oo Open your eyes and look into your heart oo

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  1. Flower.7
     
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    Grazie infinite, Elena <3 Scusami tanto per il ritardo.. provvedo subito a farmi perdonare! :D

    13th Chapter

    *Seconda Parte*

    Hallison

    Papà adorava portare mamma al mare: le ricordava la sua città d’origine che si affacciava sul Mar Mediterraneo… ancora mi sembra di sentire le loro risate rincorrersi con le onde, quelle volte in cui portavano anche me e Dave, mentre giocavano come due bambini.
    “Dave, Michael… io credo di non toccare più lì… non sono tanto brava a nuotare…” Mi preoccupai accorgendomi che il livello dell’acqua si faceva sempre più alto. “Ahm… allora vado avanti per dirlo agli ltri.” Intervenne Michael, mentre mio fratello mi strinse la mano con premura. “Hey Hallie!” Gridò Jackie salutandomi con la mano, per poi venire verso di noi. “Ciao, piccola! Come stai?” S’interesso gentilmente. “Bene… grazie.” Risposi con un pizzico di timidezza. “Michael mi ha detto che non riesci a toccare lì dove siamo noi…” Disse. “No.” Confermai scuotendo il capo, dispiaciuta. “Oh, allora sai cosa ti dico?” Domandò posando lo sguardo su mio fratello. “Se tuo fratello ce lo permette, io e Tito penseremo a prenderti sulle spalle. Così potrai giocare con noi! Che ne dici?” Continuò sorridendo. “Ahm… va bene.” Accettai copiando la sua espressione. “Dave?” “Sei forte, fratello!” Esclamò mio fratello dandogli un pugno amichevole. “Vieni piccola!” Fece allargando le sue braccia. In men che non si dica mi ritrovai a cavalcioni sulle sue spalle, divertita nel vedere tutte quelle teste basse e dai movimenti di Jackie. “Avanti, su, dov’eravamo rimasti?” Domandò lui. “Ho la palla!” Lo seguì mio fratello mostrando il suo pallone come se fosse stato un trofeo. “Tieniti forte!” Mi avvertì il ragazzo “gigante” che mi teneva in spalla, saldando la presa dei miei piedini. “Sì!” Gridai divertita, quando cominciò a muoversi agilmente per schivare la palla. “A te, Hallie!” Esclamò Dave passandomi il pallone che afferrai decisa, facendo quasi perdere l’equilibrio a Jackie, prontamente sostenuto dal fratello Tito. Lanciai la palla in acqua con tutta la forza che potei, schizzando quasi tutti, se non Michael che si era nascosto in tempo tra le onde. “Ben fatto, piccola! Vieni in braccio a me, dai, almeno Jackie gioca un po’. Ehi… ma sei leggera come una piuma!” Disse Tito dando il cambio al fratello. “Bambini, ragazzi, venite a mangiare!” Ci richiamarono dalla spiaggia; eravamo troppo affamati per dire di no e con una corsa impacciata nell’acqua andammo a sederci tutti insieme sulla sabbia, aspettando tra le chiacchiere ognuno il suo panino, mentre Jermaine tornava mano nella mano con la figlia di Gordy. “Ehi, ma quei due…” Insinuò uno dei grandi, quando J lasciò bruscamente la presa, facendosi tutto rosso in viso. Fu impossibile ridere, specialmente per i suoi fratelli. Giocammo sulla spiaggia quasi fino al tramonto costruendo un enorme montagna di sabbia bagnata, il nostro castello, dalla quale partiva un ponte che passava su uno stretto fossato, il quale andava a finire in una buca piena d’acqua. “Lotta di sabbia!” Gridò all’improvviso uno dei figli di Berry, impugnando un mucchio di sabbia per lanciarlo contro il primo mal capitato: Marlon. “Sei ricoperto di nutella!” Rise il piccolo Gordy, Terry, quando l’altro replicò vendicandosi: “E tu sei ricoperto di cacca!” Ma aveva colpito la persona sbagliata. In pochi attimi si accese il putiferio: c’era sabbia bagnata che volava ovunque ed erano inutili i richiami dei nostri genitori. Quando uscimmo dall’acqua dopo un bel bagno alcuni di noi si fermarono ad osservare il tramonto. “E’ bellissimo…” Sussurrai al fianco di Michael. “Già… Hallie… ti sei trasferita anche tu ad Hollywood?” Ribatté lui osservandomi. “Precisamente a Bowmont Drive, a Nord di Beverly Hills.” Risposi. “Ma… sai che io sono di quelle parti?” Domandò rallegrato. “Veramente? Oh… che bello!” Lo imitai disegnando un largo sorriso rosso. “Sì. Adesso io, Joseph e i miei fratelli ci troviamo in un motel di Hollywood, ma presto abiteremo alla Queens Road.” Replicò. “Potremmo rivederci come prima!” Esultai abbracciandolo, cogliendolo di sorpresa. Mi era mancato il piccolo Michael.

