da sempre, non c’era più il Re su quel divano, c’era un uomo che forse erano giorni che non parlava con qualcuno che con fosse del suo staff, c’era un uomo che rideva imbarazzato comprendosi la bocca con una mano, un uomo che la fece sentire spensierata come non si sentiva da anni. 'Quindi fai la fotografa... di moda...' disse enfatizzando con la sua voce sottile l'ultima parola. Lei gli indicò una foto appesa al muro affianco al televisore, nell'immagine lei sorrideva divertita affianco ad un ragazzo dai fini tratti asiatici, 'Lui è Jay, il mio socio, è lui la mente io metto solo su pellicola le sue idee. Abbiamo aperto da poco un piccolo atelier negozio, lo stile è un po' particolare ma ci stiamo inserendo bene tra i rocker chic di Londra...'. Michael continuò a osservare le foto appese al muro, gli piaceva sbirciare nella vita degli altri, non per curiosità morbosa ma solo per cercare di capire come vivevano, cosa pensavano e come reagivano alle cose semplici della vita che spesso a lui erano precluse.
    Dopo due ore erano ancora seduti su quel divano a commentare un vecchio film in tv, a mangiare biscotti e a raccontarsi pezzetti di vita, una situazione talmente normale, talmente serena che lei si addormentò cullata da quella voce.

    Quando si svegliò la luce entrava prepotente dalla finestra e il campanello suonava impazzito. Nella frazione di secondo in cui aprì gli occhi pensò di essersi addormentata davanti alla tv come al solito e di essersi sognata tutto ma appena mise a fuoco la stanza vide le due tazze sul tavolo e per la prima volta, da non sapeva nemmeno lei quanto, si alzò con il sorriso. Quando aprì la porta si ritrovò di fronte un tizio vestito da cucina con in mano un enorme vasoio, ‘E’ lei Monica? La sua colazione, dove posso metterla?’ lei lo guardò scioccata indicandogli il tavolo del salotto. Non fece in tempo a chiedere spiegazioni che lo strano tipo aveva già infilato la porta e le scale, e sempre più scioccata alzò il coperchio del vassoio. Due piccole caraffe erano piene a metà di caffè e latte, pane tostato e marmellata e un piatto pieno di tortini di frutta di cui lei andava semplicemente matta. Ma la sua attenzione volò immediatamente al bigliettino e al rametto di mughetto che accompagnavano il tutto.
    Volevo solo aver modo di ringraziarti perché la serata è stata piacevolmente normale. E non mi capita tanto spesso.. La colazione l’ho scelta io, il fiore non poteva essere che questo… Sono in debito, per qualsiasi cosa devi solo attraversare la strada… Grazie. Michael.
    Rimase a fissare il tutto a bocca aperta, si rigirò il mughetto tra le dita, uno dei suoi preferiti, il suo profumo preferito e lui lo aveva sentito e riconosciuto.

    Finalmente era riuscito a mettersi al piano, aveva suonato vecchi pezzi e aveva anche buttato giù qualcosa di nuovo, erano ormai ore che stava lì seduto, non si era nemmeno avvicinato al letto, dopo essere tornato a casa si era fatto una doccia e si era subito messo lì. Alzò lo sguardo sulla finestra proprio nel momento in cui Monica stava uscendo di casa, rimase di sasso vedendola uscire con il vassoio in mano e attraversare la strada. Scese le scale quasi di corsa, si aspettava una sfuriata, il caratterino sicuro non le mancava, magari si era sentita offesa o semplicemente non aveva capito il suo gesto ma quando la governante aprì la porta lei stava sorridendo divertita. ‘Immagino che tu non abbia ancora fatto colazione, come non hai ancora toccato il letto… Stamattina un folletto mi ha portato tutta questa roba ti va?’
    Si mise a ridere divertito, era veramenete un bel tipino quella ragazza, Angela prese il vassoio e si diresse con un mezzo sorriso verso il giardino, dove di solito lui faceva colazione, per preparare il tavolo. Uscirono nel piccolo giardino e subito fuori la vide rabbrividire, ‘Aspetta… Tieni…’ gli disse porgendogli un cardigan. Si sedettero al tavolo e lei lo fissò stranita. ‘Sei umano vero? Non sono vere le storie che sei mezzo alieno eh?’ Lui scoppiò a ridere come non mai, era veramente strana e lo faceva ridere da matti, ‘Perché?’ gli chiese ridendo ma lei era seria, anzi serissima. ‘Sei sempre cosi? Cioè ci conosciamo da poco più di 12 ore e mi hai già mandato a casa le tortine di frutta che amo, hai sentito il mio profumo e mi hai mandato il fiore, ora non ho fatto nemmeno in tempo a rabbrividire che mi stavi già porgendo il maglione… Tu non puoi essere umano né tantomeno del genere maschile…’ Michael sorrise arrossendo leggermente, ‘Sono solo attento tutto qui, noto le cose e a volte mi piace anche far vedere che le noto e per le tortine… piacciono anche a me, ho solo seguito i miei gusti…’
    Fecero colazione ridendo e scherzando, ogni tanto lui notava gli sguardi sempre più curiosi che lei gli lanciava e gli piaceva quel gioco, era intrigante vedere come lei si trattenesse dal fargli mille domande. ‘Oddio è tardissimo!! Dobbiamo andare nel Sussex per un servizio e Gok sarà qui tra mezz’ora…’ erano stati almeno un paio d’ore in giardino e il tempo sembrava volato, l’accompagnò alla porta salutandola con un bacio sulla guancia che la fece arrossire, adorava metterla in imbarazzo le dava un’espressione fiabesca al volto.
    Lei doveva ancora entrare in casa che lui aveva già il telefono in mano, ‘Ciao, si voglio prendere un appuntamento con uno stilista, ho visto delle foto so che si chiama J ma non so altro, mi trovi un numero di telefono… Si per questa settimana il prima possibile.. Ok richiamami…’

    Salì in macchina con un sorriso raggiante, J la guardò storto partendo, ‘Che hai da ridere? Stiamo andando nel Sussex tu odi il Suxxes… Non è normale quella faccia…’ Monica si mise a ridere, era vero, non era normale quel sorriso per lei ma quella giornata era iniziata benissimo e non ci sarebbe stato niente che le avrebbe tolto quell’espressione dalla faccia, ‘Niente… Sono allegra è cosi strano? Ok… ho conosciuto un ragazzo, abbiamo fatto colazione insieme tutto qui…’ J la guardò di traverso, ‘Non l’hai sbattuto fuori casa a calci?? Bhè stai facendo passi avanti..’ disse ridendo. Aveva ragione, era già di per sé molto raro che lei uscisse con qualcuno ed era impossibile che arrivasse alla colazione, non dava confidenza a molte persone e di solito non lasciava avvicinare nessuno, teneva perennemente le distanze e le era sempre stata rimproverata la sua freddezza. ‘No ci ho solo fatto colazione insieme..’ disse guardando la città scivolare fuori dal finestrino, infondo sarebbe stato un bel week end.
    Entrarono nel palazzo del loro ufficio dopo 3 giorni estenuanti, era fine settembre e a Londra c’era ancora qualche pomeriggio di sole, mentre nel Sussex c’erano solo freddo nebbia e pioggia. Ann era seduta come al solito alla scrivania all’ingresso ma quando Gok entrò la trovò estremamente nervosa, ‘J c’è una persona che ti aspetta…’ non fece in tempo a finire che lui già era entrato nel grande ufficio ed era rimasto paralizzato. Michael Jackson stava seduto sulla poltrona con le braccia incrociate, gli porse una mano che J strinse quasi tremando, ‘Salve, avevo un appuntamento per mezz’ora fa’ gli disse sorridendo. Monica salì i due piani carica di borse e attrezzature, mollò tutto all’ingresso ed entrò in ufficio, ‘Possibile che devo sempre portare tutto io??’ Rimase paralizzata quando vide Michael lì seduto che parlava con J, ‘Ah eccoti, lei è Monica la mia socia nonché la fotografa della casa…’ la presentò lui, Mike si girò tranquillamente con un sorriso biricchino sul volto, no non poteva assolutamente andare in giro liberamente con quel sorriso, gli serviva il porto d’armi per quello…
    ‘Cosa ci fai tu qui?’ gli disse piano avvicinandosi, lui si mise a ridere, ‘Sono felice anch’io di rivederti… Sono venuto a dare un’occhiata ai vostri abiti’ gli disse sventolando le bozze che J gli aveva mostrato, ‘Gran bei vestiti..’
    Rimase per un po’ nella stanza mentre loro due parlavano fitto di quei vestiti, ma lei non stava sentendo una parola, finchè J non si allontanò per andare a prendere dei vestiti da fargli provare, solo a quel punto lei gli puntò gli occhi dritti nei suoi, ‘Cosa sei venuto a fare?’ Michael rimase spiazzato, ‘Vestiti… Credo…’ Lei non potè fare a meno di scoppiare a ridere, ‘Come credo??’ Michael sorrise imbarazzato abbassando lo sguardo, ‘Bhè ero curioso di vedere i vostri lavori e… di rivedere te…’

