Una Vita A Passo Di MoonWalk

Un viaggio infinito che racconta la ormai leggenda di un mito troppo grande per una vita sola. Una vita vissuta sulle ali della musica.

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  1. Jackie
     
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    Era arrivato un tempo,
    dove gli Uomini,
    esseri malvagi, crudeli e vanitosi,
    erano diventati Morti Viventi.
    Ognuno di loro pensava per sé,
    ognuno di loro voleva tutto per sé,
    ognuno di loro non sapeva più cos'era l'Amore.
    Nessuno si prendeva più cura
    della natura, degli animali, della Terra.
    L'unica purezza rimasta su quel Mondo grigio,
    erano proprio loro, i Bambini.
    Quei Bambini
    che erano lasciati a casa da soli,
    che spesso non venivano ascoltati e capiti,
    che venivano abbandonati come spazzatura per le strade.
    I Bambini che volevano bene alla Terra
    erano chiusi in casa,
    davanti a un libro o uno schermo.
    I malati e i poveri
    non avevano più nessuno che li aiutasse.
    I giovani
    spinti forse dalle loro voglie,
    si riempivano di vizi
    come droga, alcool e fumo.
    Era un Mondo polveroso,
    pieno di pregiudizi e tradimenti.
    Ognuno era ciò
    che la pelle mostrava.
    L'Amore che un tempo popolava la Terra
    non c'era più.
    Svanito. Calpestato.
    Dimenticato.
    Bisognava fare qualcosa…
    Qualcuno doveva ricordare al Mondo
    cos'era l'Amore, l'Innocenza…
    Qualcuno che avesse uno stile unico,
    qualcuno che fosse un uomo e un bambino,
    qualcuno che avesse un animo nobile,
    qualcuno che fosse in grado di volare con il corpo e con la mente,
    qualcuno che credesse alle cose impossibili,
    qualcuno che avrebbe sofferto e sopportato,
    qualcuno che avesse il coraggio e l'umiltà
    di urlare a tutto il Mondo.
    Al Mondo, che è grande,
    e gli uomini forse non erano pronti ad ascoltare.
    Ma qualcuno che c'è l'avrebbe fatta.
    Avrebbe parlato davanti a tutti
    e avrebbe ricordato cos'era vivere.
    In che modo se non attraverso…



    La Musica.






    PROLOGO




    15 Maggio 1950

    Nel teatro si librarono leggiadre le ultime note, mentre luci e suoni si confusero ancora una volta fra di loro, creando uno spettacolo meraviglioso di pura poesia.
    Sul palco illuminato, Coleman James Mitcheel, detto da tutti King Of The Music, allontanò il microfono, mentre gli applausi del suo pubblico riempivano l'aria.
    Centinaia di persone erano corse lì, a Londra, per ascoltarlo.
    Lui era un professionista.
    Nulla, nel suo lavoro, era lasciato al caso.
    I suoi lavori erano sempre curati e graditi.
    E quello spettacolo doveva essere il più grande dei tanti.
    Piccole gocce di sudore fecero brillare la fronte, nascosta appena da qualche ciuffo castano scuro che cadeva anche sugli occhi, azzurri come il cielo.
    Alzò lo sguardo, il grande artista, per ammirare i risultati della sua fatica: un mare di luci scattanti e persone applaudenti, eleganti nei loro abiti da sera, come il teatro lo chiedeva.
    Gente distinta che non si strappava i capelli, o urlava, come quella di oggi.
    Era un pubblico, un vero pubblico, di un vero teatro.
    Mitcheel si inchinò ala folla e scese dal palco, alzando la mano.
    Una volta nel buio delle quinte, si diresse sicuro verso i camerini. Lo staff e i macchinisti si complimentarono con lui. Nelle loro voci suonava il rispetto.
    Nel corridoio che portava all'auto, Mitcheel fu affiancato da un uomo basso e robusto, dall'aria decisa e soddisfatta.
    Vincent Cook era, senza ombra di dubbio, il manager più fortunato degli anni '50.

