E.S. Endless Soul

Genere: Fantastico Rating: Rosso

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    Avevo paura che a Rob nel salire di corsa venisse un infarto poveretto :D
    Vediamo un po' a chi appartiene questo profumo dolce,questo proprietario del ranch
    Alla grande mia cara,vai alla grandissima :siga: e grazie per aver ingrandito il font
     
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    Grazie infinite a voi! Non sapete quanta gioia mi date coi vostri commenti :occhi:

    “LEAVE ME ALONE!”



    Gli occhi di Edel puntavano il centro dell’obiettivo; lo sguardo accattivante era sostenuto dalle labbra socchiuse, rosse come il sangue per via dei numerosi strati di rossetto che l’addetta al trucco le aveva applicato.
    Aveva dovuto mettere da parte quegli insulsi pensieri che tentavano di raggirarla, di discostarla dalla realtà che la circondava. Era così che li aveva definiti: insulsi pensieri.
    Sapeva che, se si fosse lasciata trascinare da quanto le era capitato, presto la ragazza di ferro avrebbe corso il rischio di crollare poco, a poco, dando spazio ad una ragazzina ormai rinchiusa nei meandri di un passato che aveva rinnegato e che si ostinava a non voler ricordare.
    Avrebbe messo da parte ciò che le era successo, era fuori dal normale; qualcosa privo di significato, insulso, appunto.
    Per questo aveva detto chiaramente a Robert di non volerlo raggiungere nel suo ranch per almeno un mese. In questo modo, non avrebbe avuto più incontri indesiderati; e semmai le fosse capitato di ritrovarsi dinnanzi quello spiritello sfacciato, lo avrebbe preso a calci nel sedere come si doveva. Non doveva aver paura di nessuno, assolutamente.
    La paura non fa andare da nessuna parte; ci vuole determinazione: quella si che ti fa scalare le montagne.
    Sorrise. Un sorriso di sfida che rivelava tutta la sua tenacia.
    “Sei perfetta, Edel! Ancora due scatti, e abbiamo terminato.” Commentò il fotografo soddisfatto, preparandosi per i nuovi scatti.

    “Allora? Come ti senti?”
    Gli occhi dalle iridi color nocciola di Layla guardarono con inquisizione quelli dell’amica.
    “Mai sentita meglio.” Rispose brevemente, dopo esser tornata a guardare davanti a sé, con sguardo duro.
    “Tu ci farai diventare tutti matti… un attimo prima pare abbia visto la morte in faccia e due secondi dopo sorridi tranquilla come se nulla fosse.”
    “Layla… nulla può farmi crollare.”
    Ribatté sprezzante, afferrando la borsa ed il trench dalla stoffa leggera.
    “Ah, questo è certo!” Confermò ridacchiando divertita, seguendo Edel verso la hall dell’edificio.

    “A domani, Misses. Vi auguro una buona serata.” La guardia che sorvegliava l’entrata sorrise con fare affabile, mostrando i denti bianchi e perfettamente allineati. Con una mano si tolse il berretto scuro, che gli schiacciava i folti capelli neri.
    Le ragazze annuirono riconoscenti e proseguirono verso il parcheggio.
    Lo stomaco di Edel fu preso da una morsa da capogiro; del resto, non aveva toccato cibo per tutto il giorno e la mattina si era limitata a far colazione con un caffè insipido e due biscotti integrali.
    “Senti, Lay, che ne dici se ora andiamo a cambiarci e più tardi passo a prenderti?”
    “A patto che non ti ubriachi come la scorsa volta. Mi hai fatto sentire tremendamente in imbarazzo…”
    Ribatté fingendo di sgridarla.
    Edel la guardò seccata: “Tranquilla, non riaccadrà.”

    “Hey, guarda! C’è quello nuovo…” Notò Layla, indicando un ragazzo seduto al bancone.
    “Chi?” Fece Edelweiss distratta, togliendosi gli occhiali da sole. Nel locale dominava la penombra; le uniche fonti di luce erano le lampade al neon gialle e azzurre del bancone e quelle dei riflettori che illuminavano la pista da ballo, poco distante.
    “Come chi? Il ragazzo che ci ha salutate all’uscita, la nuova guardia. L’ho incontrato stamattina mentre eravamo in pausa… mi è sembrato simpatico. Ha detto di chiamarsi… credo si chiami Michael, se non sbaglio."
    Spostò gli occhi sul ragazzo; quel pomeriggio, quando lui le aveva salutate, non lo aveva neanche degnato di uno sguardo. Il cuore cominciò a palpitarle nel petto, il sangue le divampò nelle vene e l’aria le venne a mancare. Era lui, era lui senz’ombra di dubbio; pareva soltanto più giovane, più in forma. Non può essere.
    “Dai, andiamo a salutarlo!”
    Incapace di risponderle, lasciò che l’amica la trascinasse verso di lui, che sembrava non essersi reso conto della loro presenza; ma in verità sapeva benissimo che l’avrebbe incontrata lì.
    “Hey, sei seduto al bancone e non prendi nulla?” Domandò Layla sorridendo, sfiorandogli la spalla.
    Si voltò con un sorriso a trentadue denti; c’è da dire che era davvero affascinante.
    “Miss Cuthbert, Miss Blinding! Che piacere vedervi!” Esclamò, concentrandosi sulla seconda, quasi fosse capace di penetrare nei suoi occhi col solo sguardo. Sorrideva irridente, mentre lei cercava di reagire; ma era stata colta di sorpresa ed era rimasta come pietrificata. “Preferisco non bere troppo, stasera.” Continuò guardando altrove, scorgendo la figura imponente di Mattew.
    “Se non sbaglio, te devi essere la sua guardia del corpo!”
    “Esattamente.”
    “Piacere, Michael.”
    “Mattew.”

    La stretta di mano tra i due fu forte e decisa; un gesto di cortesia, di formalità.
    Gli occhi di uno penetravano quelli dell’altro: entrambi compartecipavano in uno scambio di occhiate, difficili da decifrare, e nessuno dei due sembrava essere intento ad abbassare la guardia; quel rompicapo di sguardi avrebbe potuto dilungarsi anche per tutta la serata, se non fosse stato per l’intervento di Layla, incurante, forse ignara, della tensione che si iniziava a percepire nell’aria. “Allora? Balliamo!”
    Edelweiss le rivolse un’occhiata che avrebbe potuto fulminarla all’istante, ma lei non se ne rese conto, al contrario di Michael.
    Questi prese la palla in balzo e, alzandosi di scatto, si avvicinò ad Edel prendendole le mani; il suo profumo s’insinuò nelle narici di lei, dandole alla testa, tanto era forte.
    “Sicuro! Mi concederesti questo ballo?”
    Si osservarono per un attimo interminabile; tutto ciò che li circondava si ridusse ad immagini sfocate; la musica, che sovrastava qualsiasi suono o rumore, si fece ovattata.
    La studiò inumidendosi il labbro inferiore, mentre lei cominciava a riprendere il controllo di sé stessa.
    Quel momento fu interrotto da Matt che, com’era consueto per il suo lavoro, fece per interporsi tra i due.
    “Certo.” Proferì la ragazza con estrema calma, tanto da spiazzare lo stesso Michael, che non si aspettava una tale reazione da parte sua.
    Il bodyguard si fece da parte, lasciando che i due si dirigessero verso la pista da ballo. Un’espressione di delusione si dipinse sul suo viso, ma una volta rimasto solo con Layla, aveva potuto rifarsi: le aveva proposto di ballare, e lei aveva accettato; tuttavia per gran parte del tempo era rimasta ad osservare l’amica, provando un senso di confusione per via del suo insolito comportamento.
    Nel frattempo il dj aveva cambiato musica, ponendo una ballata soft, e le luci si erano attenuate per rendere l’atmosfera più intima.
    Dopo aver esitato per un istante, Edelweiss allacciò le braccia attorno al collo del ragazzo, mentre lui le circondava il busto con le sue. All’apparenza risultava un bel quadretto: al centro della pista da ballo, avvinghiati l’uno all’altra, i due giovani sembravano esser complici di una certa intesa; ma in realtà le cose non stavano affatto in quel modo.
    “Lo so che sei tu.” Disse imperterrita, con un tono piatto, anche se pareva che volesse incenerirlo con gli occhi.
    “Tu chi?” Domandò lui divertito, inumidendosi il labbro inferiore.
    “Mi prendi per stupida?! Lo sai benissimo. Non so cosa tu sia, né cosa voglia da me. Ma devi lasciarmi in pace.”
    Michael scosse la testa ridendo brevemente: “Spiacente, ma non posso farlo.”
    Edelweiss iniziò a spazientirsi: “Si può sapere cosa vuoi da me?!”
    “Da te? Niente!”

    Quel sorriso sfacciato le dava ai nervi. Dannazione… io gli spacco la faccia!
    “Allora perché non mi lasci vivere in pace?!”