    Infondo non era stata una brutta idea, i vestiti gli piacevano sul serio e anche lei, forse aveva azzardato un po’ troppo a presentarsi lì cosi ma voleva rivederla. Nei giorni successivi a quell’incontro si sentirono spesso per telefono, ogni volta la chiamata iniziava per misure, colori o stoffe e finiva molto tempo dopo con risate e scherzi. E con la stessa scusa i loro incontri divennero una piacevole abitudine per entrambi. Mike con lei riusciva ad abbattere quel muro di timidezza che spesso lo aveva isolato e lei, dall’altro lato, stava imparando ad esprimere in piccoli gesti le emozioni che provava. ‘Sei a casa?’ disse svelto lui appena lei alzò il ricevitore, ‘Si e lo sai, stai guardando dalla finesta…’ Ormai conosceva quel genere di telefonate, aveva in mente qualcosa. ‘Allora ti aspetto’ tagliò corto lui mettendo giù il telefono. Si decisamente aveva in mente qualcosa. Si vestì velocemente e attraversò la strada, non fece nemmeno in tempo a bussare che la porta si spalancò e si ritrovò di fronte Mike in giacca, ‘Non mi hai detto di vieni qui? Cosa devo fare la bada alla casa mentre sei via?’ Lui rise scuotendole un mazzo di chiavi davanti al naso, ‘Lo sai guidare un Suv vero?’ Ci misero dieci minuti solo ad uscire dal garage, per cercare le luci erano finiti per incastrarsi tipo twister nel posto guida tra risate e solletico ma alla fine riuscirono ad immettersi nel poco traffico serale. I patti furono subito chiari, lei avrebbe guidato, lui avrebbe messo su i cd, dopo 2 ore stavano ancora vagando per la città chiaccherando. ‘Ho fame…’ Monica rise scuotendo la testa, si avviò verso casa e al primo fast food accostò ed entrò, quando tornò in auto Mike la guardò con lo sguardo interdetto, ‘Io non mangio quella roba’ lei partì senza considerarlo e un minuto dopo erano dentro al garage di Mike. ‘Io credo di sì invece…’ e gli infilò in bocca una patatina fritta mettendosi a ridere, Mike la fissò mentre masticava in silenzio poi la guardò sorridendo ‘Ok, credo che mangerò!’ Scavalcarono i sedili anteriori e si sistemarono sui posteriori a mò di divano chiusi nel semi buio del garage. Continuarono a mangiare e a ridere prendendosi in giro finchè Mike non divenne improvvisamente serio, ‘Grazie per la serata, avevo bisogno di uscire un po’. Posso farlo quando voglio con Paulie ma… con te è diverso, posso ridere ed essere me stesso mentre con lui… Bhè gli pago lo stipendio…’ Forse solo in quel momento Monica si rese veramente conto di cosa significasse vivere in quel modo, isolato, servito e riverito per il semplice fatto di avere soldi e fama, senza qualcuno di cui potersi fidare senza avere dubbi. Lo abbracciò più stretto che potè, sentì ogni muscolo del suo corpo scioglersi tra le sue braccia e fece fatica a ricacciare indietro le lacrime. Quando si lasciarono andare Michael sembrava decisamente imbarazzato, ‘Scusa… non volevo farti piangere…’ lei si spazzò via una lacrima in bilico sull’occhio e gli regalò un meraviglioso sorriso, ‘Appunto, non lo hai fatto!’.

    La sfilata si avvicinava a grandi passi e lei aveva sempre meno tempo libero, ma questo non cambiava le cose dato che ogni scusa era buona, come quel pomeriggio quando Mike andò a provare gli abiti che aveva ordinato. Erano splendidi non c’era che dire, mano a mano che li indossava gli piacevano sempre di più e sicuramente questo era anche dovuto dagli sguardi di approvazione che lei gli lanciava ad ogni cambio. Solo a prova finita riuscirono a restare soli dopo che J se n’era andato per raggiungere la location della sfilata del giorno dopo. ‘Sono splendidi, non potevate fare lavoro migliore’ disse mentre usciva dal camerino sistemandosi la camicia, Monica stava seduta per terra al centro della stanza e lo guardava con aria divertita, ‘Che c’è??’ lei si alzò piano e gli si mise di fronte, le sue mani salirono sicure verso il suo collo sistemandogli la camicia procurandogli un repentino innalzamento dei battiti cardiaci, ‘Guarda che non devi prenderli per forza’ gli disse quasi sussurrando. Lui la guardò stupito, ‘Certo che devo, li adoro! Anzi, ho parlato con J, abbiamo pensato che potrei venire alla sfilata se per te non è un problema…’ Lei lo guardò a bocca aperta, ‘Dici sul serio?’ Mike si infilò le mani nelle tasce abbassando il viso con aria furbetta, ‘A condizione che però stasera stai con me… e non si parla di lavoro ok?’ Lei gli porse una mano che lui prese immediatamente, ‘Affare fatto! Cos’ha in mente Mr. Jackson?’ Quella che lui aveva in mente era una semplicissima serata alla Michael, se cosi si può dire, si caricarono di schifezze e si chiusero in quella che in teoria doveva essere la sala video ma che dopo il passaggio di Mike era diventata un mini parco giochi. Un enorme letto colorato stava in mezzo alla stanza, tutto intorno c’erano centinaia di dvd sparsi su mensole, pavimento e mobili, un enorme ET svettava affianco alla finestra col dito puntato al di fuori e i muri erano pieni di poster e disegni probabilmente fatti da fans. ‘Dai scegli un film’ le disse Mike buttandosi sul letto, ‘Qui è impossibile quasi trovare te in tutto questo caos, cosa dovrei trovare scusa?’ Lui si mise a ridere, ‘Avanti qualcosa troverai, è la tua serata quindi il film lo scegli tu’ disse infilandosi un pezzo di cioccolato in bocca. Monica iniziò a vagare per la stanza guardando le varie pile di dvd, stava quasi per buttarsi sul letto e rinunciare quando alzò una copertina con gli occhi che le brillavano, infilò il dvd nel lettore senza dire parola e si sdraiò accanto a Mike, ‘Pronto per il mio film preferito in assoluto?’
    Quando il film partì Mike scoppiò in una risata contagiosa, ‘E questo sarebbe il tuo film preferito?’ lei lo guardò con un’aria finta offesa che lo fece subito smettere di ridere, ‘La fabbrica di cioccolato è anche uno dei Miei preferiti…’ scoppiarono a ridere e si concentrarono sul film. Fù forse la magia del film o lui che profumava di popcorn al caramello e cioccolato ma le venne quasi spontaneo appoggiare la testa sulla sua spalla e lasciarsi cullare dal suo respiro tranquillo fino a scivolare lentamente nel sonno. Quando si svegliò la stanza era buia, solo uno spicchio di luce proveniva dalla stanza accanto da cui arrivava fiebile anche il suono di un piano, si alzò piano e si affacciò sulla porta, Michael sedeva scomposto al piano e suonava una melodia dolce. Entrò in punta di piedi e senza che lui se ne accorgesse gli si sedette accanto, la salutò con un sorriso dolce e caldo, come forse non gli aveva mai visto sul volto, continuò a suonare ma le prese una mano e la poggiò lieve sulla sua che si muoveva sinuosa sui tasti. Sentire la sua mano muoversi veloce sui tasti, muoversi con lui, la stava rendendo nervosa come non lo era mai stata in vita sua, c’era qualcosa di magico in lui e qualcosa di ancora più emozionante nel vederlo e sentirlo suonare. La melodia cambiava velocemente ma il suo tocco restava sempre lo stesso, leggero e sinuoso come se il piano fosse solo un’illusione e la musica gli uscisse direttamente dalle dita, Monica sentiva il suo cuore aumentare i battiti ogni secondo di più, ogni barriera che lei aveva diligentemente costruito in quelle settimane stava crollando miseramente davanti ai suoi occhi dolci e al suo respiro che accompagnava ogni nota. Michael sarebbe restato lì tutta la notte, le sue mani piccole e fredde sopra le sue sembravano guidarlo tra tutte quelle note e in un attimo si rese conto di essersi illuso, illuso di poterle essere amico, di poterle stare accanto senza perdere il controllo, illuso di non innamorarsi più della persona sbagliata. Non che per lui Monica fosse sbagliata, anzi, era lui ad essere sbagliato per lei. Cosa poteva offrire lui ad una ragazza cosi piena di vita come lei? Isolamento, reclusione, fughe, caos, isterismo. Ecco qual’era il suo bagaglio e non avrebbe potuto separarsene nemmeno volendo. Questo era il pacchetto Michael Jackson e di sicuro a lei non sarebbe bastato. Voleva interrompere quella magia, o meglio doveva farlo, si girò verso di lei fermando le mani sui tasti e partì con un beatbox improvvisato. Leì lo guardò spalancando gli occhi e scoppiando a ridere fragorosamente, lui la seguì provocando altre risate. ‘Ok.. Basta, tu domani hai una sfilata quindi adesso fili di là a dormire’ le disse porgendole una mano ed aiutandola ad alzarsi. Si rimisero sul letto e nel giro di pochi minuti si assopirono entrambi come due bambini.
    Quando Monica si svegliò il mattino successivo Mike dormiva ancora, lo salutò con un bacio sulla guancia a cui lui rispose con un mugugno non definito, quindi corse a casa a prepararsi per la grande giornata che l’aspettava. Si buttò immediatamente sotto la doccia, lasciandosi accarezzare dall’acqua tiepida, e dalle immagini della serata precedente. Averlo cosi vicino le aveva provocato sensazioni contrastanti, da un lato l’emozione del suo sguardo e del suo tocco, dall’altro il rifiuto per quell’atmosfera cosi magica. Aveva lottato tutti quegli anni per crearsi una corazza spessa abbastanza da proteggerla, non si fidava degli altri, non voleva fidarsi soprattutto degli uomini, si era sentita troppe volte in passato oppressa, prevaricata e usata. Ma con Mike quei muri erano crollati come un castello di carte, forse per il suo sguardo puro e privo di malizia o forse per i suoi modi delicati e attenti. Non sapeva bene quale era il motivo ma aveva lasciato andare la sua fantasia per un attimo e si era chiesta se non fosse potuto esserci qualcosa di più tra loro. Si infilò l’accappatoio e andò in cucina a preparare un caffè, accese la radio e le note di Human Natur riempirono la casa riportandola indietro dal mondo dei sogni. La risposta era lì davanti a lei. Michael era la persona più splendida che lei avesse mai conosciuto, amava tutti incondizionatamente mentre lei aveva la propensione ad amare di una pianta d’appartamento. Lui era bellissimo e geniale in tutto quello che faceva mentre lei era l’emblema assoluto della mediocrità. Erano due mondi completamenti diversi che solo in certi momenti, come la sera precedente, si sfioravano. Quei pensieri la risvegliarono come una doccia fredda. Non poteva permettersi a 28 anni suonati di fantasticare ancora sul principe azzurro, non poteva esporsi così tanto nemmeno con lui. Erano amici punto e basta. Richiuse violentemente il cassetto delle fantasie e tornò con i piedi per terra, aveva una sfilata da concludere, Far Away Land poteva aspettare.

