Un bacio nella notte

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    CAP. 11

    Nello stato in cui mi trovavo, in astrale, la sola forma di comunicazione era mentale. Non sapevo se lei mi avrebbe udito, ma bastava provare verificando così ancora di più le capacità della ragazza.
    “Hai talento da vendere..”pensai
    “Detto da te è un gran bel complimento, Mr. Jackson” mi rispose lei a voce. Si era messa seduta, restando sulla pista a gambe incrociate, la testa era china si guardava le mani raccolte in grembo.
    “Sai credo che dobbiamo smetterla di vederci in questo modo” ironizzai. Avvertii un senso di vertigine, le forze cominciavano a scemare. Non avevo molto tempo.
    “Beh, hai cominciato tu!” era una malia che mi attirava verso quella ragazza che sentiva nella mente ciò che le dicevo? Non lo riuscivo a capire, certo era che se fossi stato lì anche con il mio corpo il suo sangue sarebbe stato irresistibile
    “Sai dove abito, vieni da me domani sera, diciamo attorno alle diciotto e trenta. Dobbiamo parlare” l’urgenza di poterla toccare mi faceva perdere l’uso dell’etichetta. Il mio era un ordine non una proposta.
    “Gli ordini non mi sono mai piaciuti. Verrò ma se osi ancora parlarmi in questo modo sarà la sola volta che mi incontri” determinata sicura, libera, che caratterino, osservai.
    Prima che potessi parlarle ancora il mio corpo fisico mi richiamò a sé, riportandomi a casa, nel mio studio.
    Aperti gli occhi allungai lo sguardo verso l’orologio. Ero stato con lei mezz’ora.
    Avevo sete, dovevo nutrirmi dato che lo sforzo era stato notevole. Come sempre, nella vecchia regola del mondo a cui ora appartenevo, i malfattori, i veri cattivi potevano essere prede perfette e nutrimento ideale per noi vampiri.
    Uscii dal cancello posteriore della villa, da solo e in silenzio, nessuna guardia di sicurezza avrebbe saputo difendermi meglio di me stesso data la mia natura. Camminai veloce, oltre la capacità umana, lungo Carlwood Drive, aspettando di percepire la presenza di umani vagabondi.
    I lampioni che illuminavano a tratti il selciato, le aiuole piene di fiori e le alte siepi ben potate, tutto ai miei occhi era diverso. Dopo la trasformazione in vampiro tutti i sensi si acuiscono, la vista ti fa cogliere dettagli mai notati, il mondo diventa un posto magico.
    Svoltai un angolo, attirato da una traccia che sentivo, un cuore che batteva e pompava il sangue in un corpo in movimento. Una figura scura era arrampicata sulla ringhiera di una villa, stava cercando di salire fino alla sommità per scendere poi dall’altro lato.
    Lo udivo ormai, gli ero così vicino! Ancora un paio di buoni colpi e avrebbe finito di pagare i suoi debiti. Gli era costata cara quell’avventura con la prostituta, pochi mesi prima. L’aveva vista in un locale di periferia, l’abito corto di pailette copriva appena le sue forme e quel ladro incallito aveva troppa fame di carne e sesso per non esserne attratto.
    Le si era avvicinato, con fare spavaldo, le aveva offerto da bere poi le aveva chiesto “se ci stava”. Ma lei arrogante sgualdrina da due soldi l’aveva guardato con un sorriso beffardo e si era sentito dire un secco “No!” che aveva bruciato più della vodka che aveva appena ingoiato.
    Era uscito dal locale, ferito nell’orgoglio e pieno di rabbia, tanto che poco dopo quando aveva visto la donna uscire a fumare una sigaretta, aveva di colpo deciso che gliela avrebbe fatta pagare.
    La mente dell’uomo, cari fan, è un meandro pieno di cose da scoprire e non potete immaginare cosa non vi si nasconde.
    Nel buio di quel giardino, quello che osservavo avvicinarsi alla casa, era il campione-tipo di carogna, un meschino essere che poteva senza problemi essere tolto da questa terra.
    Fu rapido e fulmineo, saltando più veloce di quanto lui avesse fatto, la ringhiera in ferro battuto, arrivando alle sue spalle senza che lui avesse avuto modo di sentirmi arrivare.
    Lo presi alle spalle, volevo che mi vedesse, prima di morire, che vedesse chi ero e cosa ero, volevo il terrore nei suoi occhi, degno castigo per uno come lui.
    E così fu quando lo girai verso di me e in pochi secondi vidi il suo viso prima stupito, poi meravigliato ed infine alla vista delle mie piccole e acuminate zanne, impaurito. Non gli diedi modo di parlare, piegai di lato la sua testa e affondai il mio morso nel suo collo.
    La delizia di quel pasto, il senso di giustizia che provavo si mescolavano alle immagini che la sua mente riversava negli istanti della sua morte. E vidi la sua vendetta sulla prostituta.
    La colpì, prima che lei potesse rientrare nel locale, la prese per un braccio e la scaraventò contrò un muro.
    La pioggia di pugni con cui la inondò furono solo il preambolo dell’incubo. La gettò china, a terra, fra gli scatoloni sporchi e i bidoni della spazzatura, del vicolo semi buio e deserto. Le strappò l’abito e la sottile striscia di cotone che faceva da biancheria intima, aprì i suoi pantaloni ed affondò in lei, veloce e violento.
    La ragazza era semi svenuta, incapace di reagire anche quando lui decise che la punizione poteva includere ogni sevizia possibile, in ogni orifizio che la prostituta sicuramente offriva a caro prezzo.
    Si servì di lei, in ogni modo finché la rabbia fu smaltita. Ma l’orgoglio era ancora lì, offeso dal rifiuto.
    Senza più etica né morale, l’uomo si alzò e prima di richiudersi i pantaloni, urinò sul volto ferito e sul corpo violato della donna. Poi se ne andò, senza neppure rientrare nel locale.
    Due giorni dopo un paio di scagnozzi, dalle braccia tatuate, lo raggiunsero a casa, lo picchiarono più di quanto lui avesse fatto alla prostituta e gli presentarono il conto. La “prestazione” non era gratuita, le spese mediche della ragazza neppure. Aveva tempo due mesi per saldare o sarebbe morto.
    Il sangue si esaurì, chiudendo la storia e la vita del massacratore che tenevo fra le braccia. Lo lasciai cadere, come un sacco vuoto, ai miei piedi. Ci avrebbero pensato i padroni della villa il mattino, ad avvisare la polizia. I fori dei miei denti non sarebbero stati visibili, la causa della morte avrebbe fatto discutere per qualche tempo i patologi.
     
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  2. ornellamj
     
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    questa storia si fa sempre più coinvolgente e brividosa... :sisi:
    quindi ora Mike ha appuntamento con la ragazza, ma non sa ancora chi è...lo sapremo nel prossimo capitolo?
    ma ora una considerazione su Mike-vampiro-succhiasangue...che impressione!!!!! :ph34r:
    però sono contenta che abbia fatto giustizia, in casi come questo ce ne vorrebbero di vampiri così!!! :botte:

    CITAZIONE
    Grazie a te Ornella! !

    ma prego!!! è una storia insolita e bellissima e ti ringrazio ancora per condividerla con noi. :smack:
     
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  3. Elenajackson777
     
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    Io concordo con tutto ciò che ha scritto Ornella,capitolo stupendo,la descrizione del Michael vampiro succhiasangue ha fatto impressione anche a me,però ha fatto molto bene a togliere di mezzo quel brutto farabutto :botte: :sisi:
    Bravissima Andago,attendo il continuo :occhiolino:
     
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    Anche questa volta vi posto due capitoli perchènon solo corti, ma anche "legati fra loro". Sono capitoli a cui sono particolarmente affezionata, in essi una traccia è in parte autobiografica...