    Il volto di Michael si fece serio seduta stante. Abbassò lo sguardo e proferì: “Perché non voglio farlo.”
    La ragazza rimase sconcertata: “Tu sei pazzo!”
    Avevano smesso di oscillare a ritmo di quella lenta melodia, ma le mani di Michael erano ancora ferme sul suo bacino, così come quelle di Edel si aggrappavano ancora sulle spalle di lui, sotto i ricci corvini che riverberavano le luci di uno dei riflettori.
    Ma lei voleva liberarsi da quella presa; così ebbe un’idea: fece scivolare le mani sul suo petto, riuscendo ad ottenere la sua attenzione; curvò le labbra in un sorriso malizioso e sbatté le palpebre un paio di volte.
    “Michael?” Lo chiamò con tono allettante.
    Lui sapeva che quel suo modo di fare fosse soltanto una delle sue strategie, ma volle stare al gioco e fingersi pronto a farsi abbindolare dalle sue maniere da gatta morta.
    “Sì?”
    “Vaffanculo!”

    E lo spintonò con forza, sciogliendo la presa di lui, dirigendosi spedita verso il bancone.

    “Una vodka, per favore. Dammene una absolut.”
    “Brutta serata?”
    Domandò il giovane barista con un ghigno sfacciato, asciugando un bicchiere con tutta calma.
    “Ma a te cosa te ne frega? Muovi quel sedere e portami quello che ti ho chiesto!” Sbottò spazientita, tamburellando sulla superficie del bancone.
    Il povero ragazzo restò di sasso, ma poi girò i tacchi e fece come gli era stato ordinato.
    Questi vip… tutti così presuntuosi. Commentò tra sé e sé, porgendo un bicchiere di vodka ghiacciata alla ragazza, riavviandosi i capelli rossi con la mano destra, per poi servire un altro cliente.
    “Miss Blinding? Tutto bene?” Soggiunse Matt.
    “Sì, ma fammi un favore: tieni quel Michael lontano da me.”
    “Michael? Se ne è andato, Miss Blinding.”

    All’ udire quelle parole sorrise soddisfatta; credeva di essere riuscita nel suo intento, ma si sbagliava: non le sarebbe stato lontano per molto.

    Per Edelweiss fu difficile prendere sonno, quella notte; si girò e rigirò più volte nel letto, senza riuscire a chiudere occhio.
    Il pensiero di Michael continuava a tormentarla; e più il suo sorriso beffardo si faceva vivido nella sua mente, più tremava dal nervoso.
    Dannato essere! Perché deve perseguitarmi in questa maniera?!


    Spero vi piaccia :love:
     
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    Super mistero a questo punto!
    Oddio certo che sai come stimolare la nostra curiosità eh!? Grandiosa,grazie del regalo di Pasqua e...continua presto! :--: :smack:
     
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    Michael è talmente al di sopra di tutti che lei può solo scusarsi con lui, sa che è bellissimo e gentile e forse lo invidia. Grazie per il bel capitolo Rita, attendiamo presto la continuazione
     
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    Grazie di cuore, ragazze!! Troppo gentili
    Il prossimo capitolo non è il massimo... ma spero vi piaccia :)

    “I’M FED UP WITH YOU!”



    “Dolcezza, ho saputo che oggi non ti sei presentata in sede… ti senti poco bene?”
    “Sì, Rob… sono fortemente stressata e questo influisce sulla mia salute. Mi sento uno straccio.”
    Piagnucolò cercando di risultare convincente; poi sorrise meschina, aspettando che lui la compatisse dall’altro capo del telefono.
    “Piccola mia, forse è il momento che ti prenda un po’ di ferie…”
    “Non so, Rob.” Oh, invece è perfetto. “Non vorrei causarti problemi… rallentarvi con il lavoro.” E invece non me ne frega un bel niente.
    “Di questo tu non devi preoccuparti, dolcezza. Prenditi questa settimana di ferie e cerca di rilassarti. Ascolta, mia moglie è via per due giorni a causa di un convegno… i bambini sono fuori con degli amici . Ho tanta voglia di vederti…”

    Il sorriso di lei sfumò in un’espressione accigliata.
    “Dove?” Sospirò torturando il lembo di un cuscino.
    “Tu pensa ad essere splendida… come sempre, del resto. Passo a prenderti con la limousine, stasera.”
    “Oh, Rob, la limousine no.”
    “Dolcezza, saranno soltanto pochi chilometri, te lo prometto. Fai la brava… ci vediamo stasera, piccola.”
    Riattaccò senza rispondere, sbuffando innervosita.
    C’è bisogno di fare shopping! Oh, non vedo l’ora.

    “Chissà dove mi porterà stasera… ha intenzione di venirmi a prendere con quella pidocchiosa limousine, vecchia di più di un secolo.”
    Si lamentò inacidita, guardandosi intorno.
    “Tu e la tua repellenza per l’antiquariato!”
    “Non lo sopporto… sembra lo faccia apposta!”

    Posò le buste a terra sbuffando per il caldo e chiese a Mattew di andare a prenderle un gelato.
    “Fragola ed ananas. Mi raccomando: sbrigati… non voglio rompiscatole tra i piedi e con tutta la gente che c’è oggi, Malcom non basta.”
    Malcom era la scorta, così come Edelweiss lo definiva: era la guardia del corpo che chiamava nel caso in cui la sola presenza di Matt non la rassicurava.
    “Sarò svelto, Miss Blinding. Miss Cuthbert, gradirebbe un gelato anche lei?”
    “Cioccolato e vaniglia, grazie!”

    Circa cinque minuti dopo, le due ragazze sedevano ad uno dei tavolini all’interno del centro commerciale, sotto gli occhi vigili dei due bodyguard, che non lasciavano avvicinare nessuno.
    “Edel, ma cosa ti prende? Tu non mangi mai il gelato!”
    “Lo so… ma sono nervosa. E poi ho scelto due gusti alla frutta! Tu, piuttosto… non temi le calorie che stai ingurgitando senza indugio?”

    Layla roteò gli occhi e, dopo aver leccato quanto restava del gelato, decise di cambiare discorso: “Oggi Michael mi ha detto di salutarti! Sapessi com’è stato carino con me!”
    “Ancora lui?! Senti… basta! Non voglio sentirne parlare!”
    “Ma perché sei così ostile nei suoi confronti? È un ragazzo tanto perbene…”
    “No che non lo è! Non posso sopportarlo…” Sbottò indietreggiando con la sedia.
    “Ma se neanche lo conosci! Per caso è accaduto qualcosa di cui non sono al corrente?”
    Non la capiva: perché giudicare una persona senza neanche provare a conoscerla? Michael, poi, è un ragazzo così beneducato, tanto affabile.
    “Non ho niente da dire. Non lo sopporto. Punto e basta.”

    E camminò spedita, col cono gelato in una mano e le buste nell’altra.
    Layla sollevò i suoi sacchetti e seguì l’amica insieme alle due guardie; sbuffò: odiava quando si comportava in quel modo.
    “Ragazza… ho fame… ti prego, dammi qualche spiccio per comperarmi da mangiare.”
    Si lamentò un’anziana zingara che sedeva accanto alla pattumiera dove Edelweiss aveva appena gettato il suo gelato. Le due guardie si lasciarono intenerire e non ebbero il coraggio di respingere la povera vecchia.
    “Potevi trovarti un lavoro, o startene con la tua famiglia: non saresti ridotta in queste condizioni, ora!” Ribatté con una cattiveria fuori dagli schemi, tanto da far raggelare persino i due bodyguard.
    “Edelweis! Signora… la perdoni. Tenga qui… spero le bastino.”
    Diede qualche dollaro alla povera anziana per cercare di rimediare al gesto dell’amica; il suo comportamento l’aveva lasciata a bocca asciutta e piena di vergogna. Non si sarebbe mai aspettata un tale gesto da parte sua: credeva di conoscerla bene, ma forse si sbagliava.
    “Ti ringrazio, piccola. Tu, ragazza… devi stare molto attenta! Hai sentito? Devi stare molto attenta!”
    Ma Edel non si curava delle parole di quella nomade: l’unica cosa che iniziava a farla preoccupare, era il pensiero che qualcuno avesse potuto assistere alla scena ed udire le sue parole.
    Ciò non vuol dire che si pentì di aver risposto in tal modo a quella povera donna, affatto; ma si rendeva conto che se si fosse sparsa la voce sull’accaduto, l’opinione pubblica non avrebbe reagito affatto bene e, a quel punto, avrebbe rischiato di cadere dal suo piedistallo dorato.
    “Edelweiss, fermati! Non puoi comportarti così!”
    Si voltò verso l’amica, priva d’espressione.
    “Nessuno mi dice come devo comportarmi. Sono io, l’unica padrona di me stessa.” Proferì ferrea, con una durezza artica.
    “Io non ti capisco, sul serio! Sai che ti dico? Fottiti! Tu e i tuoi modi da… da… da stronza! Ecco cosa sei: un’emerita stronza! Hai toccato il fondo, Edelweiss.”
    Ma la ragazza aveva smesso di ascoltarla: lui era lì, proprio di fronte alla vecchia donna che lei aveva mortificato poco prima. Le aveva consegnato qualcosa, dei soldi molto probabilmente, ed ora ridacchiava con lei, sedendosi al suo fianco.
    “Addio.”
    Sbatté ripetutamente le palpebre e quando si rese conto di cosa stesse accadendo, Layla si era già allontanata, mentre i due ragazzi se ne stavano di fronte a lei e la guardavano impacciati attraverso le lenti scure dei loro Ray-Ban, attendendo una sua decisione sul da farsi.
    In quel momento, nulla le passò per la testa. I suoi occhi tornarono ad osservarlo, e lui se ne accorse: le rivolse uno sguardo svelto, dopodiché disse qualcosa all’anziana e si congedò, dirigendosi verso di Edelweiss senza staccarle gli occhi di dosso.
    Un brivido le percorse la schiena. Voleva girare i tacchi, ma lui era già molto vicino.
    “Miss Blinding!” La salutò col suo sorriso smagliante, sollevando una mano.
    “Devi starle lontano. Ordine di Miss Blinding.” Intervenne Mattew, ponendosi tra i due.
    Michael inclinò la testa verso la spalla sinistra e si finse stupito: “È così, Edelweiss?”
    “No…” Dannazione! Sì che lo è! Ma cosa ti prende, Weiss?