    Era tutto perfetto, le luci, la passerella tutto esattamente come lo aveva pensato nella sua testa, all’entrata J accoglieva gli invitati e lei faceva foto, tutto tranquillo tranne il fatto che Mike era stato tutto il giorno irreperibile e loro non sapevano più a che santo votarsi. Poi un grosso Suv nero comparve davanti a loro, quel Suv, e Michael splendido in un loro completo scese con un sorriso a 36 denti. Lo guardò avvicinarsi a loro con il sorriso sulle labbra, J era vicinissimo ad un infarto quando lui lo abbracciò per salutarlo poi si girò verso di lei nascosta dietro all’obiettivo della macchina fotografica. Abbassò la macchina un secondo prima che lui la abbracciasse, ‘Pensavi avessi cambiato idea eh?’ gli sussurrò all’orecchio in quei brevi istanti in cui furono stretti, non potè far altro che sorridergli, quella faccia biricchina e quel sorriso non meritavano un secondo di rancore.
    Fece foto alla sfilata consapevole del suo sguardo addosso, finchè all’improvviso all’attacco di Ignition si alzò con tutto il suo staff e si dirisse verso l’uscita lasciando tutti di sasso.
    <sembra che il Sig. Jackson non abbia affatto gradito lo spettacolo stà infatti lasciando la sfilata con fare stizzito, in diretta qui per voi su Fashion TV>
    Metà della gente in sala si diresse verso l’uscita subito dopo di lui, che diavolo stava facendo? Continuò a fare foto cercando di concentrarsi sulle modelle e sulla sua musica che non spariva cosi da un momento all’altro come lui finchè non si spensero completamente le luci e solo lì capì. Mike uscì a passo lento dal sipario con due modelle ai lati, camminò sicuro su tutta la passerella calandosi il cappello alla fine, ritornò indietro e si fermò a pochi passi dal back stage allargando le braccia e chiamando J. Era stato incredibile, splendido e angelico come se fosse nato per farlo. Le allungò una mano per farla salire sulla passerella e quella sua stretta forte ma delicata la fecero sussultare, poteva un uomo racchiudere in sé cosi perfettamente forza e dolcezza allo stesso tempo?
    Ci fù un vero e proprio boato di applausi che finirono solo quando ormai erano tutti dietro le quinte.

    Era stato incredibile! La faccia della gente era stata incredula fino all’ultimo e anche quella di Monica quando lo aveva visto lì sopra. Non fece in tempo a finire il pensiero che lei gli corse incontro saltandogli al collo, ‘Sei stato incredibile!!’ lui la strinse un attimo a sé prima che lei si spostasse per guardarlo in viso, ‘Grazie…’ lui non fece altro che riprenderla per un braccio e riportarla tra le sue stringendola, sembrava fatta apposta per prendere posto tra le sue braccia. ‘Vado a cambiarmi non scappare ok?’ le sorrise tenendogli una mano, e dove sarebbe potuto scappare ormai?
    Pressato da mille fotografi e intervistatori non vedeva l’ora di andarsene, ci sarebbe stato un party dove aveva intenzione di restare il minimo indispensabile ma quando la vide uscire dai camerini si ricredette, sarebbe potuto restare lì anche tutta la vita con lei. Lei e J erano vestiti praticamente uguali, un frak nero con gli interni rossi e la doppia coda con tanto di cilindro in testa. Sorrise quando lei gli andò incontro, era splendido l’accostamento del vestito maschile con il suo viso delicato e il suo sorriso.
    Se fosse stato solo quell'accostamento forse si sarebbe salvato. Ma appena entrati in auto il suo profumo gli entrò in testa prepotentemente e il pizzo rosso che a tratti sbucava tentatore dalla scollatura della giacca non lo aiutavano di certo. Il party era in uno splendido giardino di Kensington, ma il suo umore era piano piano peggiorato durante la festa, si sentiva decisamente un cretino, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, continuava a cercarla tra la gente, ad osservare ogni suo movimento, ad aspettare di incrociare i suoi occhi. Era affascinato da quella nuova e intrigante versione di lei e dagli sguardi che lei gli lanciava incurante di essere vista. Stava diventando un gioco perverso di occhiate e la cosa lo eccitava parecchio, peccato che non sarebbe mai stato in grado di prendere la situazione in mano lì, c'era troppa gente e troppi occhi puntati su di lui. Fece un cenno a Paulie e attraversò la sala diretto verso di lei, incrociò i suoi occhi e non li lasciò finchè non le fù di fronte. 'E' meglio che vada...' abbracciò Jay e subito dopo lei, le passò una mano dietro il collo e l'altra attorno alla vita tirandola verso di sè, ' Sai essere molto, molto pericolosa...' le sussurrò all'orecchio prima di darle un bacio leggero su una tempia e prima che lei potesse dire niente si girò e si allontanò verso la porta posteriore da cui erano entrati. Jay rimase a fissarla per qualche momento, ' Pensi di fare qualcosa o lo lasci andare via così?' non sapeva bene cosa avrebbe fatto ma diede il bicchiere che aveva in mano a J e imboccò l'uscita. Quando arrivò nel vicolo dietro il locale l'auto di Mike era ancora lì, la sua guardia del corpo stava salendo e lei gli prese lo sportello dalle mani infilandosi all'intero e chiudendoselo alle spalle. 'Paulie puoi lasciarci soli un attimo?' gli occhi azzurri della body guard passarono veloci da lei a Mike e senza dire una parola scese dall'auto. Restarono un attimo in silenzio, spalla contro spalla finchè lei non si giro e incrociò il suo sguardo, ora sapeva esattamente cosa fare. Si avvicinò sicura appoggiando le labbra sulle sue, non sapeva come avrebbe reagito ma quando sentì la sua lingua cercare disperatamente la sua dimenticò ogni cosa. Lui le passò una mano dietro al collo e la tirò ancora più verso di sè rendendo il loro contatto ancora più profondo e quel bacio ancora più sensuale. Senza lasciare le sue labbra si mise a cavalcioni sopra di lui, le sue mani andarono a slacciarle i bottoni della giacca per poi passare al suo seno, avide a tal punto da passare sotto il sottile pizzo che lo ricopriva. Immediatamente avvertì su di se il premere furioso della sua eccitazione rinchiusa ancora nei pantaloni, si scostò quel tanto da permetterle di infilare le mani tra i loro corpi e lentamente ma inesorabilmente aprì i suoi pantaloni liberandolo da quell'ultima costrizione. Lasciò le sue labbra, ma non i suoi occhi, per inginocchiarsi tra le sue gambe e quando prese possesso di lui lo vide buttare la testa indietro sul sedile soffocando un gemito. La consapevolezza della sua eccitazione tra le sue labbra la stava facendo impazzire e fu ben felice di seguire le sue mani che la tiravano verso di sè. Si liberò in fretta dei pantaloni mentre lui appoggiava il viso sul suo ventre baciandola piano, tornò sopra di lui con un unico e fluido movimento che li lascò entrambi senza fiato. Le sue mani sui fianchi dettavano il ritmo dei loro corpi e dei loro respiri sempre più affannati finchè il piacere non le esplose per tutto il corpo trascinando anche Michael in quel meraviglioso oblio. Restarono fermi, uniti finchè i loro respiri non rallentarono, Michael le accarezzava piano la schiena come se con la punta delle sue dita stesse disegnando immagini a lei invisibili. Si ricomposero in silenzio, guardandosi a volte imbarazzati come due adolescenti, 'Devi rientrare per forza?' quelle parole la svegliarono da quel sogno che era stata l'ultima ora, 'Credo di sì... Se non voglio che a J venga un colpo...' lui le prese il viso tra le mani, stretto, 'Posso chiamarti domattina? se non fosse successo tutto quello che era successo quella sarebbe stata una domanda infinitamente ovvia, 'Non puoi, devi.'