    14th Chapter
    Hallison

    “Hallie… piccola? Svegliati, dai…” Sussurrava dolcemente la voce profonda di papà. “Mmh… papà…” Feci appena, insonnolita. “Avanti, su… dobbiamo svegliare anche Dave… ci aspetta una bellissima giornata!” Continuò con lo stesso tono, carezzandomi i capelli neri.. “Mmh… buongiorno, papà.” Lo salutai aprendo pian, piano gli occhietti. “Buongiorno, piccola mia.” Mi salutò regalandomi uno dei suoi sorrisi. “Papà? Mi manca la nostra casa a Detroit… alla mamma piaceva tanto…” Gli confessai realizzando che non ero nella mia vecchia cameretta. “Lo so, piccola mia. Anche a me manca Detroit… ma non ho venduto la nostra casa, non ne ho la minima intenzione. Un giorno ci ritorneremo e poi sarà vostra.” Ribatté tranquillizzandomi. “Davvero?!” Domandai entusiasta alla sola idea di ciò che mi aveva appena detto. Annuì col capo e mi fece cenno di seguirlo per andare a svegliare David. “Dormiglione? Sveglia! Tua sorella è già in piedi!” Esclamò papà entrando nella sua stanza. “Oh, papà, uffa!” Si lamentò lui mettendosi con la testa sotto al cuscino. “Avanti… c’è una sorpresa per tutti e due… lavatevi, fate colazione, e filate in macchina perché… si parte!” C’incitò nostro padre, scrollando mio fratello per i fianchi. “Oh, dai papà!” Cominciò a ridere Dave, preso da un attacco di solletico. “Forza, su, non possiamo tardare…” Insistette papà con voce più pacata. Fu una sfida a chi facesse per primo: in neanche mezz’ora eravamo già montati in macchina con due zainetti in spalla. “Papà… non vorrai mica portarci a scuola?!” Insinuammo io e David, facendolo ridere. “No… tutt’altro… portate un po’ di pazienza, arriveremo presto…” Ci rassicurò nostro padre mettendoci alla prova per un viaggio decisamente molto lungo. Ricordo che una volta arrivati dovette svegliarci: “Non notate niente? Ma state dormendo!… ragazzi, forza, aprite gli occhi! Guardate dove siamo!” Lentamente ci stiracchiammo con un lungo sbadiglio, riaprendo gli occhi riposati. “Disneyland! Disneyland! Non ci posso credere!” Urlammo insieme facendo di tutto per aprire gli sportelli e scendere, ma eravamo troppo eccitati per riuscire anche in un intento tanto semplice. “Mio Dio, lo sogno da una vita…” “A chi lo dici…” Commentammo soltanto, guardando davanti a noi. “Ehi ragazzi! Ci siete anche voi, allora!” Ci salutarono i fratelli Jackson venendoci incontro, scrollandoci dal nostro momento d’ammirazione. “Ehi, ciao!” Esultammo contenti di vederli. “Ciao, Michael!” Esclamai sorridendogli. “Ciao, Hallie!” Ribatté. “Non sei eccitato? Io non ci sono mai stata… sai com’è?” Gli chiesi curiosa. “No, non ci sono mai stato…” Rispose mordendosi il labbro inferiore. “Allora lo esploreremo tutti insieme per la prima volta!” Replicai contenta, salutando gli altri mentre papà faceva lo stesso con Joseph: “Buongiorno, Jackson; dov’è Berry?” “Buongiorno, Davinson. Gordy è rimasto a casa… si sono beccati una brutta influenza… di quest tempi…” Ribatté lui col suo tono che lo faceva sembrare un grosso brontolone. “Oh, questa non ci voleva proprio. Lui, poi, non è nuovo da queste parti… beh, ce la caveremo da soli.” Disse mio padre facendoci un occhiolino. “Allora? entriamo o restiamo qui a guardare?” Continuò stuzzicandoci. “Sììì!” Gridammo tutti precipitandoci all’entrata del parco giochi. Timbrammo i biglietti e un grande Paperino ci accompagnò per un pezzo del nostro tragitto senza una meta precisa. Prima di andarsene ci fece fermare e picchiettò con la zampa sulla spalla di mio fratello, cogliendolo di sorpresa, per poi esortarlo a ballare muovendosi goffamente. “No… ahm… un’altra volta…” Tentò di rifiutarsi David. “Avanti, fai così come lui!” Lo incitarono ancora mio padre, Jackie e Jermaine muovendosi con quel pupazzo tanto alto, prendendomi per mano per seguirli, insieme a Marlon che già “si dava alle danze sfrenate” mentre Michael se la rideva divertito. “Sì, balliamo tutti!” Gridai muovendomi più liberamente, coinvolgendo anche Tito che a sua volta tentò di tirare a sé anche il timido Michael. Ballammo per un po’ imitando le mosse buffe di Paperino, poi lo salutammo lasciandocelo alle spalle, per andare sulle tazzine magiche. “Io salgo con Dave e la piccola Hallison!” Disse Jermaine cercando posto in mezzo a me e mio fratello che ci eravamo già sistemati nella giostra. Arrossii violentemente e, seppure senza risultato, cercai di togliergli gli occhi di dosso. “Avanti, giriamo! Si inizia!” Esultò J come se nulla fosse, cominciando a far girare la tazzina su sé stessa, mentre iniziava a “danzare” con le altre. “Più veloce, più veloce!” Sentivo Michael urlare, insieme a Jackie e Marlon. “Piccolina, va troppo veloce?” Si preoccupò ad un tratto Jermaine, notandomi rossa in viso. “Ahm… no… non lo so…” Balbettai mentre la sua mano grande sfiorava la mia guancia e mio fratello si concentrava a far girare la tazzina il più veloce possibile. “Avanti, non aver paura… ci sono io qui. Tra poco scendiamo…” Mi tranquillizzò sorridendomi, per poi riprendere il controllo della giostra ed incitare Dave a farla girare più lentamente. Sarei potuta sciogliermi come il burro al sole. “Adesso… macchine a scontro!” Decise Tito euforico, mentre mio papà scendeva insieme ad un Joseph barcollante e leggermente sconvolto, tenendolo per le grosse spalle. Non diceva niente per orgoglio, forse, ma anni dopo Michael mi confessò di averlo sentito parlare con Katherine e dirle che non era più abituato ad esperienze del genere. Tutti ci guardavamo intorno con occhi sgranati, come se stessimo sognando; non guardavamo neanche dove mettevamo i piedi: ammiravamo tutto ciò che avevamo intorno. “J vieni con me?” Domandò Michael che era rimasto solo. “Arrivo, fratellino! Ma voglio guidare io!” Ribatté Jermaine. “No, io!” Replicò l’altro. “Avanti! Tu metti la potenza per andare più veloci, ed io ti mando a sbattere contro gli altri. Sei tu il più forte, no?” Lo persuase il fratello maggiore. “Mmh… e va bene.” Si arrese. “Vuoi guidare te?” Mi propose dolcemente Dave, lasciandomi il posto del volante. “Sì! Grazie fratellino!” Lo ringraziai contenta. Ci divertimmo come pazzi… tutte le volte che cercavo di schivare Jermaine, lui ci veniva addosso seguito dalle fragorose risate di Michael. Dopotutto… ci era impossibile non sbellicarci dato che ad ogni colpo Joe aveva da lamentasi o da sgridare. Fu ancora meglio sentirlo urlare sulle montagne russe, agitandosi a più non posso, con papà che non riusciva più a contenersi dal ridere! Stavolta io ero seduta accanto a Michael sui primi posti, perché a lui piaceva vedere il vuoto davanti a sé una volta arrivati in cima. Era divertentissimo, ma a quell’età avevo ancora un po’ di timore quindi non posso nascondervi che ogni tanto le mie mani si trovavano aggrappate alla sua maglia, mentre lui gridava esaltato reggendosi, cercando di soffocare quel pizzico di paura che allora gli si nascondeva ancora dietro gli occhi neri, ma che dopo pochi anni sarebbe svanito del tutto. “E’ stato divertentissimo!” “Troppo forte!” “Wow… dobbiamo rifarlo!” Commentavamo noi all’apice della gioia, quando. “Non muovetevi, ragazzi… devo allontanarmi un attimo…” Soffocò Joseph reggendosi lo stomaco con una mano e tappandosi la bocca con l’altra, mentre tutto tremante camminava a malapena, sostenuto da papà. “Oh, Joe! Dovremmo protarcelo più spesso!” Disse Tito ridacchiando sotto i baffi. “Dopo