    - Un ottimo spettacolo Coleman. Davvero ottimo! - disse sorridente.

    Mitcheel lo ascoltò distrattamente.
    Non amava prendere complimenti. Era un uomo serio, con i piedi ben piantati a terra. Mai una volta si era permesso di scherzare con i suoi colleghi di lavoro. E per questo o per la sua statura, a volte incuteva paura.
    E dopo quel complimento, inciampò e cadde.
    Riuscì a tenersi al muro e tenne lo sguardo basso.
    Il manager, preoccupato, corse subito in suo soccorso.

    - Oh cielo Coleman! Cosa succede?

    - Vincent… - sussurrò lui, debolmente.

    - Sei stanco? Eh si, è stato un concerto duro. Ma tranquillo. Il prossimo è fra una settimana. Vuoi che chiami George?

    - Vincent… - lo chiamò ancora l'altro. - Sto bene, ho avuto un lampo.

    - Un lampo? Come un lampo?

    Coleman si sedette su una sedia lì vicino. Era pensieroso, preoccupato. E ciò agitò il manager.

    - Coleman, mi spieghi che cosa vuoi dire?

    - Io e Presley non dureremo per sempre. Gli anni passano in fretta e prima o poi qualcuno crollerà. Tutti crolleranno e verranno dimenticati, tutte le star, chi più chi meno… - disse sicuro.

    - Ma così dici Coleman? Tu sei The King Of The Music! Così ti chiamano! Tu non passerai mai di moda!

    - Credo… - Mitcheel esitò. Non aveva mai avuto una conversazione così "personale" con il manager. Ma decise di rivelargli il lampo che aveva avuto.

    - Credo di non essere io quello che… che la gente aspetta…

    Vincent guardò attentamente il cantautore. Si chiese se fosse impazzito. Conosceva molto bene l'onestà e la serietà di Mitcheel, e ciò che gli aveva rivelato lo rendeva inquieto.
    Cercò di capire e di farsi spiegare di più.

    - Bè.. certo ci saranno molti altri cantanti ma tu hai fatto storia! Insomma, sei famoso in tutto il mondo e il tuo successo è incredibile!

    - Io credo che qualcuno possa fare di più. Sai quando compongo una canzone? Le note arrivano da sè, come per magia? Ecco. Prima ho avuto un lampo di questo genere, solo che.. era diverso…

    - Coleman, non ti capisco. Sei diverso. Cosa intendi dire?

    - Intendo dire che qualcuno arriverà, e sconvolgerà il mondo. Altro che me e Presley, il mio fidato amico-rivale! Questo qualcuno sarà più grande di me, sarà un genio, sarà umile… sarà la Musica fatta persona!

    Si era fatto prendere dall'entusiasmo e dall'emozione. Anche Vincent ne fu contagiato. Sorrise e scosse la testa, incredulo. Sembrava tutto un anteprima…

    - D'accordo Coleman. Sapevo che in fondo eri un pazzo. Ma ti credo. Aspettiamo.

    Ma a differenza di ciò che disse, Vincent dimenticò quella discussione.
    Invece Mitcheel no.
    Anzi, coltivò ciò che aveva sentito, scrivendo e disegnando ciò che quella sera del 15 Maggio non aveva saputo dettare a parole.
    Disegnò forme astratte, linee vorticanti, alcune bianco e nero, altre con colori intensi. Rosso, oro, argento, giallo, blu scuro, fino a creare un miscuglio disordinato ma dall'impatto violento.
    Mitcheel amava ammirare le sue creazioni.
    Da una parte, era deluso, perché era sicuro che anche lui sarebbe passato. Dall'altra, era orgoglioso di essere il primo a sapere dell'esistenza prossima di un mitico personaggio.
    Era così assurdo da non sembrare vero.
    A volte, chiuso nella sua enorme villa a Washington, sognava il suo personaggio. Come sarà? Alto o basso? Come avrà il viso?
    Tormentato da quei pensieri, Mitcheel sognava una calda notte d'estate.
    Pregò Dio perché qualcuno arrivasse.
    Pregò per l'arrivo di qualcuno che potesse davvero sconvolgere il Mondo, come aveva predetto.