    Edited by marigold80 - 2/9/2010, 19:17
     
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  2. V e l e n o
     
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    Eccola qua :wub:
    Una delle prime FF "diverse" che ho letto :wub: Diversa perché riesce a trattare anche altri argomenti al di là dell'amore che lega i due protagonisti :wub:

    E mi sono innamorata subitodi lei... E della sua scrittrice
     
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  3. marigold80
     
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    :--: Tesoro mio....
    Sei stata una delle prime a leggere e ad apprezzare questa mia prima storia. E non mi sembrava vero.
    Ho sempre preso il tuo giudizio, il tuo parere, in grande considerazione Giù...
    Quel tuo cervellino... Lo amo da impazzire.... :wub:
     
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  4. marigold80
     
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    Si svegliò di soprassalto, Paulie stava bussando alla porta della sua stanza quasi volesse buttarla giù e lo chiamava a gran voce. Si alzò controvoglia, non aveva dormito molto, aveva ancora il suo profumo addosso e ogni volta che provava a chiudere gli occhi le immagini della serata precedente gli innondavano la mente. Si era chiesto in continuazione come affrontare l'argomento alla luce del nuovo giorno, se dovesse classificare la serata come sesso o come qualcosa di più, l'unica cosa di cui lui era certo era che se la Monica delle scorse settimane aveva conquistato la sua mente ed era entrata con passi felpati nel suo cuore, quella della sera precedente era entrata di forza in ogni cellula del suo corpo.
    Quando aprì Paulie aveva una faccia tesa e preoccupata, ‘Mike è successo qualcosa qui di fronte c’è la polizia e un’ambulanza’. Michael attraversò tutta casa di corsa per arrivare alle finestre che davano sulla strada, due auto della polizia e un’ambulanza con le luci accese stavano lì sotto e il portone di casa di Monica era spalancato. Rimase pietrificato, avrebbe solo voluto buttarsi in strada e sapere se stava bene, Paulie gli si mise alle spalle, ‘Vado…’ acconsentì con un gesto del capo, non riuscì a fare di più. I minuti che passarono gli parvero infiniti, vide Jay entrare in casa di corsa e dopo qualche minuto il telefono suonò. ‘Non mi possono dire niente, la stanno portando all’ospedale, Jay è qui gli devo dire qualcosa?’ Michael si coprì il volto con le mani cercando di restare calmo, ‘Falla portare al St. Mary e vienimi a prendere..’ Sentì Paulie parlare con J poi ci fù un attimo di silenzio, ‘Ok, la stanno portando lì.. Mike… E’ stata aggredita in casa…’.
    ‘Ho detto vienimi a prendere’ Michael chiuse la telefonata accasciandosi a terra e iniziando a piangere… Se solo lui non se ne fosse andato via da quella festa, se solo l’avesse portata a casa con lui…
    Arrivò all’ospedale 20 minuti dopo, quando entrò nell’ufficio del Dott.Carson J era già seduto, si sedette accanto a lui e aspettò che il medico gli desse qualche notizia. ‘Salve, ciao Michael… Allora, la signorina è nella stanza che mi avevi indicato, era molto agitata quindi per fare gli esami del caso abbiamo dovuto sedarla leggermente, la buona notizia è che non c’è stata violenza sessuale anche se c'è stata sicuramente attività nelle ore precedenti l'aggressione. Ha echimosi su buona parte della schiena e sul ventre, probabilmente causate da calci, e poi c’è l’occhio… E’ molto gonfio, non sappiamo esattamente come siano le condizioni dell’occhio all’interno, dobbiamo aspettare. Poi c’è quello che a mio dire è il problema più grosso per il momento… Diciamo che non è esattamente loquace, quindi vi pregherei di starle vicino nelle prossime ore, verrà la polizia nel pomeriggio per cercare di avere una deposizione ed è meglio che ci sia qualcuno con lei.’
    Michael aveva ascoltato tutto in religioso silenzio, non sapeva bene che dire, si sentiva il cuore in gola e una rabbia che raramente nella sua vita aveva provato. ‘Se volete vederla potete salire, terzo piano camera 12’ si alzarono quasi contemporaneamente dalla sedia ma il dottore lo fermò sulla porta. ‘Michael ho preso i provvedimenti che di solito prendo con te, l’ospedale è chiuso a chiunque non sia registrato. Ma la polizia sarà qui oggi e sicuramente anche nei prossimi giorni, posso sapere che rapporto hai con questa ragazza?’ Michael si lasciò cadere di nuovo sulla poltroncina, 'Don, ho avuto io rapporti con lei ieri sera... lo so che può essere un problema...' il medico si passò una mano sul viso stanco, ‘Lo vorranno sapere.... E non è un'informazione che posso omettere. Faremo il possibile Michael, davvero’.
    Si sedette su una delle poltroncine affianco al letto, J sedeva in silenzio dall’altro lato. Vederla in quel letto cosi fragile lo rendeva dannatamente nervoso, avrebbe voluto sdraiarsi accanto a lei, abbracciarla, dirle che sarebbe stato sempre li se lei ne avesse avuto bisogno. Ma non lo fece, rimase invece seduto li a fissare la finestra e lei, ad aspettare. Quando Monica si svegliò sembrava un’altra persona. Rispondeva a monosillabi e dello sguardo dolce e curioso di due sere prima non era rimasto nulla. Era rimasto spiazzato davanti a tutta quella freddezza nei suoi confronti, era come se all’improvviso fossero due perfetti sconosciuti. Le avrebbe dato tempo, ma voleva assolutamente parlare con lei di quello che era successo e del fatto che lui si sentisse terribilmente in colpa. Quello che accadde da lì a poche ore non fece altro che peggiorare il suo senso di colpa. La polizia aveva mandato un giovane commissario a seguire il caso, lo aveva tempestato di domande a cui lui aveva fatto una fatica immensa a rispondere, si sentiva per l'ennesima volta come sotto una lente di ingrandimento e per giunta stavolta si parlava della sua più intima privacy. Fortunatamente il commissario Ribbon sapeva che non era lì che doveva cercare e si chiuse nella stanza per poter parlare direttamente con lei. Quando ne uscì quasi un'ora dopo aveva un nome, Maurice De Gaul professione: fotografo.
    Quando senti quel nome gli si gelò il sangue nelle vene, ricordava perfettamente il loro primo incontro e con esso anche la discussione che lei aveva avuto con quel fotografo proprio per difenderlo. <te la farò pagare> le aveva sibilato lui, <metti in conto> gli aveva risposto lei.
    Ecco servito il conto.