che facciamo?” Chiese Marlon. “Laggiù ci sono i tappeti elastici! E guarda quant’è grande quello scivolo!” Osservarono Michael e Jackie meravigliati. “Io direi… che un bel giretto nella casa degli orrori non ci farà male… almeno… credo!” Replicò mio fratello con tono sinistro, appoggiato da Michael. “Ehm… sì! Ma potremmo entrare nella sala degli specchi, prima, dato che è proprio qui davanti a noi!” Cercai di convincerli per lasciare il terrore a più tardi, quando poi i nostri padri arrivarono. “Come ti senti, Joseph?” C’interessammo. “Bene… sto bene… grazie.” Rispose non del tutto ripreso. “Entriamo nella sala degli specchi!” Esultai prima che potessero cambiare idea. “Sì… un po’ di riposo… ci vuole.” Sospirò Joe. Ridacchiammo correndo avanti per poi prenderci in giro l’uno con l’altro osservando i nostri riflessi distorti. “Chi è il più alto, adesso? Nanerottolo!” Disse Michael provocando J. “Oh, nanerottolo! Se io ti prendo!” “Ragazzi non correte!” “Ehi, Jackson, aspetta!” “Papà!” “Dave” “Corriamo!” Per poco non rompemmo tutto. Joseph ci sgridò duramente, sembrando riacquistare le energie tutte di un botto, ma non saprei ancora dire se mi spaventai più di lui o… della tanto attesa casa degli orrori! “Jermaine, ti dispiacerebbe salire con Hallison, che è la più piccola? Oltre ad essere l’unica femminuccia?” Gli domandò papà facendo un occhiolino a me e dando una gomitata all’altro. “Ma certo. Ci sono io, piccola Hallison!” Accettò il rubacuori sedendosi al mio fianco su quella brutta macchina. “Ci sono anche i posti dietro! Io salgo davanti con Michael!” Disse David cacciandoci ai posti di dietro. “Ma io… ho paura… e se poi qualcuno mi prende da dietro?” Feci già impaurita. “E se qualcuno compare all’improvviso da davanti?!” Replicò Michael facendo una smorfia, spaventandomi ancora di più anche se voleva soltanto scherzare e convincermi a restare lì. “Tranquilla… non accadrà nessuna di queste cose… ci sono io vicino a te.” Mi rassicurò Jermaine abbracciandomi. Da un lato volevo stringerlo più forte che potevo, ma dall’altro avrei tanto voluto dileguarmi da quella presa così salda… la pressione era a mille, le guance scarlatte come un peperone, ma le luci si erano ormai spente, accompagnate da un tuono e da una risata terrificante seguita da un urlo al quale avrei tanto voluto unirmi. “Stai tranquilla, è tutta finzione…” Continuò a tranquillizzarmi quando, con uno scatto, ormai eravamo già partiti. Ai nostri lati se ne stavano due bruttissime streghe dagli occhi rossi; ognuna di loro teneva tra le braccia un calderone nero. “Chissà che roba c’è dentro quei cosi!” Bisbigliarono i due davanti prima che qualcosa di verde e viscido scivolasse giù da quei pentoloni, cadendoci quasi addosso. “Che schifo!” Si lamentò qualcuno. “Sa di zucchero!” Commentò mio fratello leccandosi le dita sporche che poco prima aveva allungato per prendere quella sostanza verdastra. “Oh, è disgustoso, Dave!” Replicai con voce strozzata mentre Michael e il fratello cercavano di rubargliene un po’. “E’ buonissimo, invece! Assaggia!” M’incito J porgendomi un dito. “Ahm… preferisco di no, grazie…” Sibilai. Un’altra risata malefica anticipò i suoni acuti e successivamente gravi di un pianoforte. “Aah!” Urlai con tutto il fiato che avevo alla vista di un uomo terrificante intento a percuotere i tasti dello strumento. “Tranquilla… è solo… un Bethoven più… mostruoso… ecco…” Disse J carezzandomi una manina con la sua grande mano liscia. Adesso eravamo entrati in una chiesa… le poche persone sedute sulle panche ai nostri lati si giravano emettendo versi strani e guardandoci con occhi rossi, mentre all’altare uno scheletro sacrificava un uomo. Non mi ero accorta del vuoto che c’era tra quello e noi. Di colpo la macchina scese violentemente verso un tunnel ancora più buio. Qualcosa volava sul soffitto insieme a risate orribili. Dopo l’ululato di un lupo, una luce fioca come quella della luna iniziò ad illuminare i nostri visi e il paesaggio che ci si presentava davanti… quello di… un cimitero! Ad un tratto le tombe iniziarono ad aprirsi, da lì uscirono… delle persone morte! “Jermaine!” Gridai con le lacrime agli occhi, mentre quelli ci venivano incontro. “Avanti, tranquilla…” Cominciò sebbene tremasse, quando gridammo insieme: qualcosa lo aveva toccato. “Avanti, J, anche tu adesso?” Chiese Michael voltandosi verso di noi. “Dai, siete due fifoni!” Continuò mio fratello. Quando si voltarono… credo urlarono più di chiunque altro: si ritrovarono faccia a faccia con un grosso lupo mannaro con le fauci spalancate e gli occhi gialli come quelli di un gatto. “Voglio uscire! Voglio uscire!” Urlavo a più non posso, quando finalmente rividi la luce: eravamo usciti. “B-beh… è stato… terrificante!” Commentò Michael ancora scosso, mentre mio fratello non riusciva a spiccicare parola. “E’ stato troppo… non possono essere così spaventosi coi bambini… non avrei dovuto portarvici… mi dispiace.” Si scusò mio padre vedendoci tutti alquanto scossi; dal più grande al più piccolo. Tuttavia decidemmo di rilassarci un po’ con una buona pausa. Prima mangiammo hot dog e hamburger sul prato verde di uno dei parchi di Disneyland, poi decidemmo di fare un giro sul laghetto mangiando gelato al gusto di sciroppo alla frutta. “Io ho ancora un po’ di pane. Guarda!” Mi mostrò Michael indicandomi due cigni che nuotavano poco lontano da noi. Sbriciolò il pane tra le sue mani per poi farmi cenno di tirarne un po’ in acqua. In men che non si dica i due cigni si avvicinarono al piccolo traghetto. “Sono bellissimi!” Esclamai osservandoli incantata. “Hallie… mi dispiace per… prima… non volevo… sulla giostra dell’orrore, intendo.” Si scusò poi, guardandomi. “No, non ci pensare… è tutto passato, tranquillo!” Lo rassicurai con tono squillante. “Amici?” Domandò ansioso, mordendosi il labbro inferiore. “Certo! Amici! Guarda…” Ribattei indicandogli i due cigni. “Un giorno ne avrò anche io… avrò un lago con i cigni!” Affermò sicuro di sé. “Ed io potrò venire a vederli?” Chiesi. “Certo! Potrai venire ogni volta che vorrai!” Rispose gentilmente. “Grazie!” Lo ringraziai stringendomi nelle spalle, con le manine unite sotto al mento. Scendemmo dal traghetto proprio vicino ai tappeti elastici. Minnie e Mickey Mouse sembravano aspettare proprio noi. Corremmo ad abbracciarli, poi ci fecero una foto tutti insieme. “Forza, andiamo!” Esclamò uno di noi, mentre Marlon e Michael cercavano di capire come poteva, Topolino, essere così alto. Restammo a saltare insieme per una buona mezz’ora, sfidandoci a chi arrivasse più in alto. Michael era quello che s’impegnava più di tutti, Tito quello che più cadeva con la faccia a terra, ma per fortuna non si faceva male. Più tardi raggiungemmo lo scivolo altissimo. Ricordo che era abbastanza grande per far scivolare tutti e sette; ognuno aveva la sua corsia e, muniti di tappetino, decidemmo di scivolare giù tutti insieme e vedere chi arrivasse per primo. Vinsi io, forse perché ero la più piccola, e ricordo che per gran parte del resto della giornata Jackie e Tito mi portarono sulle loro spalle. Rischiai quasi di addormentarmi… fu un giorno veramente intenso; mai mi ero divertita tanto e credo non potrò dimenticarla mai. “Ci vediamo, allora.” Salutai Michael, quando gli altri avevano già raggiunto la macchina di Joe. “Sì. Lo spero… ciao Hallie!” Se ne andò muovendo la manina in aria.