    Sorrise compiaciuto: era riuscito a manipolare la sua mente, come voleva.
    Mattew guardò la ragazza confuso; avrebbe voluto avere delle spiegazioni, anche se a lui questo non era dato, ma non riuscì a spiccicare parola. Si fece da parte grattandosi il mento, con un’espressione che manifestava pienamente il suo dubbio.
    Quanto a Malcom, lui era ancora più perplesso.
    “Bene… se non vi dispiace, noi dovremmo fare quattro chiacchiere.”

    E detto questo, circondò il busto della ragazza e fece per allontanarsi dai due pilastri neri; ma Edelweiss non era d’accordo: non voleva assolutamente trattenersi con lui; per nessuna ragione.
    Ora glie la faccio vedere io… non può permettersi di fare come vuole lui!
    “Non ora, Michael.”
    Sai dire solo questo?! Edelweiss, sveglia! Ti sta manipolando!

    “Perfetto. Allora ci vedremo più tardi.”
    E se ne andò con un sorriso beffardo.

    Era inutile; farla impazzire in quel modo non poteva non divertirlo.

     
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    Conoscendo Michael capirà che è una persona deliziosa e straordinaria. Grazie per il bel capitolo Rita, attendiamo presto la continuazione
     
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    uahuauahuahauhauhahau bella scena quella con Mike :D Ora vediamo come prosegue tra i due :P
     
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    Grazie mille ad entrambe e a tutti coloro che stanno leggendo
    Ecco il prossimo capitolo; spero che vi piaccia :love:


    “TROUBLE’S ON THE WAY”



    Il ristorante era di una raffinatezza fuori del tempo. Ai soffitti a specchio erano appesi grandi lampadari in ottone, dai quali pendevano gocce di cristallo. Le sedie ed i tavoli rotondi erano stati lavorati con i legni più pregiati; sopra ognuno di essi poggiava un vaso in ceramica, dipinto a mano, colmo di fiori bianchi, di svariata specie: tuberose, rose, orchidee e altre ancora.
    Il pavimento era stato realizzato attraverso l’impiego di marmi policromati, così come le alte pareti; le grandi vetrate, incorniciate dai drappi pesanti color borgogna, davano sull’esterno: su di un verde ed ampio giardino, circondato da siepi di trifogli ed arbusti carichi di fiori, dominava una lunga fontana dallo stile barocco; le sculture che completavano la struttura richiamavano le ninfe, i demoni e gli dei della mitologia greca.

    Tutto questo lusso era, però, quasi indifferente agli occhi di Edelweiss: apprezzava la classe del posto; il fatto di essere circondata da cotanta ricchezza la esaltava, ma (come sappiamo) non condivideva affatto quel gusto per l’antico.

    Lei era di un’eleganza ricercata: il trucco leggero sugli occhi assumeva un tocco di vivacità col rosso scarlatto delle labbra; i capelli raccolti scivolavano in una coda lungo la sua schiena.
    Vestiva un abito da sera in taffetà: lungo, senza spalline, impreziosito da una fantasia di pietrine luccicanti che decorava il decolleté; le scarpe alte le facevano sfiorare di pochi centimetri il metro e novanta d’altezza, tanto che Robert aveva provato impaccio al suo fianco, essendo solo poco più alto di lei.
    Quando l’aveva vista, quella sera, gli era quasi venuto un infarto.

    “Ti ho già detto che sei esageratamente affascinante?” Domandò dopo essersi ripulito gli angoli della bocca con un fazzoletto in tessuto acetato, sorridendo compiaciuto.
    “Sì, Rob.” Rispose soltanto, con un sorriso tenue. In realtà, tutti quei complimenti smielati da parte sua la stavano nauseando.
    Portò il palmo della mano sinistra su una guancia ed alzò lo sguardo verso il soffitto, ritrovandosi quasi incantata dalla preziosità dei lampadari, attirata dallo scintillio delle gocce in cristallo, quasi fosse una gazza ladra.
    “Non hai mangiato quasi nulla… perché non assaggi qualche altro boccone?”
    “Rob… non c’è bisogno che mi diciate tutti quanto mangiare.”
    Sorrise brevemente. “Sto bene così.”
    “Come credi tu, piccola.” Rispose afferrandole la mano destra, sfiorandone il dorso con le labbra.

    Sdraiata sul letto della sua stanza, aveva lo sguardo perso nel soffitto.
    Il solo pensiero di doversi concedere a quell’uomo la rendeva estremamente inquieta; ma la consolava il fatto che tutto sarebbe durato soltanto pochi minuti, dopodiché sarebbe filata dritta nella cabina doccia, come se avesse potuto lavarsi di dosso quel peccato che le macchiava l’anima.
    Non sentirti in colpa. Si era ripetuta molteplici volte. Guarda in alto, punta alla vetta; vale la pena scendere a qualsiasi mezzo, pur di guadagnartela.
    Ormai era convogliata in questo gioco vizioso da tre anni; col tempo aveva imparato a mettere da parte i sensi di colpa, fino ad arrivare ad annientarli.
    Non le importava se Robert nutrisse dei veri sentimenti nei suoi confronti, non le interessava se lo stava illudendo, abbindolando, o strumentalizzando; non aveva importanza sua moglie, né l’avevano i suoi figli. Qui c’è spazio solo per te, Weiss; concentrati solo su di te.
    Ma l’idea di doversi concedere ad un uomo che avrebbe potuto essere suo padre la ripugnava.

    “Sono qui.” Soggiunse nella stanza con un asciugamano legato alla vita. Le spalle e le punte increspate dei capelli erano ancora bagnati.
    Distese le braccia verso di lui, che si gettò su di lei mugugnando per l’eccitazione.
    Le mani grandi di Robert spogliarono Edelweiss con foga, mettendo a nudo la sua pelle chiara, e non esitò un istante per lanciarsi a capofitto sul suo seno, colmandolo di baci.
    “Rob…” Sospirò fingendo di provare piacere, affondando le unghie nel copriletto, come per scaricare la tensione.
    “Sei fantastica… sei fantastica…” Disse fuori di sé, cominciando a respirare affannosamente. Si sfilò l’asciugamano di dosso, prima che potesse scoppiare dal desiderio, e lo gettò sul pavimento della stanza concentrandosi, poi, su quel corpo nudo che stava sotto il suo.
    Fece leva sulle sue braccia e, coi muscoli degli arti tremanti per lo sforzo, iniziò ad affondare all’interno della sua intimità, stretta e accaldata, sospirando frasi sconnesse in balia del piacere.
    Edelweiss si limitava a qualche gemito, aumentando compiacimento di lui. Il dolore e la tensione la fecero avvampare, la testa cominciò a girare. Tieni duro… manca poco, poi si lascerà andare sfiancato.
    “Oh, Rob…”
    Prese a chiamare il suo nome gridando sempre di più e lui, gonfio d’orgoglio e prossimo all’orgasmo, non poté fare altrimenti.
    Poi le parole gli rimasero strozzate in gola, i movimenti si fecero sempre più lenti e meccanici, finché non si accasciò sfinito sopra di lei, lasciandosi andare in un gemito rumoroso.
    Edelweiss sospirò, sollevata e seccata allo stesso tempo; aspettò che Robert si addormentasse per bene, prima di scendere del letto ed andare a farsi una doccia.
    Si addormentò improvvisamente sul divano del soggiorno, mentre stava facendo zapping alla tv col telecomando in una mano ed una tazza di cioccolata calda, fumante, nell’altra.