    CAP.12

    Quando mi svegliai il pomeriggio successivo una eccitazione quasi infantile mi prese appena mi ricordai che avrei incontrato l’affascinante artista del Cirque.
    Speravo con tutto me stesso che arrivasse anche Hod, volevo condividere con lui le mie emozioni, raccontargli la magia di quel ballo sulle note della mia canzone, la capacità straordinaria della ragazza di sentirmi e di parlare con me, il profumo dolce e intenso del suo sangue che avrei sentito da lì a poco.
    Mi alzai dal letto senza neppure curarmi di aprire le pesanti tende per rimirare gli ultimi raggi di sole che sparivano in fretta all’orizzonte. Avevo sempre amato restare a guardare il tramonto alla sera, guardare i colori del cielo mutare diventare caldi, intensi, sfumati in mille tonalità dei rossi e degli arancio per poi virare al viola e poi al blu e gradatamente sparire e fondersi con l’azzurro del cielo.
    Il mio essere immortale però mi aveva privato di quel piacere che era fra i pochi rimpianti della mia nuova condizione lasciandomi solamente la possibilità di guardare ciò che restava dopo che la calda massa infuocata si nascondeva alla mia vista.
    Quella sera, la mia mente quindi si privava di quello stralcio di piacere umano residuo per dedicarsi alla scelta, alquanto difficile, dei vestiti da indossare.
    La grande stanza che faceva da cabina armadio sfoggiava i migliori capi firmati del momento, divisi fra camicie giacche e pantaloni. Abbinare le tre cose non mi veniva sempre spontaneo, se restavo in casa avevo sempre preferito comode tute o pigiami.
    Ma quella sera dovevo e volevo essere speciale, volevo essere bellissimo solo per lei e ci misi del tempo per scegliere i capi più adatti e quando entrai nello studio, lo sguardo di Hod, appena arrivato, mi fece capire che la scelta era perfetta.
    Qualche minuto dopo, un agente della sicurezza bussò alla mia porta annunciandomi che la mia ospite speciale aveva appena oltrepassato il cancello del ranch.
    Mi avviai alla porta principale spalancandola appena in tempo per veder arrivare il taxi che si fermava davanti a me, mentre si apriva lentamente la portiera.
    La prima cosa che vidi invece fu una sua gamba lunga e snella, fasciata da un pantalone di jeans aderente e scuro. Poi la ragazza in un attimo fu davanti a me, mentre il taxi si allontanava lungo il viale.
    La guardai finalmente senza tute e cappuccio a nasconderle i tratti, i capelli rosso cupo le incorniciavano il volto scendendo fino alle spalle e piccoli occhi scuri brillavano guardandomi.
    “Ciao benvenuta!” le dissi tendendole la mano in modo forse troppo formale
    “Ciao, grazie dell’invito” non sorrise ma strinse la mia mano nella sua con decisione. I miei sensi affinati ne sentivano il calore e il sangue che scorreva, mentre mi accorsi che era capace di impedirmi di scrutare la sua mente.
    “Più che un invito è stato un ordine e di questo ti chiedo scusa, non volevo essere maleducato, non è da me.”
    “Ci siamo chiariti, questo è l’importante” mi disse mentre mi seguiva dentro casa
    Arrivammo in biblioteca, dove Hod si alzò dalla poltrona in un gesto lento e fluido per attendere le mie presentazioni
    “Hod, questa è la mia ospite, di cui in verità non so ancora il nome…” dissi accorgendomi sono in quel momento della mancanza
    Lei fece un cenno a metà fra una smorfia e un sorriso
    “Dafne” intervenne lei
    “Ohh, la mitica ninfa che fuggì da Apollo diventando l’albero di alloro” commentò Hod
    “Già, vedo che conosci la mitologia” rispose Dafne scrutandolo in volto
    “Non tutta, in realtà ma alcune vicende mitologiche sono impossibili da non ricordare”
    “Cupido la combinò bella in effetti con Dafne e Apollo” e un leggero sorriso per la prima volta comparve sul volto. Deliziosa. Una lieve fragranza di muschio bianco e ylang-ylang arrivava alla mie narici unita a quella intensa del suo sangue. Sarebbe stata una preda irresistibile.
    Si voltò di scatto verso di me guardandomi intensamente
    “Fiori d’arancio” la mia aria interrogativa le fece capire che non coglievo il senso
    “Non ylang-ylang ma fiori d’arancio” precisò e il mio sguardo fermo su di lei la fece sorridere di nuovo.
    “E inoltre grazie del complimento ma vorrei evitare di diventare una vostra preda, per cui forse è meglio che mi dici subito perché dovevo venire qui questa sera”
    Vostra..quindi aveva capito anche chi era Hod! Dafne mi meravigliava e mi intrigava ogni istante di più.
    “Scusami Dafne, non intendevo paragonarti ad una preda, non lo sei e non lo sarai mai. Ma mi rendi curioso oltre ogni limite e vorrei che mi spiegassi come fai a fare ciò che fai” dissi con sincerità
    Hod mi sorrise, con un breve cenno del capo, poi si sedette nuovamente nella poltrona che aveva usato fino al nostro arrivo in biblioteca.
    Saremmo stati spettatori silenziosi, ne ero certo, almeno finché Dafne avesse terminato di raccontare la sua storia. La casa era immersa nel silenzio, solo insistenti canti dei grilli nel giardino arrivavano a fare da sottofondo attraverso la porta-finestra spalancata.
    Feci un cenno con la mano alla nostra ospite, per invitarla a sedersi sul piccolo ed accogliente divano, in stile barocco, mentre io mi sedevo sulla poltrona rimasta.
    La seta multicolore dell’ampia camicetta si svolse e si riavvolse attorno al suo busto, segnando per un attimo il seno e mettendo in evidenza il capezzolo teso sotto di essa. Provai un brivido di piacere che celai rapido per evitare che lei lo percepisse.
    Dafne aspettò qualche secondo, fissando le sue mani intrecciate, come a trovare il punto e le parole giuste con cui iniziare a parlare di sé. Incantato, ero semplicemente incantato da quella deliziosa ragazza, ormai non lo potevo più negare a me stesso e speravo che lei avesse captato il mio pensiero.