    L’occhio non aveva nulla di serio e i lividi si stavano piano piano riassorbendo quindi dopo 3 giorni di riposo il Dott. Carson decise per le dimissioni ma con Maurice ancora in circolazione il commissario le chiese gentilmente di evitare di tornare nel suo appartamento, era questione di pochi giorni ormai, lo avrebbero rintracciato, ma non voleva che lei corresse nessun rischio. La discussione si protraeva ormai da quasi un’ora, J si era offerto di ospitarla ma lui non sarebbe stato molto presente a causa delle sempre maggiori richieste dopo la sfilata e Michael aveva solo sussurrato l’idea di farla andare da lui. Ma lei sembrava non ascoltare una parola di quello che loro stavano dicendo.
    ‘Torno in Italia’ quelle parole risuonarono nel trambusto della stanza, immediatamente i loro sguardi si posarono su di lei , era serissima. Jay la guardò allibito ‘Stai scherzando vero?’. Ovviamente non lo stava facendo e Gok stava per perdere le staffe, ‘No, torno in Italia appena esco di qui’ Michael non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere, stava seduto ad ascoltare e i suoi pensieri andavano a mille. ‘Siamo alle solite quindi. Scappi, ti nascondi. Butti all’aria tutto piuttosto che accettare l’aiuto di chi ti vuole bene’ ormai Jay stava urlando ‘’Siamo qui e cerchiamo di fare il meglio per te, ti stiamo vicino ma come al solito tu te ne freghi, più uno si avvicina e più tu corri lontano!’ Mike non sapeva come interrompere quella discussione, J ormai era a lato del letto e le stava urlando in faccia. ‘Non ti ho chiesto niente voglio solo tornarmene a casa’ Quelle parole furono decisamente di troppo. Jay le si parò davanti ‘Sai una cosa? Mi hai proprio stufato! Fai quello che ti pare! Mandaci tutti fuori dalla tua vita cosi ti sarà più facile, cosi potrai piangerti addosso da sola, trattare tutti uno schifo e non sentirti in colpa. Fai quello che vuoi! Un conto è difendersi, un altro è allontanare. La verità è che non sei capace di voler bene a qualcuno, tu non vuoi voler bene a nessuno e non ti interessa se noi sono giorni che stiamo qui. Vattene, vai in Italia, vai al Polo Nord per quel che mi riguarda, puoi scappare all’infinito ma alla fine sarà con te stessa che dovrai fare i conti’ uscì dalla stanza sbattendo la porta e lasciandoli in silenzio. Era stato duro, forse troppo date le circostanze ma forse quello era stato l’unico modo per darle uno scossone. Gli occhi le si riempirono di lacrime ma era troppo arrabbiata con sé stessa e con Gok per lasciarne scendere anche solo una. Michael si alzò e lasciò la stanza, voleva lasciarla un po’ sola, voleva che metabolizzasse le parole di J e che si rendesse conto che andarsene ora equivaleva a gettare la spugna. Tornò in camera un’ora dopo, la trovò in piedi davanti alla finestra concentrata su un punto non ben definito del panorama. ‘Posso stare da te qualche giorno?’
    Le doveva essere costato davvero tanto chiederglielo, ‘Certo…. Pensavo che non me lo avresti mai chiesto’. Ora avrebbero avuto tempo di parlare, sempre che lei lo volesse, avrebbe potuto starle vicino e mostrarle che nonostante tutto lui c’era e le voleva bene. Voleva solo che lei tornasse la stessa con cui aveva suonato il piano non più tardi di 4 giorni prima. E secondo Micheal, a volte, l’amore faceva miracoli.
    Il viaggio verso casa fu completamente silenzioso, salirono al 5° piano dove due porte affacciavano su un piccolo ingresso. Non era mai stata lì sopra, sapeva che c’era la stanza privata di Mike ma nonostante avessero percorso insieme quella casa dozzine di volte non era mai stata lì. Mike indicò la porta sulla sinistra dove un piccolo tastierino numerico sostituiva la classica maniglia, ‘Quella è la mia stanza’ poi le indicò quella sulla destra, ‘Ti ho fatto preparare questa…’ Aprì la porta di una stanza immersa nel sole del pomeriggio, ogni cosa, dai mobili agli oggetti era bianca e crema, ogni cosa infondeva tranquillità e calore. ‘Il bagno è laggiù… Ti ho fatto prendere un po’ di cose… Se hai voglia ci vediamo giù per cena…’ e dicendo cosi uscì chiudendosi la porta alle spalle. Rimasta sola lo sconforto, la tristezza, la frustrazione di quei giorni la fecero sentire stanca come non era mai stata in vita sua, si infilò dentro la grande vasca da bagno e lasciò che tutte le lacrime cosi a lungo trattenute trovassero una via d’uscita. Non si rese conto né del tempo che passava, né del bussare insistente alla porta, riusciva solo a fissare la sua immagine nello specchio per la prima volta dopo giorni e più si guardava più una rabbia sorda le saliva nel petto. ‘Monica tutto ok? Per favore apri mi stò preoccupando… Apri!’ la voce di Michael la riportò sulla terra, non sapeva da quanto stava bussando ma dal tono della sua voce sembrava davvero preoccupato. Si trascinò alla porta facendo semplicemente scattare la maniglia per poi tornare mettersi davanti allo specchio, ‘Mi stavo preoccupando, sarà mezz’ora che busso, volevo solo sapere se avevi fame….’ Vide immediatamente gli occhi gonfi e rossi e il modo in cui si stava fissando insistentemente nel grande specchio dell’armadio, le si mise alle spalle, ‘Stai bene?’ Si girò verso di lui puntandogli un dito sul petto, ‘Lo vedi? E’ questo sguardo che mi spaventa di te! Perché tu mi guardi in questo modo e io non posso dirti che sto bene, non posso , non ci riesco con te’ Mike l’abbracciò e lei si aggrappò con forza e rabbia alla sua camicia, ‘Non sto bene, non so se tornerò a stare bene e ho paura…’ iniziò a piangere forte come se avesse finalmente abbattuto quel muro che aveva costruito, lui non potè far altro che tenerla stretta, accarezzargli la testa, parlarle piano finchè finalmente non riuscì a prendere sonno.
    Quando si svegliò il mattino successivo la casa era immersa in uno splendido sole, non poteva di certo dire di stare bene ma grazie alla dormita e al senso di tranquillità che le aveva lasciato addormentersi tra le braccia di Mike la giornata sembrava essere iniziata decentemente. Scese i 5 piani a piedi per darsi il tempo di svegliarsi e quando entrò in cucina Michael stava al bancone della cucina con commissario che seguiva le indagini. ‘Buon giorno…’ esordì Mike con un sorriso incredibile sul volto, ‘Ciao, salve Mr. Ribbon, scusi non pensavo di trovarla qui’ disse indicando il pigiama che indossava. ‘Chiamami pure Adam e non preoccuparti, sono io che mi sono presentato ad un orario improponibile, ma avevo una splendida notizia e non volevo attendere oltre, l’abbiamo preso. Lo stanno riportando a Londra, oggi alle 3 dovresti venire in ufficio con il tuo avvocato per formalizzare le accuse’. Le spiegò che avrebbe dovuto vederlo per riconoscerlo ufficialmente dopo di chè avrebbero portato avanti la sua denuncia. Quando se ne andò Mike stava ancora seduto sul bancone della cucina con un sorriso furbo dipinto sul viso, ‘Che hai da sghignazzare tu?’ lui si mise a ridere divertito, ‘uhm niente… solo che… Per me gli piaci…’ questa volta fù lei a mettersi a ridere mentre si versava una tazza di caffè, ‘A chi scusa? Ma mi hai visto? Sono un disastro… Se non fosse che parlo mi avrebbe preso per una scacchiera con tutti i lividi che ho addosso…’. Quando si girò Michael era molto più vicino di quanto si aspettasse e teneva gli occhi incollati nei suoi, ‘Non sei un disastro’ disse mentre con una mano le accarezzava piano una guancia, ‘A volte è come se tu fossi cieca davanti alla tua bellezza, ma gli altri non lo sono. Nemmeno io…’ Il cuore le iniziò a battere come un tamburo, come se volesse uscirle dal petto per raggiungere quegli occhi, la mano di lui scese lenta fino al suo collo dove si fermò come in attesa. Mike sorrise dolcemente prendendogli una mano e portandosela sul petto, il suo cuore volava alla stessa velocità, come impazzito. ‘Signor Jackson, c’è il Signor Branca per lei’ la voce di Angela li risvegliò, Mike abbassò lo sguardo all’improvviso in imbarazzo, ‘Arrivo subito…’ le baciò piano la mano che ancora stringeva nella sua e con un mezzo sorriso lasciò la cucina.

    Adam la accompagnò attraverso un dedalo di corridoi fino ad arrivare ad una piccola stanza, al di là di un vetro c’era Maurice seduto con una donna, probabilmente il suo avvocato. ‘E’ lui?’ Non poteva avere nessun dubbio, non se la sarebbe mai dimenticata quella faccia, ‘Si è lui’ il suo avvocato riprese la porta verso gli uffici, ‘Perfetto, procediamo’
    Rimase chiusa in un ufficio mentre il suo avvocato e quello di Maurice parlavano, si sentiva molto meglio ora che sapeva che lui era stato preso e una punta di vendetta la fece sorridere. Ma il sorriso gli si spense subito appena il suo avvocato varcò di nuovo la soglia della stanza, ‘Ci sono problemi. Respingono tutte le accuse, anzi vogliono denunciarti per simulazione di reato, estorsione e minacce. Inoltre intendono far causa al Signor Jackson per estorsione’ Il sangue gli si gelò nelle vene. ‘Lui ha dichiarato che quella sera è venuto a casa tua per comunicarti di aver ricevuto foto tue e del Signor Jackson in atteggiamenti intimi. Da qui sarebbe partita una violenta discussione dove tu avresti cercato di comprare quelle foto dicendo che il Sign. Jackson avrebbe pagato. Visto il suo rifiuto lo avresti minacciato di utilizzare qualsiasi modo per non far uscire quelle foto. Il mattino successivo ha saputo la notizia della tua aggressione e ha lasciato la città perché sapeva di essere stato incastrato.’
    Monica lo guardava con gli occhi sbarrati, ‘Non è vero! Mi sarei fatta questo da sola?! E’ una follia!’
    ‘No, non da sola, con l’aiuto del Sig. Jackson e del suo staff. So che non stà né in cielo né in terra ma loro sosterranno questo davanti alla corte.’
    La testa le girava violentemente, era assurdo e folle. Fece uscire tutti e chiese un telefono, doveva parlare immediatamente con Michael. La sua voce cristallina gli rispose dopo tre squilli, ‘Mike stà succedendo un disastro, manda un avvocato subito’ Raccontò tutto ad una cornetta muta, riusciva a malapena a sentire il suo respiro ‘Mike… Mi dispiace, non dovevi finirci in mezzo…’
    La voce di Branca tuonò dall’altro lato, ‘Lo sapevo! Tu te li cerchi i guai Mike! Ehi tu, non dire una parola e non fare niente mando subito qualcuno’
    Il tonfo della cornetta che veniva sbattuta giù la fece sobbalzare sulla sedia, Mike probabilmente era furioso con lei, di sicuro Branca l’avrebbe uccisa con le sue stesse mani se avesse potuto. L’avvocato di Michael arrivò meno di mezz’ora dopo, gli venne fatto il punto della situazione e lui richiamò immediatamente Michael. Dall’altro lato del tavolo Monica poteva sentire la voce concitata di Michael nella cornetta, era fuori di sé e lo si capiva dagli urli che stava facendo senza bisogno di capire chiaramente le parole. Non poteva permettere che quel bastardo rovinasse anche la vita di Mike dopo la sua, voleva proteggerlo, difenderlo da tutto questo, glielo doveva.
    ‘Ritirerò le accuse se loro non faranno quelle denuncie…’
    Tutti nel piccolo ufficio la fissarono in silenzio. Adam le si parò davanti, ‘Non puoi farlo! Ti poteva ammazzare!! Non puoi farlo andar via cosi!’ Monica aveva già deciso, si voltò sicura verso il suo avvocato, ‘Si può fare?’
    Dopo due ore di colloquio si erano messi d’accordo, era stato firmato un modulo da entrambe la parti, nessuna denuncia né da un lato né dall’altro. L’avvocato di Michael andò via con il telefono incollato all’orecchio ed il suo se ne andò poco dopo lasciandola sola nell’ufficio. Adam rientrò poco dopo con una tazza di thè in mano, ‘Tieni, vuoi che ti porto a casa?’ Quale casa? Casa sua per vedersi arrivare Branca come una furia o casa di Michael per venir sbattuta fuori da una delle body guard? ‘Mi porteresti a Soho?’.
    Quando arrivò davanti a casa di Jay gli occhi le bruciavano terribilmente, aveva trattenuto le lacrime fino a quel momento ma appena Gok aprì la porta scoppiò a piangere disperata. Avevano litigato ma J era come un fratello per lei e lui la accolse da tale abbracciandola e ascoltando tutti i fatti della giornata. Aveva provato a chiamare Mike decine di volte senza mai riuscire a parlarci e ora voleva solo farsi un bel bagno e mettersi a letto. Jay si attaccò al telefono appena lei si chiuse in bagno, gli ci vollero diversi tentativi prima di riuscire a farsi passare Michael, ‘Senti è a casa mia, la chiave è sotto lo zerbino, muoviti, io mi vado a fare un giro’ non sapeva se sarebbe andato o no ma voleva tentare.