    “Ma che cazz-” Fece rintronata dal sonno scomodo. Il dolce profumo che le era parso di avvertire, scomparve improvvisamente: era sparito prima che lei potesse rendersi conto della sua presenza.
    La televisione, rimasta accesa durante tutta la notte, trasmetteva le ultime news.
    Cercò di mettere a fuoco, sbattendo gli occhi ancora impastati, e quando si rese conto della foto scattata il giorno precedente, che la ritraeva al centro commerciale accanto a Layla, cacciò un urlo sedendosi di scatto dal divano.
    Il rumore dei cocci della tazza, scaraventata a terra col brusco gesto, la fece sobbalzare sul posto.
    “Secondo alcune voci, la modella avrebbe rifiutato la richiesta d’aiuto da parte di un’anziana senzatetto. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una vergognosa manifestazione di spregiudicatezza…”
    Prima che la giornalista finisse di leggere la notizia, Edelweiss spense la tv sbattendo bruscamente il telecomando contro il divano. Dannati paparazzi! Ora si che sono nei guai…
    “Edel, cosa significa tutto questo?” Svegliato dall’urlo di lei, e allarmato dal successivo rumore della tazza andata in frantumi, era corso in soggiorno ed aveva colto la notizia restando sbalordito.
    La ragazza affondò gli incisivi nel labbro inferiore e assunse un’espressione drammatica.
    Si voltò verso di lui e si lagnò con una teatralità svergognata: Rob! Io non volevo risponderle in quel modo!”
    Lui si precipitò sul divano sedendosi al suo fianco e la guardò a lungo negli occhi, inumidendosi le labbra. In realtà non era convinto della sua innocenza: conosceva troppo bene le sue risposte sfacciate, taglienti, raggelanti, ma vederla in quello stato gli provocava una stretta al cuore e voleva crederle. Povero ebete, soggiogato da quella donna ingannevole.
    D’altro canto Edelweiss sapeva benissimo di esser riuscita ad impietosirlo, a convincerlo del fatto che rispondere a quella donna in tale maniera non era di sua volontà; per questo decise di esagerare e darsi ad un pianto disperato, ad un singhiozzare persistente.
    “Piccola, non fare così… farò in modo che tutto si sistemi, te lo prometto!” La rassicurò Robert angosciato da quelle lacrime commedianti, sentendosi morire dentro; le mani grandi le carezzavano la schiena, che sussultava ad ogni singulto.
    Lei lo stringeva a sé tenendo la sua canottiera tra le dita. Poggiò il viso contro il petto di lui, percependo il battito alterato del suo cuore.
    “Calmati… prendi un gran respiro.” Le suggerì con premura, sfiorandole la nuca.
    Quel profumo la fece trasalire; spalancò gli occhi e lo vide poco distante dal divano, di fronte a lei: fissava la scena a braccia conserte, col labbro inferiore all’interno della bocca. Privo d’espressione, non lasciava trasparire alcuna emozione; le sembrava quasi una statua.
    Indispettita, strizzò gli occhi e si strinse a Robert ancora di più.
    Noncurante della sua presenza, domandò: “Come farò?”
    “Ti organizzerò una conferenza stampa oggi stesso. Te la senti?”

    La scostò un po’ per guardarla in viso; con una mano le afferrò il mento e si dileguò negli spazi di quelle iridi ghiacciate.
    “Intendi dire… che devo scusarmi pubblicamente?” Piagnucolò: la cosa non le andava affatto a genio, ma comprendeva lei stessa che doveva abbassarsi a tanto se voleva salvare la sua reputazione e non perdere la sua benamata posizione.
    “Sì, tesoro… è l’unico modo per salvare la tua reputazione e dimostrare che non volevi affatto rivolgerti in quella maniera a quella povera zingara. Ti aiuterò io…” Soffiò sulle sue labbra, soffermandocisi con le sue.
    Di tutta risposta, Edelweiss afferrò il suo viso e lo baciò con impeto, affondando le dita nei capelli di lui.
    Robert era in fibrillazione, si sentiva prossimo per essere mandato in manicomio; iniziò a sudare per l’eccitazione, mentre il suo cuore galoppava come un cavallo imbizzarrito. Dio, Piccola… non smettere mai.
    Michael fece schioccare la lingua con sonorità, catturando l’attenzione di lei, che si scostò bruscamente da Rob.
    Nell’assistere a quel gesto improvviso e alla successiva reazione dell’altro, rimasto lievemente confuso, rise fragorosamente e sparì.
    Per Edelweiss fu difficile, alquanto difficile, mantenere la calma; ma doveva, se non voleva esser presa per pazza. Strinse i pugni sino ad affondare le unghie nei palmi delle mani, facendosi male, e maledisse col pensiero quel cafone di uno spiritello.
    “Tutto bene?”
    “Sì… è solo che… ho paura per via di questa storia.”

    E non mentiva del tutto. Edelweiss aveva paura: paura di non riuscire a rendere credibili le sue menzogne, davanti a tutt’America; paura di dover scendere dal piedistallo, di dover dire addio alla sua immagine. Le insicurezze stavano tornando, e lei dimostrava i primi segni di fragilità.
    Non va affatto bene, Edelweiss. Forza! Scrolla via quelle paure! Ricordi? Non devi aver paura di niente. Paura di niente. Li soggiogherai tutti, tutti quanti. Ce la puoi fare, Weiss. Ce la devi fare.
    Incredibilmente, era già pronta a reagire.
     
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    Speriamo che tutto si sistemi, lui l'aiuterà. Grazie per il bellissimo capitolo Rita, attendiamo presto la continuazione
     
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    Grazie tante, cara Francesca; e grazie a tutte coloro che stanno leggendo questa storia :D




    “GRIP”



    Con l’inquietudine negli occhi, fissava le telecamere dei diversi canali televisivi che trasmettevano, in edizione speciale, la conferenza stampa con la quale avrebbe potuto scusarsi davanti a tutti gli Stati Uniti e riguadagnare la propria dignità.
    Ma quanta dignità poteva avere una donna come lei?

    “Per iniziare, ringrazio tutti gli enti giornalistici e gli organizzatori che si sono apprestati per realizzare questa conferenza, stasera.
    Sono qui per scusarmi con tutti i cittadini d’America; ma, prima di tutto, con quell’anziana signora nei confronti della quale ho assunto un comportamento imperdonabile.”

    Il tono risultava composto e pacato. Aveva studiato quel discorso per tutta la giornata, cercando parole in grado di persuadere il pubblico a perdonare il suo gesto ignominioso.
    Fece una pausa e prese un grande respiro. Il suo sguardo si spostò tra i giornalisti e le persone che sedevano in platea.
    Tra le ultime file, due occhi neri la fissavano attenti.
    Quando li scorse, le parole le morirono in bocca; nella sua testa balenò il vuoto. Dal nervoso, iniziò a piangere senza controllo; aveva voglia di gridare, di mandare tutto all’aria, ma non era assolutamente caso di dare di matto.
    “Scusate…” Singhiozzò asciugandosi lo zigomo destro, bagnato dalle lacrime.
    “Mi rendo conto della gravità delle mie parole; ma posso assicurarvi che quanto proferito dalla mia bocca, ieri mattina, non corrisponde al mio pensiero.”
    Michael sorrise leggermente, curioso delle sue prossime parole.
    “Ho avuto una settimana difficile e lo stress accumulato si è riversato erroneamente contro quella povera anziana.”
    Edelweiss diede un colpo di tosse, cessando il pianto.
    Sostenere quel discorso, le si dimostrava sempre più arduo; per questo volle tagliare corto: “Mi sto già impegnando per rimediare, ma non voglio venga svelato nulla al riguardo: preferisco operare lontana dai riflettori.
    Per adesso, voglio assicurarvi che mai più assumerò un tale atteggiamento; è sbagliato e spero che quanto sia accaduto sia di lezione per chi, come me, si è trovato a compiere il mio errore, almeno una volta. Grazie.”

    Afferrò un bicchiere d’acqua e lo portò alla bocca per dissetarsi.