    Cap. 13

    “Non credo sia importante che io dica oltre al mio nome, il cognome. Questo non avrebbe nessuna importanza o significato per voi. Sono figlia d’arte come si direbbe in queste circostanze. Solo che io rappresento l’eccezione ad una lunga tradizione familiare di circensi. Mia madre, mia nonna e sua madre prima di lei e così ogni membro femminile della mia famiglia, finché se ne abbia memoria, sono tutte nate e vissute per l’intera loro vita nel circo. Ma mentre io, come Michael ha potuto vedere, sono un’acrobata, le donne della mia famiglia sono state tutte indovine.
    Le avete presenti quelle raffigurazioni dell’ottocento dove viene dipinta l’indovina davanti alla sfera di cristallo? Ecco quello è quanto di più simile c’è a quello che hanno da sempre fatto le mie ave. Il particolare diverso è che la sfera per loro era solo un ornamento, il futuro sono sempre state tutte capaci di vederlo molto bene anche senza usarla.
    Insomma, loro sono sempre state un sorta di miscela fra un’indovina e un strega, nel senso più buono del termine naturalmente. Le generazioni più antiche delle donne della mia famiglia erano infatti profonde conoscitrici della natura, delle erbe, erano in grado di servirsene e conoscevano a fondo le sue regole e se ne servivano. Come potete capire, ci sono state epoche in cui queste capacità le ha rese impopolari e additate come malvagie, pare che una mia antenata sia stata arrestata dalla Santa Inquisizione e torturata e che sia sfuggita al rogo solo dopo promessa di abbandonare completamente la pratica divinatoria.
    Naturalmente lei sapeva bene che solo in quel modo, sfuggendo al rogo, la sua stirpe e con essa le sue facoltà, potevano avere un futuro. E così fu.
    Mia madre fu l’ultima che usò le sue capacità per guadagnare e far prosperare se stessa e il circo in cui era cresciuta. Con me le cose sono cambiate”
    La mia decisione di ascoltarla senza interruzioni venne infranta in quel momento dalla mia incapacità di non esprimerle i miei dubbi e le mie domande
    “Ma tu sei molto dotata, mi pare..Perché mai hai scelto di fare un’attività diversa da quella di tutte le donne della tua famiglia?” le chiesi a bruciapelo
    “Ecco, perché…ne ho paura!”
    “Cosa? No non ci posso credere, non è quello che hai dimostrato anche poco fa, quando hai capito cosa stavo pensando”
    “Quello è diverso, Michael. Lì devo solo sentire ciò che tu pensi. Ma non devo andare a vedere cosa ti accadrà. Quello non lo farò mai, non lo farò più!” mi rispose
    “Allora tu lo sai fare? Tu sei capace di vedere il futuro? Lo facevi un tempo?” mi accorsi d’improvviso quanto stavo diventando insistente e mi fermai
    “Sì, l’ho fatto un tempo, con la sola persona che non avrei mai voluto farlo, mio padre”
    “Scusa Dafne, forse ho toccato un tasto doloroso per te” mi affrettai a precisare
    “No Michael, ormai è passato del tempo, il dolore è attutito, anche se non posso dire che quella cosa ha cambiato la vita mia e della mia famiglia per sempre”
    Hod era rimasto in silenzio fino a quel momento, ma a quel punto intervenne
    “Credo sia meglio che ci spieghi ogni cosa Dafne. Solo così potremmo capire meglio cosa ti ha portato ad essere quella che sei” come sapeva usare le parole…
    “Vedete, anche io fin da piccola avevo manifestato le capacità che ora conoscete. Ero una bambina e come tale affrontavo la cosa, con ingenuità e incoscienza. Mia madre e mia nonna, che viveva con noi, mi stavano istruendo, pian piano, in tutto ciò che la cosa avrebbe comportato, ma solo con la gradualità necessaria alla mia giovane età
    Fu così, che un pomeriggio mi coricai per il riposino che la maggior parte dei bambini è solito fare. Solo che io non avevo proprio sonno, non ne volevo sapere di dormire e venivo puntualmente convinta da mia madre invece a stendermi sul letto e rimanere lì, in penombra, per permettere al mio corpo, mi diceva, di recuperare le energie perse con tutti i miei giochi sfrenati del mattino.
    Quel pomeriggio appunto ero ancora meno convinta del solito della spiegazione che per l’ennesima volta mia madre mi aveva dato mentre mi aiutava a coricarmi. La cosa che mi stupiva e su cui riflettevo, era la totale assenza di intervento di mio padre nella faccenda. Il solo commento che gli avevo sentito fare era “ubbidisci alla mamma, Dafne”
    Sai mio padre era bellissimo per me, alto e forte, era un domatore di leoni e non so se lo sai ma i leoni a differenza delle tigri sono imprevedibili a volte e domarli è quanto di più complesso e pericoloso ci sia nel mondo del circo. Anche per questo mio padre diventava un eroe ai miei occhi. Ma in fondo, quale padre non lo è per una figlia?
    All’improvviso mentre pensavo a mio padre, e scrutavo la penombra in cui stavo, con fare annoiato, qualcosa mutò davanti ai miei occhi. Fu come se davanti a me si aprisse uno schermo, prima molto scuro e che poi via via si chiariva e faceva comparire delle immagini. Potevo vedere la stanza dove ero, dietro quello schermo, per cui ero sicura di essere sveglia e la mia attenzione fu catturata da ciò che quello schermo mostrava: mio padre.
    Mio padre a terra, circondato dai leoni, ma ricoperto di sangue e di colpo sentii la paura prendermi allo stomaco e alla testa e gridai con quanto fiato ero capace.
    Mia madre spalancò la porta del carrozzone, mi scrutò e mi chiese cosa stava succedendo. Le raccontai cosa avevo visto e alla sua replica “Dafne, non temere era solo un brutto sogno” io ribattei affermando che ero certa di essere sveglia. Lei allora si bloccò come impietrita, ma i suoi occhi si inumidirono. Fu allora che capii che sarebbe successo davvero.”

    Edited by Andago - 18/2/2014, 15:47
     
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  5. ornellamj
     
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    Dafne...bellissimo nome...e dolcissima ragazza dietro la dura scorza che vuole imporre.
    e Michael....sembra si sia già innamorato...un vampiro innamorato e tremendamente romantico... :thud:
    come reagirà al racconto del passato di Dafne?
    I'm waiting... :occhiolino:
     
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  6. Elenajackson777
     
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    CITAZIONE (ornellamj @ 17/2/2014, 23:27)
    Dafne...bellissimo nome...e dolcissima ragazza dietro la dura scorza che vuole imporre.
    e Michael....sembra si sia già innamorato...un vampiro innamorato e tremendamente romantico... :thud:
    come reagirà al racconto del passato di Dafne?
    I'm waiting... :occhiolino:

    :quoto: ogni singola parola.
    Bravissima Andago,attendo il continuo.
     
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    Cap. 14

    Dafne si fermò con il suo racconto e io sentivo quanto dolore le aveva dato quell’esperienza. Non mi stupivo che lei avesse rinunciato alle sue capacità ma quello che dovevo ancora ascoltare fu più ancora più terribile.
    “Sapete” continuò “ io ero solo una bambina ma quando sentii i miei discutere quella notte, capii che la colpa era mia. Mia madre stava implorando mio padre di lasciare il lavoro di domatore, dicendogli che io avevo visto, quindi sarebbe capitato. Mio padre ripeteva che ero troppo piccola per saper dare il giusto senso a ciò che vedevo, che magari ero stata influenzata dal bene che gli volevo, che lui avrebbe messo più attenzione comunque e che così nulla sarebbe successo.
    Fu allora che nella mia ingenuità stabilii di agire in prima persona: sapevo di tutto quello che erano capaci le donne della mia famiglia e alcune sapevano anche farsi capire dagli animali. Pensavo che forse io avevo ereditato anche quello di dono, così potevo parlare ai leoni. Avrei parlato a quegli animali e li avrei convinti a non far del male al mio papà.
    La mattina dopo, aspettai che mio padre facesse entrare i leoni nella gabbia grande, quella usata per le prove, che si allontanasse e vi entrai. Non ero stata mai a tu per tu con quegli animali e sentii la paura salire lungo le gambe.
    I leoni iniziarono a girarmi intorno e io provai a fare ciò che avevo in programma.
    “Sentite, io non vi ho mai chiesto nulla, non abbiamo mai fatto amicizia…vedete io ho bisogno di un favore, vorrei che il mio papà sia al sicuro quando è qui con voi. Io voglio tanto tanto bene al mio papà sapete? Per cui vi prego, non fategli del male!”
    Beh, credo di aver alzato la voce mentre pronunciavo le ultime parole, oppure le mie emozioni furono sentite in modo sbagliato dai leoni, ancora adesso non lo so. Il fatto è che un leone si avvicinò e mi colpì sul braccio con una zampata e io gridai.
    Mio padre mi sentì e corse verso di me. Quando vide che ero nello gabbia, vi entrò senza pensare che non aveva con sé gli attrezzi che usava per domare gli animali. Al secondo attacco del leone, lui si mise fra me e quell’animale e fu colpito al posto mio.
    Ho ricordi confusi da quel momento in poi, so che mi sentirono urlare, arrivarono gli assistenti di mio padre che riuscirono ad allontanare gli animali da noi, riportandoli alle loro gabbie. Mio padre aveva ricevuto la zampata del leone sulla gola, all’altezza della carotide. Era morto in un paio di minuti davanti a me.”
    Dafne si interruppe di nuovo, gli occhi lucidi e le mani tremanti che si torturavano una con l’altra.
    Ero ormai abituato a sentire le emozioni delle persone, lo richiedeva il mio stato di vampiro per individuare le persone che non dovevo toccare e che magari invece andavano aiutate. Ma il dolore di Dafne era quanto di più intenso e profondo io avessi sentito, come fosse un suono acuto che penetra nel cervello e toglie il fiato.
    Mi trovai in ginocchio a terra davanti a lei, mentre le prendevo le mani e gliele accarezzavo piano. Lei per un momento alzò gli occhi sul mio volto, li vidi spalancarsi e poi muoversi rapidi.
    “Ma tu..tu..stai lacrimando sangue!” mi disse Dafne, mentre io rapido con il dorso della mano cercavo di cancellare i segni della mia commozione.
    Dafne liberò la mano dalla mia stretta e la poggiò sul mio volto, cominciando piano a togliere con me le lunghe strie rosse che rigavano i miei lineamenti.
    “Scusa Dafne, non volevo che tu lo vedessi ma purtroppo ciò che sono ora ha ripercussioni anche su questo. Come vedi le mie lacrime non sono più come un tempo, ma sono fatte anche di sangue e non dovrei mai farmi vedere mentre scendono..”
    “Shhhh va tutto bene, Michael, non mi ha mai impressionato il sangue o almeno, non più dopo quel giorno della morte di mio padre. Mi spiace, non volevo farti piangere, non volevo che crearti l’imbarazzo di dover giustificare la tua natura” mi rispose
    Hod nel frattempo si alzò, mi si avvicinò e allungò verso di me un fazzoletto in cotone commentando:
    “Sai Dafne, il fatto è che Michael è ancora giovane come vampiro e le emozioni hanno ancora un grosso peso. E poi c’è da dire che non credo smetterà mai di voler far del bene, nella sua esistenza immortale, e ciò lo rende ancora più vulnerabile. Io però, se non ti dispiace vorrei che tu continuassi il tuo racconto. Sono sempre stato affascinato da chi in modo spontaneo ha le capacità che io invece ho acquisito soltanto una volta diventato ciò che sono ”
    “Scusate, potete aspettarmi un attimo? Vado a sistemarmi, a lavare mani e viso, devo essere terribile da vedere” affermai
    Detto così uscii da una porta nascosta nella libreria che mi faceva raggiungere la mia stanza senza dover sempre attraversare l’atrio e la stanza della sicurezza. Molto comodo e pratico per un vampiro, ve lo posso assicurare.
    Quando tornai, i miei amici erano ancora come li avevo lasciati, quasi immobili, quasi come se avessi avuto la possibilità premere il tasto “pausa” su di un telecomando prima di uscire da quella stanza, con Hod semi sdraiato e sprofondato mentre Dafne ancora seduta a schiena dritta, gambe incrociate e sguardo umido di commozione.
     