    Fine della prima parte
     
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  2. Elenajackson777
     
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    Che bei capitoli,molto dolci :love: :--: le descrizioni sono stupende,tu sei molto brava,complimenti.
    Tutti insieme hanno passato due bellissime giornate,si sono molto divertiti,Michael è dolcissimo :--:
    Non preoccuparti per il ritardo,io ti aspetterò pazientemente,non ho fretta ;) brava continua così ;)
     
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  3. Flower.7
     
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    Grazie mille per i complimenti, Elena :D <3
    Ecco il seguito :D

    Introduzione alla seconda parte

    Hallison

    Non molti giorni dopo da papà giunse la notizia che i Jackson Five erano pronti per incidere un nuovo album; così passammo il resto dell’estate a farci visite a vicenda, di tanto in tanto, quando riuscivamo a ritagliare un po’ di tempo per stare tutti insieme. La scuola iniziò ed i nostri incontri erano sempre meno frequenti, ma ormai Davinsons e Jacksons erano ottimi amici; in più, finalmente, avevo avuto l’occasione di conoscere mamma Katherine insieme a Janet, La-Toya e Randy che aveva la mia stessa età e posso dire che tutti e quattro mi conquistarono alquanto rapidamente. Kate era, come Michael me l’aveva dipinta, l’angelo della famiglia; La-Toya era la sorella maggiore che teneva molto all’ordine e alla buona educazione, Randy era il più piccolo dei fratelli maschi e non stava mai fermo, mentre Janet, l’ultima arrivata, era semplicemente adorabile… in lei trovavo molte affinità col fratello Michael; dal sorriso alla voglia di ridere e giocare. Tra un impegno e l’altro, Michael e i fratelli erano sempre meno presenti ma con la scuola il tempo pareva sfrecciare via come un ghepardo nella savana. Presto si ritrovarono impegnati col loro tour mondiale e credo fu quella l’occasione in cui si ritrovarono faccia a faccia con gli effetti provocati dal loro successo mondiale: io stessa, coi miei occhi, vidi fan deliranti che urlavano, svenivano, picchiavano sui vetri della loro limousine e che salivano sul palco anche durante le loro esibizioni per accaparrarsi un “pezzo” dei Jackson Five. Michael mi confidò che all’inizio tutto questo scalpore li spaventò, ma col tempo impararono a farvi abitudine fino e a ricavare il massimo delle loro energie. Io e Dave, dal canto nostro, li seguivamo come nostra band preferita, ma mai dimenticammo gli amici, che venivano prima di tutto.
    Nel 1971 si trasferirono ad Encino, un sobborgo di Los Angeles, in un Ranch della San Fernando Valley ribattezzato Hayvenhurst e lì sarebbero rimasti tutti e otto, almeno fino a quando Tito non si sposò, nel 1974, seguito da suo fratello Jermaine e da Jermaine che, nel Dicembre 1975 decise di sposare la sua cara Hazel Gordy. Devo ammettere che non fu facile per me, che da tempo ero infatuata del “mio” Erms, come anch’io avevo preso d’abitudine chiamarlo, trascorrendo del tempo in casa Jackson; ma le nozze si avvicinavano…
     
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  4. Elenajackson777
     
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    Questa introduzione mi piace,attendo la seconda parte.Hallison deve aprire gli occhi,adesso che Jermaine si sta sposando lei deve cercare di guardare oltre e di pensare che Michael è ancora libero,chissà magari fra loro due potrebbe nascere qualcosa :--: :occhiolino: brava Rita :)
     
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  5. Flower.7
     
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    Grazie mille, Elena :D


    15th Chapter


    *Prima Parte*

    Michael

    Tutto era sistemato alla perfezione in ogni minimo dettaglio per quello che poi fu definito il matrimonio del secolo: quella di Hazel Gordy e di mio fratello Jermaine. Ricordo che quella mattina mi ero svegliato veramente molto presto: a quei tempi, nel 1975, soffrivo ancora di problemi d’acne. Ormai non ero più il bambino carino che faceva tanta tenerezza a tutti: ero cresciuto, avevo ormai diciassette anni, ed ero cambiato molto. Il mio aspetto m’intimidiva più di quanto non lo fossi già; non ero mai soddisfatto del mio riflesso e arrivarono i giorni in cui cercai di schivare gli specchi di casa in ogni modo possibile.
    Tornando al matrimonio… era la mattina del quindici Dicembre e gli invitati erano già tutti ai loro posti ad attendere l’entrata degli sposi. Io sedevo accanto a Dave; Mr Gordy aveva invitato veramente tutti: dagli artisti affermatosi con la sua casa discografica ai suoi collaboratori ed inoltre J aveva scelto me e David come suoi testimoni. Aveva sempre nutrito un forte affetto per i fratelli Davinson… insieme ai Gordy ci avevano accompagnato nei giorni più felici sin dai primi successi; e anche io devo dire che provavo lo stesso, specialmente nei confronti della piccola Hallison che sempre si era dimostrata la migliore amica ideale. Aveva soltanto quattordici anni, ma il suo carattere, i suoi modi di fare amichevoli ed apprensivi, a volte le facevano assumere le sembianze di una sorella maggiore. Inoltre le nostre famiglie diventavano sempre più affiatate col passare degli anni.
    “Eccolo che arriva, vestito come un damerino!” Scherzò Dave facendomi accorgere dell’entrata di Jermaine, alzandosi insieme a me e agli altri invitati. “Ehm… siamo un po’ tutti vestiti così, non credi?” Replicai bisbigliando sotto la musica dell’orchestra che accompagnava i passi di mio fratello, accolto da un applauso caloroso. “Guarda mia sorella… è ancora stracotta…” Sussurrò preoccupato dando un’occhiata apprensiva ad Hallie. “Già… arrossiva sempre in sua presenza…” Rammentai. “E adesso non è da meno! Guarda come l’osserva…” Replicò indicandola. Sedeva in terza fila, accanto a suo padre; era veramente molto bella quel giorno. Guardava mio fratello con quell’innocenza da bambina che mai l’aveva abbandonata, col passare del tempo. Le gote dal colore caffèlatte lasciavano spiccare lievemente due spruzzi di rosso; il sorriso compiaciuto tentava di confutare, con notevole successo, quel pizzico di tristezza che gli si nascondeva dietro gli occhi scuri. J arrivò all’altare rivolgendomi un sorriso amareggiato, così cercai di tranquillizzarlo allargando le labbra all’insù a mia volta. Mamma, sulla prima panca, al fianco della nonna Martha e di Joseph, piangeva già commossa.
    Non ci vollero pochi istanti per l’arrivo della promessa sposa ma, non appena mise piede sul tappeto rosso, un applauso ancora più scrosciante del precedente andò ad unirsi con la classica melodia suonata dall’orchestra. Jermaine si voltò di scatto, ma con un tocco di grazia, i suoi occhi erano lucidi e le sue mani fremevano già, ansiosie di stringere quelli di Mr Gordy e, soprattutto, di sua figlia.
    Fu decisamente la cerimonia più lunga alla quale avessi mai assistito!
     
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  6. Elenajackson777
     
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    Altro bel capitoletto,brava Rita,attendo il prossimo :congra: :smack:
     