    Dopo aver risposto alle domande di un paio di giornalisti, proprio nel momento in cui la conferenza sembrava volgere al termine, lui si alzò in piedi e chiese di porle un’ulteriore questione.
    Ma quanto sei stronzo. Pensò tentando di velare il senso d’irritazione che la faceva fremere.
    “Prego.” Acconsentì mantenendo un tono pacato, sfoggiando un finto sorriso bonario.
    Michael si schiarì la voce e, senza staccarle gli occhi di dosso, le domandò: “Dunque, signorina Blinding, si rende conto della gravità delle sue parole? Ha detto ad una povera senzatetto che poteva trovarsi un lavoro, starsene con la sua famiglia, senza neanche conoscere il suo vissuto. Non ha pensato al fatto che magari quella donna sia rimasta sola al mondo, che i suoi parenti siano morti o che, peggio, l’abbiano rifiutata, abbandonata? E non crede che forse ha anche tentato di trovare un lavoro, ricevendo soltanto porte in faccia?”
    Sembrava un giudice durante un’inchiesta. Il tono era severo, le parole taglienti; gli occhi sprizzavano un’energia in grado di bruciare qualsiasi cosa puntassero.
    Ma lei non si lasciò sopraffare e seppe tenergli testa: “Me ne rendo perfettamente conto e me ne rammarico. Come ho affermato, non pensavo davvero a ciò che ho detto. Sono vicina a quella signora ora più che mai.”
    “La ringrazio.” Abbassò lo sguardo e sorrise con ironia: sapeva benissimo che stesse mentendo, glie lo leggeva in faccia, al contrario di tutti quei giornalisti imbevuti delle sue chiacchiere. Doveva fare molta strada, per cambiare veramente. Questo lo pensava anche lui.

    Una volta fuori dell’edificio, tentò di raggiungerla per parlarle faccia a faccia; ma stavolta Mattew lo contrastò con prontezza.
    “La signorina Blinding non vuole avere ulteriori incontri, stasera; ed ha esplicitamente espresso che non vuole assolutamente vederti.” Pronunciò con tono autoritario, marcando l’ultima frase con soddisfazione.
    Edelweiss intanto entrava nella sua vettura, dopo aver camminato spedita tra le file dei fotografi e delle persone che erano sopraggiunte per l’evento, mantenendo la testa alta ed un’espressione superba.
    Michael se ne andò senza proferir parola; cercando un posto appartato dove poter scomparire. Era furioso.

    Poggiò la tazza di tè fumante sopra al tavolino, accanto al vassoio colmo di pasticcini alle mandorle, e si lasciò cadere sul divano.
    Quella giornata, assieme alla precedente, era stata decisamente estenuante e la stanchezza era tanta; ma, nonostante l’ora tarda, non riusciva a prendere sonno. Un pensiero continuava a martellarle in testa; e non si trattava del fatto che aveva dovuto porgere le sue scuse, sminuirsi davanti a milioni di telespettatori, no… si sentiva presa in giro, umiliata, ma il problema era un altro.
    “Brutto stronzo! Voleva schernirmi davanti a tutti… anche dopo che mi ero scusata, per l’aggiunta! Ma chi si crede di essere?!”
    Il problema era lui.
    Prese la tazza del tè e la portò alla bocca, esitando a berlo. I suoi occhi si spostarono sulla tv, che era spenta. Ripensò al servizio di quella mattina, alla sua foto con Layla ed una morsa addolorante le strinse lo stomaco. Istintivamente portò una mano sull’addome.
    Cosa dovresti fare adesso, Weiss? Anche lei ti ha preso a pesci in faccia davanti a tutti, ti ha insultata ed umiliata esattamente come ha fatto quel maledetto screanzato.
    Un sorso di tè le scivolò rovente lungo la gola. Tossì con forza, spostando la mano dal ventre al petto, carezzandolo con movimenti circolari
    In questo momento avrei proprio voglia di prenderla a sberle! Però… però è sempre Lay… forse dovrei chiamarla.
    A quanto pare, la regina delle nevi si stava scongelando. Ripose la tazza al suo posto e si alzò dal divano per dirigersi nella cucina. Preso il cellulare, dimenticato su di un bancone accanto ai fornelli, compose frettolosamente il numero della sua amica.
    “Salve, sono Layla! In questo momento non posso risponderti. Lascia un messaggio dopo il segnale acustico! Ah, se sei Edelweiss, non prenderti questo disturbo!”

    Rimase a bocca aperta, incredula, ma non riuscì a provare rabbia, tant’era il dispiacere. Due lacrime calde rigarono lentamente i suoi zigomi, poi le guance, subito seguite da un’altra coppia di gocce salate.
    Weiss, smettila! Smettila! Ricordi? Non devi lasciarti abbattere da nessuno! Reagisci, Edelweiss!
    Ma neanche lei dava più retta a sé stessa.
    I singhiozzi rimbombarono nella stanza; il respiro le venne a mancare: ebbe come la sensazione di soffocare.
    “Brutta bestia la solitudine, non è vero?”
    Non si era accorta del suo arrivo: la vista era appannata dalle lacrime traboccanti ed il senso dell’olfatto le era venuto a mancare, quando il naso si era tappato a causa del pianto scrosciante.
    Sollevò il voltò dalle mani, rivelando due occhi stremati, iniettati di sangue.
    “Anche tu, adesso?! Lasciami in pace!” Gridò col poco fiato che le restava nei polmoni, emettendo un suono stridulo, riprendendo a singhiozzare fuori controllo. Le iridi di ghiaccio sembravano essersi sciolte in due laghi limpidi.
    Da quando si erano conosciuti, aveva potuto vederla impaurita, scossa, turbata, furibonda e, infine, oppure indifferente… ma era la prima volta che la scorgeva in quello stato pietoso. Quelle lacrime, quei singulti che le toglievano il fiato facendo sussultare il suo corpo gracile, in preda ad una scarica di brividi, erano ben lontani da quelli che aveva finto quella mattina.
    Si sentì scombussolato, in preda allo sconforto: se quando l’aveva scorta entrare nella sua casa, aveva provato tanta rabbia da volerla cacciare al costo di spaventarla a morte, e se aveva trovato divertimento nel farla andare su tutte le furie, ora saperla in quelle condizioni lo faceva star male, tremendamente male, tanto che gli pareva di avvertire una strana sensazione all’altezza dello stomaco: come se avesse ricevuto un pugno.
    Le circondò il busto con le sue braccia, istintivamente, senza proferir parola.
    Edelweiss, colta alla sprovvista, sobbalzò sul posto.
    “Ma che cazzo fai?! Lasciami andare… e vattene! Da quando sei entrato nella mia vita, mi hai rovinato l’esistenza!” Gli urlò contro, spingendolo con energia.
    Lui non oppose forza e si discostò da lei.
    “Mi dispiace…” Proferì con lo sguardo basso, in preda al rimorso.
    Lo guardò come perplessa, con la bocca dischiusa; finalmente smise di piangere e poté asciugarsi il volto col dorso della mano. Scosse la testa ed espresse il suo disappunto con un sospiro rumoroso.
    “A chi vuoi darla a bere? Non fai altro che perseguitarmi da quando sono entrata in quella maledetta casa!”
    Nell’udire quelle ultime parole, i suoi occhi si fecero cupi. Serrò le labbra, come se temesse che il dolore fosse potuto uscirgli dalla bocca. Deglutì e fece calare le palpebre, prendendo un grande respiro. Pensò che forse Edelweiss aveva ragione: la sua casa aveva procurato gioia a numerose persone, ad una moltitudine di bambini sfortunati; eppure, allo stesso tempo, lo aveva compromesso: era stato accusato di un peccato inammissibile, un peccato letale, che, a poco, a poco, aveva ucciso lui e la sua amata casa, la sua adorata Neverland. Era stata maledetta quella casa, ed era stato maledetto lui, costretto a permanervi per un tempo senza scadenza.
    Pianse, con grande sorpresa di Edelweiss, pianse lacrime amare. Sì, anche le anime piangono.
    Non gli piaceva definirsi fantasma: fantasma sta a dire apparenza, illusione, ma lui non era questo: lui era reale, lui era vero; solo… non era più un comune mortale; almeno non più costantemente. Ma ora è troppo presto per trattare questo discorso.
    Attacca, Weiss, è il momento! Vedi quanto è fragile? Forza, fatti valere: dagli la lezione che si merita!
    Ancora una volta, non rispose ai suoi pensieri: vederlo in quel modo la straniva.
    “Non pensavo che un fantasma potesse piangere…” Si lasciò sfuggire in un sussurro; il tono basso come il suo sguardo, che si era spostato a terra.
    Michael sussultò: era come se avesse risposto al suo pensiero. Per lo stupore, il pianto cessò in un singhiozzo soffocato.
    “Beh, te ne vai?” Eccola, la ragazza impertinente di sempre; era durato ben poco il momento di straniamento.
    “Vorrei parlarti…”
    La sua espressione, quasi supplichevole, si contrapponeva a quella di lei nella stessa maniera in cui due colori complementari, accostati, contrastano tra loro.
    “Io credo abbiamo già parlato abbastanza!”
    Girò i tacchi per tornarsene in salotto, ma lui la bloccò trattenendola per il polso: “Aspetta!”
    “Vuoi capirlo che non voglio avere nulla a che fare con te? Tornatene da dove sei venuto! Torna ad infestare quella dannata reggia! Non ci tornerò più, te lo posso giurare! Non ho alcuna intenzione di vederti mai più. Sparisci!” E mentre gridava queste parole, i suoi occhi ghiacciati incendiavano quelli di lui. Sparì all’istante, senza proferir alcunché, intimamente ferito.
    Edelweiss raggiunse il soggiorno. Nel petto, il cuore le batteva ancora forte per la rabbia esternata con tanto impeto. Bevve il suo tè, ormai freddo, tutto d’un fiato e, senza curarsi di riporre la tazza nella lavastoviglie, andò a gettarsi nel letto. Non appena il suo capo affondò nel cuscino, fu presa da un forte capogiro.
    Ancora le pareva di sentire le lunghe e affusolate dita di Michael stringersi attorno al suo polso; eppure non era lì, altrimenti avrebbe percepito la sua presenza. Tutto era immobile, persino l’aria sembrava essersi dileguata altrove in quella notte afosa di Giugno. La stanza aveva il suo profumo abituale: nessuna traccia di quella fragranza dolciastra; niente era riconducibile a lui, niente di niente… tranne quella stretta al polso. Ma non vi pensò per molto: presto, si addormentò profondamente.