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  8. ornellamj
     
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    oddio...povera Dafne...inconsapevolmente causa della fine terribile del padre... :cry:
    e dolcissimo Mike che cerca di consolarla, ma troppo buono nell'animo per restarne insensibile... :oddio:
    Hod, invece, vampiro freddo ma non certo meno coinvolto dalla storia.
    a domani per il seguito Andago...e grazie! :hug:
     
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  9. Elenajackson777
     
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    CITAZIONE (ornellamj @ 19/2/2014, 00:04)
    oddio...povera Dafne...inconsapevolmente causa della fine terribile del padre... :cry:
    e dolcissimo Mike che cerca di consolarla, ma troppo buono nell'animo per restarne insensibile... :oddio:
    Hod, invece, vampiro freddo ma non certo meno coinvolto dalla storia.
    a domani per il seguito Andago...e grazie! :hug:

    :quoto: ogni singola parola,sono d'accordo con ciò che ha detto Ornella.
    Brava Andago,continua così :occhiolino:
     
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    Grazie!!! Il racconto di Dafne è un pò lungo, prosegue ora, ma spero non vi annoierà...

    Cap. 15

    Un mio sorriso fu per Dafne il segnale per riprendere a raccontare quello che aveva sconvolto la sua anima e la sua vita.
    “Ci vollero settimane prima che riprendessi a parlare. E mesi prima che di notte non urlassi nel sonno mentre sognavo di venire attaccata dai leoni. Se la ferita fisica guarì, quella psicologica fu profonda e lasciò dei segni che mi sono rimasti dentro.”
    Solo allora mi ricordai che aveva accennato ad una zampata del leone: “La ferita al braccio era solo superficiale per fortuna allora…” le dissi
    “In termini medici verrebbe definita così” rispose Dafne e la sua mano si appoggiò al braccio destro per afferrare la lunga manica che lo ricopriva, per poi tirarla lentamente verso l’alto.
    Due anzi no, tre chiari e larghi segni le percorrevano di traverso la parte inferiore dell’avambraccio, deformandone la pelle, segnando in modo marcato l’arto che apparve quasi estraneo, a quella creatura che avevo davanti e che avevo visto muoversi con tanta grazia nel tendone.
    “Il muscolo funziona anche se danneggiato” mi confermò Dafne “E’ per questo che ho cominciato a fare ciò che hai visto quando sei venuto a cercarmi. Quello era il modo, afferrarmi al nastro e tirarmi su, per rinforzare il braccio senza dover ricorrere ad un fisioterapista, cosa impossibile se vivi in un circo che cambia sempre città”
    “Già, in effetti non sono semplici certe cose nella vita di un circo ..ne sono cosciente perché ho avuto modo tante volte di parlare di questo con gli artisti che ho raggiunto dietro le quinte dopo spettacoli a cui ho assistito” concordai
    Dafne lo fissò un momento poi chinò la testa:
    “In realtà non solo per questo, ma anche come sfogo al mio dolore. Fu dopo che iniziai ad imparare questo tipo di numero che iniziarono a sparire incubi e insonnia, anche se devo sempre stare molto attenta a non pensare troppo a quel giorno, o la notte rivivo ugualmente la scena e mi sveglio come un tempo, gridando”
    “Mi stai dicendo che a causa nostra stanotte avrai gli incubi?” le chiesi preoccupato
    “Michael non preoccuparti, è tempo che io affronti i miei problemi e il mio passato a testa alta” e il suo sorriso era quanto di più rassicurante potesse presentarmi come garanzia.
    Fu allora che Hod intervenne.
    “Dafne cara, tu ci hai parlato di te e delle donne della tua famiglia come creature dotate della capacità di sapere cosa accadrà prima del tempo, ma da ciò che mi ha raccontato Michael tu sei capace di avvertire presenze incorporee, di leggere nella mente e di parlare senza che la tua bocca pronunci parola. Ebbene, queste non sono qualità comuni, non le hai “ereditate” per così dire vero?” e il suo sguardo brillava della consapevolezza di chi sa già la risposta.
    Dafne, che fino a quel momento non aveva mai guardato Hod se non per pochi brevi istanti, sembrò trasfigurarsi in volto, mentre ricambiava l’occhiata che il mio creatore le aveva rivolto.
    “Hai ragione, Hod, quelle sono cose che non avevo nel tempo della morte di mio padre. Vedo che conosci bene il mondo dell’invisibile” sembrava una sfida fra loro due, non c’era odio o rivalità, ma esplorazione e condivisione delle conoscenze.
    “Tesoro mio, se tu avessi alle spalle tutto il tempo mio e la mia natura allora ….” le rispose Hod
    “Ho dimenticato per un attimo la vostra “natura” è vero, ma non conosco neppure la tua età, per così dire”
    “Ti stupiresti se te lo dicessi, Dafne! Ma qui non sono io che racconto, stasera, per cui ti prego, continua e spiegaci cosa ti accaduto ancora” le rispose accompagnando la frase con un gesto elegante della mano.
    Dafne abbandonò la sua posizione rigida per appoggiarsi allo schienale del divano mentre lasciava sfuggire dalle piccole labbra sottili un sospiro ad occhi socchiusi.
    “Come dicevo poco fa, il numero con il nastro è stata la mia salvezza ma è stato anche la mia condanna.
    La frustrazione, il dolore e la rabbia per essere parte in causa nella morte di mio padre mi portarono subito a spingermi al limite delle mie possibilità e capacità. Fin da subito accanto a me ci fu Ilos, un greco che era il migliore nel mondo in quel numero, che mi insegnò tutto, anche come trasformare i miei sentimenti negativi in forza, grazia e domarli dentro me. Ma non sempre riuscivo in questo e neppure Ilos poteva penetrare in quei momenti di buio così profondi.
    Mi aveva proibito di esercitarmi da sola, senza la sua presenza, perché mi aveva sorpreso a farlo e oltretutto senza il materasso di protezione a terra. Ma una notte ancora una volta non rispettai i suoi ordini e andai al tendone delle prove, misi la musica preferita di mio padre, O fortuna, dal Carmina Burana di Carl Off e iniziai a salire. Mi avvolgevo nel nastro in tutte le evoluzioni che Ilos mi aveva insegnato, anche le più complesse che ancora non avevo imparato alla perfezione. Mi avvolgevo e salivo, poi mi scioglievo e tornavo giù fino quasi al suolo, per ricominciare in un moto continuo che mi strappava energie e lacrime.
    Ma quel nastro e quella musica mi portavano mio padre, mi portavano a lui e alle sue braccia, lo strappavano alla morte e alla zampata di quella bestia che ignorava quanto amore e dolore avevo provato per mio padre e quanto fossi incapace di arrendermi alla sua assenza. Finché mancai una presa, circa a metà altezza e caddi a terra.”