    Monica uscì dalla doccia avvolta in un accappatoio come in un bozzolo, stava meglio, aveva pensato e alla fine era arrivata ad un’unica soluzione, lasciar perdere tutto. Michael non sarebbe rimasto a Londra in eterno e lei sarebbe potuta restare da J nel frattempo e rimettere insieme i pezzi della sua vita e del suo guscio che lui aveva sapientemente fatto cadere uno ad uno.
    ‘Adesso vorrei solo addormentarmi e svegliarmi tra un paio d’anni…’ sbuffò mentre entrava in salotto, una figura si alzò dal divano mettendosi di fronte a lei, il respiro le si fermò in gola nel vedere Mike avvicinarsi, aveva il viso duro e serio come mai lo aveva visto, ‘Che diavolo ti salta in mente?! Hai buttato la spugna cosi? Se non era per J cosa facevi sparivi nel nulla?' Non sapeva cosa rispondere a quelle affermazioni, lei non voleva dargli problemi e invece lui voleva che lei lottasse? ‘Cosa avrei dovuto fare?! Ci saresti andato di mezzo tu! Per cosa? Per vederlo uscire su cauzione 3 ore dopo?!’ Lui scossò la testa con violenza, ‘Non è la cosa giusta! Ti ha fatto del male e stasera sarà fuori a ridere di te e magari a pensare di rifarlo come e quando vuole! E’ incredibile che tu non abbia lottato per quello che ti ha fatto!’ Gli stava urlando addosso e Monica non riusciva a reggere quelle parole, iniziò a camminare nervosamente per la stanza, una rabbia sorda gli stava crescendo dentro, verso Maurice, verso Mike, verso sé stessa. Gli si parò di fronte aprendo l’accapatoio e restando davanti a lui in intimo, stava scoppiando. ‘Guarda!’ Gli voltò la testa con una mano, ‘Guarda! Pensi che io non li veda? Pensi che quando se ne saranno andati io non me li ricorderò più? Pensi che non voglia vedere quel pazzo rinchiuso? Sei uno stupido testone! L’ho fatto per proteggerti! A me questi lividi non me li toglie più nessuno ma se posso evitare che distrugga te lo faccio, e lo rifarei mille volte capito?!?’ Non voleva che la vedesse piangere in quel modo, ‘Vattene’ e dicendo cosi si chiuse la porta della stanza alle spalle. Era in piedi di fronte alla finestra quando sentì la porta aprirsi e i passi avvicinarsi fino a lei, le sue braccia la avvolsero come una coperta, come due ali, tremava tra quelle braccia, per i singhiozzi, per il nervosismo, per la paura di non potervi più prendere posto. ‘Basta adesso’ la sua voce, sottile ma decisa gli arrivò come un respiro all’orecchio, la girò verso di sé prendendole il viso tra le mani e asciugando le lacrime con un movimento dolce dei pollici, ‘Basta…’ le sue labbra si appoggiarono delicate sulle sue, la assaggiarono piano, lentamente, la sua lingua come un petalo vellutato cercò la sua, si accarezzarono, si sfiorarono timidamente per prendere poi possesso l’una dell’altra. Michael si staccò di pochi millimetri da lei, le sue parole finivano direttamente tra le sue labbra ‘Andiamo a casa…’ Non riusciva a staccare gli occhi dai suoi, non riusciva a muovere un muscolo dopo quel breve ma intenso contatto, non voleva più farne a meno, voleva solo poter sentire di nuovo quel dolce sapore di mela e thè, quel profumo che le era entrato nel cervello come una droga. Questo volta fù lei a baciarlo quasi disperatamente. Quando riaprì gli occhi sul viso di lui era dipinto uno splendido sorriso, ‘Sei una testona, irragionevole e testarda ma ti adoro…’
    La trascinò fuori casa ancora in accappatoio, le loro mani restarono intrecciate per tutto il viaggio senza lasciarsi mai un attimo, finchè non furono chiusi dietro la pesante porta della stanza di Mike rannicchiati come due bambini sotto il pesante piumone. Mike le baciò piano la fronte, ‘Qualsiasi cosa accada non scappare mai da me…’ lei sorrise al buio, ‘Qualsiasi cosa accada…’
    Dal mattino successivo si rese immediatamente conto che la sua vita sarebbe cambiata radicalmente, vedere lo sguardo assonnato di Mike su di sé appena sveglia aveva un potere quasi sedativo in lei. Ogni suo sorriso le faceva tirare un sospiro di sollievo, cosa vrebbe fatto se non avesse avuto lui? Come avrebbe reagito a tutto quello? Mattina dopo mattina, giorno dopo giorno Mike le entrava dentro come un raggio di sole da una finestra lasciata inavvertitamente socchiusa, lasciandole una piacevole sensazione di tepore e tranquillità. Parlavano tanto, di mille cose e di cose già dette mille volte, di emozioni e sensazioni a cui le parole non rendevano giustizia. La dolcezza di ogni bacio o carezza che lui le porgeva le facevano capire quanto la sua vita fosse stata buia e fredda fino ad allora.
    Michael la vedeva tranquillizzarsi giorno dopo giorno, riprendere le redini della sua vita e delle sue emozioni un passo alla volta, le stava accanto con la consapevolezza che prima o poi l’avrebbe rivista sbocciare sotto i suoi occhi.

    L’aveva cercata in lungo e in largo per tutta la casa senza trovarla, mentre scendeva le scale che portavano alla palestra nel seminterrato senti le vibrazioni della musica all’interno, aprì la porta e immediatamente i bassi iniziarono a fargli vibrare il petto, il volume era altissimo e lei stava sdraiata al centro della stanza come se fosse il posto più tranquillo del mondo. Gli si sdraiò accanto facendogli un paio di gesti veloci con le mani, lei lo guardò stupita e tirò fuori un telecomando con cui abbassò radicalmente il volume, ‘Scusa…’, Mike restò a fissare il soffitto, ‘Oh niente, dovrò imparare qualche altro segno per non udenti se ascolti sempre musica a questo volume…’ si prese una piccola gomitata con un sorriso. ‘Scemo… ho avuto un sacco di idee per il catalogo, mancano solo 2 giorni e la mia testa era tabula rasa…’.
    ‘Già… mancano 2 giorni…’ Monica si alzò su un gomito sorridendo, ‘Non sarà mica una faccia triste quella eh?’ lo vide scuotere la testa, ‘No’ alzò le sopraciglia sapendo che non era quella la sua risposta definitiva, ‘Un po’’ le alzò di nuovo e lui scoppiò a ridere coprendosi gli occhi con il dorso della mano ‘Si…. So già che mi mancherai’ sussurrò sempre al riparo dal suo sguardo. Quella sua dolcezza senza vergogna, quel suo sapersi mostrare vulnerabile e indifeso a volte le stringeva il cuore, ‘Anche tu mi mancherai’ gli sussurrò baciandogli piano un angolo della bocca.

    Quei quattro giorni furono un banco di prova per entrambi, erano stati catapultati in quella situazione nel più strano ed inaspettato dei modi e Michael aveva passato le giornate pensandoci su. Aspettava una chiamata o fissava il telefono in attesa di farla, ad ogni modo il pensiero di lei gli riempiva non solo la testa e il cuore ma anche gran parte del tempo. Non era facile per lui lasciarsi andare in quel modo, non aveva mai avuto nel il tempo ne lo spirito giusto per farlo ma ora gli sembrava da pazzi rinunciare. Era cosciente e consapevole dei problemi e delle diversità che li legavano ma stavolta, invece di evitare voleva affrontare qualsiasi cosa. Se sul palco aveva grinta da vendere questo non valeva sicuramente con le donne, era stato cosi tante volte avvicinato e allontanato sempre per lo stesso motivo: lui era una star, anzi lui era LA star. Molto spesso si era illuso che chi aveva di fronte potesse dimenticare per un attimo MJJ e vedere solo Mike ma tutte le volte qualcosa lo riportava nella sua immagine di star innarrivabile. L’eccessiva accondiscendenza nei suoi confronti, quell’amore incondizionato che gli donavano molto spesso le donne non era quello che voleva. Voleva meritarselo quell’amore, quella fiducia e quel rispetto e non averlo di diritto solo per il suo nome. Voleva qualcuno che lo spronasse e strigliasse se necessario, qualcuno che sapesse imporsi con lui quando passava il segno. Qualcuno che vedesse il piccolo Mike seduto in un angolo e lo invitasse a giocare e non ad esibirsi per lei. Voleva amare e soffrire, donare e desiderare, voleva piangere, ridere, imbarazzarsi, arrossire. Voleva solo essere un uomo che si dedica completamente alla sua donna e quando lei gli faceva notare qualcosa o lo rimproverava scherzosamente oltre la facciata permalosa gioiva. Non era facile per lui abbandonarsi a quei sentimenti, a volte cercava di fare un passo indietro ma subito lei lo riprendeva per mano e lo spronava a proseguire.

