Una Vita A Passo Di MoonWalk

Un viaggio infinito che racconta la ormai leggenda di un mito troppo grande per una vita sola. Una vita vissuta sulle ali della musica.

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  1. Jackie
     
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    Non c'è bene di cui non si possa gioire, non c'è male che non si possa sentire.




    CAPITOLO 3

    Dopo la nascita del piccolo Michael, la famiglia Jackson aveva ripreso la suo routine quotidiana.
    Katherine restava a casa a badare ai figli piccoli e Rebbie l'aiutava, seppur a malavoglia, nelle faccende domestiche.
    Joseph restava in fabbrica tutto il giorno e la sera tornava a casa stanco e burbero.
    Quasi ogni giorno, con lui venivano anche due amici, uomini rudi e massicci come lui, che suonavano.
    Joseph era appassionato di musica, e con i due complici, suonavano pezzi di musica Blues in salotto, mentre i piccoli Jackson erano riuniti attorno a loro per ascoltarli.
    Anche i figli si appassionarono di musica, soprattutto Michael che, nonostante la sua età, restava a sentirli fino a tardi.
    I suoi occhi scuri e ipnotici sembrava captassero ogni movimento delle dita del padre sulle corde della chitarra.

    Il suo comportamento era strano alla sua età, e Katherine restava spesso ad osservarlo perplessa.

    In Italia invece, Anna si dedicava interamente alla crescita dei suoi figli.
    Passeggiava spesso nel parco della sua villa con in braccio Jackie, seguita a ruota dai due fratellini e dalla sorellina.
    Erano passeggiate lunghe e faticose, e al loro termine, Guglielmo, Luca Gabriel e Fabiana crollavano sul divano per rilassarsi e giocare a qualcosa di più tranquillo.
    Jackie no.
    Lei non si stancava mai.

    Era molto diversa dai bambini della sua età. Non le interessavano i sonagli, ma cercava gli animali, i pentagrammi della mamma e le penne stilografiche e le carte del nonno.
    Spesso, Andrew la portava con sè in soffitta per farle vedere alcuni vecchi libri.
    Jackie non sapeva ancora leggere, ma i libri le interessavano molto: li prendeva, voltava le pagine e odorava l'intenso profumo d'inchiostro.

    Un altro oggetto che Jackie adorava in modo particolare era il cappello della madre, un berretto semplice di lana grigia con la visiera, cucito a mano diversi anni prima da nonna Luna.
    Nonostante fosse troppo grande per lei, e le cascasse sulla fronte in continuazione, Jackie portava quel cappello con discreto orgoglio.
    Lo stringeva come un peluche e lo portava anche nel letto.
    Si sentiva sicura tenendolo in mano, perché aveva il profumo sicuro e dolciastro della madre.

    Ispirata dalla nascita della sua bambina, Anna riprese a comporre canzoni e queste piacquero talmente tanto al suo produttore, che decise di farla esibire in teatro.
    Era forse l'inizio di una carriera promettente.
    Ma nessuno poteva prevedere che la vita della piccola Jackie sarebbe stata sconvolta da lì a poco.

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    Italia
    Firenze, Piazza della Banca 10, Teatro di Marmo
    13 Novembre 1961

    Era l'ultimo degli 11 spettacoli, poi avrebbe potuto restare ancora a casa con i figli.
    Le luci si spensero e, fra gli applausi del pubblico entusiasta, la sala cominciò a svuotarsi.
    Dietro le quinte, Anna venne raggiunta da nonno Andrew che reggeva in braccio la piccola Jackie.
    La bambina, che non era abituata a stare così lontana dalla madre, sprizzava gioia da tutti i pori nel rivederla.
    Con l'enorme cappello che le copriva interamente la fronte, allungò le braccia verso Anna, desiderosa di un abbraccio.

    - Mamma!!

    - Ciao angelo mio!

    Anna la prese e la strinse forte. Dopo averle dato un bacio, si rivolse ad Andrew. La sua espressione felice mutò improvvisamente.

    - Papà, non c'è George? Credevo fosse con te…

    Il nonno si passò una mano sulla fronte nera e rugosa. Lui aveva chiamato il genero, ma ancora una volta, George non aveva risposto alla chiamata.
    Tuttavia, cercò di giustificare la sua assenza.

    - Ha detto che sarebbe venuto… Forse ha avuto in imprevisto, forse è a casa che ci sta aspettando… non so…

    Anna abbassò il volto, delusa.
    Era da un pò di tempo ormai, che George non l'aveva presa più in considerazione.
    Poco dopo la nascita della più piccola infatti, era partito per l'America, ed era ritornato solo all'inizio degli spettacoli.
    Anna ne era rattristata, ma decise che avrebbe chiarito la questione al più presto con il marito.

    - Si, forse… senti, tu vai pure e raggiungi gli altri. Mi cambio e io e Jackie vi raggiungiamo, ok?

    Sorrise e, avvicinando il volto a quello della figlia, invitò anche lei a farlo. Erano così simili e così belle, che Andrew credette di avere davanti due angeli scesi dal cielo.
    Annuì e si allontanò, con il sorriso sulle labbra.

    Anna congedò le sue guardie del corpo.

    - E' una bellissima serata e voglio passarla con la mia famiglia. Dovreste fare lo stesso. Per stasera siete liberi.

    La sua cortesia e la sua gentilezza colpivano sempre chi le parlava, e ciò la rendeva una persona amata da tutti.
    I due uomini, alti e muscolosi, sorrisero e si allontanarono felici.
    Jackie, intimorita dai loro muscoli e dalle giacche nere che portavano, li osservò allontanarsi, pensando che quei due facessero davvero molta paura.

    Poco dopo, madre e figlia uscirono da una porta secondaria.
    Le strade erano buie e umide.
    L'atmosfera allegra di poco prima stroncò improvvisamente.
    Anna, dapprima sorridente e spiritosa, si bloccò, fissando il fondo del vicolo, dove la luce dei lampioni non poteva arrivare.
    Jackie la sentì tremare e le tirò una mano, preoccupata.

    - Mamma, cosa c'è? - chiese ingenuamente.

    Anna si accovacciò accanto alla figlia e la strinse fortissimo fra le braccia.

    - Nulla piccola mia. E' tutto a posto.

    La sua voce la tradì. Cercava di nascondere il pericolo.
    Ma Jackie lo sentì lo stesso.
    C'era il male.
    Era lì, era ovunque.
    Era nell'aria.



     
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