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  7. Flower.7
     
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    Grazie mille, Elena <3

    15th Chapter

    *Seconda Parte*

    Michael

    “Hey, Hallie, cosa fai tutta sola?” Le domandai trovandola seduta sull’erba verde, in uno degli angoli più nascosti dell’intero giardino. Avevo bisogno d’evadere, di stare un po’ per conto mio… forse, soprattutto di dare libero sfogo ai sentimenti che tenevo oppressi e nascosti dietro falsi sorrisi. Avevo bisogno di un po’ di tranquillità, invece lì erano tutti a festeggiare e c’era un caos assurdo. Forse Hallison aveva provato lo stesso bisogno; ed è per questo che aveva deciso di allontanarsi come di seguito avevo fatto io. “Michael! Avevo bisogno di un po’ di tranquillità… c’è un caos! Mi domando se nella tua famiglia ci sarà mai un Jackson che deciderà di festeggiare tranquillamente…” Rispose ridacchiando, sebbene i suoi occhi sembrassero lucidi a vederli dall’alto. Risi anch’io, stando al gioco, ma poi le domandai se avessi potuto sedermi accanto a lei. “Certo che puoi! A meno che non voglia rovinarti quel tuo bel completino immacolato!” Replicò scherzosa, con voce buffa. L’osservai sorridente, compiaciuto dal fatto che riuscisse a riprendersi in così poco tempo, o che semplicemente sapesse nascondere bene le sue emozioni. “Al diavolo! Ma che me ne importa!” Ribattei facendo per sedermi. “Strano! Mr Jackson è sempre attento a tutto…” Continuò facendomi ridere. “E adesso a Mr Jackson non importa niente.” Affermai chiudendo gli occhi, a braccia conserte. “Perché sei venuto qui?” Domandò diventando seria. “Avevo bisogno di tranquillità… esattamente come te.” Risposi con tono pacato. Il silenzio seguì per una manciata di minuti, quando tornai a guardarla: giocava quasi inconsapevolmente, a capo chino, persa tra le sue riflessioni, coi fili d’erba che di tanto in tanto ospitavano un fiorellino giallo. Mi morsi il labbro inferiore, cercando le parole adatte da proferire, quando, come se avesse sentito i miei occhi su di lei, si voltò con espressione serena. “Ti fa male separarti da lui, non è vero?” Insinuò comprendendomi appieno, sorprendendomi non poco. “E’ sempre successo ogni volta che uno di noi se ne andava via… prima Rebbie… poi Tito… dopo Jackie… e adesso Jermaine… siamo sempre stati tanto uniti… ho soltanto paura che le cose cambino…” Mi lasciai andare. “Michael… lo hai detto tu che siete stati tanto uniti… voi siete fratelli e… siete sempre stati insieme come se foste stati un’unica cosa… stare lontani vi farà male, ne noto già gli effetti del solo pensiero… ma quello che vi lega è troppo forte e nulla può cambiarlo. Jermaine è tuo fratello come lo sono Rebbie, Tito, Jackie e tutti gli altri. Loro ti vogliono bene e nulla cambierà.” Affermò sicura di sé, stupendomi ancora di più, ma lasciandomi riflettere, liberandomi quasi del tutto di quel grosso peso che mi portavo dentro. Era incredibile quanto una ragazza di soli quattordici anni fosse in grado di parlare come una donna adulta… sorrideva innocentemente, ma qualcosa di diverso da un sorriso si nascondeva dietro quegli occhi. L’abbracciai spontaneamente, riconoscente, e capendola tentai di consolarla: “Io ci sarò sempre, Hallie.”
     
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  8. Elenajackson777
     
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    Oh che dolce :love: :--: Michael che alla fine l'abbraccia per cercare di consolarla e gli dice che lui ci sarà sempre :--: :--: spero davvero che lui ci sarà sempre,che saranno sempre insieme,brava Rita grazie per quest'altro dolce capitolo,attendo il prossimo ;)
     
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  9. Flower.7
     
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    Grazie infinite, Elena :') <3 Ecco il continuo :D

    16th Chapter

    Hallison

    “Sono proprio belli questi animali…” Sussurrai accarezzando un lama. Già, avete letto bene! Era il minimo che ci si poteva aspettare da Michael; non proprio in quegli anni, però, non ancora… “Già… sono adorabili.” Affermò lasciando un tenero bacio sul muso dell’animale. “Da grande farò la veterinaria.” Dissi sorridendo, immaginando già come sarebbe stato aiutare un animale in difficoltà. “Wow, Hallie! Sarebbe fantastico!” Ribatté sincero, guardandomi negli occhi con un gran sorriso. “Già… curare tutti quei poveri animali bisognosi… ma io… non voglio limitarmi a quelli domestici: un giorno vorrei poter lavorare in uno zoo… prendermi cura di elefanti, tigri… lama!” sarebbe meraviglioso poter andare in posti come l’Africa… o il Giappone… sarebbe una gran soddisfazione guarire un panda.” Raccontai dando voce ai miei sogni. “Hallie, ma questo è meraviglioso!” Replicò orgoglioso. “Già… amo gli animaili…” Lo seguii accarezzando il lama, lasciandogli un bacio a mia volta. “E’ importante che segua il tuo sogno. Promettimi che lo realizzerai.” Disse serio, facendo incontrare i suoi occhi coi miei. “Lo spero…” Feci mordendomi il labbro inferiore, spostando lo sguardo verso l’aranceto poco lontano da noi. “So che lo farai; ed io… avrò una casa con tanti animali! Sì!... voglio un piccolo zoo tutto per me.” Disse sicuro di sé. “Insieme al lago di cigni.” Aggiunsi ricordando il piccolo viaggio sul traghetto, a Disneyland, quando lui mi disse così osservando due cigni bianchi venire verso di noi per mangiare quel pezzo di pane che avevamo gettato in briciole nell’acqua. “Il…? Ricordi ancor di…?” Replicò pensieroso, lasciando le sue domande incompiute. “Del nostro primo giorno a Disneyland, quando mi dissi di volere un lago tutto tuo con tanto di cigni.” Risposi rallegrata, ricordando il suo faccino di circa sei anni prima. Sorrise compiaciuto, senza proferir parola, quando ad un tratto ci raggiunse un altro lama. “Ciao, piccola! Lei è Doris, è arrivata una settimana fa.” Disse. “Ciao, piccola!” Salutai Doris come lui aveva fatto, accarezzandola vicino le orecchie. “Michael… non mi avevi chiamato per fare algebra?” Gli ricordai poi. “Ehm… sì… però… ecco… non credo… che sia il massimo farsi aiutare da… da una ragazza… più piccola, ecco…”Ribatté impacciato facendo dondolare un piede e osservandolo, con le gote lievemente rossicce. “Beh, ammetto che possa essere… umiliante, in un certo senso… dopotutto ce ne ho messo, io, prima d’imparare, ma… credo che dopo aver pappato per bene un po’ di libri dovrei averti raggiunto… avanti… l’età è solo un numero! Forza, non dirmi che adesso ti metti a fare il maschilista!” Lo provocai scherzosamente. “No, certo che no! Però… ecco…” Fece appena. “Benissimo! Credo che insieme possiamo imparare molto di più! Avanti, proviamo… ce la faremo! Un po’ d’esercizi in più possono solo che farmi bene.” Affermai. Ridacchiò un po’, così provai a sostenerlo: “E poi… mi hai detto che hai preso una “A” in pagella…” “Sì… ma c’era una ragazza che mi aiutava...” Ammise. “E adesso ci sono io. Migliorerai presto, credi in me” Insistetti con sicurezza, sorridendogli convincente. “Oh… va bene.” Accettò replicando il mio sorriso.
     