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    Michael è una persona in gamba e l'unica che la può aiutare, lei presto lo capirà. Grazie per il bellissimo capitolo Rita, attendiamo presto la continuazione
     
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    Grazie a te, Francesca e a tutte le lettrici di questa ff :D


    “SPIT IT OUT”



    Edelweiss sentiva ancora la necessità di sbollire la rabbia, accresciuta da quell’incontro molesto che aveva avuto con Michael, che aveva tenuto indaffarata la sua mente per almeno un paio di giorni a seguire.
    Prima si era presentato come un giornalista sfacciato, pronto a smontarmi davanti le telecamere coi suoi modi inquisitori; e poi come un cane bastonato dispiaciuto, che aveva bisogno di parlare… e mi ha addirittura abbracciata! Questo è il colmo. Pensava scuotendo la testa al pensiero di quanto era accaduto, mentre si dilettava a riempire il povero Matt di pacchi e sacchetti, passando da una boutique all’altra. Lo shopping: quale miglior cura?

    Riuscì anche a convincere Robert a lasciarla sola per il weekend: “Sai… quanto è successo questa settimana non ha fatto altro che scombussolarmi più di quanto già non lo fossi…” gli aveva detto alludendo alla vicenda vissuta con quell’anziana zingara, il litigio con Layla e la conferenza stampa del giorno successivo all’accaduto “spero non ti dispiaccia se non trascorreremo questo fine settimana insieme… sai, ho bisogno di rilassarmi, di dedicarmi a me stessa; quindi pensavo di concedermi un paio di giorni in quel centro benessere di cui ti avevo parlato qualche giorno fa. Ne ho veramente bisogno… spero capisca.”
    E indovinate qual era stata la risposta di Robert? Ovviamente le aveva detto che non c’era alcun problema, che la comprendeva assolutamente e che, se avesse avuto dei ripensamenti, lui sarebbe stato pronto a precipitarsi da lei.
    Pover uomo… talvolta sospettava che quella ragazza non avesse il benché minimo interesse nei suoi confronti, che non ricambiasse davvero i suoi sentimenti, che se gli gironzolava attorno era soltanto per un unico obiettivo: il successo.
    Eppure non voleva crederci: del resto la loro era una storia che durava da ben tre anni e, nonostante le sue lune storte, lei sapeva dimostrarsi affettuosa quando lo voleva: si avvinghiava a lui, stringendolo con le sue dita candide e sottili, lo guardava gioiosa coi suoi occhi limpidi, gli regalava sorrisi che per lui erano la fine del mondo e che, ogni volta, rischiavano di farlo dare di matto.
    Si diceva che, semmai i suoi dubbi si fossero rivelati certezze, lui l’avrebbe accettato; non gli importava se i suoi fini fossero stati altri: denaro, successo… le avrebbe concesso qualsiasi cosa, pur di tenersela affianco.

    Trascorse gli ultimi giorni della settimana tra il tepore delle acque termali, e gli aromi degli oli che venivano usati per massaggiarle il corpo.
    Le distrazioni che si era permessa, le avevano procurato un benessere psichico, oltre che fisico: uscita dal centro benessere, finalmente si sentiva sollevata, serena, non più disturbata da alcun irritante pensiero.
    Oltretutto, aveva avuto occasione di fare nuove conoscenze:
    Jonathan, uno dei massaggiatori, aveva provato a flirtare con lei in un paio di occasioni e alla fine Edelweiss aveva deciso di dargli corda, tanto che i due sembravano esser diventati intimi amici. Ma alla fin fine non era stato nulla di serio, non per Edelweiss, che aveva colto l’occasione per divertirsi, per sfogare quel suo estro animale.
    Aveva poi incontrato una celebre stilista: Jamal Bruke, semplicemente conosciuta come JB, che sembrava aver l’intenzione di farla partecipare nelle sue prossime sfilate che si sarebbero tenute nelle capitali della moda come New York, Rio de Janeiro, Parigi, Londra, Milano e Nuova Delhi. La proposta fu ben accolta da Edel, che già fantasticava di sfilare con orgoglio sui palchi, indossando abiti dai prezzi esorbitanti, sotto gli sguardi ammaliati dei partecipanti.

    Fu duro tornare alla realtà, il giorno successivo, e lo stato di relax che aveva raggiunto andò presto a farsi benedire: c’erano da fare diversi scatti, da recuperare il lavoro perso durante la sua assenza, la settimana precedente, e questo aveva trattenuto Edelweiss a lavoro più del previsto. Gli interminabili minuti trascorsi mantenendo sempre la stessa posa, avevano implicato un indolenzimento dei muscoli delle gambe, delle braccia e del collo; nonché un gran senso di spossatezza, al quale seguivano forti mal di testa. Il fatto che mangiasse e dormisse pochissimo, meno del solito, contribuiva soltanto a peggiorare la situazione, rendendola pallida, debole e fragile.
    Inoltre, Layla si era fatta vedere di rado e sempre per puro caso; tant’è che, ogni volta che Edelweiss l’aveva incrociata lungo i corridoi dell’O.F.S., lei l’aveva sempre schivata; e, per quanto le costasse ammetterlo, la situazione faceva star male la nostra Edel.
    Non esternava mai la sua sofferenza, né il suo rancore nei confronti della ragazza e lo stesso accadeva quando, presso l’entrata dell’edificio, incontrava Michael.
    Il solo vederlo, le causava un senso di bruciore alla bocca dello stomaco: la bile le ribolliva come fosse lava incandescente, pronta ad essere espulsa da un vulcano prossimo all’eruzione; eppure, ogni volta, si dimostrava tanto indifferente, che non osava neanche degnarlo di uno sguardo.
    Non capiva per quale motivo egli si ostinasse a presentarsi lì: era un fantasma, no? A cosa gli serviva lavorare? Voleva perseguitarla ancora? Per quale assurdo motivo? Cos’era che la legava a lei?
    Ma se Michael avesse potuto, non avrebbe mai messo piede nell’O.F.S. Non avrebbe mai perseguitato in tal modo quella ragazza. Ma era costretto a farlo.