    E quella notte tanto attesa, finalmente, arrivò...





    Nulla è più bello di una nuova vita che sboccia, una nuova stella che accende il cielo.




    CAPITOLO 2

    U.S.A.
    Gary, Jackson Street, casa Jackson.
    29 Agosto 1958

    Erano appena le otto di mattina, quando Katherine Jackson varcò la soglia di casa, stringendo a sè una bella sorpresa.
    Per Joe Jackson, un uomo grande e robusto, non era una novità la nascita di un nuovo figlio.
    I fratelli più grandi, Sigmund, Tito, Jermaine, Latoya e Marlon, erano seduti sul tappeto ai suoi piedi.
    Rebbie, la più grande, di appena otto anni, corse incontro alla madre visibilmente felice.

    - Fa vedere ! Fa vedere! - le disse sporgendosi eccitata verso il fagottino.

    Con discreto orgoglio, la donna mostrò il nuovo piccolo Jackson.
    Con il suo bel viso, il neonato scrutava i volti intenti ad osservarlo.
    Anche gli altri fratellini si alzarono barcollanti verso la madre, e Rebbie, emozionata, la baciò sulla guancia.

    Solo Joe non partecipava a tutta quella gioia.
    A distanza, scrutava il piccolo con finta indifferenza.

    - Quella calza? - sbottò deluso.

    Era evidente che fosse amareggiato dal fatto che il piccolo non gli somigliava per niente.
    Non c'era nulla di Joe che si rispecchiasse nel neonato.
    Nemmeno gli occhi, ipnotici e con un contorno morbido verso il basso, somigliavano a quelli del padre.
    Katherine non rispose e guardò il figlio, stringendolo a sè con amore.
    Non vi trovava nulla di imperfetto in lui, e fissandolo negli occhi, rimase intenerita dal fatto che lui la stesse fissando con la stessa intensità, quasi volesse confidarle un segreto.

    - Oh Joseph, so che è piccolo e minuto, ma è dolce e davvero bellissimo.

    - Come lo chiamiamo mamma? - chiese Rebbie, osservando il piccolo.

    - Vorrei chiamarlo Michael, come l'angelo. - disse la donna, guardando Joseph come per chiedergli un permesso.

    Il marito acconsentì con un muto gesto del capo.

    - Michael Joseph, però… - disse dopo.

    - Va bene.

    Il piccolo emise un gemito, e la donna lo strinse con affetto.

    - Benvenuto in famiglia, piccolo Michael Jackson.

    ---



    Italia
    Firenze, Via delle More 21, Villa Flint
    1 Settembre 1958

    Era una bambina quella nata con anticipo, e in pochissimo tempo, aveva raccolto a sè tutta la numerosa famiglia.
    Anna Flint, una donna bellissima, neo-mamma, non aveva fatto in tempo a raggiungere l'ospedale.
    In poco tempo, aveva dato alla luce la sua quarta figlia.
    Anne era una cantante, modesta e con la stessa umiltà di una cameriera, che si esibiva nei bar e nei locali più in voga della grande città.
    Si era ritirata poi nella villa di famiglia, quando il pancione l'aveva costretta al riposo.
    Quando poi, il suo piccolo tesoro era arrivato due mesi prima del previsto, la gravidanza difficile fu subito dimenticata.

    La piccola era minuta, dalle ossa fragili e la pelle mulatta. I capelli castani appena accennati e due bellissimi occhi smeraldo, identici a quelli della madre.
    Nel volto, la bambina rispecchiava tutto il bello della madre, i contorni morbidi, il viso ovale e il profilo sottile.

    Anna era la donna più bella del quartiere, ed era divorziata dal suo primo marito Antonio, un avvocato molto serio, da cui aveva avuto due figli, Fabiana e Luca Gabriel.
    Ancora prima, era stata sposata con un musicista spagnolo, Joey Gravino, da cui aveva avuto il primo figlio, Guglielmo.
    L'ultima bambina invece, era frutto del suo amore con George Foster, da cui la piccola avrebbe preso il cognome.
    George era un afro-americano, residente in America, dove aveva altri 3 figli maschi.
    Anna lo amava molto.