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  10. Elenajackson777
     
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    Oh che bello,Michael che si fa aiutare da Hallie in matematica,divertente :asd: :asd: grazie Rita per quest'altro capitolo,attendo il prossimo :occhiolino:
     
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  11. Flower.7
     
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    Grazie mille, Elena :D <3

    Chapter 17th

    *Prima Parte*

    Hallison


    “Ciao Michael!” Salutai entrando nel salotto di casa Jackson, dove Michael se ne stava seduto a scarabocchiare su di un libro. “Hehehe… La-Toya!” Fece mio fratello quasi imbambolato, mentre lei giungeva dal corridoio. “Buon pomeriggio!” Ricambiò gentilmente il saluto, rivolgendosi ad entrambi, seguita dal fratello. “Oh, buon pomeriggio anche a te, La-Toya! Ancora preso dall’algebra?” Dissi avvicinandomi a Michael, scrutando il suo libro. “Già…” Sospirò. “Forza, non rassegnarti! La scuola è quasi finita; manca solo un mese!” Lo incoraggiai a non mollare, facendomi spazio accanto a lui che mi sorrise. “Come va, Dave?” Domandò La-Toya sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.”Ehm… bene… benissimo! E tu? Come stai?” Replicò David mentre io controllavo attentamente quello che scriveva Michael. “Molto bene, grazie.” “Ti andrebbe di… uscire a prendere un gelato?” “Certamente! Mi preparo e usciamo!” “Fantastico!” “Ecco, ho finito!” Esclamò Michael mostrandomi l’esercizio svolto. “I primi passaggi mi sembrano esatti! Mmh… questo, però, non l’ho mai fatto… controlliamo il risultato… benissimo! Guarda qui!” Commentai indicandogli con l’indice destro il risultato giusto. “Finalmente! È tutto il pomeriggio che provo a portarlo a termine!” Esclamò mettendosi comodo, lanciando via la matita. “Dai, ammettilo: senza mia sorella non ce l’avresti mai fatta!” Scherzò mio fratello venendo dietro le nostre spalle. “Hehehe… beh, forse… hai ragione…” Fece Michael imbarazzato, portandosi una mano tra i capelli, mentre io mi ammutolii intimidita. “Grazie, Hallie.” Mi ringraziò Michael sincero, riprendendo il suo libro. “Figurati; è un piacere!” Ribattei. “Dave? Sono pronta!” Arrivò La-Toya con dei Jeans verde chiaro come la borsetta ed una maglietta bianca a bretelle larghe, in tinta con le zeppe che portava ai piedi. “Oh! Beh, andiamo! Hehehe… ci vediamo dopo!” Replicò mio fratello prendendola sottobraccio, congedandosi. “Che carini…” Commentai compiaciuta, quando ebbero raggiunto il giardino. “Sboccerà l’amore?” Chiese Michael con tono scherzoso. “Mah, chi lo sa? Almeno tra loro…” Ribattei sospirando, incrociando il suo sguardo. I suoi occhi neri avevano sempre avuto un non so che di magnetico, ma quella volta rimanemmo a fissarci senza dir nulla, per un lasso di tempo imprecisato, ma che pareva non finir mai. “Ehm… vuoi una limonata?” Domandò ad un tratto, scrollando entrambi da quella situazione. “Oh, sì! Grazie!” Accettai imbarazzata, guardando verso il basso, così che non notai le sue guance inevitabilmente cremisi quasi più delle mie. “Vado in cucina.” Disse frettolosamente, andando via. “Ciao!” Mi salutò la piccola Janet, entrando nel salotto. “Hey, ciao, J! Ci siete tutti, vedo! Mancano soltanto Marlon e Randy!” Ricambiai tentando di far scomparire il rossore. “Oh, sono nella camera di Marlon! Chissà quale sciocchezza stanno facendo adesso!” M’informò facendomi ridere. “Ecco le limonate!” Disse Michael giungendo con un vassoio in mano, contenente due bicchieri di limonata. “Oh, grazie, fratellone! Troppo gentile!” Lo ringraziò J, prendendone uno insieme a me. “Ehm… veramente… ok, torno in cucina.” Ribatté il fratello. “Allora? Cosa avevate intenzione di fare, oggi?” Mi chiese Janet curiosa, sorseggiando la sua limonata. “Io e Dave volevamo proporgli di andare al cinema, ma poi tua sorella è venuta e lui l’ha invitata a prendere un gelato.” Risposi. “Quei due… non me la raccontano giusta…” Commentò facendomi ridacchiare. “Cinema?... mi dispiace, Hallie, ma l’ultima volta che io e Marlon ci siamo andati…” Cominciò Michael tornando. “Perché siete stati tanto sciocchi da non nascondervi!” Prese parola Janet inarcando le sopracciglia all’insù. “Cosa intendi dire?” Domandò Michael perplesso, mentre io ascoltavo interessata. “Ah, devo sempre spiegare tutto io, qui!” Sbuffò la piccola J. “Prendi qualche abito di mamma, il vecchio paio di occhiali che ho rubato alla nonna Martha, taglia un ciuffo di Doris e creati il tuo travestimento! No?” Continuò. “J, sei eccezionale!” Mi complimentai battendole il cinque. “Corro subito! E… per andarci?” Replicò il fratello. “Richard è qui; mamma è uscita insieme a Joseph con la sua macchina.” Ribatté Janet con semplicità. “Perfetto!” Esultò Michael scomparendo per almeno quaranta minuti. Quando tornò era quasi, quasi, irriconoscibile: indossava uno dei grossi cappotti che mamma Katherine portava d’inverno; i capelli erano schiacciati da un berretto scuro, mentre, invece degli occhiali da vista di nonna Martha, ne portava un paio da sole. Il tocco finale: dei baffi arrangiati col pelo marroncino della povera Doris. “Ehm… wow!” Commentammo io e J. “Ehm… andiamo?” Domandò Michael. “Io non posso venire… quei due non possono stare in casa da soli…” Rifiutò Janet giustificandosi. “Allora… andiamo, Hallie!” Disse Michael impacciato.
     
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  12. Elenajackson777
     
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    Michael ed Hallison andranno insieme al cinema bello :D e chissà che cosa accadrà? :sisi: :asd: sono molto curiosa di saperlo,brava Rita,attendo il continuo :occhiolino:
     
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  13. Flower.7
     
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    Grazie infinite, Elena :D<3