    Quando arrivò davanti ai due enormi hangar era mattino presto, aveva lasciato Londra ancora addormentata con l’emozione di un bambino che intraprende il suo primo vero viaggio e infondo era un po’ cosi, aveva organizzato tutto con l’aiuto di Jay senza che lei sapesse niente, era una sorpresa che sperava le facesse piacere ed era un piccolo regalo che si era voluto concedere, qualche giorno di pace e normalità. J lo aspettava davanti ad un piccolo portoncino laterale, lo salutò con un abbraccio e lo condusse all’interno di quell’enorme edificio. Sul fondo un non troppo vecchio aereo di linea svettava con la maestosità di un millenario dinosauro, sotto le ali una montagna di luci illuminavano un angolo fino a renderlo quasi accecante. ‘Vieni, ha quasi finito… Mai vista lavorare cosi in fretta…’ Un gruppo di una dozzina di modelli e modelle sedevano scomposti vicino ad una coppia ferma per uno scatto, Monica li fissava da dietro l’obiettivo facendogli piccoli segni con le mani, gli sembrò risplendere tra tutte quelle luci. Il suo arrivo creò un po’ di parapiglia tra i modelli e lei stava iniziando a spazientirsi, gli si mise alle spalle in attesa di attirare la sua attenzione e non ci volle molto dato che facendo qualche passo indietro lei gli piombò direttamente addosso. ‘Starei facendo delle foto se non vi dispiace! Un hangar immenso e dovete star qui??!’ Si girò verso di lui e se lo ritrovò di fronte con un sorriso timido e gli occhiali da sole che rispecchiavano la sua stessa immagine stupita, gli si buttò letteralmente al collo affondando il viso tra i suoi capelli, era talmente bello da non sembrare reale. ‘Mmm mmm’ si staccò da quell’abbraccio al richiamo di J, Mike la guardava con un sorriso ebete quanto il suo spostandosi da un piede all’altro imbarazzato. ‘Scusate’ lo prese per una mano e lo trascinò in disparte, ‘Sei pazzo a venire qui??’ lui rise accarezzandogli una guancia, ‘Un po’… ma il bello deve ancora arrivare piccola…’ gli occhi di lei brillarono, adorava vederla fremere in quel modo, il suo volto prendeva un’espressione dolcissima, ‘Quando hai finito vieni via con me’ il suo sussurro cosi vicino all’orecchio le fece scendere un brivido veloce giù per la schiena, era incredibile come le bastasse un suo respiro o un suo sorriso accennato a farla uscire di testa. Finì il lavoro cercando di stare tranquilla e di non dare peso allo sguardo di Mike che si sentiva addosso, se ne stava tranquillo in un angolo con Gok ma lei sapeva che non si stava perdendo un solo movimento. ‘Abbiamo finito, grazie a tutti!’ un applauso si alzò tra la troupe, ci furono abbracci e sorrisi e finalmente lei potè raggiungere Michael. ‘Pronta?’ lei rispose con un gesto del capo, salutò Jay ed uscirono per mano nell’aria tiepida del pomeriggio, un suv li aspettava, salirono in silenzio finchè l’auto non partì. ‘Dove andiamo?’ doveva essere almeno la ventesima volta che glielo chiedeva in venti minuti, scossò la testa, ‘Non te lo dico! La smetti di fare la curiosa?’ la strinse in un abbracciò e baciò piano il piccolo broncio che aveva messo. Quando arrivarono all’aeroporto Monica era a bocca aperta, lui la trascinò di peso sull’aereo fermo a pochi passi da loro e la fece sedere accanto a sé. ‘Non dirò niente finchè non siamo arrivati quindi risparmia fiato… Sarà un viaggio piuttosto lungo…’. Lei lo tempestò di domande a cui lui cercò in ogni modo di sviare, ad ogni dettaglio che riusciva a carpire festeggiava felice finchè non crollò addormentata raggomitolata vicino a lui. Quando atterrarono era notte, in qualsiasi angolo del modo fossero era buio, caldo e umido. Salirono su un altro suv e partirono nel buio, non passò molto che Mike tirò fuori una cravatta dalla tasca e gliela passò sugli occhi, ‘Tu sei completamente matto! Sembra che stiamo andando in una base segreta degli Stati Uniti’ Mike le prese una mano e l’auto si fermò, ‘Adesso segui me, non ti lascio…’ la sua mano calda la guidò fuori dalla macchina e su per dei gradini, sentì una porta aprirsi e l’aria fresca dell’interno le diede un leggero sollievo, attraversarono una grande stanza silenziosa, ‘Ferma qui, arrivo subito…’ e dove voleva che andasse, non vedeva niente e senza l’appiglio sicuro della sua mano si sentiva come persa. Non finì nemmeno di formulare il pensiero che sentì le sue mani appoggiarsi lievi sui suoi fianchi, la fece avanzare e si rese conto subito che erano di nuovo all’esterno. ‘Pronta?’ non riuscì a fare uscire nessun suono dalla sua bocca, acconsentì con un cenno del capo e in un attimo luce fù. Uno splendido giardino tropicale illuminato da mille lucine si apriva tutto intorno a lei e in fondo il mare risplendeva la luce di un cielo stellato. Rimase a bocca aperta davanti a quel pezzo di paradiso, le braccia di Mike si fecero più strette intorno a lei e il suo viso sbucò vicino al suo, ‘Benvenuta a Casa De Campo’.
    La prese per mano e la trascinò dentro facendole vedere ogni stanza finchè non si fermò in quella che sarebbe stata la loro, la parete di fronte al letto era completamente vetrata e si poteva vedere solo ed esclusivamente il mare da lì. ‘Mike è…. Oddio… è incredibile!’ Mike rise sedendosi sul letto, ‘E vedrai domattina appena sorgerà il sole, è il momento che preferisco. Se ti và ci sistemiamo e ceniamo’. Monica si infilò nell’enorme bagno per una doccia e quando uscì sul letto trovò uno splendido vestito bianco ad attenderla. Quando si guardò allo specchio dopo averlo indossato le vennero quasi le lacrime agli occhi, non poteva essere lei quella! Michael entrò che lei si stava scrutando nel grande specchio, sorrise mentre le si avvicinava e la abbracciava, ‘Non lo avresti mai detto eh? Hai delle potenzialità’ lei lo spinse ridendo ma lui non mollò la presa, anzi la tirò ancora più verso di sé, ‘Sei incantevole’, vide subito le sue guance arrossarsi e il suo sguardo abbassarsi nervoso, ‘Anche tu…’ disse poi guardandolo dritto negli occhi. E lo era sul serio fasciato da un semplice pantalone nero e da una sottilissima camicia. Scesero la grande scalinata per arrivare nel salone e nel giardino, la casa sembrava dormisse, non un rumore, non una voce a parte le loro, ‘Dove sono tutti?’ Mike le si mise davanti e le prese le mani, ‘Non c’è nessun altro tranne me e te’ gli occhi le si sgranarono dalla sorpresa, ‘Vuoi dire niente Paulie, niente cuoca, niente security?’ Michael fece cenno di no con la testa, ‘Nessuno solo io e te per 4 giorni. Fuori c’è la vigilanza ma qui non c’è nessun altro. Quindi preparati perché dovremo anche cucinare!! Ma non per stasera…’ e dicendo cosi si incamminò verso l’esterno ma lei rimase immobile dove si trovava a fissarlo. Lo tirò verso di sé e affondò le mani tra i suoi capelli mettendo le labbra ad un millimetro dalle sue, ‘Ti amo’, fù un attimo, un soffio, un sospiro, ma Michael prese quelle parole direttamente tra le sue labbra trasformandole in un bacio languido e profondo. Le loro lingue si cercavano, si accarezzavano con sempre più passione e affanno, le loro mani vagavano sui loro corpi come alla ricerca di un appiglio dove aggrapparsi per non cadere in quel vortice di emozioni. Le sue mani piccole e fredde iniziarono a liberare uno ad uno i bottoni della sua camicia e a creare scie di brividi sul suo petto che si alzava ed abbassava furiosamente, con un gesto lento le fece scendere la lampo del vestito che si accasciò ai suoi piedi e in un attimo lei si trovò quasi nuda di fronte a lui. La strinse ancora a sé spingendola stavolta dentro la stanza fin quando non sentì il soffice tessuto del divano accoglierla, le mani grandi di lui salirono lungo le sue gambe che si aprirono per fargli spazio. Le strofinò il naso e le labbra sul collo, non era un bacio, sembrava che lui la stesse letteralmente respirando. Con un gesto veloce lo liberò dalla camicia che ormai era diventata solo un inutile ingombro e cercò di nuovo, stavolta quasi disperatamente le sue labbra. Le sue mani vagavano su quella schiena enorme e poteva sentire i suoi muscoli guizzare al suo passaggio, lui infilò una mano sotto la sua schiena e lei ne approfittò per inarcarsi contro il suo corpo solido fino a sentire la dura mascolinità che riempiva i pantaloni. In un battito di ciglia il reggiseno scomparve, lo sentì chinarsi su di lei e appoggiare le labbra nella fossetta della gola per poi farle scendere verso il basso lasciando al suo passaggio una scia infuocata. Si soffermarono su un seno, poi sull’altro e lei lasciò andare quel respiro che aveva trattenuto fino a quel momento che si trasformò in un lamento strozzato. Senza staccare la bocca scese con una mano sullo stomaco fino all’elastico degli slip facendoli scorrere in basso lungo le sue cosce. Approfittò della sua momentanea lontananza per far scorrere le mani sul suo petto fino ad incontrare il bordo dei pantaloni, che andarono in un attimo a fare compagnia al resto sul pavimento. Si rese conto solo in quel momento che il suo corpo, che lei, aveva desiderato quel momento forse dalla prima volta che lo aveva visto nel suo piccolo ingresso, quel torace solido ma asciutto, quelle mani grandi, quel corpo solido ma che si fletteva come un giunco. Scese con le mani sul suo petto fin dove voleva arrivare, lo sentì trattenere il fiato e letteralmente tremare tra le sue mani, non avrebbe mai immaginato di poter avere un potere del genere su di lui. Non la lasciò fare a lungo però, si scostò leggermente da lei per poi distendersi completamente su di lei. Entrò con una sola lunga spinta che la lasciò senza fiato, non si mosse all’inizio, come per voler dare il tempo ai loro corpi di adattarsi l’uno all’altro e dopo essersi tirato appena indietro riaffondò dentro di lei continuando poi ad un ritmo lento e devastante per lei. Affondò le mani tra i suoi capelli per tirarlo ancora verso di sé, la casa risuonava dei loro respiri pesanti e affrettati, dei loro gemiti. Si aggrappò ai suoi fianchi nel disperato tentativo di attrarlo ancora più dentro di sé e improvvisamente le spinte cambiarono ritmo, si fecero più veloci, più decise e sentì il piacere partire e diffondersi per tutto il suo corpo. Soffocò un gemito sulla sua spalla prima, poi contro la sua bocca quando lui la cercò scosso dallo stesso piacere. Accompagnò quelle ultime e lente spinte ad un bacio sensuale e tenero allo stesso tempo mentre le sue mani la accarezzavano lente. Non sapeva da che pianeta venisse quell’uomo che le baciava la tempia e la cullava tra le sue braccia ma sapeva che non si era mai sentita cosi in tutta la sua vita. Lui si spostò e la fece rannicchiare accanto a sé, nessuno dei due parlò, forse per paura che tutto si potesse rovinare o forse perché le parole non avrebbero reso giustizia a quello che era appena accaduto.