    O fortuna (testo tradotto)

    O Sorte
    come la luna
    tu sei variabile,
    sempre cresci
    o decresci;
    la vita odiosa
    ora indurisce
    e ora conforta,
    per gioco, l'acutezza della mente;
    miseria,
    potenza
    dissolve come ghiaccio

    Sorte possente
    e vana,
    cangiante ruota,
    maligna natura,
    vuota salvezza
    che sempre si dissolve,
    oscura
    e velata
    me pure sovrasti;
    ora al gioco
    di te scellerata
    porgo la schiena nuda.

    Destino di salute
    e di virtù
    ora mi è avverso,
    indebolito
    e sconfortato
    sempre schiavo.
    In quest'ora
    senza indugio
    le vostre corde fate suonare;
    poiché a caso
    prostra un forte,
    con me tutti piangete!


    Cap. 16


    Dafne fece una pausa nel suo racconto e nuovamente ci guardò negli occhi con un’intensità tale che sapevo significava solo una cosa: leggere dentro di noi quanto le credessimo e fossimo attenti amorevoli spettatori.
    “ Non ricordo nulla di quanto successe, mi parve ad un certo punto di avere davanti mio padre che mi spronava a non cedere, ad amare la vita e a non sprecare il tempo che mi era stato dato. Eppure mi sentivo così cosciente e presente in quello che vedevo, sapevo bene che mio padre era morto, quindi non poteva essere lì a parlarmi! Mi prese una mano, la strinse forte a sé, ne sentivo il tocco e poi..poi mi ritrovai di colpo di nuovo distesa sulla pista. Vedevo chini su di me i volti di Ilos, di mia madre e mia nonna, e tutti i miei amici. Cercai di muovermi ma mi fu impedito, stavano aspettando l’ambulanza, mi spiegarono, perché la caduta doveva essere stata brutta, per alcuni minuti ero sembrata senza vita!
    Ancora confusa e stordita chiesi allora: -E papà? Dove è andato?- Mi guardarono tutti preoccupati, solo mia madre con gli occhi lucidi si chinò di più, avvicinandosi al mio volto. La sua mano leggera mi accarezzò la fronte, spostando appena una mia ciocca di capelli. –Papà tesoro, non c’è più, ricordi?- Ma la mia insistenza la spaventò ancora di più: -No, mamma, ho appena parlato ora con lui, era qui con me!-
    L’ambulanza con le sue sirene interruppe il dialogo surreale e subito fui accudita dai paramedici che mi immobilizzarono il collo, mi adagiarono su una barella e mi portarono via.
    Quando mi issarono sull’ambulanza una fitta di dolore intenso alla schiena mi fece perdere conoscenza e mi risvegliai quando arrivammo in ospedale.
    Ci fu un fitto via vai attorno a me, fra flebo, lastre, dottori di ogni tipo che mi visitarono in tutti i modi possibili finché non fui portata in una stanzetta a due letti e lì finalmente potei riposare.
    Quando mi svegliai, era notte, accanto il letto avevo un’infermiera che mi scrutava alla luce della lampadina tascabile: -Oh, l’ho svegliata, povera piccina- la udii dire mentre guardavo le sue labbra immobili..e mi chiesi come avessi fatto a sentire ciò che diceva.
    Da quel momento iniziai a scoprire cosa il mio volo a terra aveva lasciato dentro di me”
    Io e Hod eravamo ancora rapiti da ciò che Dafne ci stava raccontando. Per la prima volta scoprivo cosa c’era dietro a quelle menti che ogni tanto incontravo, che non appartenevano a vampiri ma che avevano le stesse loro capacità. Credevo che solo lunghi percorsi di meditazione e conoscenza interiore potessero portare a simili effetti ed invece, grazie a Dafne, ora capivo che c’erano anche traumi esterni di una certa gravità che innescavano quello stranoo e misterioso meccanismo che apriva la porta all’invisibile.
    Hod, data la sua esperienza e la sua età che era ben oltre quella umana, annuiva sorridendo, indubbiamente già cosciente di questi eventi.
    Dafne chiese dell’acqua, la sorseggiò piano e fece un timido sorriso:
    “Ecco qui..questo è ciò che mi accadde, ciò che sono.”
    “Oh Dafne, ti prego! Tu sei molto di più di questo!” la contestò Hod “Credo che tu possa dire molto di più a me e al nostro Michael, non vedi come è curioso di sapere ogni cosa di te? Il suo interesse nei tuoi confronti è così palese!!”
    La mia occhiata di fuoco, fece sorridere Hod, contento di aver colpito nel segno, per quanto io cercassi di non darlo a vedere.
    Dafne arrossì, mi guardò e gli occhi le brillarono d’improvviso, prima che lo sguardo si abbassasse di nuovo.
    “Anche quell’esperienza mi lasciò dei segni, era ovvio accadesse. Mi accorsi di poter sentire ciò che la gente pensava, vedevo delle figure incorporee girare nelle stanze e nei corridoi e ne sentivo la vibrazione che essi emanavano. Ne fui terrorizzata, credevo di avere un danno cerebrale, ma sapevo che gli esami erano risultati negativi. Mi convinsi che la pazzia si stava impossessando di me, quando poi finalmente un giorno qualcosa cambiò.
    Ilos riprese ad allenarmi al nastro, lo fece con più severità e attenzione di quanto avesse fatto prima, attento ad ogni mio movimento. Poi piano piano, un giorno, iniziò a parlare anche di altre cose che non fossero le teorie degli esercizi.
    -Sai, che tu ci creda o no, abbiamo un sorta di Energia superiore che ci lega tutti e ci guida. A volte sembra si dimentichi di noi, soprattutto quando ci facciamo del male, o perdiamo qualcuno, ma in realtà è proprio in quel momento che si manifesta ancora di più nella sua potenza e nella sua Grazia-
    Lo guardai stupita, non aveva mai dimostrato tanta profondità di pensiero e mi lasciai scivolare giù lungo il nastro fino a terra. Lo seguii come un cagnolino segue il suo padrone, verso il bordo della pista, sedendomi accanto a lui sul bordo bianco e rosso, di legno, che segnava il limite fra noi artisti e il pubblico.
    Era come se in quel momento ci fossimo seduti sul bordo del confine fra terreno e invisibile, lo scoprii quando Ilos continuò il suo discorso.
    -Ti stupiresti se ti dicessi che io ti credo quando affermi che hai parlato con tuo padre? Io ti credo Dafne. Tu hai parlato con tuo padre, gli hai dato la tua mano e lui è rimasto qui con te finché non ti sei ripresa. E’ tutto vero, è accaduto realmente.-
    Mi chiesi se i pazzi ora fossero due, io e Ilos. Lo guardai sgranando gli occhi e lui mi sorrise come solo un uomo legato da affetto fraterno può fare con una donna.
    -Dafne, è successo anche a me, mi sono fatto male anch’io un tempo, cadendo dal trapezio. Era il numero di punta del circo in cui lavoravo, senza rete dovevamo fare, io e il mio compagno, delle evoluzioni che terminavano con un doppio giro mio prima di riprendere il trapezio. Lui mi lanciò con una frazione di ritardo, io pur sapendo che questo significava dover evitare di fare l’esercizio con due giri ma limitarmi ad uno soltanto, tentai ugualmente…e caddi. Sento ancora oggi la sensazione che mi diede lo sfiorare la barra del trapezio, senza poterla afferrare e la consapevolezza improvvisa che pochi secondi dopo potevo essere morto. Ricordo che feci un respiro profondo e subito dopo qualcosa di forte e duro mi colpì alla schiena e alla testa: ero arrivato a terra. Persi conoscenza e quello che vissi da quel momento fu quanto di più surreale potevo immaginare. Mi trovai in un luogo senza muri e pavimento, la luce intensa non aveva punto di origine e una strana musica invadeva lo spazio.
    Un disastro aereo, cinque anni prima, mi aveva portato via mia madre mio padre e mio fratello, che da Atene si stavano spostando verso Mosca per venire a vedermi. Ma ora loro erano lì davanti a me, felici di vedermi. Capii che ero morto. Non avevo dolore nè rabbia verso la mia morte, serenità e consapevolezza assolute erano le sole emozioni del momento. Poi mia madre con dolcezza mi parlò, mi disse che non era il momento di stare lì, dovevo tornare da dove ero venuto, altre cose erano in attesa di essere compiute con il mio aiuto. E mi risvegliai in ospedale, con le ossa rotte e senza la milza.-
    Capite che per me Ilos in quel momento divenne la mia salvezza, sapevo che non ero sola. Mi raccontò che come me iniziò a sentire i pensieri, a vedere Anime che erravano e che avevano bisogno di aiuto per trovare pace. Studiò testi di ogni tipo, sia di medicina che di filosofia, che di religione e infine di parapsicologia, per capire a fondo il fenomeno e dominarlo dentro sé. Ilos divenne il mio Maestro.”
     