    17th Chapter

    *Seconda Parte*

    Hallison

    Giungemmo a Los Angeles scortati dall’autista Richard, in una delle vecchie auto di Joseph; credo fosse stata una ford, ma non ne ricordo il modello. “Grazie, Rich; ci vediamo più tardi!” Lo salutò Michael riconoscente, dopo avermi aiutato a scendere dalla macchina come un vero gentiluomo. “Eccolo lì; ho sentito dire che in questi tempi è molto in voga; danno parecchie pellicole recenti, ma anche molti film muti. Cosa ti andrebbe di vedere?” Dissi sorridendogli, cercando invano il suo sguardo dietro quegli occhiali scuri. “Film muti?” Replicò a suon di domanda, con un largo sorriso in pieno viso. “Sì! Charlie Chaplin sembra quello che riproducano di più; dopotutto, è lui l’inventore dei film muti!” Risposi copiando il sorriso. “Ne ho visti un paio di Charlie Chaplin! Quell’uomo è stato eccezionale! Andiamo a vederlo?” Mi propose allegro. “Certo! A me va benissimo!” Accettai incalzandolo a dirigerci alla biglietteria, dove una donna si limava le unghie masticando svogliatamente una gomma. “Ci scusi…” Fece Michael con voce fin troppo bassa perché quella potesse sentirlo; infatti non lo degnò di una minima risposta. “Ehm, ehm! Ci scusi?” Ripeté paziente, alzando un po’ il tono di voce, ma quella non ci rivolse nemmeno uno sguardo; così, mentre stavo per aprir bocca, Michael iniziò a cantare attaccato al vetro che ci separava dalla donna, intento a non farsi sentire da nessun altro. Ma non fu una buona idea dato che alcuni, per un attimo, ci osservarono perplessi; così Michael si zittì immediatamente e quella donna scrollò il viso come se qualcuno l’avesse svegliata con una secchiata d’acqua. “Ehm, ehm! Due biglietti, per favore.” Borbottò camuffando il suo tono di voce, sistemandosi i baffi. Ridacchiai divertita, mentre alcuni curiosi si avvicinarono a noi senza che ce ne accorgessimo; osservai le sue mani e mi accorsi che alcuni dei peli marroncini di Doris si erano staccati, così gli feci intendere che dovesse smetterla e, capendo il motivo per il quale lo guardavo così, rise buffamente. “Signore! Per quale proiezione li vuole i biglietti?” Domandò la donna spazientita. “Ehm… il primo film di Charlie Chaplin disponibile ora.” Rispose Michael distrattamente, mentre frugava in una tasca. “Scusi… se la disturbo; noi non ci conosciamo… vede, prima l’abbiamo sentita cantare e… ci prenderà per pazzi, ma lei sembrava Michael Jackson… il ragazzo del gruppo dei Jackson Five.” Si fece avanti una signora vicina ai quarant’anni, seguita dagli occhi curiosi degli altri, tra cui quelli della donna della biglietteria, che nel frattempo ci aveva porto i due biglietti. “Mi-Mi-Michael Jackson? Chi diavolo è? Non conosco nessuno che si chiami Michael Jackson.” Balbettò Michael recitando, facendomi ridere sotto i baffi. “E’ vero! L’abbiamo sentita cantare, prima!” Insistette un altro. “Proprio davanti a me!” Si aggiunse la donna che non aveva neanche alzato lo sguardo prima che smettesse di cantare. “Oh, i ragazzi d’oggi! Vanno in giro con le radio ad alto volume… anche in macchina! Io tentavo soltanto di chiedere cortesemente due biglietti! Oh, lasciatemi stare!” Ribatté Michael burbero. Non riuscivo più a trattenermi dal ridere. “Oh… ci scusi.” Fecero alcuni dispiaciuti: di certo non per aver disturbato Michael, ma perché gli era stato detto che non avevano trovato Michael Jackson! “Sono sei dollari.” Disse la donna scocciata, picchiettando con un dito sulla piccola mensola dov’erano i biglietti. “Ferma, cara, ci penso io a saldare il conto!” Mi fermò Michael continuando ad usare quel tono buffo. Pagò i biglietti e finalmente entrammo all’interno del cinema. Bastò guardarci in faccia per scoppiare a ridere a crepapelle, reggendoci presto la pancia per il dolore, incapacitati di smettere. Avevamo tutti e due le lacrime agli occhi… riuscimmo a calmarci dopo una buona manciata di minuti. “Il film sarà iniziato da un pezzo…” Pensai ad alta voce, ancora interrotta da qualche risolino. “Che importa? Prendiamo qualcosa da sgranocchiare e entriamo nella sala giusta!” Ribatté Michael mordendosi il labbro inferiore, indicandomi il distributore di pop corn. “Scusi?! Potrebbe darci due sacchetti di pop corn?” Chiese all’uomo che riempiva sacchetti di carta. “Mini, Medio o Maxi?” Domandò l’uomo senza guardarci. “Due maxi, grazie!” Rispose Michel prima di me, facendomi l’occhiolino. Anche stavolta insistette per pagare e dovetti cedere; così osservammo i biglietti per vedere quale fosse la sala dove davano il film che avevamo scelto. “Sembra un tre… o forse un cinque…” Tentò di decifrare lo strano numero stampato in un piccolo riquadro, su entrambi i biglietti. “Te e i numeri! Anch’io, però, sono indecisa tra un tre ed un cinque…” Scherzai girando il mio cartoncino in ogni modo. “Proviamo col tre?” Propose osservando il mio biglietto. “Sì, dai!” Concordai fiduciosa. Ci guardammo intorno intenti a scovare la sala giusta e, quando la trovammo… sarebbe stato meglio non aprire quella porta. “Oh… amore… non sai da quanto tempo ho aspettato questo momento…” Sospirò una donna con voce calda; e non sto qui a descrivervi la scena: vi basta sapere che fu alquanto imbarazzante per tutti e due. “E’… era un cinque…” Sibilò uno di noi, intimidito quanto l’altro. “Già…” Stavolta la sala era quella giusta; il film era cominciato da un po’ e il silenzio regnava sovrano. Lo schermo dov’erano proiettate immagini in bianco e nero illuminava i nostri visi e lì notai le sue guance colorate violentemente di porpora. “Lì… ci sono due posti vicini.” Sussurrai con un filo di voce, indicandogli due poltroncine rosse non molto distanti da noi. Andammo a sederci e tirammo un sospiro di sollievo. “Finalmente! Faceva un caldo…” Esclamò Michael mantenendo il tono adatto, togliendosi occhiali e giaccone di dosso, dopo avermi dato i due sacchetti di pop corn. “Sicuro che non ti riconosceranno?” Mi preoccupai. “Le luci sono spente… e tutti guardano lo schermo… spero di no.” Rispose non del tutto sicuro. “Mmh… tieni.” Feci pensierosa, restituendogli uno dei sacchetti. “Grazie!” Mi ringraziò per poi ammutolirsi per un buon lasso di tempo. una volta l’osservai: aveva in mano almeno tre pop corn ed era pronto per portarsele tutte alla bocca quando, sentendo i miei occhi su di lui, si bloccò. “Che c’è?” Chiese. “Ssh!” Ci sgridò una donna anziana dietro di noi. “Ci scusi…” Mi scusai rammaricata di aver provocato disturbo, ma quella replicò ancora:” Ssh!” Mi rimisi a posto ammutolita, mentre Michael non riuscì proprio a fare a meno di ridere, disturbando tutti gli spettatori che avevamo attorno. Il peggio venne quando fece rovesciare tutto il sacchetto di pop corn a terra, spostandosi i baffi con un colpo involontario del polso… “Ehi, voi due! Dovreste uscire, siamo spiacenti.” Intervenne un uomo del personale, puntandoci contro la luce di una torcia. “Veramente, noi…” Fece Michael alzandosi, quando si ricordò di non indossare più il suo travestimento. “Hey, ma quello è Michael Jackson! Quello che ha cantato coi Jackson Five, adesso The Jacksons!” Lo riconobbe qualcuno. In pochi secondi si scatenò il putiferio. Fu la prima volta che assistetti ad un interminabile momento di vero delirio, ritrovandomi strattonata in mezzo alla folla di gente che urlava e tirava Michael da una parte all’altra. La sua mano stringeva salda la mia, mentre due agenti della polizia arrivavano intenti a portarci via di lì. “Michael Jackson!” Si capiva soltanto in mezzo al frastuono surreale che era andato a crearsi. “Michael, Michael! Una domanda, per favore!” “Michael, chi è la ragazza che sta con te?” “Michael, state già incidendo un nuovo album?” “Michael, che film stavi vedendo?” Michael, Michael, Michael… quelle voci non facevano che ripetere altro… la notizia era scoppiata come una bomba dalla miccia fin troppo corta. In men che non si dica erano accorsi giornalisti, fotografi… eravamo bloccati; non c’era via d’uscita. Dovevamo metterci in salvo il più presto possibile, perché non avrebbero aspettato un secondo di più per travolgerci. “Hallie?” Domandò Michael, mentre gli uomini della polizia tentavano di farci strada, invano. “Sì?” Feci impaurita, stringendo la sua mano. “Dobbiamo fare tutto da soli. Corriamo!” Urlò cominciando a correre in mezzo alla folla, con la testa bassa, facendosi strada da sé seguito da me che a stento riuscivo a stargli dietro. “Ti senti bene? Ti hanno fatto del male?” Si preoccupò una volta che avemmo seminato fan e giornalisti, nascosti in un vicolo delle strade di una L.A. vicina al sobborgo. Chissà quanto avevamo corso… tutto ci era sembrato passare così veloce… le nostre gambe correre da sole… vedevamo soltanto il susseguirsi veloce di visi sconosciuti da ogni parte. “No… non mi hanno fatto nulla…” Sussurrai senza più forze, appoggiandomi al muro sudicio, mentre lui se ne stava di fronte a me, angosciato, che mi sfiorava il viso con la mano destra. “Mi dispiace, Hallie…” Si scusò con le lacrime agli occhi. “Dispiace a me, Michael, non avrei dovuto. Scusami tanto…” Ribattei sul punto di piangere. “Tu non c’entri nulla. Perdonami…” Replicò teneramente, abbracciandomi. “Michael… Michael!” Lo richiamò qualcuno dalla voce familiare. “Richard!” Esclamò Michael tra le lacrime. “Saltate su, forza!” C’incitò con un cenno della mano. In un lampo eravamo già in macchina, pronti a raggiungere casa Jackson.
     