    La monotonia della settimana e la stanchezza arrecatale durante quei giorni interminabili ed estenuanti, l’avevano costretta a casa anche quel Venerdì sera.
    Era su tutte le furie: avrebbe voluto uscire, andare a ballare, a bere alcol fino ad ubriacarsi e tornare a casa incapacitata di reggersi in piedi, ma le sue gambe già non riuscivano più a sostenere il suo corpo.
    Erano soltanto le ventuno ed Edelweiss decise di andarsene a dormire; tanto se fosse riuscita a riposare abbastanza, la mattina seguente avrebbe potuto darsi allo shopping sfrenato. Una settimana senza shopping. Niente abiti nuovi, niente borse, scarpe, né gioielli… potrei morirne! Pensò sospirando, tirando su le lenzuola.
    Improvvisamente avvertì un certo pizzicore agli occhi; si sorprese quando, strofinando le palpebre inferiori con gli indici, le avvertì umide: tutte le emozioni represse durante quella settimana stavano avendo libero sfogo; sgorgavano dai suoi occhi, irrefrenabili, sottoforma di minuscoli cristalli d’acqua salata.
    Cosa ti succede, Weiss?
    Era stanca, arrabbiata, avvilita. Non voleva ammetterlo, ma si sentiva vuota: le mancava qualcuno con cui confidarsi liberamente, qualcuno che sapeva darle consigli, qualcuno che accettava qualsiasi sua decisione; le mancava Layla, ma Layla non c’era e, per l’aggiunta, non voleva saperne niente di lei.
    Proprio quand’era sul punto di arrendersi ai singhiozzi, che davano voce alle lacrime copiose che le rigavano le guance pallide, la comparsa inaspettata di Michael le tolse il fiato.
    “Ciao, Edelweiss.”
    Il tono era fermo e composto. Gli occhi neri fissavano quelli di lei; negli sguardi di entrambi si poteva cogliere una barlume malinconico.
    Edel prese un gran respiro. Il profumo di lui le entrò fluido nelle narici.
    “Mi pareva di esser stata chiara, la scorsa volta, sul fatto che non voglio assolutamente vederti.” Proferì dura, senza abbassare lo sguardo. Lui non si scompose, neanche un po’; anzi, si dimostrò alquanto determinato nel risponderle: “Ed io non ho nessuna intenzione di andarmene. Voglio parlarti e stavolta non riuscirai a liberarti di me.”
    Quelle parole, quel fare autoritario, la fecero rabbrividire; la sua reazione fu evidente agli occhi di Michael.
    “Sai che potrei denunciarti, vero?”
    Rise fragorosamente. “Non ti facevo così ingenua.” Disse incrociando le braccia al petto. “Sai benissimo che non puoi farlo.” I suoi occhi indugiarono nei laghi ghiacciati di lei, che provò vergogna rendendosi conto della sciocchezza proferita, per impulso naturale. “Non ti darò pace, finché non ti deciderai a fare come dico io.” Continuò. Lui stesso si sorprese della sua capacità nel fare il prepotente; in realtà tale comportamento non si rispecchiava nella sua natura, ma non gli restava altra scelta: doveva recitare la parte del cattivo, se voleva piegarla alla sua volontà; anche se era sbagliato.
    Edelweiss imprecò.
    “Cosa vuoi da me?”
    “Voglio conoscerti: parlami di te.”
    “E perché mai dovrei parlarti di me? Perché, piuttosto, tu non mi parli di te?”
    Sembrava quasi volerlo sfidare. Inarcò le labbra in un ghigno ironico.
    Lui resse lo sguardo e con assoluta risolutezza proferì: “Ora non sono qui per parlare di me. Sono venuto per sapere di te."
    Edelweiss capì che non c’era via d’uscita: se voleva averla vinta, doveva fare come le era stato chiesto; non se lo sarebbe tolto dai piedi, altrimenti.
    Sbuffò rumorosamente, indispettita: “Cosa vuoi sapere?”
    “Vediamo… uhm…”
    Ora che Edel sembrava propensa a dargli retta, non sapeva da dove iniziare. Sospirò portando lo sguardo altrove. “Non so da dove cominciare.”
    Avanti, Michel, arriva al sodo; una domanda diretta, dritta al punto…

    Prima che i suoi pensieri terminassero di confluire confusi nella sua mente, proferì schietto: “Cosa ti porta ad essere così?”
    Ecco. Sei un imbecille. Ma che razza di domanda è?!

    Edelweiss alzò un sopracciglio, confusa. “Che vuol dire? Cosa intendi per così?”
    “Da dove posso cominciare… dal tuo materialismo, per esempio; dalla tua sete per il successo: ti attrae tanto, che sei disposta ad ingannare Robert, a fingere di amarlo, pur di mantenere la tua fama, pur di essere considerata una celebrità.”
    Fu sorpresa da quell’affermazione: non la conosceva, ma aveva capito al volo come stavano le cose. “Sei così legata alla tua immagine, che tieni più ai tuoi vestiti firmati, alle tue scarpe costose, piuttosto che alle persone che ti stanno accanto: ti ho visto la prima volta che hai raggiunto il ranch; pioveva, e tu eri a dir poco inorridita all’idea di dover bagnare le tue scarpette preziose… tanto che non hai dimostrato il minimo segno di riconoscenza nei confronti di quell’uomo che ti aveva aiutata a scendere dall’auto e che si era apprestato per non farti bagnare, al costo di inzupparsi da capo a piedi.”
    Come si permette di parlare con tanta libertà? Come osa giudicarmi in tal modo?
    Ma non reagì: in fondo, aveva ragione; aveva perfettamente ragione, non poteva negarlo, non a sé stessa, almeno.
    “E poi… c’è stato quell’episodio col barista, quella sera in cui ci siamo incontrati. Ed il giorno dopo? Il giorno dopo, c’è stato quell’incontro con quella povera anziana… persino Layla ha deciso di voltarti le spalle…”
    Adesso ha raggiunto il limite.
    Edelweiss era su tutte le furie. Non doveva aggiungere un’ulteriore parola.
    “Sono così, punto. E nessuno può cambiarmi.” Tagliò corto sprezzante, gelida. Un lampo di collera balenò sfavillante dalle sue pupille, spaccando in due il ghiaccio dei suoi occhi.
    Oh, questo lo dici tu, mia cara.

    Sapeva che l’impresa sarebbe stata alquanto ardua, ma credeva in sé stesso e nella possibilità di riuscire a cambiarla.



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    Michael la saprà conquistare con dolcezza e saggezza, grazie per il bellissimo capitolo Rita, attendiamo presto la continuazione
     
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    Waaaaaa :D finalmente ho recuperato tutto! Devo dire che Edel è un osso duro,anzi che dico,durissimo! Sei molto brava a descriverne la "scorza dura" anche se qualche crepa si intravede già...certo non è una che trascina per simpatia ma non si può non starle dietro perché arrivista e insopportabile com'è deve per forza avere qualcosa sotto e poi adesso è sola...o Michael o Michael mia cara per cui direi: VAIIIIIIII
    Mia cara recuperare i capitoli è stato un fantastico dopocena per me,mi hai fatto sognare come al solito,i miei complimenti più vivi! :smack: :congra:
     
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  15. Flower.7
     
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    Grazie mille, carissime! I vostri commenti sono la mia forza :')
    Eh, già... Edelweiss è proprio un "bel" tipetto! Ci vuole proprio qualcuno come Michael per farla cambiare ... sempre se ci riuscirà hehe :D
    Grazie anche a tutte le altre lettrici! Dalle visite della ff noto che siete veramente tante! :love:

    “CHEEK”



    Il sole picchiava forte sulla Third Street Promenade, nel centro di Santa Monica, da tempo
    rinomata per essere una delle principali vie dello shopping di tutta Los Angeles.
    Fortunatamente l’aria salmastra dell’oceano rendeva la passeggiata più sopportabile a coloro che si accingevano ad affollare la strada.
    “Siamo soltanto al secondo negozio, e mi hai già fatto spendere l’intero stipendio!” Osservò Jonathan con impaccio. La cosa lo rendeva nervoso: ora avrebbe dovuto tirare avanti, per altre tre settimane, con poco più di cinquanta dollari in tasca; tuttavia, non poteva fare a meno di continuare a sorridere a quella ragazza che sembrava averlo stregato.
    “Vale la pena compiere qualche piccolo sacrificio per una donna, non credi?” Ribatté con indifferenza, alzando le spalle.
    La voce calda di lei gli provocò una piacevole morsa allo stomaco; sentì il suo bassoventre irrigidirsi per l’eccitazione.
    “Però adesso me lo concederai un bacio, vero piccola? Me lo merito…”
    “Jon, sai che i paparazzi sono sempre dietro l’angolo… non voglio che finiamo sui giornali… a Robert non piacerebbe affatto vedermi con le labbra incollate a quelle di un altro. Cerca di capirmi… non posso rischiare.”
    Rifiutò con tono di scuse, mordendosi il labbro inferiore con forza, tanto da farvi comparire due piccole chiazze bianche al di sopra.
    “Però non fare così… sai che mi fai impazzire!” Sussurrò avvicinandosi pericolosamente al suo collo, morendo dalla voglia di morsicarlo fino a farla gemere.
    “Jon.” Sospirò, compiaciuta dal soffio caldo di lui, infranto contro la sua pelle.
    Il ragazzo diede un’occhiata alle loro spalle: Mattew era poco distante da loro.
    Dannazione. Pensò scostandosi dalla ragazza, soffiando forte con le narici.
    “Senti… che ne dici se stasera ci fermiamo a prendere qualcosa qui?”
    Aveva pochi dollari in tasca, ma doveva trovare un pretesto per farla restare con lui; sarebbe stato disposto a rimanere completamente al verde, pur di portarsela a letto, quella serata.
    Edelweiss lo guardò malinconica.
    “Mi dispiace, Jon… ma stasera devo vedermi con Robert…”
    “Oh, già, me lo avevi detto… ma non ti scoccia il fatto di dover uscire con quel vecchio dalle palle raggrinzite ogni santo weekend? Insomma, guarda che gran pezzo di ragazzo hai qui! È un vero peccato dover sprecare un Sabato sera così prezioso con quello lì, no?”

    Edelweiss scoppiò a ridere fragorosamente. Gli diede un colpetto sulla spalla, poi si coprì la bocca con la stessa mano.
    “Tu sei tutto scemo!”
    “Non vorrai dirmi che non ho ragione!”
    Beh, non hai tutti i torti…
    Scosse la testa divertita. Che ragazzo sfacciato! Era questo che le piaceva di lui: la sua la sua sfrontatezza nell’esprimere i suoi pensieri, senza nascondersi dietro carinerie o giri di parole. Parlava diretto, con termini crudi, ma naturali, e con una teatralità che la faceva morire dal ridere.
    Quella giornata trascorsa insieme a lui, l’aveva risollevata; le aveva ridonato il buonumore che era sciamato nei giorni precedenti.