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  11. ornellamj
     
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    storia complessa quella di Dafne...così interessante da leggerla tutta d'un fiato! :o:
    e mi immagino anche Michael rapito da tale storia...lui sempre così curioso... ^_^
    attendo il seguito con curiosità crescente anch'io! :occhiolino:
     
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  12. Elenajackson777
     
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    CITAZIONE (ornellamj @ 20/2/2014, 00:36)
    storia complessa quella di Dafne...così interessante da leggerla tutta d'un fiato! :o:
    e mi immagino anche Michael rapito da tale storia...lui sempre così curioso... ^_^
    attendo il seguito con curiosità crescente anch'io! :occhiolino:

    :quoto: attendo il seguito anch'io,questa storia si fa sempre più interessante,mi piace molto :occhiolino:
     
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  13. ornellamj
     
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    .....niente capitolo oggi? :(
     
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    Ehmm scusatemi (lo scrivo anche qui) pago pegno subito!!!

    Cap.17

    Dafne sembrò risplendere di una nuova luce davanti ai miei occhi. Questa giovane donna che avevo nella mia casa, era evoluta spiritualmente attraverso il dolore e la crescita interiore fino a diventare un essere magnifico.
    Cominciavo in quel momento a capire cosa doveva aver provato Dante con Beatrice: l’amore più forte e terreno che lentamente si sublima e si trasforma in immortale. Ma io non lo volevo sublimare il mio sentimento per Dafne, in quel momento volevo quello terreno.
    La volevo. Doveva essere mia, per sempre. Salì dentro me un desiderio così violento e intenso che quasi mi toglieva il fiato. Dovetti alzarmi, d’improvviso e uscire nel giardino, dove l’aria fresca della notte mi avrebbe forse aiutato a riprendere il controllo. L’avrei abbracciata, se solo si fosse avvicinata a me, lo avrei fatto, per poi accarezzarle i capelli e le guance, un po’ arrossate dall’emozione del racconto. E le sue labbra! Avrei potuto sfiorarle piano con un dito, sentire il velluto sotto di esso, come petali rossi di una rosa, avrei voluto in quel momento vederli tremare d’eccitazione.
    Appena la sua lingua fosse uscita appena per inumidire le labbra, io non avrei potuto far altro che catturare la sua bocca con la mia, appoggiandola piano o appena sfiorandola, quasi come fa un colibrì quando si avvicina al fiore per succhiarne il nettare.
    La sua bocca e le sue labbra sarebbero state il mio nettare, la sua lingua da accarezzare nella mia mente divenne un desiderio bruciante e vivido.
    Avere Dafne fra le mie braccia, baciarla, accarezzarne le linee flessuose del corpo, lentamente, in un’agonia struggente che ci rapisse portandoci oltre il tempo e lo spazio. E l’odore del suo sangue!! Ricordo ancora l’onda morbida che mi arrivò alle narici quando lei si chinò per consolare il mio pianto, in una mescolanza di essenze fra il suo sangue e la sua pelle.
    Ammaliato, attirato come un marinaio dalla sirena, avvolto nella malia del fascino di Dafne, mi sentivo sconfitto e incapace di reagire a quel sentimento che mi aveva colpito.
    La sua voce, debole e cauta, mi riportò alla realtà
    “Michael, stai bene? Scusate devo avervi turbato con le mie chiacchiere, forse anche stancato…”
    “Assolutamente no, mia cara” intervenne Hod, avvicinandosi a lei e prendendole la mano “diamogli solo un po’ di tempo e vedrai che Michael sarà pronto ad ascoltarti ancora. Ti ho detto che è sempre stato molto emotivo…”
    Bravo Hod, pensai, che da grande amico qual era, oltre che mio creatore, aveva captato i miei sentimenti e mi aveva aiutato a mascherarli. Se Dafne li aveva percepiti non lo sapevo, ma non lo dava a vedere in ogni caso, forse era meglio così.
    Mi accomodai al mio posto, dopo qualche minuto, pronto a proseguire l’ascolto della storia ma Dafne con un gesto mi sorprese: mi guardò per un lungo istante, e senza dire nulla, appoggiò la mano sulla mia, stringendola appena, accarezzandola piano con le dita, poi riprese a parlare di sé.
    “Furono mesi importanti quelli che seguirono e impegnativi. All’alba di ogni giorno, Ilos mi portava con sé per una passeggiata che terminava sempre su un prato, spesso ai piedi di un qualche albero.
    Spostandoci di città in città per i nostri spettacoli, lo scenario cambiava, la cosa divenne ancora più stimolante per la mia mente.
    Io e Ilos a quel punto, seduti a terra, magari con la schiena appoggiata appunto al tronco dell’albero, iniziavamo a meditare. All’inizio la trovavo una cosa quasi inutile, difficile e anche un po’ ridicola. Ascoltare il mio respiro? Il mio corpo faceva tutto da solo, perché avrei dovuto? Poi ci riuscii, ma iniziai ad non riuscire a rimuovere quei pensieri che mi affollavano la testa.
    -Libera la mente- mi diceva Ilos e io faticavo a capire come fare dato che i pensieri venivano senza che io volessi. E così mi spazientivo. –Non devi rimuoverli Dafne- mi disse un giorno –ma lasciarli scorrere, e loro se ne andranno da soli- E così avvenne
    Se il mattino meditavo e passeggiavo, con Ilos che mi spiegava ogni passaggio, gli allenamenti li facevo nel pomeriggio. Ilos diventava intransigente, perdeva la calma tipica della mattina per diventare un allenatore attento e scrupoloso. A volte si univa a me sul nastro mi mostrava alcuni passaggi, progettavamo un numero che ci vedesse insieme sulla stesso nastro, cosa che poi portammo realmente sulla pista.
    Alla sera avevamo i due spettacoli, di domenica c’era anche quello pomeridiano ma nonostante questo, Ilos trovava il tempo per tornare ad essere il mio Maestro. Alcune ore della notte ci servivano a familiarizzare con il mondo invisibile. Avevo una montagna di paura dentro, ogni volta ma Ilos al mio fianco era una guida perfetta e mi proteggeva.
    Sono passati degli anni da allora, ma è un periodo che ricordo sempre volentieri, ho imparato molto, sono cresciuta e maturata, devo molto a Ilos.
    “Era con lui che discutevi la prima sera che ti ho vista?” chiesi incuriosito.
    “Sì, infatti..io volevo inserire Carmina Burana, come musica, in occasione dell’anniversario di mio padre, lui non era d’accordo. Tutto sommato aveva ragione, lo confesso”
    E poi la rividi, sinuosa e bellissima, avvolta nel nastro con le note della mia canzone. Mi mancò per qualche istante di nuovo il fiato poi tirai fuori la mia proposta
    “Che ne dici di esibirti durante il mio spettacolo?”
    Dafne mi guardò, la bocca che avrei voluto così tanto baciare era socchiusa, come se la risposta che volevo udire, fosse ferma lì, fra quelle deliziose labbra e faticasse ad uscire.