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  14. Elenajackson777
     
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    Oh mio Dio è successo il fini mondo,però Michael poteva anche evitare di cantare :sisi: :sisi: comunque altro bel capitolo,dolcissima la parte finale dove si scusano a vicenda e Michael poi abbraccia ad Hallie :love: :love: complimenti Rita,attendo il prossimo :occhiolino:
     
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  15. Flower.7
     
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    Grazie infinite, Elena :D Certo che Michael ha fatto proprio un bel pasticcio XD
    Ecco il continuo <3

    17th Capter

    *Terza Parte*

    Hallison


    “Ma cosa diamine vi è saltato in mente?! Mettere in pericolo le vostre incolumità in modo così ridicolo!” Ci sgridò Joe, mentre papà restava a guardare e Katherine cercava di calmarlo, fin troppo comprensiva nei nostri confronti: “Avanti, Joseph… non avrebbero potuto immaginare che…” “Zitta! Tu, ragazzo, puoi dimenticarti di uscire ancora!” Sbraitò il marito ad un passo da noi. Le nostre mani si stringevano forti, tentando di tranquillizzarci l’un l’altro, ma la paura ci stava facendo tremare entrambi. “Ti rendi conto di cos’avete combinato tutti e due?!” Continuò furioso. “Ci… dispiace…” Ci scusammo con voce strozzata, impauriti, quando David giunse preoccupatissimo insieme a La-Toya. “Non m’interessa! Rischiavano di ammazzarvi!” Gridò perdendo il controllo di sé, agitando le grosse mani all’aria. “Per favore, Joe…” Tentò di calmarlo mio padre, intento a parlarci ragionevolmente. “Io non sto calmo! E cosa dirà la gente di me e mia moglie, quando vedranno in che situazione si sono cacciati? In questi ultimi tempi, giornalisti e fotografi cominciano ad affermarsi sempre di più e, allo stesso tempo, a farsi più accaniti!” Replicò Joseph, quando Michael prese a scappare. “Vieni subito qui!” Gli ordinò Joe cercando di stargli dietro, ma Mike correva troppo forte per lui. “Mi… dispiace veramente tanto, signori Jackson. È stata colpa mia se vostro figlio ed io ci siamo cacciati in un tal guaio. Vedete… noi non pensavamo che lo avrebbero riconosciuto: Michael si era travestito molto bene, per non farsi notare; ma una volta giunti nella sala del cinema il grosso cappotto che portava era diventato insopportabile, e ha dovuto toglierselo insieme agli occhiali da sole… allora… è successo un piccolo disguido e… alla fine un uomo ci ha puntato contro una torcia ordinandoci di uscire e... è stato inevitabile farsi riconoscere… se c’è qualcuno da punire, quella sono io… ma non private Michael di quel poco di libertà che gli è concessa di tanto, in tanto… lui ne soffre ancora e… imparerà, anzi, impareremo entrambi dal grosso errore di oggi… vi chiedo umilmente perdono signori Jackson… perdonami, papà.” Raccontai scusandomi, cercando di restare forte, determinata ad ottenere il perdono almeno per Michael. “Sei perdonata, figlia mia…” Ribatté mio padre raddolcito. “Perdonata? Io…” “Joseph… sono ragazzi… non sbaglieranno più, ne sono sicura. Questa ragazza ha ragione: non possiamo rinchiudere nostro figlio in una gabbia. Ha il diritto di vivere una vita normale come tutti i suoi coetanei. Avanti…” Intervenne Katherine, provando a convincerlo. Se ne andò brontolando tra sé e sé, ma almeno… era finita meglio di come era iniziata. “Vai da Michael…” Mi suggerì La-Toya, sussurrandomi all’orecchio. Non me lo feci ripetere due volte: col permesso di mamma Katherine e di papà corsi fuori chiamando Michael a gran voce. Provai a scovarlo dov’erano solitamente i lama, ma stavolta non si stava consolando con loro com’era solito; così continuai a camminare per un bel po’, quando udii un singhiozzo. Se ne stava seduto sul prato, tra due aranci, con il volto bagnato rivolto verso il cielo. “Michael!” Esclamai avvicinandomi a lui, che come spaventato, si sbrigò ad asciugarsi le lacrime. “Mi dispiace…” Si scusò ancora. “Michael, non devi scusarti. Non è stata colpa tua… vedrai che… andrà tutto bene. Ho parlato coi nostri genitori e… a quanto pare, Joe si è arreso. Continuerai ad uscire…” Provai a consolarlo. “No! Io non posso uscire! Hai visto cosa succede? Non sarò mai un ragazzo normale come gli altri…” Ribatté piangendo. Mi faceva fin troppo male vederlo in quello stato… avrei fatto di tutto pur di rivederlo col sorriso. “Non è vero, Michael! Potrai uscire quando lo vorrai; dovrai soltanto imparare a non farti riconoscere, a porre attenzione al minimo dettaglio, al minimo gesto.” Affermai decisa. “Non sono mai stato come gli altri…” Sibilò tra le nuove lacrime. “Ma cosa dici, Michael?” Chiesi io, preoccupata per il suo morale. “La verità. Da piccolo non potevo giocare come gli altri bambini… dovevo andare a lavorare, quando voi giocavate nel parco; adesso… adesso, il fine settimana, non posso uscire perché rischio di farmi riconoscere e… hai visto tu, poi, cosa succede… sono stufo di tutto questo…” Mi spiegò singhiozzando. “Michael… ma questo non cambia il tuo modo di essere. Dentro di te, nonostante la persona adulta e determinata che sai far uscire fuori in alcune situazioni, c’è sempre quel bambino che hai voluto tener stretto… che è stato costretto a star per conto suo durante i suoi anni d’infanzia… che adesso di tanto in tanto esce fuori per godersi quei momenti che gli sono stati strappati via anni fa. Guardala da un altro punto di vista… in fondo… hai un dono, Michael: molte persone si fingono di esser grandi troppo presto, assumendo le sembianze di una persona adulta… un po’ come hai dovuto fare te; ma al contrario di molti, tu hai saputo tener vivo in te quel bambino divertente che ha sempre voglia di giocare, di ridere… il mio migliore amico.” Dissi con tono dolce, finendo col commuovermi, mentre lui adesso mi ascoltava attento, smettendo di piangere, ma cogli occhi pronti a versare ancora altre lacrime. “Sono il tuo migliore amico?” Chiese come sorpreso. “Te lo sei forse dimenticato? Certo che lo sei!” Affermai sorridendogli. Ci abbracciammo insieme, spontaneamente, inspirando il profumo degli aranci in fiore, sotto un cielo azzurro con qualche batuffolo bianco di tanto in tanto.
     
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