    Fu un giorno di festa per la famiglia Flint.
    C'erano tutti, ad ammirare la nuova venuta: nonno Andrew, la vecchia zia Caterina, i figli Guglielmo, Fabiana e Luca Gabriel, Joey Gravino che, nonostante il divorzio, aveva mantenuto un buon rapporto di amicizia con l'ex-moglie.
    Riuniti in soggiorno, la famiglia circondava la mamma in un abbraccio di cuori felici e volti sorridenti.
    Mancava solo una persona…

    Anna, con la preoccupazione appena accennata negli occhi gioiosi, si rivolse al padre.

    - Ma George? Credevo l'avessi chiamato, e invece non è ancora qui…

    Il neo-nonno si passò una mano nei capelli. George l'aveva chiamato, ma il padre mancava comunque all'appello.
    Anna abbassò il volto, delusa, ma subito riprese a sorridere ed ad ammirare la piccola. Nulla avrebbe potuto interrompere la sua felicità.

    - Questa bella bimba avrà bisogno di un nome! - esclamò zia Caterina, il volto già pieno di rughe.

    - Aspettiamo George per questa decisione! - disse Anna, lasciando la bimba nella culla.

    I tre fratellini si accalcarono lì vicino, incantati a guardarla con occhi curiosi.

    - Mamma, ha gli occhi come i tuoi! - esclamò la piccola Fabiana, di soli 4 anni.

    La madre accarezzò la figlia più grande e le diede un bacio. Sapeva che Fabiana aveva sempre ammirato i suoi occhi verdi, a differenza di quelli che aveva, verdi ma non così brillanti.
    Per il resto, Fabiana era quasi una fotocopia della madre: i capelli castano scuro e il visetto un pò più tondo.
    Luca Gabriel era invece molto simile al padre. Il viso ovale, la pelle mulatta, riccioli biondi e due occhi azzurri che lo facevano assomigliare a un piccolo angelo.
    Guglielmo invece era tutto suo padre: volto scarno, occhi e capelli neri.

    Il maggiore si avvicinò di più alla culla e prese in braccio la sorellina.
    A 7 anni aveva braccia abbastanza forti per sollevare quel piccolo peso.
    Dopo aver ammirato la piccola per pochi istanti, sollevò il volto verso la mamma, regalandole un bellissimo sorriso.

    - Sembra una piccola rosa appena sbocciata. E' bellissima!

    I grandi risero inteneriti, constatando che Guglielmo si era quasi innamorato della sorellina.
    Poco dopo, George irruppe nella villa e, alla vista della figlia, si limitò a sorridere e a baciare la moglie.
    George era alto e robusto, la pelle color cioccolato e un viso squadrato.

    - Ho aspettato te per decidere il nome - disse lei, prendendo la piccola.

    - Decidi tu. Per me va bene tutto. - rispose George.

    La sua indifferenza deluse la moglie e indispettì il nonno, ma tutti fecero finta di niente.
    Zia Caterina ruppe il silenzio.

    - Sapete, è la fotocopia sfacciata di una mia prozia che ho visto in quadro, vissuta in quella villa nel 1870. Possiamo chiamarla come lei. Jackie! Jacqueline!

    - E' uguale alla mamma, solo molto più piccola. Chiamiamola Annie! - propose il nonno.

    - E se la chiamassimo con entrambi i nomi? - disse Anna - Jacqueline Annie Foster!

    E così fu.
    Quel giorno, a villa Flint, regnò l'allegria. Un allegria che solo gli italiani conoscono nel loro piccolo paese.

    La gioia di una nuova vita regnava in due famiglie tanto lontane quanto unite da un insolito destino.
    Due nuovi bambini erano nati.
    Una bambina di cui il mondo avrebbe sentito parlare, un bambino che poi il mondo…bè, lo avrebbe sconvolto.

     
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