    Cap.18

    Quegli attimi di silenzio furono interminabili. Sapevo che se Dafne avesse rifiutato il mio invito, l’avrei persa per sempre.
    “Ecco Michael, io devo parlarne con Ilos, sentire se lui vuole partecipare”
    “Dafne, io ho chiesto di te, non di Ilos. Voglio te soltanto, sul nastro” la mia natura manageriale usciva in modo preponderante sempre, nelle discussioni che riguardavano il mio lavoro.
    “Ok scusa, ma rimane il fatto che ne devo parlare con lui” era visibile quanto ci fosse rimasta male per la mia risposta brusca, me ne pentii e cercai di rimediare.
    “A dir il vero, vorrei inserire molti numeri del Cirque, nel mio spettacolo, per cui se Ilos vuole partecipare e lo vogliono altri oltre a lui, me lo potresti far sapere tu, mi daresti un aiuto, io poi vengo a vedere cosa mi proponete. Ma ricorda una cosa: voglio fare una canzone dove sullo sfondo ci sei tu che danzi e nessun altro. Questa è una cosa su cui non si discute.”
    Dafne sorpresa dal mio tono e dalla mia decisione repentina, volse uno sguardo interrogativo verso Hod che lo ricambiò con un breve assenso del capo e un sorriso lieve e rassicurante.
    “Credo che per me sia abbastanza tardi, adesso, meglio se rientro” disse Dafne alzandosi.
    “A quest’ora non ci sono più taxi, se aspetti un attimo chiamo uno dei ragazzi perché ti accompagni con una delle nostre auto” le risposi, allungando la mano verso il telefono.
    Poco dopo, guardai uno dei miei SUV con dentro Dafne, uscire dal cancello posteriore della casa e sparire nel buio della strada. I saluti erano stati frettolosi, imbarazzati fra me e Dafne, mentre Hod la strinse a sé con un gesto quasi paterno.
    “Arrivederci, mia cara e non dimenticare: saresti una magnifica preda!” disse Hod strizzandole l’occhio in un gesto d’intesa, per ironizzare sui miei pensieri di inizio serata
    “Non lo scorderò, Hod, grazie per avermi ascoltata” rispose Dafne sorridendo
    “E’ stata un esperienza molto interessante, questa serata, vero Michael?”
    “Oh si certo, molto..” risposi distratto dai miei segreti pensieri.
    Seguirono giorni di silenzio, di vuoto. Io, preso dalla fretta e dalla smania della creazione, finivo per crollare all’alba, senza aver trovato tempo e modo nella notte, di provare a raggiungere Dafne.
    Lei, con mio grosso dispiacere, non mi aveva chiamato, non mi aveva cercato, non era venuta da me.
    Forse avevo rovinato tutto, la volevo troppo e questo l’aveva spaventata e fatta scappare.
    Sentii nuovamente l’urgenza fisica di possederla, aumentare fra le mie gambe, mentre scivolavo nel sonno mortale di quel quarto giorno senza Dafne. Tutto divenne oblio e silenzio fino al mio risveglio.
    Credo che voi pensiate che succeda come nei film. Il risveglio di noi vampiri intendo. Come si avvicina il tramonto, la cassa da morto in mezzo la stanza si scoperchia e come spinto a una molla, il vampiro si erge in tutta la sua magnificenza, pervaso da una sete accecante.
    Non vorrei deludervi, ma non è così. Personalmente non uso bare, ma un letto, ampio e comodo in cui mi distendo esattamente come quando ero un mortale.
    Non dormo vestito di tutto punto, neppure questo no, ma con un generico e comodo pigiama e mi copro con le lenzuola non perché abbia freddo (sapete bene che ora non lo sento più) ma per evitare che un accidentale raggio di luce magari mi colpisca ferendo la mia pelle sensibile.
    La mia stanza è chiusa, a chiave, da chiavistelli e da una pulsantiera a codice numerico, con un allarme sonoro che avvisa se qualcuno si avvicina. Ma nessuno lo fa, statene certi.
    Per cui i miei sonni, sono anomali solo per il fatto che io ora sono un vampiro e dormo solo di giorno ma non nella bara con interni di velluto e mi sveglio al tramonto ma dentro un normale letto da cui come tutti, a volte faccio un po’ fatica ad alzarmi.
    Ma torniamo al mio racconto. Era finito il quarto giorno, pardon, notte, senza notizie di Dafne e io all’alba mi ero ritirato nella mia stanza come il mio solito, addormentandomi poco dopo.
    Fu quando mi risvegliai, con il sole che stava tramontando, che nel buio della mia stanza dalle pesanti tende chiuse mi accorsi della sua presenza. Dafne era lì. Il suo corpo eterico era vicino al mio letto.
    Esattamente come quella volta che l’avevo vista di sfuggita, era arrivata fino a me.
    Vedevo il suo volto, così vicino, che si stava chinando su di me e sentivo la sua mano, impalpabile che si appoggiava al mio torace. Mi sorrise, prima che le sue labbra si poggiassero sulle mie, ne sentii la pressione leggera, la morbidezza di quel tocco che sapevo sarebbe svanito in fretta.
    Quando si staccò da me, rialzandosi, la osservai di nuovo, mi sorrise ancora e lentamente svanì, come un sogno.
    Mi lasciai sprofondare nel cuscino, sconfitto e atterrato da quelle forti sensazioni che avevo provato per qualche istante.
    Poi, mi alzai, scostando con un gesto violento le coperte e mi diressi quasi correndo al guardaroba, con le mie idee ben chiare in testa.
    Come prevedevo, Hod era in salone, vestito in un completo color corda sotto il quale una camicia candida era aperta per far vedere i muscoli modellati e tesi. Lui si era già nutrito, lo vedevo dal colore della pelle, in quel momento meno pallida del solito, io non ne avevo il tempo. Non quella sera.
    Come detto, il sangue molto antico che era stato donato a Hod e poi di conseguenza a me, ci donava la possibilità di restare senza nutrirci per un tempo superiore a quello di altri nostri simili.
    Quella sera contavo su quello, visto cosa volevo fare e cioè rapire Dafne e riportarla a casa mia.
    “Credi davvero sia una buona idea?” mi disse Hod, captando le mie intenzioni
    “Certo che lo è. Poco fa è arrivata da me, mi ha sorriso e mi ha baciato. Questo è troppo anche per un cuore senza battiti come il mio” gli risposi mentre armeggiavo in cerca delle chiavi di riserva di una delle auto.
    Alzai la cornetta per chiamare la vigilanza.
    “Esco con il mio amico e prendo una delle auto. Non mi servono né autista né guardie del corpo”
    “Ma..signor Jackson..se mi permette non credo che…” cercò di intervenire l’uomo dall’altro capo del filo
    “Non si preoccupi, non mi accadrà nulla. Facciamo solo un salto fino al tendone del Cirque, siamo a casa nel giro di un’ora”
    Michael non attese neppure la risposta. Riagganciò e sventolando le chiavi davanti a Hod disse:
    “Andiamo”