    Si svegliò solleticata da un leggero tocco sulle labbra, quando aprì gli occhi Mike era sdraiato accanto a lei, le passò delicatamente un dito sulla guancia e sul collo per poi scendere con le labbra a riscaldare il piccolo brivido che le aveva procurato, ‘Buongiorno..’ le sussurrò piano all’orecchio. Non sapeva se erano i pensieri della sera precedente che le correvano veloci per la mente o se fosse possibile che lui con un semplice buongiorno la facesse sentire in quel modo, con i capelli arruffati, gli occhi ancora assonnati e un lieve sorriso sulle labbra gli sembrò bellissimo come non mai. Si alzarono per la colazione e mentre Mike le versava del caffè notò come ogni suo gesto le sembrasse lento e rilassato, lontano dall’iperattività che aveva visto in lui a Londra. ’Sembra che tu stia fluttuando…’ non avrebbe voluto dirlo ad alta voce ma quella sensazione era troppo forte, Mike la guardò come un bambino che viene beccato con le mani nella marmellata, arrossì lievemente mentre la guardava, ’Stò… bene’ Quelle parole valevano per lei più di mille discorsi, non voleva sapere altro, lui era sempre cosi perfezionista in tutto che riusciva a trovare difetti anche nelle sue sensazioni e quelle due parole secche portavano in loro una certezza che non ammetteva dubbi.

    Il tramonto colorava ogni cosa di un tenue arancio, seduta tra le sue gambe e le sue braccia Monica si lasciava coccolare da quella luce magica e dalle labbra di Mike sul suo collo. Stavano seduti su uno scoglio proprio di fronte alla casa, avvolti in una coperta leggera che copriva i loro corpi ancora accaldati dalla brezza leggera. ‘Oggi mi ha chiamato Branca, dovrò andare a Los Angeles qualche giorno’ la sentì subito irrigidirsi a quelle parole, l’ultima cosa che voleva in quel momento era separarsi da lei anche solo per poco e data la sua reazione anche lei doveva essere della sua stessa idea, ‘Potresti venire con me, insomma potremmo andarci domani invece che tornare a Londra…’ Monica si girò con lo sguardo eccitato, ‘Dici sul serio?’ Mike rise, quella sua espressione incredula lo faceva sempre scioglere di tenerezza, ‘Si dico sul serio, se per Jay non è un problema…’ Monica non se lo fece ripetere due volte, appena rientrati in casa si attaccò al telefono con il suo socio e dopo una mezz’ora di discussione raggiunse Mike al tavolo della cucina, ‘Allora se posso avere un portatile, una mail posso restare quanto mi pare!’ Michael la abbracciò felice, ‘Devo solo fare i compiti a casa per J, scegliere le foto, sistemarle e rimandargliele, niente che non posso fare da qui’. Avrebbero passato qualche altro giorno lontani da tutto e avrebbe potuto mostrarle il suo mondo:Neverland.
    Salirono sul jet che li avrebbe portati a Los Angeles che l’alba non era ancora arrivata, Paulie li aspettava sorridente sulle scalette, d’ora in poi sarebbe stato la loro ombra ma poco importava a Monica che ormai non stava più nella pelle. Aveva fatto milioni di domande a Mike su Neverland, lui le aveva descritto ogni angolo ma lei era certa che qualsiasi parola non sarebbe bastata a descrivere quello che da lì a poco avrebbe visto con i suoi occhi. Una volta arrivati però la realtà tornò prepotente nella vita di Michael e questa volta anche in quella di Monica. Il portellone dell’aereo si aprì ma invece di far scendere loro un uomo sulla sessantina e con i capelli a spazzola grigi salì e si sedette di fronte a loro. Era Henry, uno dei manager di Mike e nonstante non si fossero mai visti lei notò immediatamente lo sguardo privo di simpatia che le scoccò. ‘Michael ci sono dei problemi’ buttò sul tavolinetto di fronte a loro un mazzo di riviste con una loro foto in copertina, 'Ci sono fans e giornalisti là fuori, credo che non dovreste proprio uscire insieme' Mike si prese la testa tra le mani, 'Puoi lasciarci soli un attimo?', non riusciva a capire la sua reazione, teneva in mano uno di quei giornali e guardava la copertina con aria grave, critica e nervosa, 'L'hanno fatta da una barca...' sussurrò lei, Mike alzò gli occhi per veder nascere sulle sue labbra un sorriso, 'E' splendida....' sbarrò gli occhi per la sorpresa, 'Cosa?? Non sei arrabbiata?' Avrebbe potuto arrabbiarsi, inveire contro quelli che fino a qualche anno prima erano suoi colleghi ma non aveva voglia di farlo, forse lo avrebbe fatto davanti alle successive mille foto ma non davanti a quella. Seduti su quello scoglio, avvolti in una coperta alla luce del tramonto, una foto che racchiudeva la perfezione dei momenti che aveva passato con lui, la pace che solo stargli vicino le regalava, l'amore. 'No, non sono arrabbiata, è splendida siamo... noi' Michael le porse una mano con un sorriso dolce, 'Allora vuoi scendere al mio fianco?' Non avrebbe mai pensato di farlo cosi, di prendere quella decisione nel giro di pochi minuti, ma gli era venuta dal cuore e lei aveva preso la sua mano. Ed ora con un suo cappello in testa e gli occhiali da sole abbassati sul viso Monica gli stava stringendo la mano tanto da fargli male, Paulie gli stava dando le ultime indicazioni ed in un attimo furono in pasto alle belve feroci. Una pioggia di flash e di urla li investì appena entrarono nell'aereoporto, tutti urlavano il suo nome, chi per ricevere uno sguardo, chi per una foto, lei stava stretta tra lui e Paulie sorridendo lievemente quando qualcuno la indicava come 'la ragazza delle foto'. A testa alta, elegante, fiera e felice. Quando le luci di Neverland fecero capolino tra le colline deserte Mike la strinse a sè, 'Sei stata bravissima, una vera Signora Jackson...' e con il suono di quelle parole varcarono il cancello.
     
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    Oh Monica :wub: l'ho amata tantissimo questa FF...e la amo ancora ovvio :lol:

    :**: :**:
     
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  6. paolez
     
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    ooooooooooooooh :**:
    che bella questa ff!! mi è piaciuta tantissimo!!!
    brava!brava!brava!
     
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  7. Ray of light*
     
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    Ho letto la tua FF Monica!
    Bellissima :**: :**:
    Mi piace da morire il tuo modo di scrivere, ancora complimenti :wub:
     
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    Oh, Monica ho letto anche questa (la seconda volta).

    Forse più acerba di Michael's, mi sa tu l'abbia scritta prima; ma si vede che mi era piaciuta già la prima volta perchè nello sfogliare le pagine mi ricordavo tutto.

    Grazie :love: io sono sempre qua, ora in attesa di qualcos'altro di tuo :love:
     
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    :wub: :wub: :wub: :wub: niente... solo questo **
     
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    L'ho letta solo ora, Monica: mi ero persa questa bellissima storia, come è stato possibile!

    Hai raccontato tutto in modo così dolce e romantico, e un finale da sogno, come piace a me! Bravissima :kiss:
     
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  11. Silvia10
     
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    che bel finale :wub: romantico :love:
     
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10 replies since 1/9/2010, 22:44   642 views
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