    “Scusami Jon, devo rispondere.”
    “Fai pure, piccola.”

    Gli sorrise di rimando e afferrò il cellulare. Il display riportava le iniziali di Jamal Bruke, la stilista che le aveva proposto di sfilare per lei.
    “Pronto?” Rispose cercando di contenere l’emozione che la mandava in fibrillazione.
    “Edel, cara, sono Jamal! Stavo ripensando alla proposta della scorsa settimana… sei ancora interessata, spero.”
    “Assolutamente sì!”
    “Bene. Potremmo incontrarci nel mio ufficio, il prossimo Lunedì?”
    “Credo non ci sia alcun problema. Ne parlerò con Robert questa stessa sera.”
    “Perfetto. Più tardi ti farò recapitare indirizzo ed orario. A presto, Edel! Bye!”

    Riattaccò sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
    “Ti vedo raggiante!” Commentò Jonathan, scrutandola con sguardo inquisitorio, attendendo una risposta che spiegasse la reazione avuta dopo la chiamata.
    “Jamal mi ha chiamata: Lunedì avremo un incontro e sicuramente discuteremo di quelle sfilate! Non sto nella pelle!”

    Seguitarono la loro passeggiata, fin quando la loro attenzione non fu attirata da un uomo che percuoteva la pelle consumata di un vecchio bongo, producendo un ritmo incalzante. Accanto a lui, sedeva un bambino; aveva all’incirca sei o sette anni e teneva tra le mani un piattino dove poter lasciare un’offerta.
    “Forte! Mi piace questo genere! Vieni, avviciniamoci!” Esclamò Jon prendendola per mano, trascinandola verso i due.
    Gli occhi di ghiaccio di Edelweiss incontrarono quelli neri e profondi del bimbo. Questi restò come impietrito; sembrava, quasi, che provasse paura di fronte a quella sconosciuta.
    Avanti, Weiss; dagli qualche spiccio. Vuoi rimediare al casino che hai combinato la settimana scorsa? Questa è l’occasione adatta!
    Sospirò seccata, poi si ricompose adottando un finto sorriso. Lanciò uno sguardo all’uomo che tamburellava sullo strumento, divertito dalla festosità di Jonathan che accennava qualche passo di danza e che batteva le mani al ritmo della sua musica; poi tornò a guardare il piccolo mendicante cercando di addolcire lo sguardo.
    Si affrettò a recuperare qualche centesimo dal portafogli, si chinò verso il bambino e lasciò che le monete le scivolassero dalle le dita, tintinnando all’interno del piattino semivuoto.
    “Sapevo che non eri come ti avevano descritta in quel servizio. Sei stata veramente dolce con quel bambino.”
    Edel sorrise irridente: non aveva capito un bel niente di lei.

    Era in ritardo; Robert la stava aspettando da una buona mezz’ora all’interno della limousine, posteggiata davanti al cancello della sua abitazione.
    Osservava un punto ben preciso della sua immagine riflessa allo specchio, mentre, tra alcune ciocche bionde, inseriva un fermacapelli con diligenza. Era troppo attenta, anche per avvertire il soffio dolciastro che s’insinuava delicato nelle sue narici.
    La figura di Michael comparve dietro la sua, facendola sobbalzare.
    Sospirò seccata ricomponendosi, sistemando il fermaglio malmesso.
    “Com’è possibile,” domandò alludendo al riflesso di lui “se sei un fantasma?”
    “Tutto è possibile.” Ribatté sorridendo, guardandola attraverso lo specchio, soffermandosi sui suoi occhi. Trucco troppo pesante, per i miei gusti. Sembra quasi un panda. Ritenne, ridacchiando sommessamente.
    Edelweiss prese un gran respiro.
    “Cosa vuoi?” Soffiò scocciata, voltandosi verso di lui, che smise di ridere.
    “Ti ho vista oggi, a Santa Monica.”
    “E allora?”
    “Di’ la verità: quel bambino… lo hai aiutato perché ti sentivi costretta?”
    Lui sì che sapeva intendere le persone. Era una dote che gli era sempre appartenuta, anche quand’era stato in vita.
    Passava molto tempo a scrutare coloro gli stavano attorno: ne studiava i movimenti, i gesti delle mani, le espressioni, analizzava i loro timbri di voce, e riusciva sempre a comprendere esattamente le loro sensazioni e le loro vere intenzioni; quasi sempre: diverse volte gli era capitato di esser tradito alle spalle, dalle persone di cui più si fidava; persone che erano riuscite a non dare all’evidenza la loro vera natura.
    “Ma come ti salta in mente?!” Replicò infastidita.
    È proprio vero: la verità brucia, quando ti viene spiattellata in faccia.
    “Io credo che sia così.” Insistete con tono fermo e pacato; la sua espressione lasciava trasparire una calma che la disturbava ancora di più.
    “Beh, ti sbagli!”
    “So come stanno le cose, invece.”
    In quell’istante il campanello suonò: sicuramente Robert aveva raggiunto il limite di sopportazione.
    Michael accentuò il suo sorriso, pronto a canzonarla ancora: “Vai pure… ti aspetta una magnifica serata, con l’uomo che stai prendendo per i fondelli!”
    “Ma Fottiti!”

    Raccolte le sue cose, lasciò la casa prima che lui scomparisse.
    Era furibonda; non vi era più traccia della gioia provata quel pomeriggio insieme a Jonathan.
    “Tesoro, ce l’hai fatta!” Esclamò Robert, facendo per cingerle la vita; ma lei le sfuggì camminando spedita verso la limousine.
    “Rob, non è proprio il momento.”
    “Cosa c’è che non va, piccola?”
    Lo guardò prendere posto accanto a lei, all’interno della vettura. Notò l’espressione preoccupata sul suo viso e si disse che non era il caso di farlo impensierire, anzi, doveva dolcificarlo per bene perché potesse accogliere entusiasta la sua grande notizia.
    “Niente… è che mi si è rotta una scarpa… per questo ci ho messo tanto.” Mentì con tono lamentoso, guardandolo negli occhi, sbattendo le ciglia lentamente.
    “Oh, bambina! Hai una miriade di scarpe… te ne comprerò un paio nuovo; anzi, ti comprerò tutte le paia di scarpe che vorrai.”
    “Oh, grazie, Rob!”

    Si gettò al suo collo, avvinghiandosi a lui. Lo stomaco di Robert andò sottosopra; afferrò il viso di Edel tra le grandi mani e premette le labbra contro le sue, baciandola a lungo.
    “Per te questo ed altro, dolcezza.”
    “Ecco, Rob… non immaginerai mai chi ho conosciuto la scorsa settimana!”

    La guardò attendendo una risposta.
    “Jamal Bruke, la famosa stilista! Sta organizzando una serie di sfilate che si terranno nelle capitali della moda e mi ha proposto di indossare i suoi abiti e sfilare per lei! Ti rendi conto?”
    L’entusiasmo dimostrato quel giorno non era niente in confronto ad ora; non aveva mai manifestato tanta eccitazione.
    Si prospettava una grande occasione per lei: fino ad allora la sua fama non aveva varcato di tanto il territorio statunitense e la sua carriera l’aveva vista apparire, quasi esclusivamente, su alcune riviste; ora aveva l’opportunità di partecipare ad una serie di sfilate, per una stilista rinomata in tutto il mondo, che si tenevano nelle più grandi capitali della moda.
    Robert, d’altro canto, era pensieroso; sembrava quasi contrariato: “Non so…”
    “È una grande chance per me, Rob. Sfilerò nelle grandi capitali della moda: Londra, Parigi, Milano, Dubai… ci pensi? Sarebbe grandioso, per me e per la mia carriera.”
    “Va bene…”
    Si arrese impotente, dopo aver indugiato per un istante. Come poter resistere a quegli occhi luccicanti, che lo guardavano in una maniera tale da farlo sciogliere in un secondo e vaporizzare subito dopo?
    “Oh, Rob, Ti amo!” Gridò fuori di sé dalla contentezza.
    Ne era passato di tempo dall’ultima volta in cui Edel gli aveva proferito quelle due parole; così tanto tempo, che Robert neanche ricordava l’occasione in cui lo aveva fatto. Un vortice d’emozioni lo travolse tanto da fargli venire un capogiro: si sentì come svenire, ma era uno sensazione che lo allettava. Si disse che se il suo consenso era servito a farla reagire in tal modo, allora non l’avrebbe mai più contrariata. E le avrebbe donato l’oro del mondo; le avrebbe offerto tutto sé stesso.
    Pover’uomo…
    Michael scosse la testa indignato e si affrettò a scomparire, prima che Edelweiss potesse avvertire la sua presenza.
     
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