    Cap.19

    L’aria della notte, umida e fredda, non mi provocava che un leggero brivido, come una piuma che accarezza la pelle.
    I brividi più forti erano causati invece dall’idea di ciò che volevo fare e scoprii con curiosa obiettività che erano le stesse emozioni che provavo prima di salire sul palco per un concerto.
    Come uno strano essere polimorfo, quella sensazione partiva dal mio centro fisico, poco sotto lo stomaco allungando i suoi tentacoli lungo ogni fibra del mio essere, le gambe non riuscivano a stare ferme, le mani tremavano, il respiro si faceva più corto e il cuore accelerava fino quasi a fermarsi poco prima di arrivare davanti ai miei fans. Ma poi, sembrava una magia, tutto cambiava, i miei piedi sapevano benissimo come muoversi veloci e coordinati, il resto del corpo li seguiva di conseguenza, la voce mi usciva forte e limpida, lo sguardo deciso e fiero di ciò che stavo mostrando al mondo di me. E così mi sentivo quella notte.
    Arrivammo vicino al complesso di prefabbricati e roulotte del circo, parcheggiai in una zona poco illuminata in un parcheggio deserto. L’asfalto cominciava ad bagnarsi per la leggera nebbia che si crea quando il terreno rilascia il calore accumulato durante il giorno. Sembrava una pista da ballo, nera e piena di lustrini, faceva venir voglia di muoversi a ritmo di musica, scivolare su di esso e fermarsi poi di colpo, a braccia spalancate, in attesa dell’applauso.
    Hod che mi stava precedendo, di pochi passi, si voltò quando si accorse che mi ero soffermato in quelle riflessioni e mi sollecitò:
    “Allora andiamo? Sei sempre sicuro di ciò che vuoi fare vero?” anche se ero convinto che non serviva una risposta perché la conosceva già, lo rassicurai
    “Certo che sì, so che questo è ciò che vuole anche lei”
    La maggior parte delle stanze del complesso avevano le luci spente. Da qualcuna proveniva la luce bluastra della televisione, in altre si vedevano accese solo luci di piccole lampade, probabilmente quelle dei tavolini da notte, create per leggere libri e giornali prima di dormire.
    Passammo vicino ad una finestra buia ma socchiusa, da cui uscivano mormorii di due mortali che quasi in simultanea ansimavano incuranti di chi li potesse udire, trasportati lontano dal piacere e dalla lussuria.
    Sorrisi all’idea che quella notte non eravamo solo io e Dafne ad amarci, fra tutti quelli del circo e se non sapevo ancora se anche per noi sarebbe finita così, fra i gemiti e le carezze, di sicuro almeno l’avrei tenuta fra le mie braccia, nel mio letto, mentre arrivava l’alba.
    Dovevamo acuire i nostri sensi di vampiro per capire dove era Dafne, poteva non essere nelle stanza dove l’avevo vista la prima volta, o nel tendone delle prove.
    Ma anche questo non fu necessario dirlo ad Hod, che mi diede un’occhiata d’intesa prima di fermarsi, immobile per alcuni secondi. Solo i suoi occhi si muovevano piano, prima verso destra e poi verso sinistra.
    “C’è qualcosa di strano qui stanotte” mi disse ad un tratto “Ma non capisco cosa sia”
    “Aspetta, la cerco io, in fondo il legame più forte è con me e forse io la posso rintracciare con più facilità”
    “Non hai capito, Michael. Avverto una strana sensazione, qualcosa che mi sta mettendo addosso una sorta di disagio..”
    Ma io nemmeno lo ascoltavo più, già concentrato a individuare il luogo dove mi stava aspettando Dafne. Poi la vidi, di spalle, con la sua tuta piena di lustrini, bianca e azzurra che la avvolgeva come una seconda pelle, all’interno del tendone semibuio.
    Mi precipitai verso quel luogo, senza neppure ascoltare Hod che mi stava richiamando indietro, preoccupato dalle sue sensazioni e dalla mia irruenza.
    Entrai nello spazio magico che stava diventando luogo dell’inizio della mia storia d’amore, quasi gridando il suo nome, mi fermai a pochi passi da Dafne che ancora mi dava le spalle.
    Era strano, il fatto che lei non mi avesse sentito arrivare, forse non era concentrata a sentire eventuali presenze attorno a lei, la cosa in sé era anomala ma scivolò via dalla mia mente quasi subito.
    “Dafne..sono qui” ripetendo il suo nome allungai il braccio in attesa che lei si voltasse.
    La figura nella penombra si voltò, destando tutta la mia sorpresa dato che non era Dafne ma Ilos colui che mi aveva dato le spalle fino a poco prima.
    “Dafne, non c’è” mi disse
    “Oh Ilos, buonasera! Io vorrei parlare con Dafne”
    “Non è possibile, ti ripeto: Dafne non c’è”
    “Bene, allora andrò io da lei, le voglio parlare”
    “Riguardo il concerto?” mi chiese in tono quasi ironico
    “Te ne ha parlato?”
    “Sì lo ha fatto. Dafne non sa mentire, soprattutto a me”
    “Dafne è una creatura speciale…”
    “Esatto, speciale e delicata, come una farfalla, basta poco e ti muore fra le mani”
    “Cosa intendi dire?” chiesi irritato
    “Che conosco Dafne da prima di te, è una donna che va protetta, seguita in ogni suo passo. E io mi sono dedicato solo a lei in tutti questi anni per questo”
    “Credo che sia il momento migliore ora per permettere alla farfalla di volare ora, non trovi?”
    “Quella farfalla, non sa nulla del mondo fuori del Circo, Michael! Si potrebbe avvicinare al sole attirata dalla sua luce, dal suo calore, senza neppure rendersi conto del pericolo e finirebbe per bruciarsi le ali! E senza ali tu lo sai, una farfalla muore!”
    “Ma è una farfalla che ha diritto di uscire da qui, deve poter inseguire i suoi sogni, volare anche lontano se serve a realizzarli!”
    “No!!! Lei non ha sogni da inseguire fuori di qui! Quelli sono i tuoi sogni, non i suoi! Lo spettacolo è il tuo, non il suo! La vuoi per esibirla al mondo, come un diamante in una teca, ma quella teca si potrebbe rompere e il diamante verrebbe rubato e la perderesti per sempre!” Ilos urlava il suo dolore, la sua rabbia per qualcosa che amava profondamente e che pensava gli venisse strappato dalle mani, lo capivo molto più di quanto potesse immaginare.
    “Ilos, che tu mi creda o no, non accadrà! Avrò cura di lei. Ne avremo cura insieme se tu ci seguirai unendoti a noi!”
    Ilos si accasciò a terra, come se improvvisamente avesse perduto ogni energia, solo la testa si alzò per puntare lo sguardo su di me.
    “E che mi dici dell’immortalità che le vuoi donare?” mi chiese con freddezza facendomi ricordare d’improvviso che Ilos aveva le stesse doti di Dafne, ma molto più accentuate e quindi sapeva cosa pensavo istante per istante.
     
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  15. ornellamj
     
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    ohhh Michael è pazzo d'amore per Dafne...ma mi sa che anche Ilos ne è innamorato..... :sisi:
    e adesso? che succederà? mica l'avrà già persa per sempre... :ehm:
    grazie Andago! :kiss2:
    capitoli molto belli, una grande scrittura e....bellissima storia emozionante e spaccacuore... :cry:
     
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68 replies since 8/2/2014, 09:02   765 views
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